scolopendra 2
Capitolo II.
Saranno state le nove di mattina
quando Damasco aprì gli occhi. La luce del sole che filtrava
dalle due finestre della facciata rendeva la piccola abitazione molto
più grande di quanto gli fosse parso la notte precedente.
Riuscì a mettersi a sedere sul letto, cioè, sul divano,
e le fitte di dolore gli parvero meno persistenti del tentativo
precedente: qualunque cosa avesse usato Kaisa per curarlo, funzionava
perfettamente.
E poi li vide.
- Buongiorno!
- Hai il viso sporco!
- Perché sei fasciato?
- Sei uno spirito delle nebbie?
Quattro bambini ai piedi del
divano-letto gli diedero il ben svegliato tempestandolo di domande,
mentre una quinta sembrava decisa a continuare a fissarlo senza
spiccicare una parola.
Lo stagliarsi della figura di Kaisa sull’uscio spalancato fu accolta come la salvezza da un assedio.
- Avete finito voialtri?
Bastò poco perché i
quattro mocciosi si dileguassero correndo, senza ormai più
interesse per il naufrago. Solo la bambina era rimasta, per niente
intimidita dall’arrivo della padrona di casa.
- Ti ho portato degli abiti, spero
ti vadano bene perché è tutto ciò che ho trovato.
Qui c’è un asciugamano, il bagno è là dietro
e… purtroppo non ho trovato nessun rasoio, il Professore lo ha
bandito dalla propria abitazione. – sentenziò alzando gli
occhi al cielo in un gesto rassegnato, di chi era abituato alle
stranezze di tale “professore”.
Damasco passò in rapida
rassegna i vestiti che la ragazza gli gettò sulle gambe: un paio
di pantaloni in pelle scamosciata, una camicia dai polsini vagamente
consumati, un panciotto che doveva aver visto giorni migliori, ma
giorni sicuramente da signore. Abiti vecchi, di sicuro, ma non poi
così mal messi. E comunque sempre meglio della sua grigia divisa
da prigioniero.
- Non sono assolutamente riuscita a
convincerlo a prestarmi uno dei suoi cappotti, ma in fondo di giorno
non fa ancora così freddo, e ne ho un paio che potrebbero
andarti bene.
- Non hai niente da chiedermi?
Kaisa si interruppe dal rovistare
in uno dei bauli in cerca di un soprabito per l’ospite, girandosi
poi a osservarlo, a studiarlo. Aveva capito a cosa si riferiva: cosa ci
faceva incatenato a bordo di un’aeronave? Era un ricercato? Un
malvivente? Sicuro che le erano passate per la mente tali domande, ma
per un motivo o per l’altro…
- Non mi interessa, tutto qua.
Semplicemente.
Kaisa non era tipo da interessarsi
eccessivamente alle vicende degli altri, a meno che non la
riguardassero direttamente. Ma anche in quel caso perdeva presto
interesse. Le macchine, invece, quelle sì che erano
interessanti! Il loro funzionamento, la loro composizione, i progetti
dei motori delle aeronavi, l’uso della nebbia nel processo di
assimilazione dell’energia atmosferica, questi erano i suoi
interessi.
E al momento vi rientrava anche
Damasco, il primo naufrago del mondo superiore che le era mai capitato
di incontrare. Probabilmente l’unico
naufrago del mondo superiore che fosse mai esistito: solitamente erano
solo i relitti a precipitare, non gli uomini. In parte avrebbe voluto
sapere il motivo per cui era stato lasciato indietro, ma date le
condizioni di prigionia in cui l’aveva trovato si era già
fatta un’idea, e quando si faceva un’idea delle circostanze
tendeva a ritenere la questione risolta il più delle volte.
- Ah, eccola! –
esclamò trionfante estraendo dal baule una maschera in cuoio,
con dei filtri per la respirazione. Si rivolse poi nuovamente a
Damasco. – Bene, a posto. Il bagno è di là –
l’ho già detto? – fai pure con comodo, ti aspetto
fuori. Andiamo, Sorra.
La bambina però non pareva
averla sentita. Se ne stava appoggiata sui gomiti, la testa posata fra
le mani a coppa, e non aveva staccato gli occhi di dosso a Damasco per
un secondo, tenendo un’espressione sempre più sognante.
Inutile dire che il giovane si sentiva alquanto in soggezione.
- Santo cielo, Sorra.
Un altro richiamo a vuoto. Kaisa
allora si avvicinò alla piccola, afferrandole un braccio e
trascinandola fuori senza troppi complimenti.
- Kaisa… - disse poi una
volta che la porta fu chiusa alle sue spalle. – Io… io
voglio essere la madre dei suoi figli!
Si chiese dove diavolo Sorra avesse
imparato certe espressioni. Poi si sporse leggermente di lato,
intravedendo dalla finestra il suo ospite rivestirsi.
- Be’, hai buon gusto.
***
Si asciugò il viso, per poi
fissare la sua immagine nello specchio del piccolo ma comodo bagno di
Kaisa, i capelli biondi un po’ troppo lunghi e la barba sfatta.
L’assenza di un rasoio non era poi una tragedia, poteva ancora
ritenersi in uno stato presentabile. Pure gli abiti erano della sua
misura; anche se, forse, la sua alimentazione delle ultime settimane
aveva contribuito a ridurre la sua muscolatura – di certo non era
stato come mangiare al “Numero Sei” di Rou de La Fontaine.
Gli stivali che gli aveva trovato
Kaisa erano così simili a quelli indossati dagli ufficiali
dell’esercito che gli venne da ridere al pensiero. L’ironia
della sorte.
Uscì, prendendo sottobraccio
la giacca che in un primo momento non aveva notato, e rimase spiazzato
dal panorama. L’abitazione di Kaisa, affiancata da un piccolo
hangar, era molto isolata, tanto che non si vedevano altre costruzioni
all’orizzonte, tranne quella che sembrava una sottospecie di
torretta di controllo, che rimaneva comunque a una discreta distanza.
La posizione, poi, era altro motivo di sorpresa: una decina di metri e
il terreno precipitava in uno strapiombo che dava sul mare. La bianca
scogliera si stagliava lungo tutta la costa, con pochi sentieri che
portavano fino alle spiagge solitamente deserte.
E poi il cielo.
Il cielo era bianco, totalmente. In
un primo momento, Damasco pensò che fosse dovuto semplicemente
alle nuvole, ma tralasciò quest’idea appena vide il sole
irradiare placidamente la propria luce sopra le loro teste. Certo, era
una luce molto più debole a quella cui era abituato, ma di
fatto, se fosse stato nuvoloso, non avrebbe potuto distinguere
l’astro così facilmente.
Osservò meglio Kaisa e la
sua carnagione chiara, Kaisa e i suoi capelli di un viola misto a
grigio, non troppo appariscenti, ma nemmeno anonimi.
- La tua espressione è la
conferma che vieni dal mondo superiore. – intervenne Kaisa,
scrutandolo dalla panchina su cui si era seduta ad aspettare. –
Scommetto che là il cielo è azzurro, dico bene? Ebbene,
qui è bianco. Quello che vedi lassù è
l’oceano superiore, quello in cui si muovono le vostre belle navi
volanti. Mentre quella distesa d’acqua è il nostro oceano
inferiore, dove si muovono le nostre.
Bianco su blu. I colori si invertivano, come in uno specchio.
- A proposito, questo non è
il mio colore naturale, eh. – La ragazza si alzò,
lisciandosi i pantaloni aderenti e il corpetto in pelle, arrotolando
poi le maniche della camicia mentre si avvicinava a un ragazzino magro
e pieno d’energia.
- Spar, voglio che tu vada in paese e compri queste cose.
Il tredicenne afferrò malvolentieri il foglietto che gli veniva porto, corrucciandosi.
- Ma ci metterò tutto il giorno…
- E portati anche gli altri, non vi
voglio avere attorno oggi. Ah, - aggiunse infine mentre gli consegnava
i soldi necessari. – Se mi fai questo favore ti farò
salire sullo Spitfire, d’accordo?
Gli occhi di Spar si illuminarono
al sentir nominare il bizzarro mezzo di trasporto. Da bravo leader qual
era radunò immediatamente i quattro bambini, con un richiamo in
più per Sorra, e si diresse subito correndo lungo il sentiero
che portava alla strada principale che collegava la costa alla piccola
cittadina di Dover.
- Ma questi bambini?
- Boh, mi trovano simpatica. A volte sono una seccatura, ma possono rivelarsi utili.
Gli lanciò la maschera che aveva visto cercare in precedenza.
- E questa? Anche i ragazzini ne avevano una…
- Per la nebbia. – rispose
lei. – Oggi non è il caso, ma può capitare che cali
una nebbia molto densa, che rende difficile la respirazione. Almeno, io
non ho mai avuto problemi, ma essendo tu abituato ad un altro tipo di
aria è meglio che te la tenga sotto mano.
E ora andiamo, abbiamo già perso un’ora di luce.
***
- …ma questo non è un impianto militare.
L’ingresso alla sala macchine
era ostruito da diverse macerie impossibili da rimuovere. Per la gioia
di Kaisa, però, una parte degli impianti del motore erano
accessibili anche dall’esterno, rendendo possibile lo studio
della tecnologia del volo. Anche al di sotto dell’oceano di nubi
si erano creati una serie di mezzi di trasporto aereo, ma non erano
ancora riusciti a raggiungere la potenza necessaria a superare una
certa quota con un certo peso. E le navi precipitate dal mondo
superiore difficilmente risultavano abbastanza integre come quella.
L’entusiasmo della ragazza,
però, si era smorzato nell’esatto momento in cui aveva
rimosso uno dei pannelli di revisione della turbina buttandosi poi
gambe all’aria all’interno.
- Questo sembra
un impianto militare, ma gli ingranaggi sono di classe mercantile.
Damasco! – si tirò su senza sforzo, puntando poi lo
sguardo imbronciato negli occhi blu del giovane, seduto a poca distanza
su alcuni resti della carena.
- Che storia è questa?
- Spesso capita che vecchie navi da
guerra vengano riconvertite a mezzi di trasporto civili. In tal caso
è normale che le tecnologie belliche e di potenziamento del
motore vengano rimosse.
Sorrise divertito alle imprecazioni
indispettite della ragazza, che scese dai resti della nave con un agile
balzo, buttando a terra stizzita la borsa con gli attrezzi da meccanico
che si era portata dietro.
E non riuscì a trattenere le
risa, quando inciampò in una lastra nascosta dalla sabbia,
finendo rovinosamente a terra.
“Scolopendra” recitavano i caratteri greci sopra incisi.
- E quindi – propose Damasco – perché non addentrarci all’interno della Scolopendra?
***
- Danni allo scafo inferiore, turbina di babordo danneggiata. Stiamo perdendo quota!
- Cosa dicono dalla sala macchine?
- Gli ingegneri stanno tentando di stabilizzare l’engine, ma siamo troppo pesanti per poter procedere con un motore solo!
- Staccate i carFZZ
- Maledizione, il nastro è rovinato!
Damasco osservò la ragazza
chiudere il dittafono, per poi inserirlo nuovamente nella scatola
metallica in cui lo aveva trovato.
- Mi chiedo quale sia stata la causa del naufragio…
- Purtroppo non posso aiutarti, tutto ciò che ho sentito sono le due esplosioni di cui ti ho parlato prima.
- Sì, ma guarda il danno che
hanno fatto. Non può esser stato un regolamento di conti, o un
attacco da parte di una nave militare?
- Impossibile. – negò
Damasco scuotendo la testa. – Era un mezzo autorizzato, e non ci
sono casi di pirateria. Per di più, credo che se il nemico fosse
stato visibile avrebbero attivato le torrette di difesa.
Kaisa si diresse nella cabina del
comandante, subito dietro quella di pilotaggio. Cominciò a
rovistare tra le carte, esultando lievemente quando trovò dei
progetti dell’engine
della Scolopendra, e leggendo poi il diario di bordo, tutto sotto lo
sguardo vigile del biondo, appoggiato allo stipite della porta.
Non sapeva cosa sperasse di trovare
– né gli interessava. Era curioso l’interesse di lei
per le macchine. In genere le ragazze preferivano ben altri argomenti,
almeno quelle che aveva incontrato fino ad allora.
Era decisamente curiosa. E intrigante, a suo modo.
Continuava a sfogliare le pagine mormorando, ogni tanto saltando intere giornate, ogni tanto soffermandovisi più a lungo.
- 7 Ottobre, imbarcato il carico 23773. Strano, avevano sempre parlato di merce finora.
Damasco si avvicinò, silenzioso.
- E questi documenti?
- Sono io il carico 23773.
Il sussurro di Damasco le
arrivò molto vicino, e per istinto portò la mano alla
sacca che le pendeva dalla spalla, cercando la pistola che portava
sempre con sé. Si sentì afferrare il polso prima di
riuscire a estrarla, e si ritrovò poi bloccata contro il petto
di lui, le braccia incrociate dietro la propria schiena, strette
saldamente nella sua presa.
- Cosa intendevi fare? – le chiese, con sguardo duro e voce atona.
- E tu? Che vorresti fare?
Un sorriso ironico.
- Non saprei. Potrei ucciderti, o
stuprarti. In fondo è perché temi una simile
eventualità che ti porti dietro quella, no? …Ma non sono
un criminale. – disse lasciandola andare.
- Non è quello che dice questo rapporto.
Gli sventolò sotto il naso i
documenti trovati nelle pagine del diario di bordo. Damasco
sospirò, vagamente sconsolato, incrociando le braccia al petto.
- Voglio dire, se eri un ladruncolo a caso ok, ma qui si parla di omicidio.
- Ero un ufficiale. –
cominciò a raccontare. – Sono un cosiddetto prigioniero di
guerra. Anzi, un traditore. Ho ucciso un mio superiore, e mi hanno
catturato.
- C’è una guerra in corso?
- No, ma è solo questione di
tempo. Con l’eliminazione di Portien è stato rimandato, ma
il conflitto è destinato comunque a scatenarsi, prima o poi.
- E noi? Verremo coinvolti anche noi sotto le nuvole?
- …questo non lo so.
Calò il silenzio. Kaisa non
sapeva se prestar fede alle parole di Damasco. In fondo era ancora uno
sconosciuto, e non aveva modo di confermare le sue parole. E poi cosa
sarebbe cambiato? Non poteva nemmeno dirgli di tornarsene a casa
– a parte che non gli conveniva – perché non
c’era modo di risalire oltre le nubi, così come non
potevano scendere le loro aeronavi. Non erano tarate per la consistenza
dell’aria sottostante, precipitavano inesorabilmente.
- Di sicuro sarebbe un problema se
le vostre città galleggianti finissero per perdere pezzi sotto
un bombardamento. Ma in fondo qui sopra non ce ne sono. –
raccattò poi le carte nautiche, i progetti del sistema engine
e tutto ciò che poteva fornire da lettura interessante. –
Torniamo a casa, qui non c’è nulla da fare. Torneremo con
lo Spitfire per trasportare i pezzi meccanici ancora utilizzabili.
- …Ehi, aspetta un secondo.
La seguì all’esterno, un po’ incredulo forse, un po’ sconcertato dai suoi modi.
- E quindi di me ti fidi?
- Mah, mi fido… - raccolse
una borsa piena di ingranaggi che aveva messo da parte. – Diciamo
che l’aria da militare potresti anche averla. Poi piaci ai
bambini. E se piaci ai bambini allora va bene. Ma continuerai a dormire
sul divano.
- Note dell'autrice -
Prima e ultima volta che mi metto a fare il codice HTML a mano, giuro.
Ma sono in università, sto
aspettando la mia prossima lezione e non ho altro da fare che non
parcheggiarmi qui in aula informatica. E ovviamente non il file word,
ma ho potuto recuperare il testo dal forum degli Original Concorsi,
dove l'ho pubblicata per il contest, ma questo non vi interessa. '-'
Vi voglio solo dire che se vi pare che ci sia qualcosa che manca, state tranquilli, è appena il secondo capitolo X°D
Tutto verrà a galla a tempo debito u_ù
Grazie a tutti voi per aver letto, spero vi stia piacendo <3
S', è un po' presto per dirlo, ma lasciatemi cianciare, dai.
Al prossimo capitolo!=D
EDIT: sostituito il capitolo con quello corretto e, soprattutto, creato con NVU. Quel programma è la mia salvezza.
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