Voleva uscire, voleva liberare quello che era dentro di lui,
voleva liberare la propria anima dall'esilio in quell'oscurità.
Il sangue la voleva, voleva la libertà, voleva possederla,
gioire di lei e del suo essere e voleva
che il tempo impotente li guardasse amoreggiare;
implorò con rabbia le sue prigioni
, pregò le vene di lasciarlo libero,
vago tra le lande gelide di un
corpo deforme, vibrò di dolore all'indegno contatto,
sentì una presenza, la presenza di
uno spirito, solo di un'abominevole spirito,
iniziò a mancare il respiro e prima
ancora di chiedersi come era a possibile che a un grumo di sangue mancasse il
respiro raggiunse la sala, dell'abominio delle gemme gelide era il regno, il
regno del cuore, grumo di malvagità, odio, rabbia, malinconia, era il limite
estremo dal quale era impossibile fuggire, e da lì proveniva l'eterno monologo,
ma vedendolo il monologo del cuore si zittì e divenne
dialogo.
- Perchè non posso morire, perchè nel mondo non vi è posto
per la mia morte, perchè, la mia mente, il mio spirito non decidono di morire,
cosa ci faccio su questo mondo, la risposta + logica è morire, e soprattutto
chi è quell'essere immondo che mi ha dato la vita,
che mi ha dato la libertà, chi è che ha osato creare quello che io sono, essere
che neanche conosco, io non so chi sono ma so che mi
odio e che desidero la sua falce, la falce eccitante di morte, desidero entrare
nel tuo letto morte mia adorata, prendimi e portami via da questo gelo, fallo
per questo mondo, liberalo dalla mia presenza-
Il sangue riflettè e pensò, come è
possibile che un cuore pensi, sia folle, parli a vanvera, desideri, ricordi, e
a dirla tutta come è possibile che anche il sangue (cioè io) pensi, questo è
impossibile, è un qualcosa che non ha senso.
Era indeciso se parlare, percepiva la solitudine, il freddo
di quel luogo lo nauseava, voleva vomitare l'anima ma
poi pensò che il sangue non ha anima, che il sangue non può vomitare e per non
uscire pazzo parlò:
-Ciao, ma ti rendi conto delle cose che dici, come puoi
desiderare la fine, come puoi non desiderare la libertà?-
Ma senza neanche sentirlo il cuore continuò
-Cosa è, chi è che parla?-
-Qualcosa che non sopporta sentire le tue assurdità-
-Strano le altre volte che mi hai dato la vita, non parlavi,
non ragionavi con me, i cui pensieri vengono
dall'anima che alberga in quest'involucro .Comunque se non vuoi sentirmi devi
solo andare via-
-Infatti è questo che voglio, la
libertà di andarmene ma non solo da te, da tutto questo involucro come lo chiami
tu-
-Niente di più semplice- e rivolto all'infinito freddo che lo circondava dissecontro
tutto sè stesso:-Voglio la realtà-e libertà fu.
Ma appena fu libero il sangue non ebbe neanche il tempo di
pensare a quanto era stato facile ottenere la libertà, non parlò più in quanto
lo spirito non albergava + in lui, ed invece vi fu qualcuno in cui lo spirito
tornò ad albergare, qualcuno che si accorse di essere ferito e disse :
-Cazzo, la devo finire di bere, io odio il dolore-
E poi tornando a ragionare continuò
-Io odio il dolore ma lei è la mia
unica casa, il mio unico rifugio, rifiutato dalla morte, osteggiato dalla vita
vivo mentre il mio spirito vaga e tornò a far vagare il suo spirito dentro il
suo freddo corpo.
Appena uscito lo spirito si ricordò di quanto amasse la
velocità e di quanto amasse dare vita a un qualcosa che vita non aveva, e
questo solo per separarsi da un corpo-prigione che non aveva il coraggio di
distruggersi e che egli non riusciva a distruggere, di un corpo che neanche la
morte osasse accogliere, allora lo spirito fuggì lungo i movimenti delle
molecole, entro dentro i vari esseri che gli si presentavano davanti, creò
storie e mondi che nulla avevano di reale, fraternizzò col suo alter-ego : il delirio, lacrimò lerciume dagli occhi di un gatto
nero, si strappò le vene nel corpo di una bambina tormentata, si impiccò come
uomo, da scarafaggio fu schiacciato(come sua scelta) dal piede di un contadino,
si fece cancellare in quanto romanzo, stonare in quanto musica, avvelenare in
quanto pensiero per poi diventare ciò che da sempre era: delirio, suo amico,
suo fratello, suo alter-ego (l'unico che veramente potesse essergli amico).
Nel suo girovagare ad un certo punto percepì qualcosa, sentì
un tepore rosa, "vide" se stesso, o meglio uno spirito che sembrava
egli
stesso, ma aveva un qualcosa di
diverso, questo spirito conosceva il suo grande nemico, colui che aveva
ricercato perchè oggetto del suo amore e del suo odio, l'Amore era questo grumo
informe di sensazioni, "colui" verso il quale egli provava sensazioni
contraddittorie, era verso questo che egli provava amore, egli amava l'Amore,
odiava l'amore e quello spirito che lo guardava come da uno specchio lo sapeva,
lo sapeva perchè gli leggeva dentro.
Per la prima volta lo spirito, protagonista di questi
momenti non desiderò la morte e la distruzione di ogni cosa, per la prima volta
volle interagire, consapevole dell'energia positiva dell'altro spirito che egli
tentò di raggiungere, lo rincorse grazie alla sua amica velocità, lo raggiunse
colmo di dubbi, ma prima di poter entrare nel suo campo di percezione, lo vide
fuggire in un corpo, un automa umano, egli non vedeva, non sentiva, percepiva
solo l'essere che nella materia albergava, e sentendo quel particolare essere,
vedendo che non lo poteva possedere decise di sparire, e ritornare nelle varie
personalità del suo corpo umano cercando di scoprire il rifugio umano
dell'unico altro "spirito" che avesse mai percepito.
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Questa è la prima storia originale che scrivo, quindi non so
che dire, sicuramente è folle, e mi è venuta in mente leggendo altre fic folli, anche se non ha nulla in comune con queste.
Chiaramente tutta la storia non è altro che la
rappresentazione metaforica di un qualcosa che succede solo su un livello
spirituale, specialmente il “dialogo”.
Comunque, sempre se vi sono lettori, li ringrazio vivamente,
sperando che lascino un commento, altrimenti grazie lo stesso per aver letto
questo mio momento di follia ( nd. uno dei tanti)
e sperando che il mio racconto non
decida di sparire, ciao a tutti.