Un rumore sospetto che sottintende attività piuttosto estranee alla castità
umana giunge ovattato ed a malapena percettibile alle loro orecchie,
trattenuto a stento da labbra bagnate premute spasmodicamente le une contro
le altre. Si ode il suono lamentoso e cigolante delle molle di un materasso,
respiri rochi e raschianti, gemiti strozzati, versetti di sofferto
apprezzamento, il suono umido di corpi nudi che, senza possibilità di
equivoco, stanno reciprocamente esplorando zone dove non batte il sole
strusciandosi energicamente contro le lenzuola.
Ad un gemito più prolungato degli altri Aster si contorce nel cespuglio in
un evidente principio d’infarto, avvertendo il proprio connaturato
istinto di genitore fremere e dimenarsi come una vecchia rachitica in
preda all’asma. Vorrebbe, anzi, dovrebbe fare irruzione nella stanza e
fermare quello scempio prima che divenga qualcosa di irrimediabile,
gravissimo, irreparabile, più qualche altro aggettivo che possa sottolineare
la drammaticità della situazione ma che non al momento non gli viene in
mente, ed invece se ne sta accovacciato in un dannato cespuglio a passare in
rassegna la sequenza di modi indecenti ed immorali in cui la sua
piccolina sta abbandonando la pura via dell’illibatezza. Parafrasando,
facendo sesso.
Jack, accovacciato accanto a lui, si limita a fissare il muro esterno
dell’abitazione con l’espressione pacificata di chi da tempo ha raggiunto la
calma karmica e non si traumatizza più per nulla.
« Non credi di stare esagerando un tantino? », domanda a bassa voce,
osservando il compagno ansimare.
Aster si volge verso di lui con uno scatto isterico. Se i conigli potessero
sudare, sarebbe una sorta di palla di pelo grondante perfetta per pulire i
pavimenti. « Tu non puoi capire ». sibila sofferente, prima di
boccheggiare un “oh santo Uluru” nel momento in cui, dopo qualche
manciata di secondi di paradisiaca pausa, un appagato mugolio femminile si
solleva ovattato dalla finestra socchiusa della camera da letto infrangendo
il silenzio del vicinato.
« Credimi, ho fatto del mio meglio per vedere le cose dal tuo punto di
vista, ma sono arrivato alla conclusione che il tuo punto di vista è troppo
stupido », commenta Jack, caustico.
Aster fa finta di non sentirlo, o molto più probabilmente non lo sente
davvero, perché in caso contrario gli infilerebbe quasi sicuramente il
boomerang su per il naso. Si limita a continuare a dondolarsi nervosamente
nella sua postazione di controllo, punzecchiato dalle fronde e con le zampe
nervosamente piantate nel terreno, gli occhi iniettati di sangue e il
respiro fischiante, caratteristiche che nel complesso lo fanno sembrare un
tipo da internare il prima possibile.
Jack rotea stizzito gli occhi al cielo, lasciandosi cadere a peso morto per
terra. Dal momento che l’Uomo della Luna pare non voler intervenire in alcun
modo – e Jack giurerebbe che, dall’alto della sua postazione, quello si stia
divertendo un mondo, dannato sadico –, magari appellandosi a qualche
divinità australiana riuscirebbe a far cadere dal cielo un didgeridoo da
usare come arma contundente. Contro il canguro ovviamente, dato che quello
che necessita di una rapida riassettata al cervello è solo ed unicamente
lui.
Dall’alto della sua esperienza di vita pluricentenaria Jack sa quando una
persona necessita di una certa privacy, e di certo andare ad origliare le
copulate altrui appostati come ladruncoli sotto alle finestre non é un
comportamento socialmente adeguato. Non che comportarsi in modo socialmente
adeguato sia tra i suoi primari interessi, in verità, ma ha avuto modo di
osservare così tante persone nei suoi trecento-e-passa anni di solitudine
che oramai un rapporto sessuale non desta in lui l’alcunché minimo interesse
– non che sia un amante del voyeurismo, comunque –, indi per cui sarebbe
cosa carina trovare qualche altra attività costruttiva con cui riempire la
giornata. Peccato solo che il canguro pasquale, animato da impellenti
istinti genitoriali a caso, non abbia la benché minima intenzione di
scollarsi dal giardino di casa Bennett in tempi rapidi.
« Dobbiamo fare qualcosa », bofonchia il Pooka, che dalla pericolosa fase
asmatica è nel frattempo passato alla fase reattiva.
Jack gli scocca uno sguardo sconsolato, aggrappandosi al bastone. « Tipo gli
affari nostri? », dice, sarcasticamente.
Aster lo fulmina indignato. « Come puoi dirmi di farmi gli affari miei
quando so che Sophie sta facendo… » strizza sofferentemente gli occhi e
arriccia il naso, « cose con… » un brivido lungo la schiena, «
quello lì?! ».
« Canguro paranoico, Sophie ha vent’anni e quello lì », sospira,
scandendo con particolare dovizia le sillabe delle ultime due parole, « È il
suo fidanzato. Quello che stanno facendo è una cosa più che legittima e
penso che tu dovresti andare a ficcare il tuo brutto muso peloso da qualche
altra parte ».
Aster deglutisce nervosamente, i baffi convulsamente vibranti e le orecchie
che paiono avere vita propria. Fa persino tenerezza. Jack lo osserva con la
coda nell’occhio, sperando solo che non lo colga una sincope da un momento
all’altro – perché il modo in cui sta trattenendo il respiro per qualche
motivo arcano suggerisce esattamente quello. Farsi trasportare dal vento con
appresso un lagomorfo svenuto di centottantasette centimetri non sarebbe la
cosa più semplice del mondo.
Può comprendere una certa apprensione dettata da un legittimo spirito
pseudo-paterno, ma ora si stanno raggiungendo livelli d’assurdità
inconcepibili. E, per quanto voglia bene a Sophie, non che gli interessi
particolarmente osservare in quali maniere artistiche la ragazza se ne va
perdendo la verginità a metà dicembre, soprattutto con un intero pomeriggio
di eventuale nullafacenza davanti. Non ha mica fatto tutte quelle storie
quando Jamie ha fatto sesso per la prima volta, lui! Anche perché non ha la
benché minima idea se il piccoletto non più troppo piccoletto l’abbia già
fatto o meno, effettivamente. Beh, gliel’avrebbe detto.
« Ho un piano! ». Aster si alza di scatto con espressione trionfante, per
poi ritornare fulmineamente immerso nel cespuglio prima che Sophie possa
vedere il Coniglio Pasquale spiarla spudoratamente dalla finestra. Jack,
semplicemente, si schiaffa una mano in faccia. « Agita quel bastone
diabolico e fai nevicare. Forte. Molto. Così saranno costretti ad
interrompere tutto per chiudere la finestra ».
Jack si concede qualche lungo, ponderato istante per fissare il proprio
interlocutore in silenzio. Poi, dal profondo del cuore, sputa fuori l’unica
cosa che gli viene in mente: « Sei fuori di testa? ».
« Sono preoccupato, uno stato d’animo che tu non conosci affatto! », sbotta
il Pooka, additandolo severamente con la zampa. « Quel tipo non mi piace.
Per niente ». Assottiglia lo sguardo, riducendo gli occhi a due strisce
affilate, e fa un cenno col capo verso la finestra dischiusa, il tutto
ostentando movenze dissimulate che paiono quelle del protagonista di un film
di spionaggio scadente. « Hai visto? Ha pure un tatuaggio. Lì, vicino alla
chiappa! Ti pare che sia un tipo raccomandabile? ».
Jack, anziché allungare lo sguardo verso la camera, continua a fissare il
compagno con in volto un’espressione frammista la seccatura e l’incredulità,
mentre dall’imboccatura dello stomaco sino alla punta dei polpastrelli
inizia a propagarsi una subdola sensazione. C’è un “gli stavi guardando
il sedere?!” che preme sulla lingua – non che sia quella l’origine del
fastidio, non che sia geloso od irritato per quello, sia ben chiaro –, una
mezza intenzione di creare un paio di palle ghiacciate e spalmargliele sul
muso, e benché si sentirebbe più che legittimato nel fare una cosa del
genere si limita ad arcuare un sopracciglio, stizzito.
« North ha due tatuaggi ed è l’incarnazione del male, in effetti », fa
notare, sarcastico, con un tono piccato che evidenzia tutto il suo
disappunto. « Anziché stare qui ad annoiarci non possiamo fare qualcosa di
più… ehm, divertente? », continua, sfoggiando il ceruleo sguardo esortante
di un cucciolo affamato, senza sottintendere alcunché perché, beh, ha capito
col tempo che il canguro, oltre che pudico, è un tardo. Si aggrappa
ad una ciocca cinerea della sua zampa e la tira un poco, giusto quanto basta
per far avvertire una discreta esigenza. Sente il piacevole calore della
speranza e del sollievo irradiarsi nel petto nel momento in cui Aster lo
osserva con il titubante sguardo di chi è in procinto di prendere una
decisione di vitale importanza, le sopracciglia un poco corrugate e
le labbra strette, e piega la bocca in un sorriso esortante.
Poi dalla finestra si sente un incontrovertibile “ah, sì, ancora~” e
Bunnymund sputa un polmone.
« SOPHIE, PERCHÉ ».
E Jack, semplicemente, si schiaffa la mano in faccia.
***
« Sophie, piccola,
c’è una cosa che vorrei chiederti ».
Sophie fa scorrere
delicatamente le dita sul petto niveo del fidanzato, i biondi capelli
scarmigliati e il respiro ancora affaticato. C’è un’aria calda e densa nella
stanza, la finestra socchiusa e le tende tirate, l’odore dell’amplesso
consumato che si posa pesante sui loro corpi.
« Dimmi », mormora,
piano, e posa un bacio delicato sulla pelle.
« Per caso avete
qualche strano animale in giardino? Mi è sembrato di aver visto un… ehm,
canguro? fuori dalla finestra ».
« … ».
« … ».
« Non ho idea di cosa
tu stia parlando. Forse è solo un po’ di stanchezza. Dormi ».
La prossima Pasqua
sarà una caccia al coniglio.
***
Jack aggrotta nervoso
le sopracciglia, seduto sopra al tetto di casa Bennett e facendo ciondolare
distrattamente le gambe nel vuoto. Di fianco a lui, seppur con qualche
difficoltà, un Jamie Bennett piuttosto grandicello tenta di rimanere in
equilibrio senza scivolare lungo disteso per terra.
« Jamie… », mormora
il guardiano, mordicchiandosi il labbro, « Per caso hai perso la verginità e
non me l’hai detto? ».
« … ».
« … ».
« Jack, perché parli come
mia madre? ».