COB 12
Carry me away from my pain
Män som hatar kvinnor¹
Janika aveva passato l'ultima settimana accanto al suo chittarrista
insieme a Janne, gli erano stati vicino giorno e notte e si erano presi
cura di lui. Le fratture alla gamba e al braccio sarebbero guarite
entro le due settimane successive mentre la ferta alla testa, meno
grave, dava già ingenti segni di miglioramento. La madre
della
giovane aveva telefonato alla ragazza informandola che sua sorella
stava migliorando e che forse sarebbe davvero andato tutto bene; La
bonda fece riportare i mobili e quant'altro in Finlandia per poterli
risistemare in casa sua, nonostante stesse quasi sempre in ospedale.
Mancavano pochi giorni a Natale, tutta la Finlandia sembrava essersi
scossa la neve di dosso per immergersi nell'atmosfera delle lunghe
festività. Dopotutto quello era il periodo più
bello da vivere nelle regioni scandinave: le vetrine illuminate dei
piccoli negozi che vendevano giocattoli, le numerose cioccolate calde
servite nei bar, i bambini che correvano per strada ignari del pericolo
di caduta causato dalle strade perennemente ghiacciate, il profumo di
legno bruciato nel camino che invadeva e inebriava i sensi delle
persone e ovviamente le innumerevoli tradizioni che andavano dalla
Sauna in famiglia il giorno della vigilia, veniva infatti sentito molto
più profondamente il ventiquattro del mese e considerato
questo come Natale, alla dichiarazione di Pace che veniva letta intorno
a mezzogiorno e trasmessa in televisione in tutto il paese. Lo
chiamavano il Paese del Natale, per le loro strane tradizioni e per la
solennità con cui veniva celebrata questa festa. Tutti, da i
più piccoli ai più anziani si attivavano per
colorare un mondo grigo e monotono e rendere questo giorno Il Giorno
Speciale. Con gli alberi di Natale, veri abeti scelti i primi di
Novembre nelle foreste vicino casa e tagliati pochi giorni prima,
addobbati senza un vero criterio logico ma semplicemente con tutte le
decorazioni possibili e luci a più non posso che, a uno
straniero, verrebbe da chiedersi se nelle case di questo Paese abbia
per caso vomitato Joulupukki. Strana tradizione è anche
quella dei "Babbi Natale in affitto" da qualche anno infatti andava di
moda fra gli studenti raccimolare denaro portando nelle case caramelle
e regali ai più piccini e togliendo alle famiglie quello che
sembrava essere l'enorme fardello di trovare una persona disposta a
indossare barba e cappello rosso. Ma Janika pensava che
quest'anno non avrebbe vissuto tutto questo. Cos'era il Natale nelle
loro tradizioni? Era rimanere con i propri genitori e i fratelli e
godersi quell'intimità rotta nelle frenetiche settimane di
lavoro dell'anno. Ma lei non aveva più ufficialmente una
famiglia. Sua madre era a Stoccolma ad assistere la sorellina che si
trovava in un ospedale Svedese e lei era lì, in una Helsinki
troppo bianca e monotona per poter resuscitare con le luci natalizie.
Ma riusciva comunque a sorridere, perchè con lei c'erano
Alexi e Janne e benchè anche loro avrebbero passato le feste
con le rispettive famiglie, sarebbe stata bene.
Arrivò a casa verso le dieci di sera, lei e il tastierista
aevano aspettato che il giovane si addormentasse dopodichè,
essendo il turno dell'altro, Janika era tornata nella sua vecchia
villetta e si era seduta sulla sua poltrona ammirando la stanza. Era
vuota. Non materialmente, c'era il pianoforte che troneggiava in sala
dando uno stile classico all'abitazione e i mobili antichi,
sua madre amava lo stile vittoriano e aveva sempre fatto di tutto
perchè l'alloggio fosse arredato con gusto. Ma c'era
qualcosa che sfuggiva, che mancava e che rendeva tutto così
anonimo. Ed era il fatto che non ci fosse la sua famiglia, era
perchè casa è un rifugio in cui tutti i problemi
non esistono, un posto in cui poter stare con i propri cari, nel quale
condividere tutto. Ma lei non aveva mai avuto qualcosa di simile. Suo
padre se ne era andato e ora anche sua madre e sua sorella erano
lontane. Aveva sempre dato per scontato il loro amore e ora le
mancavano. Prese gli spartiti che erano rimasti sparsi sul tavolo della
cucina e si sedette al piano, accese le candele poste sul candelabbro
accanto allo strumento e spense le luci. Suonò moonlight e fantaisie-Impromptu
e si fermò solo quando sentì il campanello
suonare. Accese le luci e si diresse verso la porta, la
aprì.
Rimase dieci minuti buoni a squadrare la persona che si trovava di
fronte, incredula e indecisa sul da farsi. La figura maschile,
tuttavia, sembrava più sicura di lei e la guardo ammiccando:
- Mi fai entrare? -
Era il suo ex ragazzo. L'accento norvegese gravava ancora pesantemente
sulla sua pronuncia cacofonica del finnico, ma c'era qualcosa di
diverso in lui. Il modo di porsi e ... i suoi vestiti. Indossava un
paio di pantaloni in velluto marrone abbinati a una giacca sotto la
quale si intravedeva una camicia a righe azzurro chiaro e una cravatta
rosa. Continuò a fissarlo indecisa e sentendosi fuori luigo,
come se non fosse in casa sua. Era sempre stata una ragazza piuttosto
elegante ma negli ultimi tempi non aveva avuto molto tempo per curare
il suo aspetto e ora indossava una felpa dei Cradle of Filth e un paio
di jeans strappati. Gli fece cenno di entrare, chiuse la porta e si
sedette accanto a lui sul divano:
- Cosa ci fai qui? -
L'altro rise, quella risata gli ricordò quando si conobbero
in quinta elementare e quando gli chiese il suo nome, lui rispose "
Trygve" suscitando non poco la sua ilarità. Le rispose che
era tornato in Finlandia per lavoro, aveva ereditato l'azienda di suo
padre e viaggiava spesso. In realtà aveva sede in Lapponia
ma, visto che c'era, aveva pensato di fare un giro per Helsinki e di
passare a trovare la sua ex fidanzata. Sottolineando il fatto che non
si erano ma lasciati davvero. Janika era decisamente in imbarazzo,
aveva più volte maledetto il nome del giovane di fianco a
lei perchè l'aveva abbandonata nei momenti più
difficili e ora si ripresentava totalmente diverso - che fine avevano
fatto i pantaloni di pelle e le catene? - a dirle che non si erano mai
lasciati:
- Scusa ma sai, ti ho detto che ero incinta e sei scappato e ora torni
sbucando fuori dal cilindro? Ho una vita io, non sono qui a correre
dietro a te. -
Trygve si incupì lasciando che un'ombra cupa attraversasse i
suoi occhi verdi, aveva toccato un tasto dolente, come una nota stonata
in un'esecuzione del Trillo del Diavolo, si gratto nervosamente la
testa sulla quale un tempo ricadevano lunghi capelli neri che erano
stati tagliati dandogli l'aspetto di un militare. Alzò lo
sgardo e trafisse Janika con un'occhiata glaciale:
- A proposito ... come sta il bambino? -
La biondina stabuzzò gli occhi e fece un'espressione
disgustata, disse di averlo perso. Nei primi mesi e quando si provano
forti emozioni può capitare. Trygve si
alzò in piedi e le diede uno schiaffo, lei gli
bloccò la mano e si akzò a sua volta mettendosi
sulla difensiva. Il ragazzo la guardò ripugnato e
alzò il tono di voce:
- TROIA! Hai ucciso mio figlio! TU NON NE AVEVI IL DIRITTO! -
Lei si tastò l tasca per controllare di avere il cellulare a
portata di mano, non sarebbe stata la prima volta che quell'uomo le
metteva le mani addosso. Ma stavolta non voleva essere una vittima
inerme soggiogata alla tirannia di uno dei tanti uomini che odiano le
donne. Indietreggiò di un passo e rispose che era lui quello
che non aveva nessun diritto di ripiombare nella sua vita e che se ci
teneva tanto al suo cazzo di figlio sarebbe potuto rimanere con lei e
aiutarla fin da subito invece di andarsene con una delle sue cagne.
L'altro le allungò un'altra sberla che lei bloccò
prontamente, era impressionante come i suoi riflessi si fossero
accentuati dall'ultima volta. Sentendosi impotente davanti alla
prontezza di risposte della giovane si limitò a
urlarle contro che quella sua "Cagna" non avrebbe mai abortito,
perchè una vita è sempre una vita. Janika fece
una risata ironica:
- Tu! Mi vieni a parlare di vita! Due cose, stupido bastardo; Primo,
non ho abortito volontariamente, ma è stato un aborto
spontaneo, se proprio ti interessa Secondo, sì, stronzo, mi
hai quasi ammazzata di botte un sacco di volte e ora vuoi ripetere la
scena, e vieni a parlarmi di diritto di vivere!? Ma fammi il favore!
Non sei altro che un lurido verme, un bastardo e un fottuto stupratore.
Sì, Vittu. Perchè nel caso non te lo ricordassi m
hai fatta ubriacare e mi hai tolto la verginità contro il
mio volere, mi hai messa incinta e qualche giorno dopo te ne sei
andato! E ora sei qui, con la mano tesa a picchiarmi un'altra volta. Ma
quanto siamo stati insieme noi? Un mese e mezzo, forse neanche. Mi hai
quasi uccisa quattro volte. Esci da questa casa e sparisci dalla mia
vita. -
Il ragazzo la guardò con disprezzo come se avesse sparato un
sacco di cazzate e stesse facendo un colossale errore, ma soprattutto
non sopportava che una donna, una puttanella, gli rinfacciasse le sue
azioni. Istintivamente le sferrò un pugno in pancia che,
stavolta, non riuscì a schivare. La bionda si
piegò in avanti dolorante e sputò addosso
all'aggressore che, incattivito dalla sua impudenza, le
sferrò un'altro colpo facendola barcollare e cadere a terra.
Le diede un calcio nello stomaco facendola gemere di dolore poi la
guardò, vittorioso per aver un'altra volta soggiogato la sua
inerme vittima. La toccò più leggermente con la
punta del piede ma facendole ugualmente male poi si voltò e
mise la mano sulla maniglia della porta ma sì
girò un'ultima volta per guardare gli occhi viola colmi di
lacrime della ragazza:
- Sì, ora me ne vado, esco dalla tua vita. Tu sei solo una
troia e non mi meriti. Tu ti meriti solo un qualche barbone. Sei
un'assassina, una puttana e soppratutto una grandissima testa di cazzo.
Ero venuto a offrirti un'altra opportunità insieme a me e
tu, come al solito, hai rovinato tutto. Secondo quello che dici questa
è la quinta volta che cerco di ammazzarti, già
mio padre ha ragione. Non porto mai a termine quello che inizio e mi
dispiace. Ma ho un aereo da prendere e non ho tempo per ammazzarti di
botte. -
Janika fece una risata inquietante che gli provocò un forte
dolore allo stomaco e mentre l'altrò richiudeva la porta gli
urlò contro che non era vero che non aveva tempo,
semplicemente non ne aveva le palle.
***
Il mattino dopo Janika si svegliò ancora distesa sul
pavimento della sala, cercò di alzarsi ma i dolori le
impedivano qualsiasi movimento. Ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Cercò il telefono e non lo trovò, doveva esserle
scivolato sotto il divano quando aveva ricevuto il primo pugno, si
allungò distendendo la mano per tasttare il pavimento,
trovò l'oggetto e lo attrasse a sè. Janne l'aveva
chiamata una decina di volte, guardò l'orario, erano le
dieci e lei doveva andare in ospedale alle nove per permettere
all'altro di andare a farsi una doccia mentre lei si prendeva cura di
Alexi. Lo richiamò e attese la sua risposta:
- Janika stai bene? Dove sei? E' un'ora che ti chiamo! -
Cercò di parlare ma dalla sua bocca uscì solo un
rantolo soffocato, Janne le disse che sarebbe arrivato a casa sua in
pochi minuti come intuendo che c'era decisamente qualcosa che non
andava. La ragazza chiuse la chiamata e si raggomitolò di
nuovo cercando una posizione nella quale i muscoli non le sembrassero
sotto una pressa e pianse. Di odio, di disperazione ma anche per
liberarsi della tensione accumulata la sera prima, era stata picchiata
e in un primo tempo aveva tenuto testa al suo aggressore, era stata
atterrata e insultata ma era comunque riuscita ad avere l'ultima
parola. Si sentiva vittoriosa, come un generale che ha conquistato un
territorio impossibile che, tuttavia, ha dovuto sacrificare il suo
esercito. Piangeva anche di gioia, il sapore amaro della vittoria aveva
il gusto ferroso del sangue.
Si sentì rincuorata sentendo la macchina del tastierista
parcheggiare davanti casa sua e ancora più al sicuro quando
lo vide varcare la soglia e correrle incontro per prenderla in braccio
e farla sdraiare sul divano:
-Perkele! Ma cosa ti hanno fatto? Chi .. chi vittu è stato? -
Lei cercò nuovamente di parlare ma non ci riuscì,
indicò la porta come cercando di dire che era qualcuno che
conosceva, Janne non capì ma era sicuro che doveva portarla
in ospedale. La prese in braccio di nuovo cercando di farle meno male
possibile e non chiedendosi neanche se riuscisse a camminare o meno, le
caricò in macchina e attraversò la
città sfrecciando fra i quartieri bene di Helsinki fino
all'ospedale. In quei giorni lo stava vedendo davvero troppe volte.
Entrò nel pronto soccorso e aspettò che
un'infermiera gli chiese cosa fosse successo:
- Non lo so, l'ho trovata stamattina a casa sua -
La biondina annuì come a confermare la sua tesi tuttavia
l'altra sembrava già essersi fatta il suo filmino mentale
sul perchè un uomo vestito da metallaro dovesse portare una
ragazzina dall'aria pesta in ospedale. Indicò loro una
stanza dove un medico li attendeva. L'uomo era basso e non troppo
magro, con un naso aquilino e una forte stempiatura tuttavia aveva
l'aria cordiale e non fece domande sull'accaduto cercando di essere il
più gentile possibile e di non giudicare fatti che non
conosceva. Fece sdraiare Janika sul lettino e le chiese di indicare la
zona che le faceva male ma, accorgendosi del suo stato di shock la fece
sedere e le diede un bicchiere d'acqua. Lei bevve avidamente e
sembrò riacquistare parte del suo vigore e la
capacità di parlare:
- Mi ha picchiata .. no, non lui - disse indicando Janne - il mio ex
... è arrivato ieri sera, me le ha date e se n'è
andato. Non è la prima volta che lo fa. -
Il medico alzò un sopracciglio e le sorrise ancora, come se
il fatto non gli interessasse, voleva solo sapere cos'avesse non il
per4chè. La visitò rapidamente e le diede una
pomata da mettere sugli ematomi dicendole che non era nulla di grave.
Janne la prese per mano e insieme uscirono per poi dirigersi verso il
reparto in cui era ricoverato Alexi:
- Ma perchè lo ha fatto? -
Janika alzò le spalle e gli spiegò l'accaduto,
cinicamente come se stesse raccontando una favoletta o un pettegolezzo
di inutile importanza. Il tastierista cercò di interpretare
questo comportamento dicendosi che forse voleva tenere lontano
l'accaduto per difendersi dalla sua emotività o forse per
lei era diventata una banale routine. Le chiese perchè non
l'avesse mai denunciato e l'altra rispose che sarebbe stato inutile.
Lui aveva un sacco di soldi e avrebbe preso gli avvocati migliori della
scandinavia i quali le avrebbero ritorto contro di tutto e di
più. Era una battaglia persa in partenza, insomma. Presero
l'ascensore insieme a un vecchietto in sedia a rotelle e alla sua
accompagnatrice, una punk più svestita che vestita che
sembrava parecchio scazzata per la situazione ma che iniziò
a rinvigorirsti vedendo Janne e a troieggiare apertamente flirtando con
lui che, tuttavia, riusciva ad avere occhi solo per Janika.
Provò una pena ingiustificata per l'anziano inerte con un
espressione rassegnata sul viso e un respiratore collegato a una
bombola d'ossigeno. Era lì. Non esisteva davvero. Passava i
suoi giorni ad aspettare che la morte lo prendesse e che lo portasse
via da una famiglia che non aveva tempo per lui. Scesero tutti allo
stesso piano ma presero direzioni diverse. Janika e Janne arrivarono in
camera di Alexi che, ignaro di qualsiasi cosa, si era riaddormentato
con il vassoio della colazione ancora intatto appoggiato sul comodino.
La ragazza si avvicinò a lui e gli baciò le
labbra, il vocalist si scosse leggermente dal sonno e, vedendo la
ragazza, sorrise. Tuttavia il suo volto cambiò in fretta
espressione vedendola sofferente le chiese cosa fosse successo e i
fatti gli vennero spiegati da Janne che sembrò essere
più capace di provare disgusto per l'accaduto. Alexi
spalancò gli occhi e si mise a sedere, ormai non gli
facevano pù male le ferite, le fece spazio sul letto e lei
si sedette accanto a lui. La abbracciò e la baciò
come non aveva mai fatto. Poi si staccò leggermente da lei:
- Devi denunciarlo. Quel bastardo deve pagare. -
La bionda gli sorrise come per placare l'animo selvaggio di un bambino
che non può capire:
- Ha un sacco di soldi, non potrei mai vincere una causa contro la sua
bellissima sfilza di avvocati, probabilmente i migliori avvocati
scandinavi. -
Ma il Wildchild non voleva darsi per vinto e le disse che avrebbe
pagato Dio in persona per difenderla, ma i tre la presero sul ridere e
scherzarono per qualche minuto chiedendosi quanto un Dio che permette
queste cose accetterebbe soldi per difendere una donnina di
ventitrè anni appena e che stava passando tutte le pene
dell'inferno. Janika doveva essere stata uno stupratore nella sua vita
precedente. Uno stupratore o un infanticida.
***
Boom boom baby! xD Allora
è una settimana di Merda questa e non so quando altro
aggiornerò, se uscirò viva dalla 58497548
versioni e verifiche pubblicherò un altro capitolo il prima
possibile.
Nulla ne approfitto per ringraziare ancora tutti... alla prossima :)
N.D.A.: ¹= è il titolo originale di "Uomini che
odiano le donne" di Stieg Larsson, è svedese e non
finlandese ma, in quanto citazione, ho preferito lasciare il titolo in
lingua originale :)
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