9.
Lo scontro degli dèi
Le stelle di Crono splendevano, violacee e pulsanti al culmine della
volta celeste. Loki riusciva a vederle, nell’oscurità della notte, tra
le ombre dell’accampamento che pareva un’unica enorme tenda rossa in un
mare di sabbia e detriti; riusciva a sentirle, oltre il soffitto di
velluto, tra le braccia del re che lo stringeva forte, come
terrorizzato all’idea di perderlo.
Per questa ragione Thor voleva un
figlio, perché temeva di perdere Loki?, il dio s’interrogava,
pensoso.
Il lieve russare del re faceva vibrare l’aria che sapeva di vino,
spezie esotiche e sesso. Oltre la tenda, le guardie passeggiavano per
tenersi sveglie, per non cedere al gelo del pianeta lontano, arido e
spoglio come una tomba.
Loki s’interrogava senza pace.
Ad ogni tentativo di chiudere gli occhi, si palesava nella sua mente
l’immagine descritta da Thor: il bambino con gli occhi del re e la
pelle del fratello adottivo. Un’immagine che talvolta si accompagnava
al grido d’odio degli asgardiani, alle imprecazioni di Loki stesso,
rinchiuso in carcere per volere di Odino.
Loki non aveva provato che odio per Asgard, odio perfino per Thor, che
non aveva mai compreso le ragioni del suo dolore – Thor, che era l’unico ad averlo mai amato.
Scosso da un brivido, il dio dell’Inganno scostò le lenzuola,
allontanando le braccia dell'amante, coprendolo in modo da non farlo
svegliare. Scese dal letto, scalzo.
Oltre le pareti damascate riusciva a sentire il riso sommesso delle
guardie: una voce sottile continuava a sibilargli che ridevano di lui,
del suo amore insensato. Con sforzo, il dio si costrinse a sopprimere i
pensieri infelici.
Raggiunse la tavola dove giacevano i rimasugli della cena.
Distrattamente, sfiorò i grappoli d’uva gonfia e nera, le briciole del
formaggio spezzato da Thor e le fragole aspre, che il re faceva servire
solo per soddisfarlo. Leccò le dita, materializzando una boccetta di
liquido sanguigno nell’oscurità.
“Edera rossa.” Ricordò a se stesso, cauto.
Si voltò un istante, a rimirare la sagoma del sovrano più potente dei
Nove Regni, innocente e vulnerabile come un bambino. Poi aprì la
boccetta e versò due gocce di estratto nel vino torbido che riempiva la
sua coppa. Bevve.
La pozione avrebbe scongiurato il pericolo di concepimento di un
bastardo jotun, un figlio del gelo come lui. Mentre il vino riscaldava
lo stomaco ed una lacrima solitaria inumidiva il suo volto, Loki
pensava a quanto sarebbe stato semplice ingoiare l’intero contenuto
della boccetta, sprofondare in un sonno senza risveglio. Thor ne
avrebbe giovato sicuramente, libero dal fardello di dover giustificare
la presenza di quel fratello ormai estraneo alla corte.
“Lo desidereresti, Odino?”
chiese al vento, ridendo sommessamente della sua stoltezza.
Un grugnito lo distolse dai pensieri.
Loki lasciò svanire la pozione e si voltò a fronteggiare il fratello,
che lo cercava tra le lenzuola sfatte.
“Loki …”
“Sono qui, Thor. Mi sono alzato a bere.” Rassicurò, tornando a sedere
vicino a lui.
Le mani del dio guerriero lo cercarono, lo individuarono e lo strinsero
ruvidamente. Loki si arrese ad un bacio smanioso, che lo catapultò tra
i cuscini tiepidi.
“Sai di vino.” Disse Thor, leccando con sapienza la curva interna delle
sue labbra.
Per un istante, Loki provò il desiderio inconfessabile di essere
scoperto, poi la lucidità dell’intelletto ebbe il sopravvento sui sensi.
“Dovrei andare …” annunciò.
“No, è così presto! L’alba è lontana e il corno di guerra non ha ancora
suonato.”
“Se i tuoi uomini vedessero –“
“Gli uomini già sanno.” Tagliò
corto Thor, con una fermezza che non ammetteva repliche. “Voglio solo
stringerti tra le mie braccia, prima di scendere in campo a conquistare
l’ennesima vittoria.” Aggiunse, con un sorriso strafottente.
Loki non aveva mai amato l’arroganza dei cavalieri descritti nei poemi
antichi. Sin da ragazzino aveva provato un’indifferenza sdegnosa per i
racconti di guerra che entusiasmavano così tanto il fratello maggiore.
Adesso, a distanza di millenni, col cuore legato a quello di Thor, Loki
provava timore per il futuro incerto e sottile piacere: il suo re
avrebbe vinto ancora, rischiando la vita.
“Thor …” esalò rapito, abbandonandosi ad un abbraccio più intenso,
inarcando il collo che si offriva ai baci dell’amante.
La battaglia di Ragnarok
avrebbe suggellato la fine della guerra.
“Sellate il mio cavallo! Dite a Volstagg di attendermi al limite della
collina.”
I dignitari di corte si allontanarono col pugno stretto al petto. Thor
concesse le braccia al servitore, che allacciava l’armatura dorata al
suo corpo.
“Lo schema sarà simile a quello dell’ultimo scontro?” chiese Loki,
attentissimo dietro di lui.
“È così, fratello. Dovrai seguire le retrovie sul versante orientale e
fare da scudo a Sif e Fandral. L’esercito di Thanos sarà annientato una
volta per tutte.”
Loki chinò il capo, assillato dal timore della sconfitta. Thor sembrò
leggergli nel pensiero.
“Non temere.” Disse soltanto, premendo una mano contro il suo collo, in
un gesto di protezione sincero, affettuoso.
Sif entrò nella tenda del sovrano.
“Mio re,” disse, portando il pugno all’altezza del cuore. “È tutto
pronto. Aspettiamo il tuo segnale.”
“Disponetevi in linea.”
Lo scontro fu violento al limite delle possibilità. L’esercito
asgardiano fronteggiò da un solo lato le truppe di Thanos,
comprimendole tra i monti di ghiaccio e le retrovie, dove Loki
scatenava il suo potere per impedire a chiunque di scappare. Nelle
avanguardie, Thor aveva forzato il blocco nemico, sbaragliando le linee
di difesa di Thanos, avvicinandosi pericolosamente al comandante
oscuro. L’eco dei tuoni, il bagliore improvviso dei fulmini riempivano
l’aria fredda e impetuosa.
“A me, Thanos!” urlò Thor, scagliandosi in avanti con un solo balzo.
Il campo di battaglia intorno a lui era fango e uomini che si
aggredivano. “Sei mio!” avvertì, agitando il martello.
Thanos riuscì ad evitare il primo, potentissimo affondo e si preparò al
duello in solitaria.
“Loki non ti permetterà di scappare!” gridò Thor, colpendolo. “È giunta
l’ora della resa dei conti!”
L’eterno sogghignò, divertito.
“Lo stesso Loki che mi era alleato e che ho posseduto tra le rocce di
questo pianeta, proprio qui, a Ragnarok!”
“Frena la lingua!”
Mjolnir disegnò un cerchio elettrico nell’aria e Thanos subì la furia
del fulmine che si abbatteva alle sue spalle.
“Ti dico, in guardia!” ruggì il dio del tuono, ingaggiando un corpo a
corpo feroce, animalesco. Il sangue dell’avversario si mescolò a quello
sulle sue labbra. Thor sembrò bruciare, nel clamore della battaglia.
“Speri di redimere i peccati del tuo
amato fratello con la pace nei Nove Regni?! Speri di cancellare le sue
colpe?!” Mjolnir venne evitato, Thanos riuscì ad assestare un
destro micidiale. “Non potrai mai!”
“Taci!”
Thanos perse l’equilibrio e Thor riuscì ad assicurarlo al suolo, prima
di sferrare il colpo fatale.
Il cielo scintillò.
“La vittoria è nostra!” urlò Sif, montando in groppa al destriero nero.
“Thor ha ucciso Thanos!”
Un grido si levò nelle retrovie dell’esercito asgardiano. Volstagg si
affiancò a Loki, sbarrando la strada ai primi fuggiaschi.
“Il re ha dato un ordine!” tuonò l’asi, colmo di entusiasmo e potere.
“Che sia vittoria!”
“Vittoria!” echeggiarono i
soldati, galvanizzati.
Loki abbandonò la posizione per raggiungere il fratello.
Il volto di Thor splendeva di gioia e la tempesta lasciava il posto al
sereno. Loki sorrise solo un istante, prima di tendersi ad urlare: un
soldato semplice si era alzato e, con una lama insozzata dal fango,
aveva colpito il re alla schiena.
~
Gah,
sì, note!
Cosa diamine sono le stelle di Crono? Niente, costellazioni che mi sono
inventata nella sola mini fic che ho dedicato a Torchwood. Mi sono affezionata e
dovevo descrivere qualcosa, no?
Spero che non vorrete uccidermi dopo questo cliffhanger! XD
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