Anata

di hidama
(/viewuser.php?uid=141064)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.



"Pronto?" 
"Takanori, sono io."
"Dimmi"
"Posso passare a casa tua a pendere gli spartiti? Volevo ricontrollarli..."
Quella donna. A casa sua. 
Non era certo la prima volta e con assoluta certezza non sarebbe stata nemmeno l'ultima, ma nonostante questo riusciva comunque a farlo sentire a disagio. Il disagio spariva solo quando, nuda, la trovava nel suo letto, e allora tutte le inibizioni non avevano più alcun valore, non esistevano dubbi o incertezze, e quel che veniva dopo non era difficile da immaginare.
Come succede sempre per questo genere di cose, tutto era cominciato per gioco, per via di una semplice infatuazione tra colleghi, un uomo e una donna costretti a vedersi tutti i giorni per cause inoppugnabili, inconvenienti della loro carriera. 
E poi c'era il palco. La folla urlante, la folla che era impazzita quando quell'unica volta in cui avevano suonato insieme lei gli si era avvicinata e davanti a migliaia di persone lo aveva baciato lascivamente, mentre da ogni suo poro fuoriusciva una miscela letale di lussuria e femminilità. Un bacio di scena, una cosa programmata, niente più, ma era bastata ad accendere un poco quel qualcosa che ora bruciava più di sempre.
Una cosa senza impegno, una cosa fatta per noia, una diretta conseguenza di un tedio provocato dalla monotonia di quel Giappone così bigio e dalla frustrazione che veniva da un lavoro così stressante. "Solo sesso", avevano detto, e avevano mantenuto la parola.
Ma qualcosa ultimamente non lo lasciava tranquillo, la presenza di quella donna accanto a lui non solo lo eccitava, ma lo metteva pesantemente a disagio, e quando c'era avrebbe desiderato che sparisse all'istante, quando mancava implorava per la sua presenza come fosse una droga della quale non poter fare a meno. Era assuefatto a quegli occhi azzurri, a quelle labbra sottili, a quel corpo perfetto, e sarebbe morto piuttosto che imparare a farne a meno. Lo sapeva.
"Ok..."
"Ora sono sul treno, sarò da te tra non molto. ... Tutto bene?"
Rispondeva controvoglia, in uno stato di angoscia inspiegabile, ma già pregustando il sapore di quella bocca, di quella pelle, degli antri più nascosti di lei. Anche quel giorno, la voleva. L'avrebbe obbligata se necessario, ma lui aveva bisogno di lei.
"Si, sono stanco. Ti aspetto a casa." rispose, poi tagliò la conversazione gettando il telefono sul divano di pelle scura. Il piccolo cane sobbalzò per il tonfo.
"Arriva la nostra amica, sei contento?" sorrise maliziosamente, poi decise che era meglio fare una doccia per lavare via almeno l'ansia, perché l'eccitazione l'avrebbe lavata via solo nel solito modo.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1372809