Two-Part Secret Heart

di Walpurgisnacht
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"Cosa ci faccio qui? Ma niente, passavo di qui e ho deciso di sentire dalla viva voce di uno dei suoi protagonisti lo scabroso scenario di baci piccanti, nudità in bella vista e tutto il carrozzone" disse Ranma con nonchalance, chiudendo gli occhi e mettendo le mani dietro la testa in una delle sue tipiche pose. Dietro di lui Ryoga prese a bruciare in volto e lo stesso fece Ukyo. Mentre Akane, che era al fianco della cuoca, soppresse con fatica un risolino irriverente.
"Non... non siete divertenti, ecco!" proruppero i due in contemporanea.
"Ma noi non abbiamo fatto nulla, in questo caso. Avete fatto tutto voi" ribatté Akane, poggiando una mano sulla spalla dell'amica.
"Esattamente" corroborò Ranma voltandosi verso Ryoga "noi eravamo in faccende affaccendati a casa Tendo. Se voi quasi rischiavate di saltarvi addosso...".
"Ranma!!!". L'assalto sonoro lo aggredì da due direzioni differenti.
"Scherzavo, scherzavo. Mamma mia, quanto siete suscettibili" tagliò corto sedendosi al bancone dopo aver rapidamente evitato la figura del ragazzo con la bandana, ancora fermo come un tronco a cui era stato appiccato il fuoco.
Ukyo stava per dire qualcosa quando...
VRAAAAAAM.
La porta si spalancò all'improvviso.
La padrona del ristorante disse che erano chiusi, in modo del tutto automatico. Se avesse riconosciuto il nuovo arrivato se ne sarebbe ben guardata.
Konatsu stava di fronte a tutti loro, ansimando. Naturalmente non si prese la briga di dire niente sul fatto che non sarebbe potuto entrare.
Calò un velo di silenzio impietoso sui quattro.
Da quanto era nei paraggi? Aveva sentito? Cosa aveva sentito?
Nessuno si prese la briga di azzardare a parlare, troppo timorosi di dire qualcosa di sbagliato.
Fu il kunoichi a rompere l'impasse.
"Fra quello che ho visto e quello che ho sentito so tutto".
Oh, merda…
Ryoga fissò Konatsu per un tempo che gli sembrò interminabile. Non solo aveva sentito la loro conversazione, ma aveva anche visto cos’era successo.
Sudò freddo al solo pensiero. Cosa aveva visto? L’aveva visto uscire dal bagno? Li aveva visti in camera? Aveva visto il… bacio?
Si sentì avvampare per l’imbarazzo, si sentì colpevole come se avesse fatto qualcosa di terribilmente spregevole, ma soprattutto si sentì colpevole nei confronti di Konatsu. Era a conoscenza dei sentimenti del kunoichi per Ukyo, e ricordava benissimo la sua minaccia di non farla soffrire, prima di lasciare casa Tendo e Nerima.
“Konatsu, io…”
Fu Ukyo a parlare, ma venne zittita con un gesto.
“La prego, signorina Ukyo… non dica nulla. So già tutto, anche troppo… non potrei sopportare oltre.”
Ukyo lo guardò con occhi tristi; anche lei si sentiva in parte colpevole nei confronti del ragazzo. Sapeva di non aver fatto nulla di sbagliato nei suoi confronti, e in ogni caso Konatsu aveva già avuto più di un’opportunità… ma non era andata come sperava, ed era arrivato il momento di guardare avanti. Ma cervello e cuore camminano su binari diversi, e lei non poteva fare a meno di sentirsi responsabile per la sofferenza di Konatsu.
“Cosa hai intenzione di fare?”
Fu Ranma che, con stupore di tutti, prese parola. Gli altri lo guardarono sorpresi, e anche un po’ sconvolti.
“Ranma ti prego, lascia perdere…” sussurrò Akane, cercando di far rinsavire il fidanzato “noi due dovremmo starne fuori!”
“Lo so, ma non ce la faccio a stare a guardare mentre loro si sentono colpevoli per… essere felici!”
Ryoga e Ukyo si scambiarono uno sguardo perplesso: era davvero Ranma a parlare?
“Konatsu, la tua possibilità con Ukyo l’hai avuta mi pare, ma non è andata come speravi… e sapevi che prima o poi lei sarebbe andata oltre e avrebbe conosciuto qualcun altro. Quindi ti chiedo, ora perché sei qui? Cos’hai intenzione di fare?”
Konatsu lo ascoltò, senza smettere di fissarlo. Si morse un labbro, indeciso sulla risposta.
In fondo nemmeno lui sapeva perché era lì, aveva fatto irruzione senza pensare troppo al dopo.
“Io…” balbettò, cercando di formulare una risposta sensata.
Risposta che, a conti fatti, non aveva.
Non c'era un vero e proprio motivo per cui era andato lì. Semplicemente i suoi piedi ce l'avevano trascinato a forza, totalmente slegati da un qualsiasi intento volontario.
"... non lo so perché sono qui. Mi sono sentito ferito, tradito, calpestato..." riuscì a dire prima di trattenere un singulto e cadere in ginocchio.
Ukyo prese in mano la situazione: intimò, con ferma gentilezza, di andarsene agli altri tre. "E mi raccomando, non perdetevi Ryoga per strada".
Quando rimasero soli nel locale lo aiutò a rialzarsi e lo portò al bancone, facendolo sedere. Aveva gli occhi gonfi, di lacrime e non solo di quelle.
"Vuoi bere qualcosa?" chiese lei, premurosa.
"No, grazie...".
"Konatsu, io... mi dispiace che tu l'abbia scoperto così. Ma quel che ha detto Ranma è vero: con Ryoga è scattato qualcosa che con te, purtroppo, non c'è stato. Vorrei che tu capissi che non l'ho deciso logicamente, è stato un evento capitato oserei dire per caso. Abbiamo parlato, sono successe un paio di coincidenze sfortunate e dei fili si sono rotti da sé. Non pensare che sarei stata dispiaciuta se fosse successo quando sono uscita con te, perché ne sarei stata contenta. So che mi ami, e so che avresti voluto poter stare con me per rendermi felice. Ma evidentemente non era destino, o qualcosa del genere. Ci abbiamo provato e non è andata. Mi dispiace davvero spezzarti il cuore".
Konatsu la guardò. Nei suoi occhi vedeva tanta sincerità e tanta tristezza per quel che gli stava succedendo. Anche da lontano un chilometro si sarebbe capito che non intendeva minimamente provocargli dolore, e che si struggeva fin più del dovuto.
Era proprio l'Ukyo di cui si era innamorato follemente.
"Lo so... so che non volevi... so che ti dispiace... so tutto... e ti ringrazio per questo, mi dimostra che mi sono preso la sbandata per una persona che si merita tutto il bene del mondo... ma so anche che non potrò essere io a dartelo...".
Senza dir niente lei lo abbracciò. Voleva cercare di calmarlo e tranquillizzarlo il più possibile. Pensò che sarebbe stato più facile scalare l'Everest con i denti.
Ora che Konatsu aveva parlato, si sentiva ancora più impotente e colpevole.
Non che ne avesse alcuna ragione, aveva agito alla luce del sole e senza nessuna intenzione di ferirlo… finendo invece per causargli più sofferenza di quanta ne meritasse.
“Konatsu mi dispiace…” sussurrò, cingendolo per le spalle “se potessi fare qualcosa per te io…”
“Qualcosa c’è…” rispose lui, tirando su col naso.
Ukyo lo guardò, curiosa riguardo la richiesta del ragazzo. Quest’ultimo alzò lo sguardo ancora velato di lacrime verso di lei, e sorrise.
“Sii felice, Ukyo.”

“Secondo voi cosa si staranno dicendo?”
Ranma volse lo sguardo verso Ryoga, che stava facendo avanti e indietro nel cortiletto sul retro del locale da ormai una decina di minuti. Inarcò un sopracciglio.
“Oh non saprei, magari la sta convincendo a riprovarci urlandole quanto la ama?”
Ryoga impallidì solo all’idea, mentre Akane lanciava al fidanzato occhiate di fuoco.
“Ranma ma ti sembrano cose da dire?!”
“Era per sciogliere la tensione…”
“Sappi che non ci sei riuscito” commentò Ryoga, ora intento a cercare qualcosa da distruggere per distendere i nervi.
“…e se mi avessi lasciato finire avrei aggiunto che Konatsu non agirebbe mai in quel modo, è una persona d’onore. Non credo sia capace di certi tiri mancini.”
Ryoga lo osservò per qualche secondo, incerto se credere o no a Ranma.
“Piuttosto” incalzò quest’ultimo “tu che intenzioni hai?”
Ryoga sgranò gli occhi, preso totalmente in contropiede dalla domanda.
“I-io cosa?”
“Cosa vuoi fare con Ukyo?” prese parola Akane “Hai intenzione di… insomma…”
Ryoga avvampò di colpo, chiaramente travisando le parole di entrambi.
“M-m-ma i-i-io n-n-non lo so ancora insomma è p-p-p-presto per p-pensare a c-c-certe cose oddio o-o-oddio” balbettò, in preda ad un attacco di panico.
“Quello che intendeva dire Akane” borbottò Ranma “è se hai intenzione di uscire ancora con Ukyo e… beh, provare a… insomma… instaurare una relazione più… seria?”
Akane annuì. E Ryoga venne preso ancora di più dal panico.
Panico che, però, venne preso per le briglie e buttato per terra con forza. Era anche il momento di essere un po' più maturo, diamine.
Ryoga tentò di calmarsi, riuscendoci solo parzialmente. Smise di tremare e un poco di rossore abbandonò le sue guance, ma quando cominciò a parlare si accorse con una nota di disappunto che ancora faceva fatica ad articolare parole chiare: "S-Sì, forse... n-non lo so... b-bene... ma forse... sì...".
"E pensi che lei voglia lo stesso?" proseguì Ranma.
"Non... n-non l-lo so...".
"Quante cose che non sai, oh. Ma è stata lei a baciarti ieri no? Non so te, ma io non bacio persone a cui non tengo in nessun modo".
"Ranma, ti devo ricordare quante volte le tue labbra si sono incontrate con quelle di altre persone, maschi o femmine che fossero?" si intromise Akane in tono allegro, vuoi per stemperare il clima e vuoi perché perculare il suo ragazzo l'aveva sempre divertita da matti.
FIIIIIIIIIIIIIIII. Il fumo che uscì dalle orecchie del baldo codinato.
"Akane! Io non ho mai baciato nessuno! Sono stato baciato, è vero, ma essere il lato passivo della cosa cambia tanto!".
"Gnè gnè gnè. Sempre a cercare le scuse, voialtri Saotome. Hai proprio preso da tuo padre".
E mentre i due si misero a bisticciare -in tono assolutamente giocoso, va detto- Ryoga si trovò a riflettere sulla domanda postagli da Ranma.
Ukyo aveva preso l'iniziativa. Era stata lei a baciarlo, non il contrario. E se quello che il suo quasi-amico aveva detto corrispondeva a verità significava che qualcosa per lui lo provava. Forse solo amicizia, forse ancora niente più che quella. Ma qualcosina c'era.
E lo stesso stava cominciando a valere per lui.
Era la sua occasione per una prospettiva di vita un minimo più stabile del girovagare come uno con la bussola rotta per tutto il Giappone. Sempre solo, sempre infreddolito, sempre senza sapere dove stava andando o perché.
Mettere radici da qualche parte. Un qualunque tipo di radici. E con una persona che mostrava interesse, forse non romantico ma comunque una forma di interesse, verso di lui. E nemmeno per via del fatto che si trasformava in maiale, com'era il caso della cara Akari, ma per lui in quanto lui.
Era un evento più unico che raro. Che magari sarebbe scoppiato come un palloncino bucato da uno spillone, ma si disse che valeva la pena tentare.
"S-Sì" riuscì finalmente a rispondere "Credo che valga... lo stesso... anche per lei...".
Gli ci volle qualche secondo per attirare l'attenzione dei due piccioncini, ancora intenti a prendersi a insulti farlocchi.
"Bene" esordì Akane "Allora perché non vai dentro e non dici a lei quello che hai appena detto a noi?".
“C-cosa d-dovrei…?”
“Beh prima o poi dovrà sapere cosa provi per lei! O volete andare avanti in eterno rincorrendovi senza mai concludere nulla?”
“E te lo dice un’esperta…” commentò Ranma, beccandosi una gomitata di rimprovero da Akane.
“Quello che volevo dire è… non seguire il nostro esempio. Smettila di tentennare e corri da lei!”
Ryoga fissò la ragazza per qualche secondo, poi decise di seguire il suo consiglio.
“Hai ragione! È ora che Ryoga Hibiki prenda in mano la sua vita!” disse, e con sicumera si diresse verso la porta.
“Aspetta ma… Konatsu è ancora dentro! Non può certo irrompere lì e fare la sua dichiarazione mentre sta ancora parlando con Ukyo!”
Ryoga aveva appena appena afferrato la maniglia della porta quando sentì Ranma pronunciare quella frase. Si voltò a guardarlo, con occhi sgranati.
“Ops, non ci avevo pensato…” arrossì Akane, portandosi una mano davanti alla bocca.
“Ma ma… ma io ero… e avevo già…” piagnucolò Ryoga, dimenticando la sicurezza sfoggiata solo qualche secondo prima.
“Su su, magari hanno quasi finito…” cercò di consolarlo Ranma, risultando poco convincente persino a se stesso.
Ryoga piagnucolò, nascondendo il viso tra le mani.
“E io ora quando lo ritrovo il coraggio per dirle…”
“Dirmi cosa, Ryoga?”
Ukyo fece capolino da dietro la porta del retrobottega. E Ryoga si ritrovò a pensare per la seconda volta in una giornata se qualcuno aveva sentito i suoi discorsi più imbarazzanti.
"Ma... ma... tu... e Konatsu... e voi... e loro... e poi..." farfugliò in maniera completamente sconnessa. Se trenta secondi prima Ryoga Hibiki era stato la sicurezza fatta uomomaialino, in quell'istante era il tentennamento fatto uomomaialino.
La cuoca gli sorrise, intenerita. Era una delle cose che più apprezzava in lui, quel suo essere così tenero e innocente non appena si toccavano questioni di cuore. Se lo ricordava bene, in passato, quando si scioglieva tipo cubo di ghiaccio al sole parlando di Akane. E vedeva ombre di quel suo comportamento rivolte verso di lei. L'idea le fece piacere.
"Non ti preoccupare del tuo... come lo devo chiamare, rivale in amore? È curioso usare questa frase nei tuoi confronti senza riferirsi a Ranma, mi ci dovrò abituare. Comunque, dicevo, non preoccupartene. È corso in camera sua e si è tappato dentro. Credo non abbia retto le novità e, come immagino tutti voi, me ne dispiaccio. Ma d'altronde Ranchan aveva ben ragione..." spiegò, riferendosi a quel "non è giusto rinfacciar loro di essere felici".
Akane si avvicinò all'amica quando la vide incupirsi. Era evidente come il solo parlare di Konatsu la ferisse e questo, di riflesso, feriva lei. Quella situazione era crudele per tutti coloro che vi erano coinvolti e si mordeva la coda tipo cane idrofobo, creando un vortice di dolore da cui non si poteva uscire con le proprie forze. Pertanto toccava a loro due fare da infermierini. Rivolse un rapido sguardo a Ranma, implorandolo silenziosamente di aiutarla ad aiutarli.
Lui, incredibilmente, capì. Si avvicinò a Ryoga con fare amichevole, facendo trasparire chiaramente l'intenzione di essergli vicino. L'altro però, ancora scombussolato dall'arrivo di Ukyo, non ci fece troppa attenzione.
"Te lo chiedo di nuovo, Ryoga" riprese poi Ukyo mentre la mano di Akane si avvolgeva attorno alla sua "Cosa devi dirmi?".
"Diglielo, Ryoga. È importante" disse Ranma guardandolo fisso negli occhi e cercando di trasmettergli un po' di determinazione.
Al che l'eterno disperso prese un profondo, pesante respiro. Strinse i pugni. Alzò la testa, che nell'atto dell'inspirazione si era involontariamente abbassata. Si rivolse con decisione verso Ukyo, con lo sguardo e le parole.
"Ukyo, tu... tu mi piaci... e credo... credo di piacerti... o sbaglio?".
Ukyo rimase spiazzata dalla domanda, che assolutamente non si aspettava – non in quel momento e in quella situazione, di sicuro. Sostenne a fatica lo sguardo di Ryoga, mentre il cuore prendeva a battere all’impazzata.
Cosa provava per lui?
Era qualcosa di serio?
Voleva provare a costruire qualcosa di più concreto con lui?
Mille risposte vorticarono nella sua mente: e se non funzionasse? Se finissimo per insultarci come ogni volta che abbiamo cercato di separare Ranma e Akane in passato? E se mi pentissi della scelta che sto per fare?
Aprì la bocca per esternare tutti quei dubbi e altri ancora, ma tutto quello che ne uscì fu un…
“Si.”
“Eh?” fu la risposta di Ryoga, incredulo.
“Si Ryoga, tu mi… mi piaci” confermò lei, rossa in viso ma con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Ryoga si lasciò prendere dal panico per la contentezza, e divenne incapace di articolare qualsivoglia frase di senso compiuto; in realtà avrebbe voluto prendere coraggio e ricambiare il bacio che Ukyo gli aveva dato la sera prima, ma il suo cervello aveva pensato bene di scollegarsi nel momento peggiore.
Akane intanto guardava la scena con occhi lucidi: era immensamente felice per l’amica, e faticava a contenere la sua gioia – e diversi squittii, che inquietarono Ranma non poco.

Ormai era diventata un’abitudine spiare Ukyo, per Konatsu.
In fondo era l’unico modo in cui aveva sempre preso parte alla sua vita: guardandola da lontano.
Affacciato dalla finestra della sua camera, la guardò un’ultima volta.
“Sia felice, signorina Ukyo.”
Poi rientrò nella sua camera.
Era a pezzi. Distrutto. Devastato.
Aveva appena sentito la donna che amava dichiarare il proprio apprezzamento per un altro.
La cosa peggiore della sua vita. E di roba orribile ne aveva vista, con la vita da schiavo che aveva condotto sotto la matrigna e le sorellastre. Aveva scoperto, tra l'altro, che esisteva una fiaba occidentale che ricordava tremendamente la sua storia. Quindi non è che non fosse abituato a stare uno schifo.
Ma mai così tanto. Proprio mai.
In Ukyo Konatsu aveva visto prima un'ancora di salvezza, colei che sola poteva cambiare il mondo... ehm, salvarlo da quella schiavitù, e poi il faro sulla sua via oscura. Faro che era sempre stato lontano, irraggiungibile, inerpicato in cima alla scogliera più ripida del mondo.
Poi, qualche tempo prima, quella che pensava potesse essere la svolta: lei gli si era avvicinata. Gli aveva proposto di uscire. Senza impegno, è vero, ma si era fatta avanti. Solo che, purtroppo, non aveva funzionato. Non era scattato nulla fra di loro, a parte un rapporto cordiale e comunque molto piacevole.
E invece fra lei e Ryoga pareva esserci stato quel CLICK che a loro due era disgraziatamente mancato.
Era colpa di qualcuno? No, non lo era. Sapeva tre cose: la prima era che lui la amava e voleva solo il suo bene; la seconda era che Ukyo non era assolutamente il tipo di persona che prende in giro qualcuno e che se diceva che le spiaceva per l'evoluzione delle cose le credeva; la terza era che Ryoga non poteva essere accusato di nulla, visto che lui la sua possibilità l'aveva avuta e sfruttata.
È brutto non aver nessuno a cui scaricare il peso di tutto quel dolore, eh?
Dillo al cuore che non puoi colpevolizzare nessuno, stupido cervello. Tu e la tua logica da quattro soldi. Siete impotenti di fronte a questo masso di granito che mi schiaccia.
Si tuffò sul letto e non trattenne le lacrime.
Cosa ne sarebbe stato di lui, ora che la situazione fra Ukyo e Ryoga prendeva la piega per lui peggiore? Con che forza sarebbe rimasto a fare il cameriere dell'Okonomiyaki Ucchan?
Si fece questa e altre ventordici domande. Che, puntualmente, non trovarono la benché minima risposta.

"Sai Akane, non sapevo di essere fidanzato con uno scoiattolo".
"Uno scoiattolo che hai detto di amare, ti ricordo".
"Non rivangare le mie pene, per favore".




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