Pairing/Characters: Katherine/OC
Rating: PG
Warnings: Angst
Word
Count: 688
(fdp)
Disclaimer: Magari
fossero roba mia. Li tratterei meglio dei loro veri possessori e_e
N/A: Scritta
per la Staffetta
in Piscina @ piscinadiprompt,
prompt “Que
quelqu’un me pardonne d’encore vouloir y croire
{trad. Che qualcuno mi perdoni di volerci ancora credere }
[Où ça mène quand on
s’aime– Le Roi Soleil OST]” e per 500themes_ita,
prompt #15.
Ultima volta.
─ Questa
raccolta è strettamente legata a Poker
di Dame non tanto per il contenuto, quanto per la forma. Lo
schema e i temi dei capitoli sono gli stessi, e non a caso, ma proprio
perché mi andava di analizzarli con la stessa chiave di
lettura e vedere cosa ne usciva fuori.
In Memoriam
Casa è
un concetto che si sforza di dimenticare da secoli, ormai. E il
più delle volte, se non ci pensa troppo, ci riesce anche.
Poi però ci sono delle notti ─ notti particolarmente buie, o
fredde, o soltanto solitarie ─, in cui è troppo stanca,
troppo infreddolita o troppo sola per lasciarsi ingannare dalle proprie
illusioni.
Allora
cerca di riempire il buio con il sangue, o con l'alcool, o meglio
ancora con il sesso. Non sempre tutto ciò le migliora
l'umore, dato che la mattina dopo, di solito, si sveglia con un gran
mal di testa e un cadavere nudo ai piedi del letto.
Ma
le notti non sono nemmeno la parte peggiore, perché le notti
non hanno colori, tingono di nero il mondo, nascondono.
La
parte peggiore sono le belle giornate, luminose e calde, piene di vita,
di risate, di famiglie rumorose e di innamorati che vanno in giro mano
nella mano senza che lei possa squarciare loro la gola.
La
spaventano la rabbia e la voglia di violenza che le bruciano nel petto
di fronte all'idillio altrui, ma più di tutto a spaventarla
è la nostalgia, il modo in cui a volte, contro la sua
volontà, gli occhi iniziano ad inumidirsi di ricordi, mentre
nomi che non ha pronunciato per centinaia di anni le si fermano in
gola, come un nodo, senza mai riuscire a superare la soglia delle sue
labbra.
Più
di tutto ha paura di se stessa.
I
cimiteri antichi sono terra di nessuno. Gli stessi morti sono tanti
nessuno, sistemati uno accanto all'altro in file quasi ordinate.
Lapidi
vecchie, consumate dal vento e dalle piogge, croci di legno senza nomi
e senza fiori. Memorie perdute di cui nessuno sente la mancanza,
perché nessuno è così vecchio da
poterle ricordare davvero. A parte lei, ovviamente.
Lei
non può smettere di ricordare.
Non
ci torna mai volentieri in quella parte del mondo.
Era
stata ben contenta, innumerevoli decenni prima, di mettere un oceano
tra lei e quella terra, e ancora adesso, ai suoi occhi, nessun'altra
bellezza dell'America può superare l'enorme pregio di
trovarsi dall'altra parte dell'emisfero rispetto all'Europa.
Ma
a volte, che le piaccia o meno, i ricordi vincono.
A
volte bisogna tornare a casa.
Non
avrebbe potuto salvarlo nemmeno se lo avesse voluto, si dice spesso,
ovviamente mentendo. Di solito è brava a mentire a se
stessa, ma a quella bugia in particolare è molto
più facile credere quando non si trova di fronte a quella
lapide anonima, in piedi sulla bara di quello che è stato, a
tutti gli effetti, il suo primo amore.
E
dio, quanto l'aveva amato, pensa con una punta di amareggiato sarcasmo,
sistemando una rosa rossa sul terreno erboso.
Anche
lui l'aveva amata, certo. Almeno fino a quando lei non era rimasta
incinta. Poi la paura aveva preso il posto dell'amore, e dalla
prospettiva dei loro sedici anni, l'idea di un
“finché morte non vi separi” doveva
essergli sembrata una condanna a morte.
Bastardo.
Ma
era stato meglio così. Non sarebbe mai stata una brava
moglie, anche se forse non le sarebbe dispiaciuto troppo provare ad
essere una brava madre.
Possibilità
perdute, possibilità negate.
Un
tempo si interrogava spesso su quelle possibilità. Ora le
danno quasi il voltastomaco.
Il
sole del pomeriggio le riscalda il volto mentre lei si sforza di capire
perché mai dovrebbe fingere un lutto che non ha mai provato
davvero.
Per
qualche strano motivo, però, non è mai nemmeno
riuscita ad odiarlo fino in fondo, così come non
è mai riuscita ad odiare i suoi genitori, che pure le
avevano strappato sua figlia dalle braccia.
Strano
dolore, a ripensarci adesso. Alieno e familiare al tempo stesso,
proprio come quello che prova ogni volta che torna a questa casa piena
di morti e di ricordi di una vita che non le appartiene più.
Non
che lei la rimpianga. Niente affatto.
Katherine
raddrizza la schiena e si riavvia i capelli, poi si dirige verso
l'uscita del cimitero ancheggiando appena sui tacchi a spillo. Sorride
civettuola all'autista del taxi che la sta aspettando per portarla
all'aeroporto di Sofia, sollevata all'idea che tra poche ore la
Bulgaria sarà lontana migliaia di chilometri da lei.
Non
ci tornerà mai più, promette ancora.
Questa
volta, però, non fa neanche finta di credersi.
*
N/A: Del
padre della bambina di Katherine non si sa nulla di certo, se non che
era assente al momento del parto (e probabilmente anche dopo, o avrebbe
fatto qualcosa riguardo alla figlia). Personalmente penso che le
ipotesi più probabili siano due: o era morto o l'aveva
rinnegata. Ho preferito questa seconda opzione perché
è quella che meglio giustifica il comportamento dei genitori
di Katherine, ma è solo una teoria tra mille teorie, dato
che la sua vera storia non ce l'hanno mai raccontata per intero *pouts*
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