«E poi cosa è successo? Mamma, dimmelo!»
La giovane scansò la frangia dalla fronte della
figlia, chinandosi per baciarla.
«Questa è un’altra storia, tesoro. Adesso a
letto, forza».
«Cosa vuoi che sia successo? Lui è tornato in
Russia, vero mamma?»
Il bambino si stropicciò gli occhi,
stiracchiandosi nel lettino fino a che la maglia del pigiama azzurro non
scoprì la pancia piatta.
Sospirò pazientemente, la giovane donna,
rimboccando per bene le coperte del bimbo.
«Non è vero, Hanks! Lei è tornata, lei lo
amava!» protestò la bambina, stringendo i pugni.
«Ma per favore! Erano solo amici e lui era
russo, non sarà di sicuro restato qui!»
«Bambini», li interruppe, «basta, su. È ora di
dormire; magari domani vi racconto il seguito».
«Mamma, mamma aspetta! Dimmi almeno se lei
tornò!» squittì, aggrappandosi al collo della ragazza.
Valerie sospirò, sedendo sul letto.
«Sì, tesoro, lei tornò».
«Oh! E lui cosa le disse?»
«Be’», temporeggiò, captando l’ombra di suo
marito oltre la porta, «le disse che le voleva bene e che senza di lei
proprio non poteva stare» tagliò corto, spingendola dolcemente sul
materasso.
La ragazzina mugolò contenta, il fratello invece
sbuffò.
«Che smidollato».
«Chi è uno smidollato?» domandò il padre,
entrando in camera.
Valerie mosse la mano, sminuendo la questione.
«Nessuno, caro».
«Oh, papà, papà! La mamma ci ha raccontato una
storia bellissima! Allora, ascolta: c’era questa ragazza americana e
questo soldato russo che...» la bambina si lanciò in un dettagliato ma
ristretto resoconto della storia che la madre le aveva proposto quella
sera, lasciando infine un sorriso ironico sul viso dell’uomo.
«E, dimmi Val, che fine ha fatto quello
smidollato russo?»
Valerie si strinse nelle spalle, baciando la
fronte di ciascuno dei suoi figli, spegnendo quindi la luce.
Oltre la porta chiusa, i bambini borbottavano e
discutevano della storia.
La ragazzina, Margo, propendeva al romanticismo;
il maschio, Hanks, si mostrava più pratico e cinico.
«Non dovresti raccontare queste cose ai
ragazzini, sai come sono fatti» la redarguì bonariamente, baciandole la
nuca scoperta.
Valerie rise.
«Tanto, prima o poi...»
«Già. Ma non mi hai detto che fine ha fatto quel
russo idiota» la punzecchiò, tirandole una ciocca di capelli. Gli
schiaffeggiò la mano, fissandolo con aria di rimprovero.
«Vaporizzato. Sparito nel nulla, per la gioia di
lei».
Lui rise, baciandole le labbra.
«Spasibo» mormorò con una perfetta
inflessione russa, abbracciandola.
Valerie sorrise.
«Spasibo a te, Alek».
«Allora», cantilenò lui, stringendole la mano
per trascinarla in veranda, «raccontami cosa accadde quando lei andò a
riprenderlo all’aeroporto».
«Bene», iniziò,
schiarendosi la gola con fare saccente, «alle venti meno dieci minuti la
ragazza correva a perdifiato nell’aeroporto e credeva che ormai fosse
troppo tardi. Invece lui era lì, seduto, tutto triste e abbattuto...»
NdA: Zanzanzan. Fine.
L'ho detto nello scorso capitolo, ma questa
volta è la fine per davvero.
Gente, questo è un periodo intenso e turbolento,
quindi il mio tempo è assolutamente limitato.
Pertanto, non mi dilungo oltre e ringrazio di
cuore tutti coloro che hanno recensito (risponderò quanto prima), che
hanno seguito questa storia e che l'hanno inserita tra preferiti e
ricordate.
Questa storia è stata una bellissima esperienza
e chissà che non ci si riveda presto con il sequel!
A risentirci presto!
Passo e chiudo.