Note
dell’autrice: mi ero ripromessa di non scrivere più su questo fandom ma, a
quanto pare, non ci sono riuscita. Avverto chi vorrà leggere che questa
song-fiction è un po’ diversa da quelle che ho scritto finora. E’ basata su
“Evening falls” di Enya.
Per
ora non dico altro, spero che vi piaccia.
Un’ultima
cosa: anche se non la leggerà mai, vorrei dedicare questa storia al mio papà
che, invece, è tornato indietro nell’oscurità di questo
mondo.
WHEN
THE EVENING FALLS
Un’altra
giornata volge al termine.
Un’altra
giornata, dedita alla calma della campagna, alla quiete della natura, al ronzio
tranquillizzante delle api.
E’
in giornate come questa, quando gli attacchi reumatici mi danno un po’ di tregua
e mi permettono di dedicarmi al mio hobby, che riesco a dimenticare la frenetica
vita di Londra: i casi, gli inseguimenti, l’adrenalina… tutto svanisce, come
coperto da una nuvola.
Non
so se preoccuparmene o meno, di questo piacere del dimenticare
intendo.
Piacere…
forse è solo un tentativo per non cadere nella nostalgia
invece.
Dovendo
essere sincero, spero sempre che un caso interessante si presenti al mio cottage
sotto forma di un abitante dei dintorni, agitato e sconvolto per qualcosa che i
suoi occhi e la sua mente non riescono a comprendere.
Ah,
che brutta cosa la vecchiaia! Sto diventando sentimentale. Se lo sapesse Watson…
già, Watson. E’ da un po’ di tempo che non vedo il buon dottore. Le condizioni
di salute di entrambi ci impediscono una frequentazione assidua. Ormai ci siamo
ridotti a qualche lettera ogni settimana, in cui parliamo del tempo, di questa
società che sta cambiando. Volendo essere cinici, in realtà i nostri messaggi
sono un modo per assicurarci che l’altro sia ancora vivo e lo sappiamo bene,
così come sappiamo che, prima o poi, l’altro potrebbe non rispondere
più.
La
morte, che tante volte ci ha sfiorato nelle nostre avventure, ora si fa più
incombente che mai.
Scuoto
la testa per liberarmi da questi pensieri mentre mi sfilo la tuta da
apicoltore.
Dopo
averla riposta, rientro in casa, dove la mia governante ha preparato una bella
cenetta. Vivendo in questa quiete ho anche riscoperto i piaceri culinari, tanto
disdegnati negli anni della mia piena attività.
Dopo
aver terminato il pasto, vado a sedermi sulla mia poltrona vicino ad una delle
finestre. Fuori non c’è molto da vedere, è buio pesto, ma l’oscurità mi fa
riflettere poiché nasconde ogni possibile elemento di distrazione.
Carico
la pipa con del tabacco, la accendo e mi metto a fissare fuori.
Per
uno che cerca di non ricordare ciò che è stato ed ora non potrà più essere,
questo è un modo poco intelligente di passare la serata, ma ormai non ho
altro.
Da
tempo non suono più il mio violino, che ora se ne sta in un angolo, chiuso nella
sua custodia, ormai ricoperta di polvere. Non ho più l’energia di farlo come una
volta. Dovrei prendere in considerazione l’idea di regalarlo a chi potrebbe
farne un uso migliore, ma, per qualche ragione, che esula dalla logica, non
riesco a separarmene.
Più
di una volta Watson mi ha definito una macchina pensante senza cuore. Come suo
solito, è arrivato ad una mezza verità. Un cuore ce l’ho evidentemente, ed è
tornato a farsi sentire ora che la mia mente non riesce più a togliergli spazio.
E
il professor Moriarty cosa penserebbe al vedermi ridotto così? Probabilmente
aveva programmato di non arrivare ad un’età tanto avanzata, viste le ‘mansioni’
che svolgeva, ma, nel caso in cui ce l’avesse fatta, avrebbe comunque potuto
continuare a gestire le sue attività criminose dando alcune semplici direttive
da dietro una scrivania.
Io
invece sono come uno di quei vecchi segugi che hanno fatto il loro tempo e che
gli altri ricordano per i giorni di gloria in cui stanava volpi e quaglie e che
adesso guardano con tristezza e compassione quando lo vedono passare.
Qui
tutti mi trattano bene. Con alcuni, come il signor Stackhurst(*)intrattengo un
rapporto che può dirsi di amicizia, ma niente di equivalente a ciò che ho
vissuto a Londra con Watson, la signora Hudson, gli Irregolari e, in una qualche
misura, gli ispettori di Scotland Yard e mio fratello
Mycroft.
When the evening falls and the daylight is fading, from within me
calls - could it be I am sleeping? For a moment I stray, then it holds me
completely close to home - I cannot say close to home feeling so far
away
Non
mi rendo conto di essermi addormentato fino a che non mi accorgo che l’oscurità
mi ha completamente avvolto. Provo ad aprire gli occhi e, quando ci riesco, o
credo di riuscirci, la situazione non cambia. Non vedo la mia pipa, né la tenue
luce della lampada che illuminava la stanza.
Che
diamine sta succedendo?
Mi
accorgo poi di avere percezione del mio corpo, ma è una percezione sempre più
distaccata. Provo ad alzarmi ed il distaccamento aumenta. Mi rimetto seduto
confuso, forse un po’ intimorito.
Poi
la sento: una voce. Non riesco a capire da dove venga, sembra quasi da dentro di
me. Mi invita ad alzarmi, mi dice che ogni cosa sarà svelata se lo farò. Sono
sicuro di averla già sentita da qualche parte, ma non riesco a ricordare dove,
non riesco a ricordare a chi appartenga.
Cerco
di non ascoltarla, di resistere a quel richiamo da sirena, ma il tono è così
dolce che, piano piano, mi abbandono ad essa.
Sto
davvero dormendo? Un’alternativa remota comincia a farsi spazio nella mia mente,
ma non vi do peso, benché sia più che plausibile.
Ma
sì, sto sicuramente dormendo. E allora assecondiamo il sogno. Prendendo un bel
respiro mi alzo.
Per
un attimo resto senza fiato: da una parte mi sento come se avessi raggiunto una
nuova meta, una nuova tappa sulla mia strada; dall’altra, non mi sono mai
sentito così lontano dal posto da cui provengo.
All’improvviso,
una strada si apre davanti a me nell’oscurità. Con la sensazione di non poter
tornare indietro, la intraprendo curioso e timoroso di sapere dove mi
condurrà.
As I walk there before me a shadow from another world, where no
other can follow carry me to my own, to where I can cross over close to
home - I cannot say close to home feeling so far away
Mentre
cammino, un’ombra mi viene incontro dal lato opposto. Non riesco a capire se si
tratti di un’ombra maschile o di un’ombra femminile. Certo è che non proviene
dal nostro mondo, dove le ombre hanno un padrone e non una volontà propria come
quella che mi trovo davanti. Mi tende una mano, invitandomi a prenderla.
Ancora
una volta capisco in qualche modo che, se la afferrerò, il mio destino sarà
irreversibile.
Cerco
quindi di ritardare l’inevitabile e scelgo di proseguire da solo, l’ombra
accanto a me a guidarmi ma lasciandomi ‘libero’.
Improvvisamente
mi trovo davanti ad un ponte. Dall’altra parte vedo una tavolozza di luci e
colori. Dev’essere un posto bellissimo. Mi volto e, dietro di me, c’è solo
l’oscurità.
Quanto
vorrei portare un po’ di quella bellezza nel mondo che, ora so, è quello da cui
provengo. Forse l’ho fatto con il mio lavoro, ma, evidentemente, non è bastato.
Quanto
vorrei che Watson vedesse dove sto andando e venisse con me. So in qualche modo
che non è possibile, che nessuno può seguirmi dove sto andando, nemmeno il mio
più caro amico, compagno di tante avventure.
Mi
dispiace non averlo qui accanto a me adesso ma è chiaro che il suo tempo
nell’oscurità non è ancora finito.
Ancora
una volta quel senso di vicinanza e lontananza da casa mentre i miei passi
percorrono gli ultimi piedi del ponte.
Forever searching; never right, I am lost in oceans of night
Forever hoping I can find memories those memories I left
behind
Quando
finalmente giungo dall’altra parte, tutto mi si apre. Sono giunto laddove vive e
governa la verità assoluta.
C’è
stato un solo, grande mistero che non sono riuscito a
risolvere:
la
morte.
Ormai
so cosa mi sta succedendo e, in qualche modo, forse anche con gioia, lo
accetto.
Avevo
provato ad indagare al riguardo, consultando testi e persone ed ero anche giunto
ad alcune conclusioni. Quanto mi sbagliavo! Oceani di oscurità avevano avvolto
anche me, impedendomi di squarciare quel velo che ci separa dall’altro mondo.
Sento
come se la mia mente possa finalmente riposare dopo aver ricevuto la conoscenza
di tutte le cose (o quasi). Dopo aver ricevuto questa illuminazione, sento
riaffluire alla mente tutti quei ricordi che avevo sepolto nei meandri del mio
cervello poiché inutili ai miei fini.
Sepolto,
ma mai cancellato.
Ricordi
di sensazioni, di persone, di sentimenti, di eventi… ricordi di vita.
Una
vita lasciata indietro per scelta. Non potevo vivere appieno due esistenze
contemporaneamente. Ho scelto di dedicarmi al lavoro, ma quel bivio non era mai
del tutto scomparso dalla mia memoria.
Even though I leave will I go on believing that this time is real
- am I lost in this feeling? Like a child passing through, never knowing the
reason I am home - I know the way I am home - feeling oh, so far
away
Mi
accorgo improvvisamente che l’ombra accanto a me ha preso forma e sì, avevo
indovinato. Avevo già conosciuto a chi apparteneva la voce che mi ha chiamato,
anche se, in vita, l’ho sentita per poco, troppo poco.
Mi
porge nuovamente la mano con un sorriso e, stavolta, la accetto con la mia (che
è tornata giovane e vigorosa, noto). La pelle sotto le mie dita è reale, così
com’è la carne che stringo.
Mi
viene da chiedermi se il mondo da cui provengo non sia stato solo il frutto di
un sogno, un sogno durato una vita, e se la realtà non sia invece
qui.
Ma
allora cos’è stato il passato, se effettivamente è stato?
Aveva
senso passare tutti quegli anni da un’altra parte?
Ha
avuto senso crescere, maturare, vivere?
Indubbiamente
è stato un bel sogno, se di sogno si è trattato e sì, a mio parere, ogni cosa ha
avuto senso, se non altro per arrivare qui, nel posto che sento come casa
mia.
Eppure…
Eppure
non riesco a dimenticare che c’è stato un posto che ho chiamato casa per tanto
tempo nell’altro mondo e che non ne sono mai stato così lontano.
FINE
(*)
vedi “L’avventura della Criniera di Leone”.
La
visione dell’aldilà è totalmente personale e di pura invenzione. Grazie al
cielo, oserei aggiungere.
Spero
che l’abbiate gradita.
Bebbe5
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