2. Secret Code
Era una bella mattinata di sole. Ran e Conan,
assonnati, si preparavano per andare a scuola, mentre Kogoro era ancora
sprofondato nel sonno, a smaltire la sbornia della sera prima. Ran si guardò
allo specchio, diede un’ultima aggiustatina alla cravatta della divisa
scolastica e si diresse verso l’ingresso per infilarsi le scarpe da ginnastica.
Conan l’aspettava, annoiato: possibile che le donne ci mettessero sempre tutto
quel tempo per prepararsi? Lei lo prese per mano e fecero per uscire, quando il
bambino attirò la sua attenzione: "Guarda Ran neechan! Ci sono due lettere nella
cassetta postale!" "Mah, saranno sicuramente di qualche cliente di papà; è
diventato davvero famoso. Le prenderemo dopo la..." Ran ebbe un sussulto e restò
senza fiato; estrasse entrambe le lettere e lesse il contenuto della prima,
anche se questo non sembrò tranquillizzarla, anzi, la agitò ancora di più. La
infilò in fretta nella sua borsa e porse la seconda a Conan, cercando di
sorridere e di non far tremare la voce: "Tieni, è da parte dei tuoi genitori..."
il bambino assunse un’aria innocente e la prese, ma aveva capito che qualcosa
non andava. Era strano che i suoi genitori gli scrivessero, se avessero voluto
parlargli l’avrebbero fatto tramite il professor Agasa; inoltre la grandezza, la
forma e la carta di entrambe le lettere arano le stesse, e le linee di
timbratura sul francobollo non continuavano sulla busta, segno che non erano
state spedite, ma introdotte dal mittente direttamente nella cassetta.
Considerando che il giorno prima, quando erano tornati dal casolare, la cassetta
era vuota, vi erano state messe durante la notte; per un attimo pensò di
chiedere a Kogoro se rientrando a casa le avesse viste, ma si rese subito conto
che, ubriaco com’era, non poteva comunque averle notate. Conan assunse
sospirando la sua tipica espressione fra l’irritato e il rassegnato, poi alzò la
testa verso Ran: la reazione che aveva avuto era alquanto sospetta. Chissà cosa
aveva letto...
"Scusa Ran neechan, chi è che ti ha scritto? Dai.,
dimmelo, chi è?" il viso della ragazza si rabbuiò improvvisamente, per un attimo
sembrò sul punto di piangere, un attimo tanto fugace che in seguito Conan
avrebbe stentato a giurare che fosse successo veramente. Lei sorrise, lo stesso
sorriso del giorno prima in taxi: "E’ di Sonoko..." rispose, senza guardarlo
negli occhi " lo sai no che lo scorso week - end è andata nella villa in
montagna dei suoi genitori... dev’essere il solito ritardo postale. Ma ora
sbrighiamoci ad andare, o faremo tardi!" lo prese per mano e lo trascinò
correndo per tutto il tragitto, con la gonna a pieghe azzurra che ondeggiando
mostrava a Conan più di quanto dovesse vedere. Quando si divisero, il piccolo
detective notò chiaramente la sua mano tremare mentre si alzava per fargli un
ultimo cenno di saluto, capì che decisamente qualcosa non andava e fissò la sua
lettera, che teneva stretta nel pugno ancora sigillata. Non restava che aprirla,
per saperne di più sulla faccenda... "Conan!! Sei arrivato finalmente! Che fai?"
Ayumi gli afferrò subito il braccio, mentre Genta e Mitsuhiko si sistemarono
davanti a lui: "Che hai lì? È una lettera minatoria? La richiesta di un
riscatto?" chiese ansioso quest’ultimo. Ci mancavano solo quel branco di
mocciosi per coronare quella splendida giornata. "No stupido! È una lettera dei
miei genitori." Il bambino non fece nulla per nascondere la delusione, avvertì
gli amici che la campanella stava per suonare con voce fioca e i tre si
avviarono verso l’edificio scolastico. Conan fece per raggiungerli ma una mano
gli calò pesantemente sulla spalla: "Ciao Kudo. Ti vedo preoccupato, successo
qualcosa?" Ai Haibara si sistemò indietro i capelli biondi, fissandolo col suo
sguardo di ghiaccio, senza il minimo segno di curiosità o di qualsiasi altra
emozione. Lui guardò la lettera spiegazzata che teneva in mano, e lei lo imitò:
"Me l’hanno spedita stamattina; beh, non proprio, credo piuttosto che l’abbiano
infilata nella nostra cassetta. E.." assunse un’aria grave: "ne hanno mandata
una anche a Ran." Ai continuò a fissarlo indifferente, ma quando parlò ancora
sembrò un po’ afflitta: "Ah.. adesso ho capito perché sei così giù..." Conan se
ne accorse e la guardò, e lei riprese con voce atona: "Aprila, che aspetti?"
Lui fece per strappare la busta ma di nuovo si
sentì afferrare per il braccio: "Insomma Conan! Vieni in classe, o la maestra si
arrabbierà!" Ayumi gli puntò gli occhi addosso supplichevole, lanciando però
un’occhiataccia ad Ai, e tutti insieme si avviarono.
In classe, la maestra assegnò loro delle addizioni
e si sedette alla cattedra, tirando fuori dalla borsa una pila di fogli e
squadrandoli con attenzione; Conan ne approfittò per strappare la busta e
leggerne il contenuto. Rimase interdetto, quasi sbalordito, posò la lettera sul
banco e si grattò la testa, scompigliandosi i capelli bruni, dopodiché inarcò le
sopracciglia tenendosi la fronte con la mano, il gomito poggiato sul tavolo. Ai,
seduta vicino a lui, riconobbe subito il tipico atteggiamento che assumeva
quando era concentrato per risolvere un rompicapo. Inconsapevolmente, non poteva
fare a meno di stare lì a fissarlo, guardarlo mentre aggrottava la fronte, si
mordeva il labbro inferiore o sorrideva divertito per schernire se stesso di
aver pensato qualcosa di stupido. Ai rise abbastanza forte da farsi sentire da
Conan, ma non dal resto della classe; lui si voltò, visibilmente irritato: "Che
hai da ridere?" le sussurrò, con gli occhi ridotti a fessure.
"E’ un codice, non è così?" vedendolo stupito, Ai
sorrise di nuovo e lo interruppe mentre stava per parlare: "Che c’è? Credi di
essere l’unico capace di fare deduzioni? Non dirmi che c’è anche bisogno che ti
dica come ho fatto signor Grande Detective!" Lo guardava con aria di sfida, e
Conan sbuffò con aria indispettita distogliendo lo sguardo da quello di lei:
"No che non c’è bisogno, antipatica! Comunque hai
indovinato: è una cosa stranissima..." le porse il foglio, lei lo tenne stretto
tra le mani e lo scrutò attentamente: c’era disegnata una specie di griglia,
fatta di quadrati, e all’interno di ogni spazio le cifre 1 e 2, insieme o
separate. Stavolta toccò a lei rimanere interdetta, anche se la forma di quella
griglia le sembrava familiare... "E ne hanno data una uguale anche alla tua
ragazza?" Chiese in un sussurro.
"Ma no stupida! Penso che il mittente sia lo
stesso, ma sono sicuro che le ha scritto qualcosa di diverso. Ran sembrava
così... così sconvolta..." la sua voce assunse un tono preoccupato, Ai sembrò di
nuovo meno indifferente, diede un’altra occhiata al foglio, poi sospirò:
"Sai Kudo, credo di aver già visto una cosa del
genere prima..." Conan sobbalzò, era ansioso di risolvere il codice, ma le
parole di Ai sortirono un effetto diverso di quello che gli davano di solito,
quando qualcun altro le pronunciava: lei era stata un membro
dell’Organizzazione, e se avesse visto quella griglia mentre lavorava per gli
Uomini in Nero? Forse Ran stavolta era davvero in pericolo...
Sentì un tonfo al cuore, si alzò di scatto e si
avvicinò ad Ai, troneggiando su di lei:
"Dove!? Dimmi dove l’hai visto!! Allora?" La voce
era isterica, gli occhi determinati si fissavano nei suoi e Ai, aggredita alla
sprovvista, balbettò inquieta: "Io...non lo so...non ricordo..." Sbuffando
arrabbiato Conan le strappò la lettera dalle mani e si precipitò fuori dalla
classe, ignorando le grida infuriate dell’insegnante. Non riusciva a pensare ad
altro che a Ran, sperava intensamente che non fosse troppo tardi, che fosse
ancora a scuola.. immaginò Ran che gli lanciava l’ultimo saluto con la mano, la
vide voltarsi, il suo sguardo pieno di paura mentre due uomini vestiti di nero
la aggredivano, ordinandole di non urlare, vide le sue lacrime, mentre Loro la...
Provò una fitta dolorosa al petto, quell’immagine
si stampò nitida nella sua mente e lo fece star male, quasi si accasciò lì per
strada, stringendo forte in pugno la camicia all’altezza del cuore.
Ancora una volta è tutta colpa mia lei soffre
solo a causa mia e in più io...
Scosse la testa cercando di buttare fuori quei
pensieri, non era il momento di lasciarsi andare al rimorso. Se si sbrigava,
poteva non essere troppo tardi, magari avevano intenzione di fermarla dopo la
scuola.. peccato che suonasse così maledettamente come un’illusione.
Ti prego fa che stia bene per favore
Corse più veloce che poté, anche se solo dopo un
breve tratto era scosso da respiri affannosi, sentiva dolore al fianco e le vene
che pulsavano alla testa.
Per favore lei è troppo importante non può
essere non lo accetto io piuttosto ma lei no non
Raggiunse la scuola superiore Teitan, fece per
entrare quando si sentì sollevare di peso, le gambe che continuarono a muoversi
disperate per qualche secondo, incredule di essere state bloccate a un passo dal
traguardo. La bidella, un donnone nerboruto, gli chiese che cosa ci facesse lì.
"Mi lasci andare..! Ran.. devo andare subito da
Ran..!"
La donna si sciolse in un sorriso materno, gli
accarezzò la testa con la mano libera, piena di anelli:
"Oh caro... senti la mancanza della tua sorellina?
Ho indovinato?"
"No!! Mi lasci la prego, devo vederla ora!"
Possibile che dovessero capitare tutte a lui? Per l’ennesima volta rimpianse il
suo aspetto adulto, il peso sul cuore si fece più greve, ma la bidella non
voleva ascoltarlo, scosse la testa e lo lasciò andare fuori dalla scuola:
"Potrai vederla alla fine delle lezioni piccolo
caro... ma non provare a rientrare, o dovrò chiamare i tuoi genitori... hai
capito?" gli diede le spalle e si allontanò, restando purtroppo nell’ingresso
dell’edificio. Conan rimase solo e impotente, le braccia che cadevano inermi
lungo i fianchi, gocce di sudore che gli calavano dalla fronte. Rifletté per
qualche istante, ancora ansimando per la corsa, poi tirò fuori dalla tasca il
cellulare, compose il numero e stette ad aspettare, il farfallino del suo
vestito accostato alla bocca:
"Sì pronto? Scuola media superiore Teitan"
"Buongiorno, sono Kogoro Mouri, il padre di Ran
Mouri, una vostra studentessa del secondo anno, sezione B. Ho bisogno di
parlarle con molta urgenza: potete rintracciarla?" Nonostante il fiatone e
l’ansia, si sforzò di mantenere un tono pacato.
"Certamente, attenda in linea" i minuti che
passarono gli parvero ore. Brividi freddi gli percorrevano la schiena, sentiva
un nodo in gola, lo stomaco stretto in una morsa.
Ti prego fammi sentire la sua voce per favore
fa che sia tutto a posto per favore fa
"Pronto?"
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