Promontorio
Promontorio
Se solo la vita fosse bastata,
l'amore non avrebbe vagato nel tempo,
e si sarebbe arresa anche alla morte.
Senti
le urla strazianti di un padre provenire dal basso, il rumore lontano
di una
cascata, il respiro affannato di un guerriero, lo scricchiolio delle
tue
scarpette bagnate sulla roccia, il vento tra i capelli.
Il tuo cuore, che batte
ancora, che brucia ancora, che credevi fosse morto ma ancora scalpita.
E lui.
Lui che non
c’è più.
Lui che ha cercato i tuoi occhi prima di
cadere nel vuoto. Tu che l’hai guardato un’ultima
volta con la promessa di
raggiungerlo presto.
Non
senti più mani sul tuo corpo, sei libera adesso. Libera di
scegliere, per la
prima volta nella tua giovane vita. Libera di seguire il tuo destino,
perché lo
sai, non potrebbe essere da nessun’altra parte, se non tra le
sue
braccia.
Ti
avvicini al bordo del promontorio e lo fai guardando il selvaggio che
ha ucciso il tuo uomo, lui che ha
visto i suoi occhi
innamorati e con disprezzo ha deciso di chiuderli per sempre.
Poi
smetti di respirare, volgi lo sguardo ai tuoi piedi, e lo vedi, il
corpo senza
vita dell’uomo che ami, e sai che qualsiasi cosa
accadrà finirai accanto a lui,
che qualsiasi cosa succederà voi starete insieme.
Così
ti lasci andare tra le braccia dell’aria, ti lasci cadere nel
vuoto, chiudendo gli occhi, perché dopo
tutto, non c’è più niente da vedere.
Nei tuoi occhi da diciottenne sai che non
c’è più spazio per altre immagini. Sai
che tutto quello che hai visto lo vedrai
ancora, dietro le palpebre abbassate.
Ma
è solo il suo volto
quello che vuoi
vedere, quello che sai ti potrà salvare.
Non
c’è rabbia, non c’è dolore,
non c’è più niente nel tuo esile corpo.
Tutto
quello che avevi l’hai donato all’uomo che ti
è sdraiato accanto, le vostre
mani sono vicine, le vostre dita si sfiorano.
Non l’avevi premeditato, è solo
successo.
L’amavi
anche prima, quando ancora non lo sapevi.
E
sei caduta già morta, solo che allora non l’avevi
capito.
Io
credo di amare
incondizionatamente questo film. Credo che una storia d'amore,
così delicata e allo stesso tempo intensa, come quella tra
Uncas e Alice, debba essere per forza raccontata. Lui è un
Mohicano, un indiano, lei è inglese, una bianca. Quello che
c'è tra loro è la visione più pura
dell'amore. Quella senza carne e sangue, senza passioni violenti e
pelli frementi. Il loro è un amore nato e mai morto. Si sono
guardati, ed è bastato un solo sguardo, per capire. Loro
già lo sapevano, avevano compreso tutto: si sarebbero amati
in eterno. Gli occhi di Alice, sono la cosa più bella che
abbia mai visto. Lei guarda, ma in realtà non vede, i suoi
occhi sono neri e acquistano colore solo quando si fermano su Uncas.
Alice è un
personaggio complesso, che da subito ha attirato la mia attenzione. Lei
che sembra non essere pronta per vivere, un pò come
l'Elisawin di Baricco, spaventata dalla vita e dalla morte. E dopo
tutti gli orrori che i suoi occhi hanno visto, non è
difficile capire il perché di quello sguardo perso. Eppure
lei è forte abbastanza da sopportare tutto questo, fin
quando non vede l'uomo che ama morire nel tentativo di salvarla, e
allora capisce, che non c'è cosa più brutta, che
nessun orrore potrà mai eguagliare quello di assistere alla
morte del suo amato, della sua stessa vita. L'unica cosa che
può fare è scegliere di seguirlo e lo fa con
naturalezza, come se non ci fossero alternative. E' questo quello che
più mi ha sconvolto. Lei si è lasciata assorbire
dal vuoto per raggiungere Uncas.
Penso non ci sia altro
da
dire, se non che un amore così varrebbe proprio la pena di
viverlo, davvero fino alla fine.
In questa shot ho
cercato di
descrivere i sentimenti di Alice nel momento in cui Uncas perde la vita
e lei decide si seguirlo.
Spero di essere riuscita
a
fare un buon lavoro. Sono certa che tornerò molto presto con
qualcosa di nuovo, perché mi è proprio entrata
dentro la loro storia.
Sophie.
P.s. La frase iniziale
è di mia proprietà, così come il testo
che segue. Quindi soggetta a copyright.
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