Pairing/Characters: Jack/Ianto
Rating: PG
Warnings: Fluff,
H/C;
Word
Count: 1017
(fdp)
Disclaimer: MAGARI
;O;
N/A: Scritta
per la Staffetta
in Piscina @ piscinadiprompt,
prompt “Mani
ghiacciate e cioccolate calde” e per 500themes_ita,
prompt #83.
Contando gli anni.
-
Scritta anche per la maritombola @ maridichallenge,
prompt #70.
“Posso offrirti un caffè?”.
-
IDK, okay? Non so perché tutte le Janto che scrivo sono H/C
e sono ambientate di notte, mi sa che è un kink che non
sapevo di avere.
Late night chocolate
C'erano
cose che Jack non aveva mai capito, e c'erano cose che Jack non poteva
più capire.
Era
stato Ianto a dirglielo, e quella frase gli era rimasta in testa come
una cicatrice. Non era stata pronunciata con cattivi sentimenti, era
anzi venuta fuori durante un litigio scherzoso (qualcosa sul fatto che
Jack e la macchina del caffè non erano compatibili a
prescindere, a causa di una qualche specie di gap tecnologico) ma in
qualche modo quelle parole lo avevano ferito.
Perché
era vero, in fondo.
Tra
le cose che non aveva mai capito, oltre alle macchine del
caffè e al modo preciso di prepararlo ─ cose che si potevano
attribuire più all'ossessività di Ianto per
quella bevanda che alla sua poca familiarità con la
tecnologia arretrata di quel secolo ─ c'erano anche tutta una serie di
sentimenti e di legami di cui avrebbe anche fatto a meno, ma con cui
era costantemente costretto a confrontarsi a causa non solo di Ianto,
Gwen e del resto del suo team, ma anche della sua famiglia (di quel
poco che ne restava, almeno) e di quelle persone che ogni tanto
smettevano di essere casi e
diventavano qualcosa di più.
Non
era facile starci dietro, nemmeno con l'aiuto di un paio di bottiglie
di alcool.
Tra
le cose che non poteva più capire, invece, rientravano tutta
una serie di piccole cose, spesso legate al trascorrere del tempo, di
cui non comprendeva l'importanza, se non quando era qualcun altro a
fargliela notare, esplicitamente o meno.
In
quel caso si trattava degli anniversari.
A
parte qualche data particolarmente traumatica, Jack non era mai stato
in grado di ricordarli. Poi, con l'aggravante dell'eternità,
avevano perso ai suoi occhi qualsiasi tipo di significato.
Perlopiù li riteneva inutilmente nostalgici, sdolcinati al
meglio e dolorosi nel peggiore dei casi, troppo legati al passato. Non
gli piacevano.
Ianto,
al contrario, non ne perdeva mai uno.
Ricordava
il giorno in cui era entrato a Torchwood, i compleanni di Owen, Tosh e
Gwen, festeggiava con gli altri il compleanno che avevano
arbitrariamente attribuito a Jack (che secondo loro si rifiutava di
rivelare la data della sua nascita per pura vanità, e che in
realtà Jack non ricordava affatto), ricordava il giorno del
loro primo bacio e della loro prima scopata, e tutta una serie di date
che Jack non capiva come potessero stare in una sola testa.
E
queste erano cose tutto sommato piacevoli da ricordare (anche se
inutili, a parere di Jack), ma c'era anche di peggio. C'era Canary
Wharf. E c'era Lisa.
Di
quello Ianto non parlava mai, ma non ce n'era bisogno. Anche se quei
giorni in particolare a lui non dicevano nulla, a Jack bastava vedere
l'espressione di Ianto per capire. Di solito, un po' vigliaccamente, lo
lasciava ai suoi pensieri, ai suoi lutti mai consumati, e si limitava a
rivolgergli qualche sorriso gentile. Se Ianto lo cercava allora
finivano per fare l'amore da qualche parte ─ nel suo ufficio o nel
seminterrato, più raramente sul divano o in un letto ─
altrimenti tentava di non infastidirlo con avances che non
sapeva come sarebbero state interpretate.
Era
il massimo del rispetto per i sentimenti altrui che gli sembrava di
poter avere.
*
Perché
questa notte dovrebbe essere diversa, Jack non saprebbe dirlo.
Forse
perché sono nel loft di Ianto, lontani dalla spartana
efficienza dell'Hub e di Torchwood in generale.
Forse
perché il non capire certe cose non significa
automaticamente il non volerci nemmeno provare ad
agire come se le capisse.
Forse,
più semplicemente, perché è una notte
davvero bella, serena e silenziosa, e gli piace il modo in cui la luce
della luna accarezza la curva delle spalle di Ianto, che se ne sta
seduto immobile ai piedi del letto, con lo sguardo fisso nel vuoto,
probabilmente concentrato su di un ricordo che lui non può
condividere.
Sarebbe
un peccato sprecare una notte così a crogiolarsi nel dolore.
«Posso
offrirti un caffè?», domanda.
Ianto
sobbalza così violentemente da far tremare anche il
materasso, e Jack non riesce a trattenere una risata, messa poi
prontamente a tacere dall'occhiata seccata dell'altro.
«Jack,
lo ripeterò solo una volta: per l'amore di qualsiasi
divinità tu possa adorare, fosse anche te stesso, stai
lontano dalla mia macchina per il caffè. Stai lontano dalla
mia cucina, anzi», ribatte Ianto, con quel suo solito tono
che potrebbe essere sia sarcastico che mortalmente serio.
«Volevo
solo essere gentile».
«Allora
evita queste frasi da vecchio molestatore che adesca ragazzini nei bar
fuori dalla scuola».
Jack
si finge offeso.
«Sono
abbastanza sicuro che tu sia maggiorenne».
«Ho
paura a chiederti se la cosa faccia davvero differenza per
te», mormora Ianto, passandosi una mano sul volto.
«...
e comunque sono perfettamente in grado di gestire una
cucina», continua Jack, ignorandolo. «Infatti ora
andrò di là e...»
«Stai.
Lontano. Dal. Mio. Caffè», scandisce Ianto.
«Niente
caffè», concede Jack, alzando gli occhi al cielo.
«Ma ora rimettiti sotto le coperte e aspettami»,
gli ordina, cominciando ad alzarsi.
Ianto
fa per protestare, poi si limita a scuotere la testa, rassegnato, e a
godersi il panorama del fondoschiena nudo di Jack che si allontana
verso la cucina.
Quando
Jack torna in camera da letto, una decina di minuti più
tardi, ha in mano due enormi tazze di cioccolata calda. (Ianto non
ricordava nemmeno di averne in casa).
«Tu
saprai anche fare il caffè più buono della
città», lo apostrofa il Capitano, serioso.
«Ma questa è vera arte, ragazzo mio!»,
esclama, gonfiando il petto.
Ianto
sbuffa e afferra la sua tazza (una tazza dei
puffi,
santo cielo, ed è dei suoi nipoti naturalmente ─ maledetta
sua sorella che gli lascia quelle cose in giro per casa ─ ma Jack non
ci crederà mai. Mai. Può solo sperare che non lo
dica ad Owen), sfiorando con le proprie mani ghiacciate e quasi
insensibili quelle più grandi e tiepide di Jack, e poi la
sorseggia con sospetto.
È
inaspettatamente buona.
Jack
gli sorride, sfoggiando quella smorfia da “Io
te l'avevo detto”,
ma Ianto decide di non farci caso. Almeno per questa volta la
sbruffonaggine del Capitano ha un suo motivo di esistere: è
davvero la cioccolata più buona che abbia mai assaggiato.
E
poi,
si dice, mentre ogni altro pensiero gli scivola via dalla testa, è
un momento davvero troppo bello per sprecarlo.
|