Jariel camminò lungo il corridoio, con Nova al suo
fianco. La demone lo guardava sorridendo malevola, gioendo della
brutta situazione in cui versava il morfista.
«Sarmon non è affatto contento di te.»
«L’hai già detto» mormorò a denti stretti Jariel,
spazientito.
«Mi stavo chiedendo quanto pesassero la sfortuna e
l’incapacità nel tuo fallimento. Eri così vicino a prendere i
rapporti…» Nova scosse il capo, con l’intento di provocarlo.
Odiava con tutto il cuore i morfisti, creature degne
soltanto di leccare le scarpe ai demoni. Erano scarti di laboratorio
che davano soltanto problemi, e come se non bastasse erano anche
terribilmente arroganti.
Li avrebbe massacrati e avrebbe bevuto volentieri il
loro sangue, se soltanto Sarmon glielo avesse permesso. Ma per ora
l’unica soddisfazione che poteva ricavare dallo stare a contatto
con quelle creature miserabili, era prendersi gioco della loro
inferiorità.
«Mi stavo chiedendo quanto dureresti, se io ora volessi
ucciderti» Jariel allungò una mano per toccarle la fronte, con un
sorriso gelido.
La demone la scacciò con un gesto veloce e potente,
come se Jariel fosse un petardo impazzito.
«Prova a toccarmi di
nuovo e ti massacro, miserabile» sputò veleno, ma il morfista non
ne rimase troppo impressionato.
Sollevò appena le sopracciglia, fingendosi stupito.
«Divertente. Ora ho di meglio da fare che sprecare il
mio tempo con te.»
Senza aggiungere altro la superò, dirigendosi
con ampi passi alla fine del corridoio e oltrepassando il portone.
Entrò nella sala dove Sarmon l’aveva già fatto convocare una
volta e, come in precedenza, lo trovò seduto sul trono.
Quando lo vide entrare, Sarmon si alzò in piedi e gli
si fece incontro. Non gli diede neppure il tempo di aprir bocca: la
mano destra scattò all’improvviso, colpendo Jariel sul volto con
il dorso.
Il morfista non ebbe il coraggio di guardare il suo
signore in viso: mantenne lo sguardo basso, sottomesso. Sentiva su di
sé lo sguardo glaciale di quel demone, ne avvertiva l’ira vibrante
e pericolosa.
Sarmon era la creatura che gli aveva donato la vita, che
le dava un senso. Come suo creatore poteva decidere di porre fine
alla sua esistenza in ogni istante. E in quel momento Sarmon non
doveva essere molto felice. Nova aveva maledettamente ragione.
Non osò parlare. Aveva timore persino a respirare.
«Jariel, cos’è successo?»
«La ragazza non aveva mai manifestato i suoi poteri e…»
«Questa cos’è, una scusa?» la voce di Sarmon era
pericolosamente ironica.
«No, mio signore. Ce l’avevo in pugno, ma sono
arrivate le guardie.»
«Ti ho dotato di una ghiandola per uccidere, Jariel.
Perché non l’hai usata?»
Non rispose. Le cose si stavano mettendo male. Se non
trovava il modo di calmare Sarmon, sarebbe stato ucciso sicuramente.
Poi all’improvviso si ricordò di lui.
Namar.
Sollevò lentamente lo sguardo per scrutare il
viso di Sarmon, ma quando si accorse che il demone lo stava
guardando, tornò a fissare il pavimento.
«Ho scoperto una cosa interessante, nonostante tutto.»
Sarmon lo guardò, scettico. «Prega che sia davvero
interessante.»
Jariel deglutì nervosamente.
«La ragazza era in compagnia di un morfista del vecchio
laboratorio demoniaco.»
Silenzio. Aveva raggiunto lo scopo. Jariel sorrise
impercettibilmente, ma già sapeva di aver vinto. Sollevò lentamente
lo sguardo. E notò che la notizia aveva davvero colpito Sarmon.
«Vuoi dire che questo esemplare era in buone
condizioni?»
Jariel annuì, anticipando le mosse del demone.
Conosceva bene i suoi desideri, le sue aspirazioni e i suoi timori. E
sapeva che cosa stava pensando.
«È straordinario che sia durato così a lungo.»
Sarmon rimase in silenzio, tornando a sedere. Lì,
nascosto dalla penombra, per chiunque il suo volto non sarebbe stato
visibile, ma per gli occhi di un morfista vedere al buio era uno
scherzo. E Jariel vide bene il sorriso vittorioso di quel demone.
Un’espressione che non prometteva nulla di buono.
«Portamelo.»
*
Quando uscirono dall’ambulatorio, l’auto era sparita
e di Sari non c’era traccia. Amaya si coprì gli occhi, scuotendo
il capo. Era colpa sua.
«Non avrei dovuto darle le chiavi» mormorò,
consapevole del fatto che Sari rischiava la vita ogni secondo che
trascorreva accanto a Namar.
Guardò Silver, ma il poliziotto scosse il capo.
«No Amaya. Questa è stata una sua scelta, e l’ha
presa conoscendo bene ciò che sta rischiando. Se vuoi andare a
cercarla fai pure, ma questa volta io non verrò.»
Amaya guardò Silver allontanarsi, presa alla
sprovvista. Non poteva dargli torto, in fin dei conti: Sari non era
una bambina. Ma nonostante tutto, lei non riusciva a non essere
preoccupata per le sorti dell’amica.
Sospirò, indecisa sul da farsi. Guardò Volker, sapendo
che quello era un addio. La sua parte l’aveva fatta, e ora sarebbe
andato per la sua strada a cercare la salvezza.
«Immagino che continuerai le tue ricerche…»
Volker annuì, sfiorando con la mano una ciocca di
capelli dell’elfa.
«Penso di sí» mormorò distratto.
Sorrise bonariamente, interrompendo il contatto.
«È stato un piacere conoscerti, Amaya Lyrem.»
L’elfa rimase immobile al suo posto, composta come
sempre. Ma, per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, lo
accettò. Accolse la sua gentilezza, che questa volta stranamente era
pura, senza malizia né ironia.
Gli sorrise. Un sorriso vero, sincero.
«Anche per me, Volker Kramer.»
Lui sembrò indugiare, con le mani affondate nelle
tasche dei pantaloni e un sorriso bonaccione stampato sul viso. E
quando si voltò, Amaya lo fermò afferrandolo per un braccio.
Il sorriso malizioso sul volto di Volker crollò non
appena incrociò lo sguardo dell’elfa. Uno sguardo attento.
Sospettoso.
«Cosa succede?» domandò spiazzato, mentre lei gli
controllava i capelli.
Ma Amaya non rispose, e quel silenzio non piacque
affatto a Volker.
Lasciò che l’elfa cercasse ciò che voleva trovare,
mentre il cuore gli galoppava nel petto. Pensò subito al sigillo. Se
aveva cominciato a perdere efficacia, non gli rimaneva molto tempo.
Pregò con tutto se stesso che Amaya non trovasse nulla, nessun segno
che potesse testimoniare un cambiamento del fisico.
Non aveva mai domandato a Sarmon che tipo di alterazioni
potessero significare un indebolimento del sigillo. Lui aveva detto
una qualsiasi.
Alla domanda di Amaya, il suo cuore quasi smise di
battere per il terrore.
«Hai mai avuto capelli bianchi?»
*
Sari non aveva idea di dove andare. Aveva preso la
macchina senza nemmeno pensare a una destinazione. Guidava alla cieca
sulla strada deserta, scegliendo a caso la direzione da prendere a
ogni incrocio. La situazione divertiva parecchio Namar, glielo
leggeva in faccia.
Aveva un’espressione divertita, quasi saccente,
sicuramente irritante. Era in quello stato da quando avevano lasciato
Rosya, e ormai era passata più o meno un’ora. Lui non aveva più
aperto bocca dopo quell’ultimo commento, e ogni tanto distoglieva
lo sguardo dal paesaggio e si concentrava su di lei. Quando lo
faceva, Sari era quasi sicura che quel sorrisetto si allargava ancora
di più, o almeno era quello che la ragazza riusciva a cogliere con
la coda dell’occhio.
Dopo l’ennesima volta, Sari sbuffò, lanciando a Namar
un’occhiata scocciata.
«La vuoi piantare?»
«Qui dentro l’unica che sta facendo qualcosa sei tu.»
«Sto guidando. E tu stai ridendo» puntualizzò con una
punta di acidità nella voce.
Namar sogghignò, tornando a guardare la strada.
Silenzio. Sari gettò un’occhiata rapida allo stereo.
Era un modello molto vecchio. Lo indicò con un cenno della testa.
«Prova ad accenderlo.»
L’evaso la guardò di nuovo, ancora con
quell’espressione irritante che la fece esplodere.
«Piantala,
non ti sopporto più!»
Per tutta risposta Namar ridacchiò. Continuò a
guardarla, questa volta con una punta di curiosità.
«Perché mi hai portato via?»
Sari fu grata di dover tenere lo sguardo sulla strada,
perché non aveva nessuna voglia di guardare Namar in quel momento.
La sua domanda era troppo personale; rispondergli la imbarazzava.
«Mi piace pensare che ci sia ancora qualcosa che si
possa fare per te.»
«Quindi l’hai fatto per pietà» concluse Namar, ma
qualcosa nella sua voce suggeriva a Sari che la stesse prendendo in
giro.
L’evaso rimase in silenzio per alcuni istanti, poi
guardò la ragazza. Si era fatto improvvisamente serio.
«Qualcosa ci sarebbe, in effetti. Avevo intenzione di
occuparmene quando mi avreste lasciato da solo, ma ora che hai
combinato tutto questo casino ho paura che dovrò costringerti a
venire con me» terminò sogghignando, e Sari si limitò a sorridere.
C’era qualcosa da poter fare. Qualcosa che poteva
salvare Namar.
Rallentò di fronte all’ennesimo incrocio, indecisa su
che direzione prendere. Namar le indicò la via a destra, e Sari la
imboccò subito.
«Di cosa si tratta?» domandò senza distogliere lo
sguardo dalla strada.
«Se il mio problema è la presenza della ghiandola,
l’unica soluzione è rimuoverla.»
«Ma è rischioso, potresti rimanere menomato!»
«Credi che mi rivolgerò al primo macellaio che mi
trovo davanti? Dottoressa, forse ti è sfuggito un dettaglio.»
Non riuscì a mantenere l’attenzione sulla strada.
Doveva necessariamente guardarlo per leggere nei suoi occhi che cosa
gli stava passando per la testa. Le sarebbe bastato anche un breve
istante, una frazione di secondo. Ma quando si voltò verso di lui,
le venne istintivo premere il freno: Namar era diverso. Ora che
poteva mostrare il suo vero aspetto senza timori, le sembrò più
inquietante che mai. Eppure aveva l’impressione di ammirare un
tesoro segreto di cui soltanto lei era a conoscenza.
I capelli neri ricadevano indisciplinati davanti al
viso, e Sari non si sarebbe mai abituata a quegli occhi completamente
bianchi, sporcati solo dalla pupilla verticale. Quegli occhi
demoniaci, che la guardavano con una luce folle che non prometteva
nulla di buono.
«… andiamo a trovare il mio secondo padre,
dottoressa. Andiamo dai demoni.»
FINE
NOTE DELL'AUTRICE
Non ricordo se l'ho detto qui oppure nel mio gruppo
facebook, fatto sta che La zona rossa è la prima parte di una
trilogia che si chiama Morfero
(per motivi che ora dovrebbero essere ovvi :P). Sarò sincera, le
altre due parti non sono state ancora scritte e non so se e quando lo
saranno, motivo per cui ho pensato di inserire nel gruppo un
documento contenente gli spoiler degli altri due libri, in modo tale
da potermi scusare, per quanto possibile, qualora questa storia non
dovesse mai vedere la sua vera conclusione. In questo documento non
penso metterei la fine della saga, ma per chi lo volesse sapere basta
che mi contatti privatamente chiedendo informazioni: svuoterò
completamente il sacco :P
Se siete interessate a
leggere il documento con gli spoiler basta che chiediate l'iscrizione
a Questioni Scrittevoli, sarete subito accolte con biscotti e
pasticcini.
Un saluto, e se siete
arrivate fino a questo epilogo, beh... vi risarcirò i danni fisici e
morali che questa schifezza databile col carbonio 14 vi ha procurato
:P
A presto,
Brin