Eccomi tornata con un'altra
bellissima storia su Kaito Kid. spero
che vi piaccia come l'altra...bhe, non so cos'altro dire
quindi...buona lettura!!
Il vento soffiava leggero,
riempiendo l’aria di un delicato profumo di fiori. Era primavera e i ciliegi
erano fioriti. Gli alberi bianchi e rosa fiancheggiavano il viale che conduceva
all’istituto superiore Hybashi. Passi leggeri calpestavano i fiori caduti, come
se gli occhi nemmeno riuscissero a vederne la bellezza.
Era sola quella mattina sul
viale. Strano. Era in ritardo, come sempre, ma non se ne curava molto. Un tempo
avrebbe battuto il record olimpionico di scatto per arrivare in orario, ora non
più. Ormai non credeva più in nulla. Da quel giorno di tre anni prima non
credeva più in nulla. Da quel giorno la vita si era ripresa ciò che le aveva
offerto in sedici anni di vita.
Ora non le importava più nulla.
Era sola, sola al mondo. Quel giorno sarebbe stato più noioso degli altri. Due
ore di matematica, una di inglese, due di latino e una noiosissima di
educazione fisica.
Si fermò, chiedendosi perché non
tornava a casa. Abbassò lo sguardo, arrossendo e trovando la risposta. Era per lui
che andava a scuola, solo per vederlo pochi minuti durante l’intervallo. Lui,
ovviamente, nemmeno la vedeva e, senza dubbio, era fidanzato.
Però era divertente., la faceva
sentire ancora viva, in quel mondo dal quale avrebbe voluto scomparire per
sempre.
Lui era il capitano della squadra
di Kendo del liceo e, senza che lui lo sapesse, Ai aveva sempre tifato per lui.
Era perfino giunta a preparargli una torta per San Valentino, che sciocca!
Sapeva tutto di lui, e nessuno
sapeva nulla di lei. Quel giorno non sarebbe stato diverso. Lo avrebbe
osservato da lontano e nessuno se ne sarebbe accorto.
Quella mattina la sua vicina, una
donna sulla cinquantina, non molto alta, grassottella, l’aveva amabilmente
salutata con un sorriso bonario.
-Vai a scuola, Ai, cara? Spero tu
ti diverta-
Ai aveva ricambiato con un
sorriso tirato, sempre più frequentemente in quel periodo. La donna, Tsumai era
il suo nome, si era presa cura di lei, preparandole il pranzo e la cena. Ormai
la ragazza era indipendente, in tutti i sensi. Immersa nei suoi pensieri,
arrivò a scuola. Tutti i ragazzi e i professori erano ammassati nel cortile, da
dove oltre un nastro giallo, dei poliziotti ristabilivano l’ordine. Ai si fece
strada tra i ragazzi sgomitando. Da quello che era riuscita a capire, c’era
stata una fuga di gas, ma tutta la faccenda non la convinceva per nulla. Si
avvicinò alla professoressa di italiano, toccandole piano un braccio.
-Ha…Haibara?! Menomale! Pensavo
ti fosse successo qualcosa di terribile!-
L’abbracciò di slancio, sull’orlo
delle lacrime. Ai si sciolse dall’abbraccio imbarazzante della donna.
-Prof, che diamine sta succedendo
qui?!-
-Oh, niente è solo una fuga di
gas… sono felice che tu stia bene. Ora và, è meglio-
Ok, ora era decisamente troppo
strano. Oltrepassò il nastro giallo, come aveva già fatto tante volte con suo
padre, sotto gli sbraiti di uno dei poliziotti che si avvicinò con passo sicuro
a quello che sembrava il capo. Questi le afferrò velocemente il braccio,
strattonandola all’indietro.
-Dove credi di andare,
ragazzina?-
Da quella posizione poteva
osservarlo meglio. Era alto, con degli occhi piccoli e scuri come i capelli.
Non doveva avere più di cinquant’anni.
-Mi lasci subito- sibilò Ai tra i
denti.
-Chi ti credi di essere,
ragazzina? Come osi darmi ordini così?!-
-Sai chi sono io?- esordì la
ragazza tentando ancora di liberarsi –no, certo, anche perché se lo sapesse, mi
lascerebbe andare subito-
-Allora, piccola, vediamo. Chi
sei?-
Ai guardò l’uomo con quanto più
odio possibile.
-Primo. Non sono piccola, ho
sedici anni-
-Oh, scusami tanto signorina-
riempì l’ultima parola di ironia, provocando un’ondata di odio della ragazza.
-Secondo. Io sono Ai Haibara e se
il nome non vi dice nulla, andate a cercare gli agenti decorati al valore.
L’agente allentò la presa.,
permettendo ad Ai di liberarsi con uno strattone.
-Io sono l’agente Chaki. Sono
desolato per il trattamento ricevuto, signorina Haibara-
-Ah, sì. Mio padre mi parlava
spesso di lei...-
L'agente le appoggiò
affettuosamente una mano sulla spalla e aggiunse a mezza voce –era un grande
uomo, lo ricorderemo per sempre- la condusse dietro un angolo.
-Mi vuole spiegare cosa sta
succedendo? Tutto ciò mi sembra un po’ eccessivo per una semplice fuga di gas…-
-Siete molto intelligente. In
effetti si tratta di una fuga, ma non di gas…- abbassò la voce, finchè non
arrivò a un sussurro –abbiamo scoperto che Kaito 1214, o Kaito Kid che dir si
voglia, dopo un colpo andato male si è rifugiato in questa scuola. Stiamo
cercando di stanarlo senza troppa pubblicità. Acqua in bocca, mi raccomando-
Ai si passò pensosa un dito sulle
labbra.
“Kaito Kid, eh? Interessante...”
Uscì da sotto il nastro, mentre
da lontano sentiva un poliziotto correre verso l'agente Chaki.
-Capo, Kid non è più nella
scuola...-
Nel frattempo la professoressa
aveva radunato tutti gli studenti in un angolo.
-Haibara! vieni qui, presto-
-Arrivo, prof-
Ai, non curante del fatto che il
criminale non fosse più nella scuola, fece per raggiungere la professoressa
quando una figura dietro di lei le affrerrò il braccio. Sul volto aveva
stampato un sorriso sinistro.
-Tu vieni con me, piccola-
Ai si sentì gelare il sangue
nelle vene -Prof!!-
Come un'unica cosa, studenti,
professori e poliziotti si girarono verso di lei. Aveva l'attenzione di tutti.
quando i poliziotti si ripresero dallo shock, Chaki fece un passo avanti, la
mano sul fodero della pistola.
-Kid, lascia la ragazza. Non puoi
scappare, almeno limita i danni. Lasciala andare-
Kaito Kid rise divertito.
-Mi deludi, Chaki, davvero. Tu mi
sottovaluti sempre e questo è molto frustrante. Lei sarà il mio passaporto per
la libertà, e tu non mi fermerai-
La professoressa si fece avanti -Prendi me al posto suo, lasciala
andare-
-Non ci penso neanche. Perchè
dovrei lasciare una così bella ragazza, per una vecchietta?-
Nonostante la gravità della
situazione, Ai arrossì un po' per il complimento.
Poteva sentire il respiro caldo
del ladro che si era chinato fino al suo orecchio.
-Non ti farò nulla, però stai
buona, d'accordo?- dopo l'assenso timoroso della ragazza, Kid continuò –allora,
agente Chaki, stavamo dicendo?-
-Dimmi, Kid, hai intenzione di
rapirla?-
-Che domande, ovvio, no?!-
-E poi che ne farai di lei, la
ucciderai?-
Ancora una volta Ai si sentì
gelare il sangue nelle vene.
“Non lo farà. Mi ha promesso che
non mi farà nulla, no?!”
Kid alzò le spalle incurante
-Forse...-
-Kid, non fare sciocchezze, lasciala!- Chaki estrasse la pistola dal
fodero.
-Tu, piuttosto, non fare
sciocchezze, Chaki. Io ho un ostaggio con me, non puoi rischiare di colpirla-
Non era sicuro. Stava rischiando
troppo. Estrasse un sottile coltellino che scintillò alla luce del sole e lo
appoggiò al collo candido della ragazza. Lo stava mettendo alle strette e tutta
la sua spavalderia evaporò come neve al sole.
-Non un altro passo, Chaki, o lei
muore. Non sto scherzando-
Stava giocando un gioco oltremodo
pericoloso. Sarebbe bastato poco per morire entrambi. Troppo poco.
Il preside si era fatto avanti
nel momento stesso in cui l'agente Chaki era indietreggiato.
-Avrai ciò che vuoi, ma lascia
stare la mia alunna-
Kid sbuffò annoiato.
-È così importante per voi questa
ragazzina? Non fatemi ridere. E ora indietro, indietro!!-
Stava perdendo la calma. I
poliziotti arretrarono.
-Goodbye!!-
Lanciò a terra una bomba fumogena
e si dileguò con la ragazza.
-Corri, muoviti, avanti...-
Nonostante la confusione creata
dal fumo, una pattuglia di quattro poliziotti si era lanciata rapidamente al
loro inseguimento e ora stavano guadagnando sempre più terreno.
-Dannazione, corri!!-
Era agitato e Ai poteva sentire
chiaramente la sua fretta. Poteva giurare di averlo sentito sussurrare un “per
favore”-
Dopo più di dieci minuti di
corsa, Ai aveva perso il senso dell'orientamento fra tutte quei vicoli e
pertugi.
-Per favore, basta. Fermati, non
ce la faccio più-
-Non ci penso neanche-
Dietro di loro, instancabilmente,
correvano i quattro poliziotti. Urlavano, gli intimavano di fermarsi. Per ogni
fitta dovuta alla fatica, Kid stringeva sempre più la mano della ragazza, ormai
esausta.
Davanti a una foresta, fu
costretto a fermarsi. Dietro di loro, ormai più nessuno.
-Entriamo-
Entrambi avevano il fiatone per
la corsa e Ai si lasciò trascinare verso la fitta foresta alla periferia della
città. Dentro era fresco, un eterno cielo di foglie.
-Qui dovremmo essere... al
sicuro... non ci troveranno-
Si fermarono un momento per
riprendere fiato. Improvvisamente, alle loro spalle, ecco le voci dei quattro
poliziotti.
-Sono qui dentro, capo!-
-Tranquillo, non andranno
lontano, sono in trappola!-
Kid cercò di capire da che parte
provenissero le voci. “In trappola? Cosa vogliono dire?”
I due ragazzi si fecero strada
nella vegetazione, spuntando poi in una radura. Gli arbusti e i rami avevano
graffiato gli abiti di Ai, strappando la camicia e ferendole le braccia e le
gambe. Kid osservò attentamente la radura. Capì l'affermazione del poliziotto.
Erano in trappola. Davanti a loro si stagliava un' imponente e maestosa parete
rocciosa. Normalmente non avrebbe avuto grandi problemi a scalarla, ma non
poteva lasciare lì la ragazza e poi gli agenti erano troppo vicini. Di sicuro
lo avrebbero ucciso durante la fuga.
No, era meglio morire
combattendo.
Si girò nella direzione da dove
da lì a poco sarebbero arrivati i poliziotti.
-Ma bene, il grande Kaito Kid, il
grande “Lupin del 2000”, preso in trappola... come un topo!! Sei insulso,
patetico!!-
Un poliziotto biondo rise.
-Forse Chaki avrebbe voluto
vedere questo momento, ma pazienza, glielo racconterò io-
Ai si era fatta piccola piccola
dietro il suo rapitore, che ostentava una calma che non aveva.
i poliziotti estrassero le
pistole.
-Sorridi, Kid, questa è l'ultima
volta che mi vedrai con i tuoi occhi-
Il ladro rimase immobile. Non un
solo muscolo del suo corpo si mosse. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato.
Prima o poi. Kaito Kid chiuse gli occhi, formulando le ultime preghiere e gli
ultimi desideri.
Ma lo sparo non sopraggiunse.
Aprì piano gli occhi e davanti a
lui, a braccia aperte, c'era Ai, la ragazzina che lui stesso aveva rapito.
“Ma che diavolo pensa di fare?!”
Il poliziotto biondo, il capo di
quella “spedizione”, la guardò attonito. Poi il ladro le posò una mano sulla
spalla.
-Levati di torno. è giusto così.
Dopotutto è questo il destino di un ladro...-
Ai, in un nuovo impeto di
coraggio, scosse ancora la testa.
-Prima di tutto sei un essere
umano. Non bisogna sprecare così la vita. Anche se un ladro, uccidere una
persona è un crimine-
Aveva ragione. Lo sapeva ognuno
dei presenti. Ai guardava i poliziotti con sguardo duro. Lo stava sfidando
apertamente.
“Avanti, spara se ne hai il
coraggio”
Gli agenti, dopo uno sguardo di
intesa, caricarono simultaneamente le proprie pistole. Ai impallidì e un poliziotto scosse la testa tristemente.
-Quanto sono stupidi i giovani
d'oggi. Sono desolato, capo, ma l'ha voluto lei-
Sogghignò, mentre Ai chiudeva gli
occhi sentendo una lacrima solcarle il volto.
“Addio, è stato bello...”
Improvvisamente sentì le braccia
del giovane ladro cingerle la vita e gettarsi a lato con lei.
Ai aprì velocemente gli occhi e
si sfilò da sotto il corpo del ragazzo accasciato e raggomitolato a terra.
“Perchè mi ha salvata?”
I ladro incontrò il suo sguardo.
-Ora va via...-
Il poliziotto che aveva sparato
si inginocchiò accanto a Kaito Kid, con un sorrisetto sardonico sulle labbra.
-Ma che bel gesto! Sei proprio
l'ultima persona dal quale me lo sarei aspettato... sono commosso-
Lo stava schernendo, facendosi
beffe della sua sofferenza. Per tutta risposta, Kid gli sputò sulla divisa.
-Siete tutti uguali, voi
poliziotti... io... mi fate schifo!!- Ai sentiva la rabbia crescerle dentro,
mentre un lampo di ribellione le attraversava gli occhi. L'agente si alzò e,
con l'arma in mano, si apprestò a fare fuoco una seconda volta, per finire quel
lavoro. Ai raccolse veloce la prima cosa che potesse farle da arma e con tutta
la forza di cui disponeva, scagliò una pietra contro il poliziotto che si
accasciò a terra mentre l'erba si tingeva ancora di quel liquido vermiglio.
Mentre gli altri poliziotti
prestavano soccorso al compagno dal volto insanguinato, Ai si avvicinò al
ladro. La sua voce trapelava fretta.
-Kid, Kid, apri gli occhi. Forza,
alzati!!-
-Co... cosa?!-
Ebbene sì, era vivo. Ansimava.
Era stanco, era ferito, ma era ancora vivo.
“Sono proprio duro a morire”. La
ragazzina gli era a fianco. Lo sguardo preoccupato e la mano tesa verso di lui.
-Andiamocene-
Il ladro si alzò con una smorfia
di dolore e, poggiatosi alla ragazzina, si allontanarono veloci dal gruppetto
di poliziotti che ancora attorniavano il compagno ferito. Ai si fermò,
guardandosi in giro preoccupata.
-Dove andiamo?-
Il ragazzo indicò un punto con la
mano.
-Nella grotta, non ci troveranno-
L'ambiente era piccolo e angusto,
ma riparato dal vento e da sguardi indiscreti. Kid si lasciò scivolare lungo la
parete della grotta. si tolse la giacca bianca e sbottonò la camicia. Davanti
agli occhi di una già terrorizzata Ai, si parò uno spettacolo terribile. Il
sangue purpureo aveva tinto la pelle chiara del ragazzo. La ragazza si tappò la
bocca, per non singhiozzare mentre le lacrime le appannavano la vista. Da una
tasca, Kid prese un fazzoletto e cominciò a pulire la ferita. Era palido.
Troppo pallido. Le mani gli tremavano e aveva voglia di dormire.
-Po... posso fare io se vuoi...-
Kid la fulminò con lo sguardo.
-Non ho bisogno del tuo aiuto-
-Ah, no?! Saresti morto senza di
me-
-Non te l'ho chiesto io di
metterti in mezzo. Senza contare che ho dovuto salvarti la pelle...-
Ai chinò il capo. Era vero. Il
ragazzo era rimasto ferito a causa sua.
-Mi dispiace- un sussurro quasi
impercettibile, che però non sfuggì al ragazzo. Sorrise debolmente, mentre il
fazzoletto gli cadeva dalla mano.
-Sai chi sono io, ragazzina?-
-Sì-
-Allora perchè cerchi di
aiutarmi?-
-Oh, ma guarda... il “grande
Kaito Kid”!! Oddio che orrore... non farmi ridere. In questo momento sei più
inerme di un bimbo. Quanto pensi di resistere? Un'ora, due ore?-
-Non è grave come sembra... mi
hanno colpito di striscio... è solo un graffio-
-Sì, un graffio dal quale stai
perdendo litri di sangue! Fammi vedere-
Ai tirò fuori dallo zaino una
bottiglietta d'acqua. Kid spostò le mani per affidarsi a lei.
-Come ti chiami, ragazzina?-
-Ai-
-Bene, grazie, Ai-
Lasciò che il liquido fresco
lavasse via tutto quel sangue, portando fuori la ferita. Lunga, sottile,
profonda. Kid aveva la mascella contratta, teso nello sforzo di mantenere il
controllo. Ancora sangue. Ancora quel nettare purpureo a macchiare le mani di
Ai. Senza alcuna esitazione, la ragazza si tolse la camicetta candida ora quasi
a brandelli, facendo sussultare e sgranare gli occhi al ragazzo.
-Co... cosa vuoi fare?-
-Fidati-
Con un gesto deciso stracciò la
camicia. Kid la guardò perplesso.
-Cosa stai facendo?!-
-Mi prendo cura di te...-
Soffiò leggermente sulla ferita,
facendogli il solletico. Poi, con molta attenzione, gli fasciò il fianco con la
sua ex-camicia.
-Grazie-
Ai sorrise e si strinse le
braccia. Faceva freddo e lei era in reggiseno. Kid se ne accorse.
-Se non ti fa schifo, prendi la
giacca-
-Grazie... accendo un fuoco?-
-Se ne sei capace...-
Dopo che la ragazza ebbe raccolto
un bel po' di legna, tra i due giovani scoppiettava allegro un fuoco
illuminando di vivaci riflessi i volti dei due. Ai si strinse di più nella
candida giacca, mentre guardava il volto del ragazzo. Ora poteva osservarlo
meglio. Nonostante il pallore mortale, era carino davvero. La stava guardando
con quei suoi occhi color del mare, mentre la sua mente era persa chissà
dove... Quando lo aveva sfiorato, ma non ci aveva fatto caso. Aveva sfiorato
quel corpo perfettamente scolpito. Ai sorrideva tristemente.
-Perchè hai preso proprio me?-
Kaito Kid si passò una mano sugli
occhi, e col il dorso si asciugò la fronte imperlata di sudore.
-Potrei chiederti perchè mi hai
salvato...-
-Rispondi, Kid-
-Ok... non lo so. Comunque, solo
Kaito- Si stava lasciando andare a strani sentimentalismi -Ti ho vista confabulare
con Chaki dal mio nascondiglio... non sono molte le persone con cui Chaki
parla, sai?!-
-Io... ecco... io conosco Chaki
di fama da molto tempo...-
-Strano-
-Io sono la figlia dell'ispettore
Haibara. Ti dice niente?-
-Mi dispiace. Ne ho sentito parlare...
non... non sapeva avesse una figlia...-
Ai sorrise tristemente. Sotto lo
sguardo del ragazzo si sentì fragile, sperduta, come non si era sentita da
molto tempo. Senza che se ne accorgesse una lacrima le solcò il viso.
-Sono sola, sai? Non ho più nessuno
e nessuno si preoccupa più di me. Ho perso tutto. Piangeva, singhiozzava
abbracciata alle gambe. Kaito la guardava, nelle sue lacrime la sua storia.
Voleva toccarla, abbracciarla. Non era giusto che una ragazza così giovane,
avesse sofferto così tanto. Voleva farsi carico del suo dolore, lenire almeno
un po' il suo dolore. Smesso di singhiozzare, Ai riprese il suo triste racconto.
-Mia madre era una ricercatrice
molto famosa. Studiava dei rimedi per il cancro uterino. Le volevo bene.
Giocavamo spesso ai detective. Poi lei una sera non tornò a casa. Era stata
male in ospedale, al lavoro. Non giocammo più insieme. Aveva il cancro da mesi
e non ce l'aveva detto. Ultimo stadio. Mi vietarono di vederla per mesi interi
e io la guardavo da dietro un vetro oscurato. Sempre più pallida, sempre più
malata.
Quando rifiutò ogni cura, dalla
chemio alla radio, potei vederla. Mi diceva sempre di essere forte, di
combattere per quello che volevo, ma io piangevo. Piangevo ogni qualvolta che
ero sola, quando nessuno mi guardava. Si truccava, sai, per nascondere il
pallore della malattia, ma le sue mani erano fredde e quando mi toccava
tremavano. Lo nascondeva sempre dietro quel sorriso dolce, ma io sapevo che
stava soffrendo. La riempivano sempre di medicinali, ma lei se ne stava
andando. Durò mesi questa tortura. Io c'ero quando è morta. Ero lì e le parlavo
tenendole la mano. Stanca, si era appoggiata ai cuscini. mi disse: “Non perdere
mai la speranza”. Non la lasciai nemmeno quando la vita le scivolò via dalle
dita. Non aveva mai avuto paura di nulla. Sorrideva... Non aveva paura di
morire. Mi ripeteva sempre “Io sarò con te per l'eternità”. Avevo otto anni.
Non hanno provato nemmeno a rianimarla. Era troppo tardi-
Le lacrime avevano ripreso a
scorrere silenziose, mentre quelle ultime immagini le riempivano la mente.
-Me l'ha portata via. Quello
stesso cancro che lei studiava per vincere, me l'ha portata via. Poi mio padre.
Come se non ne avessi già avuto abbastanza. Era un ispettore di polizia. La mamma era morta cinque anni prima.
Stava seguendo un pericoloso assassino, quella notte. Lo inseguiva e, una volta
braccato, il criminale lo spinse sotto una macchina. Quando arrivarono i
soccorsi, papà era già morto. Due medaglie gli hanno dato, due!! Tanti onori,
tante scuse. E a cosa è servito? A niente! Niente me lo riporterà mai
indietro...-
Ai riprese a piangere e a
singhiozzare, chiudendo il suo dolore tra quelle quattro pareti di roccia.
Kaito sapeva quello che stava provando. Quel dolore gli era così famigliare.
Ancora una volta avrebbe voluto
aiutarla. Salvarla dal baratro nel quale stava irrimediabilmente cadendo. Il
baratro dell'odio, del dolore. Quel baratro da cui nessuno si era preoccupato
di salvarlo. Avrebbe voluto stringerla a sé, sentire quelle lacrime contro il
suo petto. Ma c'era quel fuoco tra loro, quel caldo e scoppiettante fuoco che
con la sua luce lambiva i loro pensieri. E poi c'era il dolore. Quel dolore
pungente che ad ogni respiro gli lacerava il petto. Avrebbe voluto accarezzarle
i capelli, asciugare con un gesto le sue lacrime, baciarle la fronte e tenerla
al suo fianco per tutta la notte. Ma quel dolore non gli permetteva di muoversi
liberamente come avrebbe desiderato.
-Ai...-
La ragazzina sollevò lo sguardo.
I begli occhi celesti arrossati dal pianto. Kaito scostò la camicia con la mano
e Ai gli si avvicinò a carponi. Il ragazzo le sorrise.
-Vieni-
-Ti faccio male...-
-Non ti preoccupare, vieni-
Ai si strinse contro il ragazzo
che mascherò abilmente la smorfia di dolore con un sorriso. Stretta fra le sue
braccia sicure, Ai smise di piangere, finalmente non più sola.
-Raccontami la tua, di storia-
-Sei sicura? Non è propriamente
una favola...-
-Ormai...-
-Ero piccolo, molto. Mio padre,
il vero Kaito Kid, “lavorava” in Francia, dove conobbe mia madre. Era il
migliore, un grande uomo, prima che un grande ladro. Mia madre era una
ricercatrice. Entrambi vennero uccisi per mano di una
misteriosa organizzazione. Il mio odio mi portò a decidere di continuare il
lavoro di mio padre. Non rubo per sopravvivere, tanto meno per arricchirmi...
voglio solo vendicare i miei genitori-
C'era tanta amarezza nella sua
voce, e tanto odio. Dolore, odio, amarezza. Questi i sentimenti che Ai poteva
leggere sul volto del ladro.
Gli passò una mano sulla guancia,
cercando di lenire un po' il suo dolore. Lui le sorrise. Un sorriso non molto
convinto.
-Kaito... cosa facciamo ora?-
-Non lo so. Di sicuro ci staranno
cercando e...-
Lo squillare incessante di un
telefono cellulare lo interruppe. I due ragazzi impallidirono violentemente.
-Avevi il cellulare... perché non
me l'hai detto?- la voce del ladro era sibillina. Gli occhi due fessure.
-Io... non ci ho pensato, scusa-
Ai guardò lo schermo illuminato:
Agasa. Senza esitazioni respinse la chiamata.
-Mi dispiace...- La ragazza
ricominciò a piangere, proprio come una bambina sorpresa a rubare biscotti
dalla cucina. Kaito sbuffò.
-Va bene, va bene, non piangere.
Però stai più attenta la prossima volta, ok?-
Lei annuì, asciugandosi gli occhi
con il dorso della mano.
-Scusa ancora-
-Spegnilo, avanti-
Ai obbedì senza esitazioni.
-Dovremo andarcene prima o poi-
esordì il ladro.
-Tu... ce la fai a camminare?-
-Credo di sì- rispose Kaito
chinandosi leggermente -ma vorrei evitare di passare per la città a piedi...
sarà piena di posti di blocco...-
-Potresti travestirti-
-In ogni caso, come la spiegherei
una ferita d' arma da fuoco?-
Aveva ragione, era pericoloso
passare così scoperti.
-Ti fa male, vero?-
-Un po'-
Kaito sorrise ancora, un po' più
pallido di prima. Ai gli accarezzò la guancia. Il giovane ladro chiuse gli
occhi al piacevole contatto delle mani fresche della ragazza sul suo viso
caldo.
-Hai la febbre?-
-No... mi ha scaldato il
fuoco, grazie per averlo acceso-
Ai si appoggiò alla sua spalla e
riprese a guardarlo. Il bel profilo, gli occhi chiari, i capelli bruni. Era
davvero bello. Serio, immerso in pensieri lontani.
-Forse è meglio se riposi un po',
Kaito... dormi, su-
Lui si appoggiò alla testa della
ragazza e chiuse gli occhi. In pochi minuti stava dormendo.
Ai sorrise e, in un sussurro, in un debole “grazie” si addormentò anche lei. Il
fuoco, ora solo pochi tizzoni ardenti, riscaldava ancora quel piccolo ambiente.
E, insieme al fuoco, un piccolo lume di speranza riscaldava il cuore della
ragazza, ora certa di poter tornare a vivere, di poter tornare ad amare.
La mattina dopo, il cinguettare
insistente di un uccellino, svegliò Ai. Si sfilò gentilmente da contro il
ragazzo e uscì respirando a pieni polmoni l'aria odorosa della foresta. Non si
accorse nemmeno di una presenza alle sue spalle.
-Bella giornata, eh?!-
-Cos...? Ah, sì, vedo che stai
meglio-
-Più o meno...-
-Dobbiamo andarcene, Kaito, prima
che tornino a cercarci-
-Sì, ma non credo di riuscire a
reggere molto...-
-Ti aiuto io, ma dobbiamo andare-
la ragazza si illuminò e sorridendo aggiunse -Ho un'idea, vieni-
Cercò nello zaino il cellulare e
lo accese frettolosamente.
-Ehi, ferma, che fai?!-
-Fidati... non voglio metterti
nei guai-
Compose un numero e dall'altro
capo il telefono squillò.
-Chi chiami?- la interrogò il
ladro sempre più agitato.
-Il professor Agasa, il mio
tutore legale, può aiutarci... Ehi Agasa, prof ascoltami. Sì sto bene, ma ho
bisogno del tuo aiuto...-
-Dimmi dove sei, Ai, la polizia è
pronta per venire a salvarti-
-No! No, non deve venire, o qui
ci scappa il morto! Ascoltami, per favore devi venire da solo, solo!-
-ok, ok ho capito.... da solo.
Tu non farlo innervosire, capito? Deve
stare calmo-
-Sì, tu però vieni da solo al
margine della foresta tra mezz'ora. Noi ci saremo... ciao-
Ai chiuse la chiamata senza dare
possibilità all'uomo di ribattere.
-Bella pensata, “ci scappa il
morto”- fece sarcastico il ragazzo.
-Avrà pensato che tu voglia
uccidermi, ma...-
-...Niente “ma” sono io che ci
lascio le penne se arriva la polizia, bella trovata, davvero!!-
Ai tornò nella grotta e cominciò
a raccogliere le poche cose che aveva tolto dallo zaino la sera prima. Uscì con
la giacca del ladro ancora addosso, lo zaino su una spalla. Gli porse la
camicia.
-Tieni, rivestiti-
Il giovane si infilò la camicia
con un notevole sforzo.
-Sei pronto? Andiamo-
Kaito, poggiatosi alla ragazzina,
cominciò a camminare lentamente. Dovettero fermarsi più volte per permettergli
di riprendere fiato.
-Dai, ci siamo quasi... ancora un
piccolo sforzo...-
Lui la guardò, gli occhi grandi,
lacrimevoli.
-Vai, sei libera... io... non ce
la faccio...-
-Non dire stupidate! Non ti
lascio qui da solo. Siamo arrivati fin qui finiremo, insieme-
-Non... on ci riesco, davvero.
Vai...-
-No! Te l'ho detto, non ti lascio
qui-
Lui le sorrise, per niente
convinto.
-Grazie-
Ai lo aiutò a rimettersi in piedi
e lo sostenne, incoraggiandolo ad ogni passo.
Nel giro di mezz'ora erano sul luogo
dell'appuntamento, al margine della foresta. Kaito continuava a guardarsi
intorno, guardingo.
-Sta' calmo, andrà tutto bene-
Poco dopo un orrido maggiolino
giallo fermò davanti ai due ragazzi.
-Ai!! Per fortuna stai bene!-
-Non c'è tempo ora, andiamo-
La ragazza si sedette sul sedile
posteriore e Kaito le si sdraiò vicino, la testa sul suo grembo.
-Visto? è andato tutto bene...-
Come arrivarono a casa del
professor Agasa, il ragazzo fu portato in una camera, dove rimase fino alla sua
guarigione. Una notte, il giovane ladro scomparve, lasciando sui cuscini solo
una rosa scarlatta.
Erano passati ormai diversi mesi
dalla scomparsa del ladro e ogni notte, Ai si fermava sul balcone, sperando di
scorgere la sua figura candida nella nera notte.
Poi successe. Quando ormai aveva
perso le speranze di poterlo rincontrare, lui l'attese seduto sul bordo del
balcone. Quella notte la luna brillava più che mai. Il volto di Ai si illuminò
di una gioia immensa nel vederlo. Kaito scese dal balcone e mosse qualche passo
verso di lei, quando Ai gli si gettò al collo, travolgendolo.
-Pensavo non ti avrei più
rivisto...-
-Te l'avevo promesso, io mantengo
sempre le promesse. E poi come non potevo non rivedere più un bel faccino come
il tuo? Aspetta. Domani fatti trovare qui al tramonto. Ti voglio portare in un
posto-
Le posò un rapido bacio sulla
fonte e scomparve nella notte. Al suo posto, una rosa.
Il giorno dopo Ai andò a scuola
solo per far sì che la sera giungesse prima possibile.
Era innamorata, lo sapeva. Sì,
era amore quello che da mesi le scaldava il cuore. Quella sera era più bella
che mai. Aveva riscoperto il piacere di farsi bella per qualcuno. Indossava il
più bel vestito di sua madre e si era truccata. Era felice. Ubriaca d'amore.
Uscì sul balcone. I capelli ramati
tirati indietro da poche, piccole mollettine colorate.
Quella sera soffiava una brezza
leggera, proprio come quel giorno. Come promesso, Kaito arrivò candido nel
tramonto rosso. Quando la vide, sorrise compiaciuto.
-Sei bellissima stasera-
Per tutta risposta lei arrossì.
Lui rise.
-Vieni-
Le cinse la vita con un braccio e
la sollevò. Lei rise, gli circondò il collo con un braccio e gli stampò un tenero bacio sulla guancia, facendolo
arrossire un po'. Ai si strinse al ragazzo, leggermente impaurita. Era la prima
volta che saliva su un deltaplano. Chiuse gli occhi e li riaprì solo quando
sentì il vento freddo sferzarle il viso. Stava volando. Planarono dolcemente
tra i palazzi per poi fermarsi su una collina. Da lì potevano vedere tutta la
città.
Kaito le prese la mano e la girò
verso il tramonto. Un bellissimo tripudio di colori. Gli occhi di Ai si
riempirono di quei colori caldi.
-È bellissimo-
-Come te, piccola-
Negli occhi del ragazzo, Ai
scorse ancora una volta quell'ombra di fuoco. Era il posto perfetto. Lui le
scostò dolcemente una ciocca di capelli dal viso, sorridendo. Quanto aveva
sognato quel momento, quanto?
Poi, prima che Ai potesse
rendersene conto, le loro labbra si sovrapposero in un caldo bacio. Ai poteva
sentire il suo profumo, il profumo del suo dopobarba. Ancora muschio.
Il tempo parve fermarsi, portando
via tutti i problemi. Un bacio che durò un'eternità, un secolo, pochi secondi.
Erano soli su quella collina,
abbracciati l'un l'altra. Sovrastavano l'intera città, senza che nessuno
potesse vederli.
Solo quel tramonto dorato ,
testimone del loro amore.
FINE?!
Ricordo benissimo quel giorno
quando incontrai per la prima volta i suoi bellissimi occhi celesti. Un cielo
che mi rimase dentro per molto tempo. La osservo ora, dieci anni dopo, e ancora
una volta ne rimango incantato. Ci credereste? Io, Kaito Kid, il più grande
ladro del XXI secolo, sono diventato l'ispettore Kuroba. I casi della vita,
eh?! Lei, Ai Haibara è ora una ricercatrice rinomata. La amo. Mi avvicino a
lei, guarda fuori dall'enorme vetrata della nostra villetta di periferia. Sul
volto un grande sorriso. Le cingo la vita, poggiandole le mani sul ventre.
Sento pulsare dentro di lei la vita del bimbo, di nostro figlio. Le bacio il
collo, ma lei non si distrae. Sta guardando il tramonto, come quella sera. Un
tramonto che tra pochi mesi vedrà il sorgere di una nuova vita.
FINE!!
Allora?
come vi è sembrata? mi raccomando commentate!! grazie in
anticipo a quelli che commenteranno e quelli che, nonostante non lo
faranno avranno letto lo stesso la mia storia. baci bacini baci8i eika (kia)