It's ok, don't worry
Fremette, mentre la tracolla lucida scivolava dalle sue mani, trascinando a terra con sé la borsa nera.
Si morse il labbro, serrando il pugno.
«Axel…»
C’era silenzio, fra
loro, nonostante il chiasso degli studenti finalmente liberi che uscivano dal liceo.
Il ragazzo fece un passo in avanti, gli occhi smeraldini socchiusi, tristi.
Il biondo abbassò lo sguardo, tormentandosi il labbro con i canini.
Voleva andare da lui, stringerlo a sé, nascondere il viso sul suo petto, chiedendogli
scusa.
Ma il suo dannato orgoglio lo inchiodava lì, davanti a
lui, e testardo com’era, gli ubbidiva ciecamente.
«Roxas…»
Il rosso fece un passo in avanti, risvegliando il giovane dai suoi pensieri.
«Roxas, io…»
Affievolendo la stretta della mano destra, il biondo alzò il volto, socchiudendo gli occhi blu.
Il ragazzo avanzò, piano, quasi temesse la fuga dell’altro, e tese la mano, sfiorando le dita diafane del quindicenne.
Roxas sorrise flebilmente, percependo quel debole tepore accarezzargli nuovamente la pelle.
«Axel, senti-»
Ma il fulvo lo abbracciò, e posandogli una mano sul capo, lo strinse a sé, nascondendo il viso tra le ciocche dorate dell’altro.
Il giovane sgranò gli occhi e cercò di allontanare il diciottenne, facendo forza con le braccia, ma niente, Axel lo stringeva di più a sé, incurvando la schiena.
«Mi dispiace, Roxas»
Il biondo lo colpì al petto, serrando entrambe le mani, chiudendo gli occhi per non vedere, ma lentamente si fermò, calmandosi, respirando il profumo del rosso.
«Sei uno stupido ananas ambulante…»
Axel sorrise, posando il mento sulla testa dell’altro.
«E tu sei manesco»
Roxas strinse la camicia candida del diciottenne tra le mani e inspirò profondamente, sospirando.
«Però…»
Le gemme blu riemersero dal nero delle palpebre e, scivolando verso sinistra, osservarono i sorrisi di
loro, di quelle figure nere che ridevano, che gli indicavano.
Il giovane si morse il labbro, notando tra la folla lui, suo fratello Sora, che gli sorrideva dolcemente, brillando come una stella nel buoi di quei pregiudizi.
Respinse le lacrime, inarcando gli angoli della bocca, felice.
«Non mi interessa nulla di loro»
Axel sollevò il volto, guardando gli altri con astio e sorridendo al castano.
«Perché io ti amo, scemo»
Roxas serrò le palpebre, sperando nella scomparsa dell’ impassibile bruciore che gli tormentava gli occhi, e lentamente annuì, strusciando il naso sul petto del rosso.
«Anche io, miccia vivente»
Il rosso sorrise, giocherellano con dei ciuffi biondi.
«Hai già incominciato a piangere?»
Il quindicenne arrossì, cercando, senza farsi accorgere, di asciugarsi le piccole gocce che trapelavano dagli occhi.
«S-scemo…»
Axel rise, e stringendogli dolcemente le spalle esili, scostò il giovane dal petto, avvicinando il pollice alla gota purpurea per strappargli una perla cristallina.
«Che dici, andiamo a farci un giro? Io e te da soli?»
Il biondo annuì felice e prese la borsa, pulendola dalla polvere.
«Ho il telefono scarico e Sora deve andare da Riku… torno a casa ed avviso, ok?»
Il rosso articolò un “ok” e gli sorrise ancora.
«Aspettami qui»
E incominciando a camminare piano, sentiva la gioia sbocciargli nel cuore, percepiva quella piccola corolla delicata sfiorarli la pelle, elettrizzandolo.
Sorrise, asciugandosi frettolosamente quelle lacrime leggere, intrise unicamente di contentezza.
Era felice, perché il malinteso nato quel triste giorno si era sciolto come il peso che gli tormentava il cuore, libero da quelle strette opprimenti.
Era felice, si, perché quella voce, ricordata nel silenzio della notte, era tornata, meravigliosa e splendente come l’emozione che si era nuovamente impossessata del suo corpo.
Era felice e basta perché, semplicemente, poteva stare ancora al suo fianco.
Corse, rise gioioso, mentre quelle estremità del filo che li univa si ritrovarono come due amanti, legandosi in un suono sordo percettibile solo da loro.
Però…
« Roxas!! »
Il rombo assordante di un’auto giunse stridente
« ...Eh? »
Insieme alla fredda Morte
« Fratello!! »
E dopo fu solo buio e urla...