Lezioni da druido

di leyda
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Lezioni da druido

 

 

 

 

 

 

 

«Hai bisogno di cosa?» ululò Derek, rischiando di perdere il controllo di fronte a Stiles, e scaraventarlo contro il primo albero sulla sua linea di tiro.

Paziente, il ragazzo ripeté la sua richiesta, cercando di eliminare il tono scocciato in favore di uno più supplichevole. «Che mi aiuti a trovare una quercia. Beh, non una quercia qualsiasi… una quercia rovere su cui cresca del vischio. Possibilmente prima della sesta notte di luna nuova.» pigolò, aggiungendo al tono di voce anche uno sguardo da cucciolo, abbandonato sotto la pioggia.

Sperò che fosse sufficiente a smuovere Derek, perché altrimenti non avrebbe davvero saputo a chi altro chiedere. Beh, in realtà avrebbe potuto rivolgersi a Peter, ma il lupo continuava a mettergli i brividi ogni volta che ne incrociava lo sguardo, figurarsi sottoporgli una richiesta del genere. Fremente d’impazienza, fissò Derek negli occhi, torturandosi il labbro inferiore con i denti. Alla fine con un grosso sospiro sconfitto, il lupo annuì.

«Ti informerò io quando ne avrò trovata una.» ringhiò, scomparendo prima che Stiles potesse dirgli che in realtà, c’era un'altra parte di cui ancora non l’aveva ancora informato.

Soffiando piano l’aria fuori dai polmoni, si avvicinò alla sua sgangherata Jeep e mise in moto per tornare a casa. Oltre a questa nuova incombenza che era il suo “addestramento”, aveva una montagna di compiti di chimica da affrontare. Ovviamente per il giorno dopo. Un gentile regalo di Harris, che si era evidentemente stufato di trattenerlo a scuola a pomeriggi alterni.

Da quando aveva scoperto che Deaton e la Morrel erano due specie di sacerdoti druidi, ecco che zac! Saltava fuori che anche Harris lo era. E, come ciliegina sulla torta, perché già quello non era abbastanza, era proprio il professore di chimica che si occupava delle nuove leve da istruire. Ergo, non solo ora si ritrovava a dover sgobbare per star dietro alla chimica scolastica, nonostante in quella non avesse problemi; no, non era mica sufficiente: ora aveva anche questa nuova “materia di studio” che Harris si stava premurando di fargli apprendere con un sadismo che, ne era certo, non aveva mai avuto con nessuno di quelli addestrati prima di lui.

Ultimamente era portato a domandarsi se l’odio reciproco che correva tra lui e il professore/druido fosse dettato solo da antipatia a pelle, o magari scaturisse dall’insofferenza di quest’ultimo nel doversi accollare un tale –a parer suo, perché Stiles si giudicava un buono studente anche in questa nuova materia– indesiderato onere. Dio, si sentiva così tanto Harry Potter alle prese con le lezioni di Piton. Non solo per la sopraccitata antipatia, ma anche perché, pure in questo caso, alla fine Harris si era scoperto essere dalla loro parte, proprio come il professore di pozioni in punto di morte.

Chissà se lui si sarebbe rivelato come Harry –decisamente poco portato per queste cose– o come la madre di quest’ultimo, Lily –un talento naturale–. A questo punto era curioso.

Ciononostante, i compiti lo aspettavano sotto forma di libri minacciosamente aperti sulla sua scrivania. Con un suono a metà tra il ringhiò esasperato e il grugnito arrabbiato, si sedette e vi dedicò la propria attenzione, sperando di cavarsela in fretta.

 

Era notte fonda quando il cellulare di Stiles, abbandonato sul comodino, iniziò a vibrare e poi a suonare, spostandosi verso il bordo del mobiletto e finendo per sfracellarsi a terra, continuando con il trillo assordante e fastidioso che gli stava trapassando i timpani. Facendo sgusciare una mano da sotto il caldo e confortante peso del piumone, Stiles tastò il pavimento alla ricerca dell’arnese infernale, indeciso se staccare la chiamata e tornare seduta stante nel suo onirico mondo in cui, non sapeva bene perché, un secondo prima di baciare Lydia, questa assumeva improvvisamente sembianze mascoline, e Danny usciva da un armadietto degli spogliatoi di lacrosse, dicendogli che quel giorno la partita –la sua prima partita da titolare– era stata annullata per un attacco da parte di una gigantesca lucertola, e un attimo dopo arrivava Derek sulla sua Camaro a ordinargli di cambiare squadra e che gli avrebbe dato una mano. E anche nel sogno Stiles si chiedeva se questo pezzo non contenesse un doppio senso che lui non riusciva a cogliere. In ogni caso, pure i suoi sogni erano privi di logica.

Trovando finalmente a tentoni il diabolico suonatore, Stiles ritirò la mano e, con gli occhi incollati e annebbiati, colse il mittente della chiamata. Rispose con voce impastata di sonno e che sembrava provenire direttamente dall’oltretomba.

«Ho trovato quello che mi hai chiesto.» attaccò senza preamboli un’altra voce, altrettanto sepolcrale. Stiles riuscì a rispondere solo con un «Mmh» strascicato. «Ma stavi dormendo?» fu l’arguta domanda del lupo dall’altra parte della chiamata.

Data l’ora e la scarsa capacità di tenere a freno la lingua quando il cervello non era completamente in funzione –ma anche quando lo era, faceva un’enorme fatica– Stiles si ritrovò a rispondere. «No, mi stavo facendo una sega pensando a te nel bel mezzo della notte. Certo che dormivo. Non sono mica come te che vivi di luce lunare, sai? Buonanotte Derek.» e riattaccò, sprofondando nel cuscino e perdendo conoscenza in meno di un minuto, mentre all’altro capo del telefono, un Derek allibito e sulla buona strada per ucciderlo, alzava gli occhi rossi sulla quercia sopra di lui e poi sulla luna che brillava in cielo.

 

La mattina dopo, ai sogni di Stiles si aggiunse quel ricordo, ma giudicandolo troppo assurdo per essere realmente accaduto, relegò anch’esso alla sfera onirica. Buttando velocemente libri e quaderni nello zaino, recuperò giacca e chiavi e si avviò fuori di casa, salendo sulla Jeep. Senza neanche guardare lo specchietto, mise in moto e si diresse verso la scuola, troppo preso dalle sue riflessioni sui sogni e la loro possibile interpretazione.

Quasi perse il controllo della Jeep quando, spostando lo sguardo sul cambio, che non voleva saperne di entrare, una ginocchio fasciato di un paio di jeans scuri non entrò nel suo campo visivo. «Oh mio Dio! Ma che diamine?!» urlò, sbandando su una strada fortunatamente vuota. «Che ci fai nella mia macchina?» esclamò, fermandosi sul ciglio della strada e voltandosi per far entrare l’intera figura di Derek nel suo campo visivo.

Non solo era comparso all’improvviso, anzi, chissà da quanto tempo era lì dentro in attesa, ma il lupo aveva anche l’aria parecchio truce. Più del solito, s’intende. Ed erano solo le otto di mattina. E lui aveva dimenticato l’attrezzatura da lacrosse a casa. Fantastico! Forse una parte del sogno si riferiva a questo. Ma stava mentalmente andando alla deriva, come suo solito, e Derek era ancora nella sua macchina, sul sedile del passeggero e l’aria da se-non-ritorni-qui-con-la-mente-nei-prossimi-tre-secondi-sei-morto, incisa su ogni tratto del viso. E Stiles avrebbe fatto meglio a seguire il consiglio di quel volto, invece di perdersi nei suoi vaneggi, che si stavano tutti concentrando sugli occhi e le labbra del suddetto lupo cattivo.

«Ok, questa situazione è inusuale, anzi, diciamo che è proprio da infarto, ma ancora non ho capito cosa ci fai nella mia macchina alle otto del mattino, se non stai morendo come l’ultima volta e non hai bisogno di aiuto.» esclamò, aspettando una risposta che non sembrava intenzionata ad arrivare. «Va bene, non vuoi parlare? Quindi… posso ipotizzare che non si tratti di qualcosa riguardante una possibile minaccia in arrivo? Magari neanche della prossima luna piena?» tentò, sperando di cogliere un qualsiasi segno che lo indirizzasse nella giusta direzione.

Neanche per un secondo il pensiero che la telefonata non fosse un sogno lo sfiorò.

«Ti prego Derek: sono in ritardo, ho dimenticato la mia roba di lacrosse a casa, ho avuto degli strani sogni per tutta la notte, e la mia capacità di leggere il pensiero al momento è ancora sopita, quindi se tu potessi aprire quella tua, ne sono certo, più che capace, bocca da lupo mannaro e dirmi, in nome del cielo, qual è il problema, io te ne sarei estremamente grato e riconoscente.» elencò, poggiando la testa sul volante e non vedendo l’effetto che le sue parole avevano avuto.

Quando rialzò il capo, il sedile accanto al suo era vuoto e lo sportello aperto. Allungandosi, lo richiuse borbottando un «Lupo psicotico» e ripartì verso la scuola, scordando quel breve incidente appena messo piede in classe.

 

A pranzo, dopo aver abbandonato Scott insieme ad Isaac, e aver avuto una edificante chiacchierata con Harris circa i suoi compiti supplementari –scolastici e non– era stato letteralmente rapito da un braccio apparso dal nulla, e trascinato nella prima aula vuota reperibile.

«Derek, sono serio: devi smetterla di comportarti così, perché prima o poi il cuore mi schizzerà fuori dalla bocca per la paura.» strepitò appena riconobbe il suo rapitore. «E comunque si può sapere che vuoi? Stamattina sei scomparso e ora ti presenti qui a scuola e mi rapisci quando io vorrei solo andare a mangiare? Spero che sia per un motivo valido, almeno.»

«Ho.trovato.quello.che.cercavi.» rispose lapidario, scandendo ogni parola.

Stiles rimase interdetto per un attimo, aprendo e chiudendo più volte la bocca. «Beh, è fantastico. E non bastava mandarmi un messaggio sul cellulare, invece di queste escursioni da Rambo in missione segreta?» domandò allargando le braccia e alzando le sopracciglia.

«Ti devo un pugno per come mi hai risposto stanotte.»

«Che… stanotte…? Aspetta allora… non era un sogno?» esclamò «Oh mio… ehm. Mi dispiace per quello che ti ho detto. Che ti ho detto poi? Nemmeno me lo ricordo! In ogni caso ti chiedo scusa, non ne avevo nessuna intenzione!» pigolò, incassando la testa tra le spalle, e sperando che il lupo desistesse dai suoi propositi violenti.

«Stasera ti porterò a quella maledetta pianta e poi TU non mi chiederai più di aiutarti in queste cose, che sono esclusivamente affar tuo. Chiaro?» sentenziò.

«Cristallino, direi.» rispose immediatamente Stiles, chiudendo un secondo gli occhi. Quando li riaprì Derek era sparito.

Sospirando sollevato e preoccupato, Stiles tornò da Harris per chiedergli se doveva fare qualcosa di particolare per raccogliere quel maledetto vischio. Con un sorriso mellifluo –davvero, sempre più simile a Piton…– l’insegnante gli rispose di passare all’ambulatorio veterinario dopo la scuola, e la sua punizione perché «Signor Stilinski, non avrebbe dovuto farsi aiutare. Da nessuno.»

Lo odiava profondamente. E a quanto pare era reciproco. Per tutta l’ora di detenzione, Stiles immaginò le torture più dolorose per il suo insegnante di chimica. E per la miseria, lui non voleva essere Harry Potter! Si considerava meno con il complesso dell’eroe e più bello di Potter.

 

La sera, puntuale, per quanto un appuntamento dato senza orario potesse esserlo, Derek era entrato dalla finestra di Stiles e l’aveva trovato seduto sulla sedia della scrivania a rigirarsi tra le mani un falcetto, apparentemente d’oro, con sguardo perso nel vuoto, ma fisso su un vestito bianco piegato sul letto.

«Stiles» lo chiamò, e lo vide saltare sulla sedia, rischiando di cadervi.

«Ma che accidenti… Oh mio Dio! Derek! Sei già qui? Bene andiamo, prima lo faccio, prima finisco e tu puoi tornare ai tuoi impegni da lupo come… non so, mordere i postini o qualcosa del genere.» sbottò acido, guardando la stoffa bianca sperando che prendesse fuoco, così da non doverla indossare. Maledetto Harris.

«Io non faccio queste cose» ringhiò indispettito Derek, ricevendo un’occhiata stupita e compassionevole.

«Lo spero bene. Era una battuta Derek. Dovresti riconoscerle ormai, sai?» spiegò afferrando tutto il necessario e stipandolo in un borsone, prima di salutare il padre e saltare sulla Jeep, guidando sotto le indicazioni del lupo.

Parcheggiarono all’inizio della riserva e proseguirono a piedi, Stiles sbuffando e inciampando ogni due o tre passi, per via dell’oscurità e del carico che si portava appresso. Alla fine, infastidito, Derek se lo caricò in spalla e iniziò a correre, cercando di ignorare le grida indignate di Stiles circa il suo non essere un sacco di patate o, ancor più umiliante, una fanciulla da rapire e portare in qualche posto sperduto.

«Mi hai sentito?! E poi tu non sei esattamente il prototipo del principe azzurro. Ne di qualsiasi altro colore a voler essere precisi. Al massimo puoi fare il cavaliere nero, ma quello è nobile e non credo che tu lo sia. In ogni caso mettimi giù, prometto di stare buono e seguirti senza perdermi in questo bosco, tutto uguale da qualsiasi parte mi giri. Ripensandoci, forse è meglio se continuiamo così. E poi sei abbastanza comodo, se non consideriamo lo stomaco che mi sta per uscire dal corpo e l’aria che non mi entra più nei polmoni…» rantolò Stiles, e finalmente Derek si decise a farlo tornare con i piedi per terra, e fermarlo per il colletto della camicia giusto prima che si andasse a fare un bagno nel fiume gelido sottostante, che non aveva neanche visto. «Non c’era un altro punto in cui rimettermi giù?» recriminò, ignaro del formicolio agli artigli, ma non dell’occhiataccia scintillante che gli fu rivolta.

Doveva proprio smetterla di impuntarsi a fissare gli occhi verdi di Derek. Che poi anche Lydia li aveva verdi, eppure non si sentiva così idiota quando guardava lei. Checché ne dicesse Scott, che avrebbe dovuto tacere vista la sua sfortunata esperienza. Magari Stiles aveva una fissa per gli occhi verdi? Eppure, anche quando quelli di Derek diventavano rosso fluo, rimaneva ugualmente incantato a guardarli. 

«L’albero è quello.» lo riscosse la voce profonda del lupo, e seguendo la direzione del suo braccio vide una grossa quercia, corrispondente in tutte le sue caratteristiche, esattamente a ciò che gli era stato richiesto di trovare. Sospirando si avviò dalla parte opposta, con lo sguardo di Derek puntato tra le scapole. «Dove accidenti vai?»

«Torno subito, devo… prepararmi…» borbottò contrariato, sparendo dietro un tronco con il borsone. Derek lo sentì armeggiare per qualche minuto imprecando, prima che ricomparisse indossando quella che pareva essere una tunica bianca, e con il falcetto d’oro in una mano e un sacco bianco nell’altra. «Ti prego, non iniziare a parlare ora.» lo supplicò, intuendo forse la sua voglia di commentare quel vestiario inusuale.

Dopo aver steso il telo a terra, Stiles iniziò a girare intorno al tronco, esaminandolo alla luce di una piccola torcia tascabile, cercando il punto migliore per arrampicarsi. In silenzio, Derek non si perdeva un solo movimento. Dopo il terzo giro, finalmente l’apprendista-druido posò a terra la torcia e si incastrò il falcetto in bocca, iniziando a salire, con non poche difficoltà e maledizioni morsicate. Con un po’ di fatica e imbarazzo per il vestiario, riuscì a ottenere quello che voleva, sperando che ne fosse valsa la pena, e si apprestò a scendere, salvo poi non trovare neanche un appiglio di quelli precedentemente usati.

«Non è che potresti darmi una mano?» chiese, seminascosto dalle fronde.

Derek si portò esattamente sotto di lui e alzò lo sguardo, incontrando le gambe snelle e muscolose di Stiles e i suoi boxer. «Dove?» domandò a bassa voce.

«Eh?»

«Ho detto: come? Che dovrei fare?» ripeté alzando il tono, lo sguardo ancora fisso in alto e uno strano formicolio al basso ventre.

Sporgendosi un po’ per rispondere, Stiles perse la presa e scivolò giù, afferrato al volo dal lupo. «Ok, questa in effetti fa molto principessa salvata dal principe, ma la considereremo una cosa mai accaduta, va bene?» propose, battendo i denti per il freddo di dicembre che sentiva mordergli ogni parte lasciata scoperta dalla tunica.

Derek lo mise giù con più gentilezza di quanto si fossero aspettati entrambi, e lo spinse via con una mano, pericolosamente vicina al fondoschiena di Stiles. Pochi minuti e il ragazzo aveva di nuovo indosso i comodi e caldi abiti con cui era arrivato. Raccolse il frutto del suo lavoro, infilandolo con cura nel borsone e si dondolò sulle punte dei piedi indeciso.

«Come facciamo per tornare? Mi porti di nuovo sulle spalle o…»

Senza parlare, e resistendo alla tentazione di buttarlo nel fiume solo per vederlo di nuovo indossare la tunica e farlo stare zitto, Derek s’incamminò afferrandolo per un polso. «Sai che parlare un po’ di più non ti farà cadere la lingua, ne tantomeno ci cresceranno sopra le verruche?» ironizzò, cercando di tenere il passo del mannaro e continuando a borbottare.

All’ennesima frase sarcastica, Derek mollò la presa e scomparve tra le ombre. Stiles mosse qualche passo esitante finché non si ritrovò pressato a terra con un peso respirante sulla schiena. «Sai che potrei ucciderti e tuo padre ci metterebbe un sacco a trovare il tuo corpo?» soffiò direttamente all’orecchio spaventato di Stiles, deliziato dal tambureggiare frenetico del suo cuore.

«Ma non avevamo appurato che ti sei comportato come un vero principe azzurro, poco fa?» boccheggiò Stiles, cercando di evitare che foglie e terra gli finissero in bocca, abbastanza sicuro di non essere un erbivoro, e sperando che Derek ritrovasse la ragione che sembrava aver dimenticato sotto la quercia. O forse non l’aveva mai avuta dall’inizio della giornata, visti gli strani comportamenti.

«E allora non manca qualcosa?» domandò, tirandogli indietro la testa per i capelli, ormai più lunghi.

«Cosa? E smettila, diventerò calvo!» esclamò, prima che la bocca di Derek lo zittisse con un bacio esigente. «Mi pareva di averti detto che non sono una principessa di alcun genere.» esalò quando si separarono, leccandosi le labbra.

«Eppure lo sembravi poco fa…» lo canzonò il lupo, con un ghigno ben visibile anche nella scarsa luce.

«Dimmi se lo sembro adesso…» ribatté Stiles, riuscendo miracolosamente a invertire le posizioni e ritrovarsi sopra, sorridendo soddisfatto e trionfante. «Potremmo evitare di passare la notte a rotolarci nelle foglie? Che ne… aspetta mi hai baciato. Perché mi hai baciato?» urlò, realizzando solo in quell’attimo cos’era appena accaduto.

«Sei a scoppio ritardato, Stiles?» domandò Derek, fissandolo con un sopracciglio alzato che lo mandò letteralmente fuori di testa. Alzandosi precipitosamente, Stiles iniziò a camminare e a parlare da solo, seguito a pochi passi di distanza dal lupo.

«Ecco perché ho fatto quel sogno stanotte! Oh mio Dio, non posso crederci! Che diavolo dovrei fare ora? A me è sempre piaciuta Lydia, però tu hai quegli stramaledetti occhi verdi che mi distraggono e poi io perdo il filo del discorso e tu catalizzi tutti i miei pensieri come una grossa antenna sexy e questo non va bene. Cosa dovrei fare in proposito? Ah ma io lo so, è tutta colpa di Harris e dei suoi compiti speciali. E dannazione lui sembra proprio Severus Piton, ma io ho già detto che non voglio essere Harry Potter, anche perché dove sono i miei Ron e Hermione? Sarebbero Scott e Allison? E tu chi dovresti rappresentare? Draco Malfoy? E di che diavolo sto parlando ora, e soprattutto dove accidenti siamo?! Derek, si può sapere in quale sperduta parte di Foresta Proibita siamo e come facciamo a tornare alla mia sco… Jeep? Alla mia Jeep.» sproloquiò Stiles, voltandosi infine verso il lupo e sperando che fosse ancora dietro di lui. Fortunatamente non l’aveva abbandonato, ma non sembrava neanche prestargli attenzione, troppo concentrato su altro. «E smettila di guardarmi il culo! Si può sapere che ti prende? Hai gli ormoni a mille?» sbraitò esasperato, coprendosi la faccia con le mani.

«La tua Jeep è dietro quegli alberi. E non ti stavo guardando…» s’interruppe per l’occhiata di puro scetticismo del ragazzo «Ah, ok. Ti stavo guardando quel culo fantastico che ti ritrovi, va bene?» sbottò aggrottando la fronte e arrossendo un po’. Fortunatamente era buio pesto e Stiles non se ne sarebbe accorto.

«Oh, bene.» bofonchiò avviandosi verso la macchina, lasciando Derek indietro. Lo raggiunse prima che mettesse in moto. «Davvero lo pensi?» domandò, facendo retromarcia evitando di guardarlo in faccia.

«Cosa?»

«Soffri di Alzhaimer? Di cosa stavamo parlando poco fa, di uccelli che nidificano?» sbottò, mordendosi poi le labbra per il pessimo paragone. Derek ridacchiò. «E piantala»

«In camera tua ti farò vedere che ne penso realmente.»

«Sai che sembrava tanto una minaccia più che una proposta a sfondo sessuale?» recriminò Stiles guidando senza particolare attenzione, grazie alle strade deserte, e a velocità ben sopra il consentito.

«Magari era entrambe.» rispose Derek, mentre parcheggiavano.

«Oh, è consolante» borbottò Stiles, recuperando la borsa. «Allora ti aspetto in camera mia e vediamo quale delle due è?»

Purtroppo, il piano a luci rosse sfumò a causa della presenza in casa dello sceriffo e dell’incombenza di altri compiti irrisolti che aspettavano Stiles. Nonostante ciò, trovarono comunque il tempo di verificare che quella di Derek era effettivamente una proposta, e Stiles andò a letto più che appagato, e con la sensazione che quella situazione si sarebbe ripetuta.

 

 

«Signor Stilinski, sono stupito dalla sua capacità, ma ancora non è sufficiente.» esordì Harris, quando Stiles gli consegnò vischio e vari compiti extra-curricolari, facendogli correre un brivido lungo la colonna vertebrale. Magari Derek gli avrebbe di nuovo dato una mano. Il sorriso smagliante, al pensiero che magari la mano sarebbe stata dentro i suoi pantaloni, gli procurò un nuovo pomeriggio di detenzione, e di studio extra, ma non offuscò la piega delle sue labbra.

 

 

 

 

 

 

 

Sclero:

Ok, chiedo ufficialmente perdono.

Se siete arrivati fino a qui, vi ringrazio di tutto cuore!

Non ho la più pallida idea del come e quando questa cosa si sia originata nella mia mente, ma posso dire che mi sono divertita un mondo a scriverla, e l’ho scritta tutta in una notte… follia pura. E mi sembra anche un po’ diversa dal mio solito stile… Ad ogni modo è tutta colpa dei sopraccitati Deaton e Morrel, e anche di Harris che ha questo immotivato odio per il piccolo Stiles, e che secondo me nasconde qualcosa. Spero tanto che sia così e si scopra nella terza serie… Oh, e anche di Harry Potter, ovviamente, ma immagino l’abbiate capito leggendo.

Ad ogni modo, spero che questa storia vi abbia almeno fatti sorridere, perché io ridacchiavo mentre scrivevo…

Fatemi sapere che ne pensate! Perché potrebbe scapparci un seguito… dopotutto Harris ha un sacco di frustrazione da sfogare su Stiles, che sarà più che lieto della mano che gli darà Derek… if you know what I mean… XP

Ci risentiamo presto con qualcosa di nuovo!^^

Baci a tutte/i





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