L'invasione degli ultracoiti

di LawrenceTwosomeTime
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Quella sera stessa

“Pronto?”
“Don, sono io”
“Clara! Come mai chiami a quest’ora?”
“Io, io… senti, c’è un problema”
“Ha a che fare col compenso?”
“Al diavolo il compenso! Ci sono quelli là, fuori dalla porta, che grattano”
“Grattano?”
“Si, cos’altro potrebbero fare?”
“Ti riferisci ai gatti?”
“Devo venire da te”
“Cosa? Io… be’, non posso. Ho dato un party, ci sono alcuni miei colleghi… Ho degli ospiti da intrattenere, capisci?”
“Ti prego, è una questione di vita o di morte!”
“Oh, e va bene. Ti aspetto”
Clunk.

Suonò e venne accompagnata nell’atrio da un maggiordomo in livrea.
Dirigendosi verso il luogo da cui proveniva la musica, lasciò dietro di sé una serie di impronte bagnate; grondava dalla testa ai piedi perché aveva pedalato sotto la pioggia.

La sala era addobbata con sfarzo, la musica era decisamente troppo scatenata per un incontro formale tra signori di mezza età; notò che anche gli ospiti si muovevano in modo inusuale. Una coppia ballava un tango appassionato al centro della congrega, salutata da fischi e ovazioni.
Poi vide Don che le faceva segno di avvicinarsi da dietro una colonna. Sembrava ansioso di nascondere la sua presenza agli amici, quasi che lei fosse una macchia di sugo sulla sua altrimenti immacolata camicia conviviale.
“Eccoti, finalmente. Sono stato in pena, quando ti deciderai a comprarti una macchina?”
“Don, andiamo in un posto più tranquillo”

Scuotendo la testa e fumando nervosamente, il produttore la condusse nel suo studiolo.

“Allora, di cosa volevi parlarmi?”
Clara raccolse il coraggio a due mani.
“Ci sono state delle coincidenze in questi giorni… che non possono essere semplici coincidenze”
“Spiegati meglio”
“Non ci riesco. Ma lo sento, tutto intorno a me. L’aria è cambiata. Sento che mi spiano”
“Clara… Non avrai ricominciato a prendere quell’Inchiostro di Bastet, vero?”
“Tu non capisci…”
“Sei tu che non capisci. Comprendo perfettamente la soddisfazione che può dare mandare in porto un progetto vincente. Da’ alla testa, in effetti. Io ci sono abituato, ma tu potresti aver perso il senso delle cose, non so se mi spiego”
“Loro sono qui. Ci guardano anche in questo momento”
“Li hai mai visti in faccia, ‘loro’?”
“Io… no, ma io…”
Don si appoggiò allo schienale di una sedia a dondolo.
“Ti confesserò una cosa. Tua madre era una grande attrice; ma anche lei aveva dei, be’, dei cosiddetti disturbi mentali. A volte vaneggiava…”
Clara lo fissava a bocca aperta.
“Fui io a consigliarle uno specialista, lo stesso che ha in cura mia moglie, tra l’altro. Comincio a chiedermi se non sto buttando via i miei soldi…”

Clara piangeva in silenzio, di un pianto senza lacrime.

Sentiva distintamente gli schiamazzi degli ospiti mutarsi in urla selvagge, la cacofonia dei bicchieri rotti.
Qualcuno bussò violentemente alla porta.

Non si voltò.

Sapeva già che cosa avrebbe visto.




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