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ISPOSTA
ALLE RECENSIONI
Ciao Clarita! Sono d'accordo con te in
ciascun passaggio della tua recensione, ma, sebbene mi sia chiesto il “perchè”
degli eventi che ci
accadono, molte volte non riesco a trovare una risposta. Forse solo il
tempo aiuta ad arrivarci, chissà...
Il destino spesso ci gioca strani scherzi, e concordo che è
bello ogni tanto lasciarsi andare, magari perchè siamo
attirati dall' ”effetto
sorpresa”,
e dal lasciare che le cose scorrano coprendoci di
spontaneità.
Per fare un'esame di coscienza, invece, io non aspetto l'ultimo giorno
dell'anno, ma più o meno lo faccio ogni ventiquattrore!
Ormai resta ben poco del mio cervello che sempre macina e macina! Sono
fatto così, purtroppo, ma è sempre meglio
pensarci che non pensarci affatto. La maggior parte della gente non lo
fa, non si fa alcun genere di domanda, e sta bene al mondo, ma non so
dove arrivi quanto a intelletto! Perchè chi se le pone
almeno cerca di risolverle, no?
Riguardo a New York: non si è materializzata davanti ai miei
occhi... o almeno ancora per un po' non lo farà.... :)
Buona lettura a te, Clarita, e a tutti i nuovi lettori!
52. N OTTE INFINITA
Parte
Prima
L'imponente ingresso dell'Astor Palace era un pullulare di
celebrità, da Kevin Costner a Mariah Carey, da Ralph Lauren
a James Cameron, tutte rigorosamente scortate da guardie del corpo che
somigliavano più a orsi polari che a esseri umani, tanto
erano massicci. I paparazzi si accalcavano con insistenza nei pressi
del lungo tappeto rosso che conduceva all'interno del palazzo in
un'interminabile e accecante susseguirsi di flash, con la speranza di
carpire la foto più bella o la più scandalosa.
Lynda
aveva davvero superato se stessa quella sera dimostrando tutta la sua
fama che la legava al mondo del jet-set.
Quando
il taxi di Faith giunse davanti all'ingresso, un'inserviente
aprì la portiera, e la ragazza si rese conto che c'erano
anche molte persone che non aveva mai visto, gente meno nota,
sicuramente strette conoscenze private di Lynda, che passavano
indisturbate agli scatti dei fotografi. Così si
intrufolò tra di loro per evitare i flash, e una volta
varcata la soglia dell'hotel lasciò il suo cappotto ad un
addetto del guardaroba, poi scrutò l'ambiente alla ricerca
di Max.
Nell'aria si diffondevano le note di un celebre inno natalizio e
tutt'intorno c'era una grande frenesia per quell'importante serata che
avrebbe devoluto tutto il ricavato in beneficenza.
Un
grande lampadario di cristallo pendeva dal centro del soffitto in
centinaia di gocce di vetro che riflettevano bagliori colorati sulle
pareti illuminando l'intero atrio, gremito di persone
così eleganti e raffinate da sembrare uscite da un
dipinto austriaco dell'Ottocento.
Al
centro della stanza troneggiava una fontana spettacolare: una statua di
Venere con un seno scoperto, che reggeva una cornucopia piena di frutta
e di fiori, era sovrastata da un pergolato di marmo bianco e chiusa in
una sorta di gabbia formata da sottili fili d'acqua che scivolavano a
pioggia dentro la vasca.
La
ragazza notò Max proprio a fianco della fontana dialogare
con due uomini ben abbigliati che avevano tutta l'aria di essere
avvocati, e il suo cuore prese a palpitare veloce, quasi volesse farle
esplodere il petto. Non c'era stata una sola occasione in cui avesse
visto Max fuori luogo: quella sera indossava un completo grigio
antracite con abbinata una cravatta blu. Portava la giacca su un
braccio, e Faith apprezzò il gilet che gli fasciava
particolarmente bene il torace.
Lui si
accorse della sua presenza dopo poco tempo: le chiacchiere dei due
interlocutori che aveva vicino divennero incomprensibili alle sue
orecchie dal momento in cui iniziò a concentrare
l'attenzione su Faith, che avanzava con fare elegante nella sua
direzione.
Un
lungo abito color carta da zucchero le lasciava scoperta una spalla e
scendeva fino a sfiorare il pavimento. In una mano teneva una pochette
della stessa tonalità, mentre un velo di trucco le donava
radiosità e ulteriore bellezza. Due piccoli diamanti che
brillavano in continuazione sostituivano i suoi occhi, lasciando Max
istantaneamente ipnotizzato.
Faith
gli si avvicinò come una visione e lo baciò sulla
guancia, per poi abbracciarlo in modo composto.
- Sei stupenda.- Le disse piano
all'orecchio.
La
ragazza chiuse gli occhi, immersa in quel profumo che ogni volta
risvegliava in lei desideri sopiti, e ripensò ad un anno
prima, quando entrava al Plaza tenendolo per mano. Le aveva sussurrato
le stesse identiche parole, e per un attimo si dimenticò di
tutto il resto, di Jason, dell'anello, della proposta di matrimonio.
- Sono contento che tu sia qui,
Faith.- Mormorò lui.
- Anch'io.- Replicò la
ragazza tenendo gli occhi chiusi.
C'era
qualcosa che non le tornava in tutta quella situazione: repentinamente
e inaspettatamente si sentiva come... a casa. Eppure si
trovava a chilometri da Santa Monica, ma non riusciva a comprendere
fino in fondo quella sensazione di benessere che sembrava farla
camminare a due metri da terra e la riscaldava dentro.
Dal
canto suo, Max non aveva più parole per l'emozione.
Ritrovarla in un contesto diverso gli riempiva il cuore di nostalgia, e
tutto ciò che avevano passato pareva appartenere ad un tempo
lontano anni luce.
- Tutto bene?- Le chiese soltanto.
Faith
si decise a guardarlo negli occhi.
- Si.- Rispose sollevando un angolo
della bocca.
- Ok. Direi di entrare, allora. Lynda
ci starà aspettando.-
Stava
per prenderla per mano, come un'abitudine consolidata, ma entrambi si
scoprirono impacciati, così lei lo prese sotto braccio,
sorridendogli timidamente.
Il
grande salone andava ben oltre ogni loro aspettativa: elaborate
ghirlande intrecciate di pungitopo e rametti di pino si arrampicavano
su altissime colonne fissate in cima da nastri e fiocchi di raso rosso;
ai lati della sala due modesti caminetti riscaldavano la stanza e
ricoprivano ogni cosa di un velo arancio e oro, mentre le alte finestre
regalavano una vista suggestiva sul giardino e sulla notte stellata; le
fiamme delle candele sui tavoli baluginavano assieme alle file di luci
bianche che decoravano piante e pareti. Ma ciò che attirava
maggiormente l'attenzione era il grande albero posizionato nel centro
della pista da ballo, magistralmente addobbato con palline di vetro
rosso e cordoncini di perle dorate. Nel fondo della sala un
sassofonista aveva iniziato ad eseguire uno struggente brano tratto da
un film, e le persone, di tanto in tanto, applaudivano calorosamente.
- Signori, posso offrirvi un bicchiere
di Pinot Bianco?- Domandò cortesemente un cameriere che
reggeva un vassoio di flûte.
- Volentieri, grazie.- Rispose Max con
un sorriso. Prese due bicchieri e uno lo porse a Faith.
- Non è presto per
ubriacarsi?- Gli fece lei assaggiando il vino.
- Un pò di alcool ti
aiuterà ad affrontare meglio la serata.- Commentò
lui lanciandole uno sguardo divertito.
Faith
cominciò a preoccuparsi. Aveva messo in secondo piano il
motivo per cui si trovava lì: incontrare Lynda Shields.
Istintivamente si sistemò una ciocca di capelli, e, senza
dare troppo nell'occhio, con una mano verificò di avere
ancora la testa in ordine. Aveva optato per un'acconciatura liscia a
spaghetto, con la frangia che arrivava appena sopra gli occhi.
Sentì una fitta allo stomaco, così bevve un altro
sorso di Pinot, che le rinfrescò la gola.
- Stai tranquilla, andrà
tutto bene.- La rassicurò Max notando quanto si stava
agitando.
- Non sono preoccupata.- Lo
contraddì lei con le labbra tirate in un sorriso forzato.
Max la
esaminò con la coda dell'occhio.
- Ti conosco bene ormai, Faith.-
Lei lo
guardò, e stava per ribattere quando Lynda si
materializzò davanti a loro. Pareva ringiovanita dall'ultima
volta che Faith l'aveva vista.
- Max! Faith! Che piacere rivedervi!
Stavo aspettando proprio voi!-
Esclamò piena di entusiasmo
avvicinandosi per baciarli, mentre in una mano stringeva un calice di
vino.
La donna era, come
al solito, un'icona di stile e di eleganza, sia nel vestire che nel
modo di atteggiarsi e di interagire con le persone. Un classico tubino
blu le sembrava cucito addosso e sulle spalle correva una stola di
pelliccia, bianca come i lunghi guanti che le coprivano gli avambracci.
- Sei incantevole, Max, come sempre. E
tu, Faith, - Salmodiò rivolgendosi alla ragazza - sei uno
splendore. Max è davvero fortunato ad averti come fidanzata.-
Faith
sorrise imbarazzata.
- Già...-
- Volete seguirmi al tavolo, ragazzi?
Se non vi dispiace vorrei presentarvi ad alcuni amici.- Propose loro.
Max e
Faith annuirono e si fecero largo tra la folla senza perdere di vista
Lynda.
- Ironico che Lynda non ci abbia mai
visto da fidanzati. Nemmeno l'anno scorso stavamo insieme quando siamo
andati al ballo.-
- Perchè ironico? Io lo
trovo triste.- Disse lui contrariato.
- Beh, forse hai ragione. In effetti
non c'è nulla di ironico.- Mormorò tra se,
realizzando costernata che la situazione sembrava più
tragica che comica.
“Concentriamoci su Lynda, stasera.”
Si impose mentalmente, scostandosi la frangia con un delicato colpo di
testa.
Il
marito di Lynda stava conversando con una signora quando i tre
arrivarono al tavolo.
- Tesoro, stai forse tubando con la
mia più cara amica?- Celiò la stilista mettendosi
tra loro e iniziando le presentazioni.
- Faith, Max, lei è Leah,
la mia migliore amica. Leah, loro sono Max e la ragazza prodigio di cui
ti parlavo, Faith.-
Faith
strinse la sua mano, celando un certo stupore nel sentirsi chiamare
“ragazza
prodigio” per chissà quale motivo.
Scrutò Max che, al contrario, era perfettamente a suo agio,
mentre lei sembrava essere l'unica all'oscuro di quella che doveva
essere una recita di bassa lega.
Lynda
presentò loro gli altri commensali, poi si
accomodò ordinando ancora del vino ad un cameriere.
Ancora
stupita, Faith prese posto tra Max e la stilista, che quella sera era
molto prolissa. Discuteva amabilmente con chiunque e di qualunque cosa,
con una battuta pronta per ogni occasione.
La
donna addentò un grissino con il fare di una dama di prima
classe, tenendo alzato il mignolo della mano, poi si rivolse a Faith.
- Ho apprezzato moltissimo le bozze
dei tuoi abiti, Faith. Hai davvero talento, lo sai?-
Lei
guardò Lynda, poi si voltò verso Max cercando di
capire cosa stesse succedendo, poi di nuovo Lynda.
- So che non sai nulla, Faith. Ma
qualcuno a te molto vicino ha voluto farti un regalo speciale.-
Spiegò la donna.
- Infatti, non so proprio di cosa
stiamo parlando...- Ammise candidamente la ragazza schiarendosi la voce.
Nel
frattempo Max continuava a tacere, mentre Lynda cominciava a raccontare
la sua storia.
- Il tuo ragazzo è stato
così gentile da far contenta la zia... Becky, giusto?
È lei l'artefice di tutto.- Ammise in un sorriso di affetto.
Faith si
sentì coprire di ridicolo e si impegnò a
formulare dei collegamenti, ma capì di non avere solide basi
per poterlo fare. “Sono
stata attirata fin qui con l'inganno?”
- Vogliate perdonarmi, Lynda.- Disse
posando educatamente il tovagliolo a fianco del piatto - Max, posso
parlarti un attimo in privato?-
Max
alzò lo sguardo su di lei, quindi si alzò in
piedi scusandosi con i commensali.
I due
ragazzi si allontanarono sotto lo sguardo confuso di Lynda che, per non
far pesare il silenzio calato, iniziò a discorrere dei
numerosi viaggi all'estero che avrebbe dovuto intraprendere di
lì a poco.
Irritata, Faith trascinò Max nell'atrio e, arrivati vicino
alla fontana, lo studiò con uno sguardo accigliato e le
braccia incrociate sul petto.
- Che cos'è questa farsa,
Max? Ti spiacerebbe spiegarmi gentilmente che diavolo sta succedendo
là dentro?-
Il
ragazzo mise le mani avanti pronto a darle una risposta, ma lei lo
interruppe prima che potesse farlo.
- Per quale malsano motivo ti diverti
a raccontare in giro della morte di mia zia? Che cosa vuoi dimostrare?-
- Faith, non è come credi,
per favore lascia che...- Tentò di intervenire Max.
- Con quale diritto ti sei permesso di
rovistare tra le mie cose, in casa mia, mentre io mi preparavo al
funerale?- Domandò lei alzando il tono della voce senza
rendersene conto.
- Faith, fammi spiegare...- La
pregò prendendole le mani e sentendo che la situazione stava
degenerando.
La
ragazza si divincolò dalla sua stretta iniziando a sentirsi
pervadere da un fastidioso senso di disgusto.
- Hai rubato le mie bozze, i miei
disegni, le mie idee, per portarli a
lei senza il mio consenso?- Sbraitò indicando
Lynda seduta lontano, al suo tavolo - Mi sento indignata, avvilita e
imbrogliata!-
- Faith, ora basta!- Tuonò
Max.
La
gente intorno si ammutolì di colpo voltandosi verso di loro,
e il viso di Faith divampò per l'imbarazzo.
- Non hai capito?- Fece Max riuscendo
finalmente a prendere la parola - Zia Becky ha parlato con Holly, e le
ha affidato i tuoi disegni pregandola di darmeli, affinché
io potessi farli avere a Lynda. Ha sempre saputo quanto desiderassi
lavorare con lei, ed ha voluto farti un regalo prima di andarsene.-
Max era
agitato, e Faith, colta di sorpresa dalla motivazione, tacque voltando
la testa da un lato con le labbra serrate.
- Quando ti deciderai a capire che sei
circondata da persone che ti amano, ti apprezzano e vorrebbero vederti
realizzata, e che nessuno è qui per prenderti in giro? Non
fai che lamentarti e piangerti addosso, quando invece possiedi tutto
ciò che si può desiderare, e lo butti in un
cesso! Quando lo capirai? Cristo!-
Lei non
rispose. Continuava a non guardarlo in faccia, ma nella sua testa stava
elaborando quello che gli aveva appena detto, e si diede mentalmente
della stupida.
Il
ragazzo, rosso in viso e al contempo dispiaciuto di aver perso la
pazienza in quel modo, rimase a fissarla, in attesa di una replica che
non arrivò. Fece quindi per tornarsene al tavolo, ma si
voltò.
- Tua zia ha voluto donarti
un'occasione perchè credeva in te. Se non vuoi tornare a
sederti per me, almeno fallo per lei. Glielo devi.- Concluse risoluto.
Poi
scomparve tra la folla, che nel frattempo aveva ripreso a parlare come
se niente di ciò che aveva appena visto fosse mai accaduto.
Faith, afflitta e stordita, si sedette sul bordo della vasca
e sfiorò l'acqua con un mano ammirando la statua di Venere.
Ancora una volta non aveva capito quanto fosse stata sciocca. Aveva
ingigantito ogni cosa senza un valido motivo, quando le sarebbe bastato
ascoltare prima di aprire bocca e sputare sentenze, rovinando
così un'altra importante occasione.
All'inizio le era sembrato tutto un inganno. Perchè Max non
le aveva detto subito delle bozze? Lei non si era nemmeno accorta della
mancanza del quaderno dal cassetto della sua scrivania. Non lo aveva
più ripreso in mano da prima che zia Becky morisse, e lo
aveva lasciato là, dimenticandosi dei suoi desideri e dei
suoi sogni. Realizzò che probabilmente non ci aveva
più pensato perchè dentro di se aveva
già deciso di non accettare la proposta di Lynda, qualunque
fosse stata.
Completamente presa dal turbinio dei suoi pensieri non si era accorta
che Lynda le si era avvicinata posandole una mano sulla spalla.
Alzò il viso e lo riabbassò provando vergogna.
- Io e Max non stiamo insieme.-
Dichiarò soltanto - Non siamo più fidanzati.-
Lynda
si sedette al suo fianco, con il sorriso di chi ormai aveva imparato
tutto dalla vita, e si lisciò il vestito.
- Non è di te e Max che
voglio parlare. Voglio parlare soltanto di te.-
- Di me?- Fece rassegnata la ragazza,
scuotendo la testa - Non c'è molto da dire su di me, mi
creda!-
- E invece si. I tuoi disegni dicono
moltissimo di te.-
Faith
esibì un sorriso triste.
- Quelle sono solo delle idee vaghe,
non contano nulla.-
- A me piacciono! Esclamò
Lynda - Faith Harrington! Non vorrai contraddire una delle stiliste
più affermate e conosciute degli ultimi vent'anni?-
La
ragazza la guardò rammaricata.
- No, assolutamente no! Ma...-
- Senti, Faith.- La interruppe Lynda -
Tua zia ha visto in te del potenziale, e l'ho visto anch'io. Nonostante
io non l'abbia mai conosciuta, dev'essere stata una donna davvero
eccezionale.-
Faith
sentì gli occhi inumidirsi, e il ricordo della zia le punse
il cuore.
- Sì, era eccezionale.-
Convenne sorridendo.
- Certo che lo era!-
Replicò Lynda afferrandole una mano - Guardati allo
specchio, Faith. Sei diventata ciò che sei perchè
lei ha voluto crescerti così. Non disprezzare il suo lavoro,
anzi, rendilo sempre all'altezza delle sue aspettative.-
La
ragazza si chiese come Lynda potesse aver capito così tante
cose di lei in così poco tempo passato insieme. Era chiaro
che Max le aveva parlato in più di un'occasione, esaltando
le sue qualità e i suoi pregi.
Perchè lui era in grado di
vedere sempre il buono in ogni persona, di estrapolarlo e di imparare a
conoscersi grazie al confronto con gli altri.
- Mi dispiace, signora Shields, di
aver rovinato tutto. Lei è molto gentile.-
Mormorò asciugandosi una lacrima con la mano.
- Non hai rovinato proprio niente.
Adesso ti va di tornare al tavolo? Devi ancora sentire la mia proposta!-
La
ragazza annuì con un sorriso.
- E per l'amor del cielo, Faith, non
darmi più del lei, perchè sono già
abbastanza vecchia!- Scherzò Lynda suscitandole
una risata.
J.S. Bach “Jesus
Bleibet Meine Freude”
http://www.youtube.com/watch?v=8feElWz5YJk
Mentre
attraversavano il salone, la ragazza scorse Max nella penombra tra un
caminetto e una delle altissime finestre che davano sul giardino, e
avvertì Lynda che l'avrebbe raggiunta al tavolo di
lì a poco. La donna comprese al volo la situazione, e le
ammiccò sorridendo.
Nel
frattempo i suoni dei violini e del pianoforte iniziarono a riempire
l'aria con le note di “Jesus
Bleibet Meine Freude”, una suggestiva
composizione di Bach, e l'atmosfera nella sala si fece più
rilassata e romantica.
- Ehi.- Lo richiamò Faith
accarezzandogli un braccio.
Max
sollevò un angolo della bocca.
- Mi aspettavo che venissi.-
- Posso andarmene, se vuoi.-
- No, rimani. Mi fa piacere.- La
invitò a restare.
Faith si perse
nuovamente nei suoi profondi occhi verdi e s'intenerì.
Udì lo scoppiettare del fuoco nel caminetto, e
avvertì il calore profumare delicatamente di pino e di
limone.
- Mi dispiace di non aver capito e di
averti accusato inutilmente poco fa.- Si
scusò la ragazza tormentandosi le dita delle mani.
Max inspirò a fondo,
scuotendo la testa.
- Ed io non avevo il diritto di alzare
la voce con te e di essere volgare. Non è nel mio essere.
Sono costernato. -
Faith
abbassò il capo, e la sua frangia oscillò
leggermente.
- Allora,- Allungò una mano
- pace fatta?-
Max
annuì, e gliela strinse, avvertendone il dolce tepore.
- Pace fatta.-
Lei
sorrise, e insieme guardarono il giardino coperto di neve riflettere la
luce lattiginosa e leggermente azzurrina della luna.
- È tutto stupendo stasera,
non trovi? C'è un non so che di magico in questi luoghi.
Dev'essere il Natale, la musica, o le candele.-
Commentò Faith
stringendosi nelle spalle.
- Mi piace il Natale.- Disse Max - Lo
preferisco al 31 dicembre, perchè mi fa pensare ai natali
passati, mentre l'ultimo giorno dell'anno mi dà
l'impressione che ogni capitolo della vita venga definitivamente
chiuso, bello o brutto che sia. E il 1 gennaio occorre ricominciare
tutto da capo. Ancora qualche ora e purtroppo anche il 1998
sarà finito.-
- Per fortuna!- Esclamò lei.
Max le
rivolse uno sguardo di disappunto.
- È stato tutto
così terribile?- Chiese, e la ragazza colse una nota di
dispiacere nella sua domanda.
- No, non tutto. Ci sono alcune cose,
però, che vorrei tanto dimenticare. E non credo che
basterà gettare via un calendario per poterlo fare. Anzi,
credo che non mi basterà una vita.-
Max
scosse il capo.
- Io penso che non tutto il male sia
venuto per nuocere. Dai dolori che abbiamo passato non dobbiamo far
altro che rialzarci più forti e sicuri di prima.-
- A volte è facile, altre
meno.- Considerò Faith ripensando agli eventi dell'anno che
stava per concludersi.
- Nessuno dice che sia facile o meno e
che occorra per forza cancellare ciò che è
stato.- Osservò Max.
Lei era dubbiosa,
ma rimase ad ascoltare il suo pensiero, senza intervenire.
- Guarda dove sei ora, per esempio.-
Proseguì lui - Lynda ti sta aprendo le porte del mondo che
hai sempre sognato. Sono sicuro che ogni evento sia servito a portarti
qui, adesso. È il tuo momento, Faith.- La
incoraggiò Max addolcendo il
tono della voce - Credo sia questo l'importante. Vai avanti,
non fermarti, cogli tutte le occasioni che ti vengono offerte e scopri
te stessa. Potresti comprendere cose che altrimenti non capiresti mai
se ti lasciassi scappare le opportunità.-
Faith
socchiuse gli occhi e piegò la testa di lato regalandogli un
sorriso affettuoso.
- È molto bello quello che
stai dicendo, Max. Come fai a pensare sempre alla cosa giusta al
momento giusto?-
Lui fece una
piccola risata.
- Non lo so. Ma qualche volta ne sparo
di grosse pure io!-
Faith
scoppiò a ridere, e gli fece una carezza. Al suo tocco Max
provò un brivido lungo la schiena, che lo avvolse come una
breve scossa.
- Scusa.- Mormorò lei
ritraendo la mano - Non avrei dovuto.-
Lui
uscì dal torpore momentaneo e guardò in basso.
- È facile fare le cose e
poi scusarsi di averle fatte.-
- Forse dovrei aggiungerlo nella lista
dei buoni propositi per il 1999: pensare
prima di agire!- Esclamò lei divertita.
- Ne hai già stilata una?-
Chiese lui incuriosendosi.
- Può darsi.- Rispose lei
mantenendosi sul vago.
- Beh, avresti fatto bene a farla. Ci
sarebbero molte di cose da scrivere, e ormai mancano pochi giorni. Se
vuoi ti do una mano io.- La prese in giro lui.
Faith
sorrise e tornò ad ammirare il giardino bianco avvolto in
quella notte magica. Rimase in silenzio con gli occhi lucidi, godendosi
gli attimi di pace. Una sensazione che provava soltanto vicino a Max, e
a nessun altro.
E
proprio lì, al suo fianco, si rese conto con stupore che i
mostri della sua anima non urlavano più.
La
proposta di Lynda riguardava l'apertura a Los Angeles di un atelier per
abiti da cerimonia, e Faith ne avrebbe gestito l'organizzazione con la
messa a punto di ogni singolo vestito, dalla selezione dei tessuti
ritenuti più ricercati e pregiati, fino alla finitura di
ogni singola collezione e alla sua distribuzione internazionale. Si
trattava di un affare che già prevedeva elevati profitti
grazie alla pubblicità a livello mondiale del marchio
personale della stilista. Il Los
Angeles Atelier Shields avrebbe aperto i battenti
all'inizio dell'estate 1999, non appena sarebbe stata formata la
squadra di ben venticinque persone, tra fashion designers,
sarti e organizzatori degli eventi.
- Non so davvero cosa dire, Lynda.
Sono onorata che tu abbia deciso di prendermi in così seria
considerazione. E ti sono grata di avermi concesso un po' di tempo per
riflettere sulla tua proposta.-
La
ringraziò Faith al termine della cena, quando nel salone non
restavano che poche persone oltre all'orchestra, che si stava
accingendo a terminare l'ultima melodia della serata.
- Fammi sapere, d'accordo? Spero tanto
di averti nella mia squadra, Faith. Ci tengo.- Le assicurò
guardandola negli occhi.
Max
provò un grande moto d'orgoglio per lei, e glielo trasmise
con una lieve carezza sulla schiena e un bacio inaspettato sulla
guancia.
Entrambi si alzarono per salutare Lynda, il marito e gli altri
commensali, poi Faith si diresse verso la pista da ballo, e Max la vide
discorrere con un violinista, mentre tutt'intorno i camerieri stavano
cominciando a sgomberare i tavoli, in un continuo tintinnare dei
bicchieri di cristallo.
Quando
la ragazza tornò, afferrò il ragazzo per una mano.
- Le va di ballare, mister Warren?-
Gli chiese educatamente.
Max rimase
sbigottito. Abbassò lo sguardo sulla sua mano stretta in
quella di Faith e sentì una forza inspiegabile scorrergli
nelle vene. Tutto quello che desiderava stava per prendere vita dopo il
lungo inverno che aveva ghiacciato i campi del suo cuore, e si
riscoprì finalmente vivo. In quel momento avrebbe tanto
voluto specchiarsi per memorizzare la sua immagine e i suoi occhi
trasmettere la felicità che tanto gli era mancata e che
tanto ricercava.
- C'è anche questo nella
tua lista dei buoni propositi?- Le chiese in tono scherzoso celando la
sua contentezza.
Lei
fece segno di no con la testa.
- Siamo ancora nell'anno vecchio.
Questo è ciò che avrei dovuto fare e che non ho
mai fatto.- Spiegò in un fugace sorriso - In fondo non
è mai troppo tardi per rimediare, giusto?-
Il
ragazzo esibì un sorriso dolce, e si lasciò
trascinare sulla pista, mentre l'orchestra eseguiva il brano richiesto
da Faith, “Always
on my mind”.
Lei
posò la testa sulla sua spalla e si lasciò
trasportare lontano sulla scia delle note del pianoforte, immaginando a
come sarebbe stata la sua vita se avesse scelto di stare con Max.
Sapeva che, non appena lo avrebbe salutato, le domande del suo
inconscio sarebbero riaffiorate esigendo una risposta. Ogni cosa pretendeva una risposta.
Probabilmente avrebbe trascorso la notte insonne, a tentare di
spiegarsi i motivi di quella sensazione di benessere. Max era l'unica
persona che la conosceva veramente e che sapeva leggere tra le righe
della sua anima, e il mostrarsi a lui per quella che era la rendeva
vera, senza bisogno di dover per forza dire o fare.
Perciò decise di non pensarci fino al momento in cui sarebbe
stata obbligata a farlo, convincendosi che probabilmente occorreva
lasciare spazio all'improvvisazione e che soltanto quell'attimo le
avrebbe suggerito la cosa giusta da fare.
- Grazie per tutto quello che hai
fatto per me, Max.- Mormorò stringendolo forte a se.
- L'ho fatto con piacere.-
Replicò lui dopo pochi istanti, osservando le luci
dell'albero di Natale brillare nella semioscurità del salone.
Nell'aria aleggiava ancora
il profumo dei biscotti e della cioccolata bianca serviti insieme al
dolce, e il fuoco nei caminetti scoppiettava allegramente.
Lei
alzò il viso e ammirò Max da vicino, trovando
strano osservarlo di persona, dopo tutto il tempo passato a ricordarlo
nella sua memoria. Realizzò che non lo vedeva allo stesso
modo di un anno prima. Ora lo trovava diverso, autentico, ancora di una
bellezza disarmante, ma non di quelle finte e costruite che si vedevano
sulle riviste patinate. Quella bellezza che trasmettono soltanto le
persone che si sono fatte conoscere a fondo, quella che parte da dentro
e che si mostra agli altri attraverso l'intelligenza, la
profondità dei pensieri e la sensibilità.
La
melodia finì, segnando il termine della serata e facendo
svanire ogni riflessione.
Max
accompagnò Faith a recuperare il suo cappotto nel
guardaroba, ed insieme uscirono dall'Astor, respirando l'odore di neve
che avvolgeva la città.
Il
marciapiede era un viavai interminabile di persone anche all'una di
notte, ma si poteva comunque rintracciare un taxi con
facilità.
- Domattina se ti va possiamo fare
colazione insieme, prima di partire.-
Propose Max stringendosi nella giacca,
prima di salutare Faith.
- D'accordo. Ti chiamo.- Gli
assicurò annuendo con la testa, e un sorriso istantaneo si
disegnò sul suo volto.
- A domani, allora. Buonanotte.-
Faith
lo saluto allungandosi per dargli un bacio sulla guancia, ma subito
avvertì un'inaspettata stretta al cuore: era il dispiacere
di veder finire la serata con la consapevolezza che le cose
più importanti che ancora la legavano a lui non erano state
chiarite, come se vagassero nell'aria sopra di loro in attesa di una
svolta. Si bloccò arricciando le labbra, e senza ulteriori
indugi fece ciò che nemmeno lei si aspettava.
- Ehi, Max.- Chiamò ad alta
voce.
Il
ragazzo si voltò e lei gli sorrise.
- Credi che sia ancora aperto quel
locale dove siamo stati un anno fa?-
Max
assunse un'espressione seria.
- In che razza di posto mi vuole
portare, signorina Harrington?- Scherzò.
Lei
ridacchiò di gusto, prendendo quella battuta come un si, e lo
afferrò sottobraccio.
- Da che parte andiamo, mister Warren?-
Max si
incamminò con lei verso il Devil's Kitchen con il cuore
sollevato. Era chiaro che durante la serata era riuscito a trasmetterle
qualcosa. C'era infinito affetto nel modo in cui lo aveva guardato
quando gli aveva chiesto di ballare con lei. Ma non poteva
essere certo si trattasse di qualcosa di più del semplice
bene che si provava per un amico. Tuttavia era contento di come le cose
tra loro si stavano sistemando: dopo tutti quei mesi di silenzio e di
argomenti non affrontati per timore di rovinare una già
delicata situazione, finalmente il rapporto sembrava aver preso una
piega migliore. Ora avvertiva con lei un legame più intimo,e
la ritrovata mescolanza di colori che era stata soppiantata da un
grigiore anonimo e solitario stava lentamente rifiorendo.
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