Una
nota per iniziare, diversamente dal solito.
Innanzitutto,
mi scuso per il ritardo. In questi tempi ho lavorato a troppe altre storie – e
per il Nero si avvicinava la fine. Avevo, forse, paura di scrivere questo
capitolo, cui credo seguirà soltanto ancora un epilogo.
Ho
letto molte fictions, soprattutto inglesi, che perdevano mordente verso il
finale. Spero che questo non sia accaduto – non accada – alla mia. Nel caso, mi
scuso di nuovo. Con tutti.
(Fata,
so che adesso starai facendo una smorfia inorridita, ma sai come sono
fatta. Sopportami. Per favore^^).
In
ogni caso, ecco il capitolo. Spero, con tutto il cuore, che possa piacervi. Un
bacio, Roh
Blue – Come morire
C'è
qualcosa di sacro, in un letto condiviso. L'ho sempre pensato, ogni volta che mi
svegliavo e sentivo il materasso incavato dal peso di un altro corpo – ogni
volta che mi voltavo per scontrarmi con un volto, una schiena, una spalla. Ogni
volta che sentivo un'altra vita addormentata a fianco della mia.
L'odore
di Nico è caldo – come pelle cotta dal sole, come l'erba in una giornata
d'estate. Tutto in lui è inebriante, perfino il profumo: ti entra dentro il
cervello con facilità spaventosa, fino ad intagliarti nell'anima solchi
profondi, sentieri astratti sbiaditi all'orizzonte.
Lentamente,
con cautela, apro gli occhi. E lascio che si riempiano di lui.
Dorme
dandomi la schiena, il bacino nudo coperto appena dal lenzuolo. La spina
dorsale scende serpeggiando, nascondendosi sotto il cotone. Allungo la mano a
sfiorarla.
Sospira.
Mi
sporgo in avanti e gli bacio la spalla. Lui volta un poco la testa
all'indietro, e io gli bacio la bocca.
Sorride.
"Che ore sono?"
L'aria
è ancora scura. Non ho chiuso le imposte ieri sera, e adesso posso guardare il
cielo. (Buio. Cielo notturno. Cielo freddo, e distaccato. Cola dentro il mio
sangue come veleno, presagio dell'alba che ancora deve venire).
"Presto.
Dormi pure."
Scivola
un po’ più indietro, sotto le lenzuola, fino ad incollare la schiena al mio
petto. Pelle contro pelle – è un brivido che puoi solo stringere.
"Tu
che fai?" bisbiglia.
La
menzogna mi sorge spontanea, mentre spingo la carezza lungo il suo torace.
"Dormo anche io."
"Bravo."
Nico sbadiglia, e dentro il suo sbadiglio rivivo. Si fa più vicino ancora,
sussurrando: "Sei caldo."
"Ti
dà fastidio?"
"Che
domanda idiota."
Guardo
le sue ciglia abbassate – fitte e scure. Adoro la maniera in cui incorniciano
l'iride. La maniera in cui fanno risaltare il verde. E le adoro adesso.
Abbassate, scure e fitte.
Lascio
scorrere due dita sul suo viso; lo sfioro con le nocche, mento labbra guancia
zigomo tempia. E labbra. Lui intanto respira tranquillo, regolare, forse già
riaddormentato.
In
questo momento, potrei quasi convincermi che tutto sia reale. Che Nico sia
veramente qua.
E
vorrei dire a Lily che si sbagliava, che averlo tra le braccia è davvero come
stare appollaiati sulla cima della montagna più alta e guardare giù. Dirgli che
osservando il mondo da quell'altezza ti viene voglia di non tornare mai.
Non
tornare più.
Il
cielo fuori dalla finestra schiarisce in fretta; una pennellata più chiara ogni
istante, fino a cambiare colore. Resto a guardarlo sbiadire.
Fare
sesso con Nico è stato diverso da tutto quel che pensavo. Più intenso, più
doloroso. Più bello. Di una bellezza commovente e pericolosa.
Toccarlo.
Sentire la sua carne sotto le dita – i suoi tratti contro la pelle. La sua
bocca, la sua saliva. Il suo odore.
Toccarlo.
E sotto il mio tocco vederlo muoversi, sotto il mio tocco vederlo arcuarsi.
Respirare. Raccoglierne i gemiti e affrettarmi per strappargliene altri.
Chiudere i denti sulla sua gola e sentirlo sobbalzare. Poi le sue dita
aggrappate ai miei capelli, parole rovesciate nelle orecchie. Paura e piacere e
paura e gioia e paura e.
Paura.
Uno spillo di dolore conficcato nell'anima. Un bacio che lava via il sangue ma
non può toglier l'infezione.
Lentamente,
mi allontano da lui. Scendo dal letto, senza far rumore; raggiungo la finestra
e chiudo le tende.
La
stanza sprofonda nel buio. E la fronte di Nico nel sonno si distende.
Accucciato
sul tappeto, il pugno stretto sul lenzuolo - con il peso delle palpebre sugli
occhi; con gli arti pesanti per il troppo languore, e caldi - per un attimo
resto a guardarlo dormire.
Pensando
che non ho mai provato tanto piacere nel guardare qualcosa. Qualcuno.
Spillo
di dolore e lana calda per avvolgere la stanchezza. Paura che resta – resta
sempre, non sa sbiadire – e un sorriso lento aperto tra la nebbia.
Nico.
Nel mio letto.
E
l'impronta del mio morso sulla sua spalla sinistra.
Tutto
quel che posso volere. Adesso. E nella vita.
Seduto
sul divano fisso gli occhi sul muro; ne studio le crepe sottili, invisibili
quasi, i colori. L'ombra dei quadri staccati, il colore sbiadito intorno alle
cornici. Le foto.
Ale
sorride in quella più vicina. Tiene un pallone stretto al petto e agita una
mano in alto, verso chissà chi. Incollato al suo fianco Nico dice qualcosa, lo
sguardo lontano dall'obiettivo e gli occhi verdi bassi.
Il
giorno che l'ho scattata avrei voluto baciarlo. Prima che tutto succedesse,
prima che lui mi entrasse sottopelle, avrei voluto baciarlo. Semplicemente per
sfizio. Perché era bello e strambo e provocante. Perché immaginarmelo seduto
addosso – immaginarlo sdraiato in un letto – me lo faceva venire talmente duro
che quasi non riuscivo a pensare.
Alzandomi
in piedi raggiungo la cucina; apro l'anta della credenza, trovo il caffè.
Comincio a riempire la caffettiera, impegnando il cervello in azioni consuete.
Il
telefono squilla che ho appena acceso il gas. Abbandonando i preparativi della
colazione a metà, mi affretto a rispondere.
La
voce di Jen risuona stupita: "Eri già sveglio?"
"Hm."
"Ma
stai bene?"
Scrollo
le spalle, tornando indietro lentamente. Fa quasi strano spezzare il silenzio
d'intorno con una conversazione. "Che volevi?"
"Oh
cretino, guarda che me l'hai detto tu di chiamare. Che sennò dormivi fino a
mezzogiorno, e… ma perché parli sottovoce?"
Cerco
il latte nel frigo. "Non voglio svegliare Nico."
"Nico?
Il tuo Nico? È lì?"
Afferrando
una scatola di biscotti, mi siedo al tavolo. "Già."
"Avete…
dormito insieme?" chiede Jen esitante.
Annuisco anche se non può vedermi. "Decisamente."
Un
sospiro. "Sei contento, almeno?"
Nico
sceglie quel momento per comparire sulla porta, assonnato. Immobile mi guarda -
labbra piegate in un mezzo broncio - poi si sfrega un occhio con il pugno
chiuso. "Buondì," dice, stiracchiandosi piano.
"Dormito
bene?" gli chiedo, coprendo il ricevitore con la mano.
Lui
esita. "Abbastanza."
Io
mi sforzo di non cambiare espressione. "Biscotto?" propongo invece,
allungandogli il pacchetto.
"Blue?
Ci sei?"
"Sì
Jen… ti chiamo dopo, ok?"
Nico
spezza il biscotto con i denti, mastica un poco e poi inghiotte. Si sporge a
prenderne un altro. Io lo guardo mangiare, con piccoli morsi misurati.
Concentrati. Come se stesse pensando febbrilmente.
Vorrei
spegnergli il cervello, riportarlo indietro a ieri sera. Quando non ragionava e
non si spaccava la testa con chissà quali trituramentti e sentiva soltanto, godeva
soltanto, accettava ogni cosa. Ogni gesto.
"Blue,
rispondimi solo. Sei contento?"
"Non
lo so."
Nico
si alza in piedi e va a spegnere il caffè. Ne versa un poco in una tazza –
senza aggiungere zucchero. L'altra l'annega di latte e poi me la passa.
"Vuoi
sapere come la vedo?" chiede Jen al telefono.
Io
guardo Nico e penso che non ho mai avuto tanta voglia di baciarlo. Mai avuto
tanta voglia di trascinarlo a letto come adesso che dal mio letto è appena
uscito, spettinato e stanco.
"Dimmi,"
rispondo, mentre lui si appoggia col sedere al piano della cucina e sorseggia
lento il suo caffè.
"Sei
fottuto, amico. Completamente."
Io
annuisco, e la saluto. Poi, delicatamente, chiudo la comunicazione.
Nico
alza gli occhi verso di me ed io abbozzo un sorriso. "Allora mi accompagni
a comprare le scarpe?"
Lui
distoglie lo sguardo. "Non lo so." Si lecca le labbra, alza una mano
a tormentarsi una treccia. "Ieri sera non l'ho detto a nessuno, che venivo
qua."
"Cazzo.
Ale avrà dato di matto."
"Già."
Nico indurisce la mascella e posa la tazzina nel lavandino. "Me lo puoi
dare uno strappo a casa? Così vede che sono ancora vivo, e magari mi lascia
uscire."
Annuisco.
"Certo. Mangi con me, dopo?"
Lui
mi regala il primo sorriso della giornata. "Se Ale non mi chiude in casa a
chiave, sì."
Ed
io penso che basta poco per farmi felice. Basta poco davvero.
"Hai
finito?"
Sollevo
un sorriso verso Nico. "No. Non riesco a decidere."
Lui
sospira, alza gli occhi al cielo e allunga una mano – distratta – per infilarmi
dietro l'orecchio una ciocca di capelli. Io trattengo il fiato, e lui si
inginocchia davanti a me. Piega la testa su un lato. "Blue. Ti prego. Mi
sta venendo mal di testa."
Approfittare
così spudoratamente delle debolezze altrui mi sembra scorretto davvero, ma
preferisco non puntualizzare. Temo che, se Nico sapesse precisamente
l'effetto che i suoi occhi hanno sul mio cervello, non mi darebbe pace.
"Ancora
un attimo, bimbo. Un attimo solo."
"L'hai
detto anche mezz'ora fa."
Nico
si rialza in piedi e afferra una scarpa. Se la rigira in mano per qualche
momento, poi me la porge. "Toh. Questa non va?"
"No."
Il
braccio gli ricade lungo il fianco. Chiude gli occhi. "Non ce la faccio
più. Ti aspetto in strada, ok?"
"Nico…"
"Davvero
Blue. Ho bisogno di uscire. Tu fa con comodo, sono solo qua fuori."
Quando
esco dal negozio – dieci minuti dopo – lo scopro seduto su una panchina, occhi
chiusi e testa rovesciata all'indietro.
Decidendo
di non combattere l'impulso, mi chino e gli bacio le labbra.
(Quante
ore sono passate dall'ultima volta che l'ho fatto?)
Nico
sobbalza e apre gli occhi di scatto.
Io
sorrido e gli carezzo la guancia. "Ehi. Sono io."
"Lo
so."
C'è
una gravità strana nella sua voce, che pesa sulle parole e le veste di un
significato nuovo. Rabbrividisco. "Come stai?"
"Blue.
Dobbiamo parlare."
Annuisco.
Poso il sacchetto con le mie scarpe chiuse nella scatola al suo fianco, sulla
panchina. E smetto di toccargli la guancia. "Lo so."
Intorno
a noi la gente cammina. La gente chiacchiera e ride e si guarda – ci guarda.
Colgo
alcuni sguardi rivolti a Nico, alla sua bocca; un altro paio fissati sulla mia
schiena.
Intorno
a noi la gente prosegue indifferente a tutto – tranne che, forse, alla nostra
faccia. Intorno a noi la gente non sa niente. Nessuno sa.
Che
Nico ha passato la notte poggiato al mio petto. Che dieci, dodici ore fa aveva
le gambe allacciate alla mia vita, seduto sul tavolo della mia cucina. Che
otto, dieci ore fa stavamo attorcigliati tra le lenzuola, il corpo stanco dal
sesso, la pelle sporca di qualcosa che ripulisce gli incubi ed invischia i
pensieri.
Nessuno
sa che mentre lo scopavo pensavo di morire. (Pochi sanno che il dolore, quando
esplode nel piacere, è ancora più assassino).
E
nessuno sa quanto mi pesa questo silenzio. Quei suoi occhi che fissano la
strada. E non guardano me.
Mi
schiarisco la gola.
"Che
dici. Andiamo a mangiare?"
Solleva
la testa. "Blue. Dobbiamo parlare."
Gli
poso una mano sulla spalla, la stringo appena; poi afferro la sua maglietta e
lo strattono in piedi. "E sta scritto da qualche parte che per farlo
dobbiamo essere digiuni?"
Lui
si stropiccia gli occhi. "Blue…"
"Se
vuoi parlare, parla. Ti ascolto."
Tirando
fuori dal pacchetto una sigaretta, lo sbircio. Lui mi regala un'occhiata
cattiva. "Sei uno stronzo."
Accendo
la sigaretta, prendo la prima boccata. "Andiamo a mangiare, Nico. Poi
parliamo."
Lui esita. Io espiro il fumo. "A meno che tu non voglia farlo in mezzo
alla strada. Sia chiaro."
Mi
dà le spalle. "Andiamo a mangiare. D'accordo."
Sorridendo
lo affianco; gli poso un buffetto sulla guancia. "Bravo il mio
bimbo."
Lui
mi spintona via, soffiando un: "Fottiti Bluette."
Ma
sorride anche lui. E l'importante – ora, ieri, domani, sempre – è
questo.
Finiamo
seduti in un locale affacciato sulla piazza, posacenere e tovagliolini messi di
mezzo a dividerci, come per caso. Nico ha gli occhi fissi sui piccioni che
becchettano qualche briciola, vicino ai marciapiedi; io guardo lui e penso che
vorrei sapere cos'è che lo rende così schifosamente attraente. Così
paurosamente intossicante.
Come
una droga dolcissima, ti entra nel sangue a piccole dosi. E la prima volta
pensi che sia uno sballo, e non vedi l'ora di riprovarla. E la seconda lo
stesso, e poi la terza, la quarta.
Prima
di rendertene conto sei dipendente. Solo l'idea di passare un giorno lontano ti
mozza il fiato.
E
lui continua a comportarsi uguale, alternando cautela e sfrontatezza e calore.
Continua ad essere imprevedibile. E tu conosci ormai a memoria ogni singola
sfumatura di quei suoi occhi sfuggenti.
"È
stata una cazzata," sbotta d'improvviso.
Io
faccio finta di niente, allungando una mano verso il cestino di grissini.
"Se lo dici tu."
Stacca
lo sguardo dai piccioni per fissarlo su di me, finalmente. "Tu non
credi?"
Scrollo
le spalle. "Dipende. Vuoi che ti dica cosa penso di stanotte?"
Non
risponde. Proseguo, abbassando la voce. "Vuoi sapere se mi è
piaciuto?"
Ha
uno scatto d'insofferenza, subito trattenuto. Annuisce, gli occhi di nuovo
persi alle mie spalle.
"Certo
che mi è piaciuto, Nico. Credevo fosse evidente. È quel che viene dopo, a
spaventarmi."
Si
morde il labbro – fulminea arriva l'immagine di quella stessa bocca spalancata
su un grido, il ricordo delle mie mani aggrappate alla sua schiena arcuata, e
poi il recidersi netto di ogni suono mentre il mondo ci esplodeva intorno in
frammenti troppo piccoli da radunare.
Affondo
le unghie nel palmo, soffocando una risata. "Cristo Nico. Sei
incredibile."
"Hm?"
"E
il punto è che neanche te ne accorgi." Scuoto la testa, poi mi sporgo in
avanti. Gli prendo la mano. "Ascolta. Ieri sera hai detto che toccava a me
decidere. Che avresti fatto quel che ti dicevo io. Parlavi sul serio, o avevi
soltanto voglia di farti scopare?"
Nico
arrossisce, abbassa gli occhi. Io stringo un po’ più forte la presa sulle sue
dita. "Io ti dico le cose come stanno, se tu giuri di fare altrettanto.
Vuoi la verità, o facciamo finta che non sia successo un cazzo e amici come
prima?"
Si
schiarisce la gola. "Ti ascolto."
Gli
lascio andare la mano e torno ad appoggiare la schiena alla sedia. "Mi fai
andare fuori di testa. Semplicemente, questo. Dalla prima volta che mi hai
baciato, forse anche prima, non so. Basta che dici una parola, e sono pronto
alla stronzata più colossale." Abbasso gli occhi anche io, improvvisamente
imbarazzato, proseguendo. "Stare con te stanotte, è stato come morire. Non
mi sono mai sentito così male in vita mia. Mai, stando così bene."
Lui
tace. Sguardo piantato sui riquadri azzurri della tovaglia.
Mi
alzo in piedi di scatto, spingendo indietro la sedia. Infilo in tasca la mano,
tastando il profilo del pacchetto di sigarette; comincio ad estrarlo. "Non
direi di no ad una scopata, Nico. Non lo farei con altri, figurarsi con te. Ma
quando hai soltanto voglia di cazzo, faresti meglio ad andare da un'altra
parte. Se di me ti frega almeno un poco."
Esco
dal locale senza esitare, imbocco la prima via a casaccio. Mi muovo veloce, il
cervello spento, senza contare i passi – e la fontana mi scoppia davanti
inaspettata.
Gli
occhi incantati dagli spruzzi d'acqua, resto fermo immobile a guardarla, piedi
piantati a terra e mani affondate in tasca.
La
presenza di Nico al mio fianco pare quasi naturale – come se dopo l'orgasmo
dovesse condividere con me ogni altra morte, ogni altra rinascita.
La
bellezza mi uccide sempre, tutte le volte che mi guarda.
Per
questo il tramonto mi spaventa e non so fissare la notte negli occhi.
Per
questo a Nico basta un respiro, per avermi già sotterrato.
Il
silenzio tra noi si protende per minuti – dilatati in ore e giorni forse, mesi
– mentre tutto resta immobile, teso ad ogni dove.
Poi
lui si schiarisce la gola. "Se mi prendi per il culo ti ammazzo, lo
sai."
Sorrido,
senza distogliere lo sguardo dalla fontana. "Ma Nikita. Sarebbe davvero un
delitto. Ne hai uno così bello."
Mi
spintona bruscamente, urtandomi solo con la spalla. "Parlo sul serio,
coglione."
"E
io no?"
Resta
zitto. Poi sussurra: "Allora non è stata una stronzata?"
"Non
è stata una stronzata, Nico. Non se sei convinto."
Sento
la sua mano sfiorarmi il braccio, accarezzarmi incerta attraverso la stoffa.
Lasciandola scivolare intorno alla mia vita, si avvicina e mi abbraccia, appena
impacciato.
Io
lo stringo a me e gli bacio la testa, poi resto fermo con il naso appoggiato
tra i suoi capelli.
Nico
addosso – in testa e nella bocca – e davanti gli occhi lo scintillio del sole
sopra l'acqua. L'aria piena del rumore delle gocce precipitate sulla pietra.
E
uno spicchio di cielo pronto a sorridere, di mezzo alle case.
La
felicità a volte è così breve e a portata di mano che rischi di passarle
accanto senza vederla. Rifletto.
La
felicità si ritaglia tra le lenzuola.
Nico
me lo dice sorridendo, la bocca accostata al mio orecchio. Le dita intrecciate
alle mie. Le gambe incrociate dietro la mia schiena.
La
felicità la scavi a fondo, fino a trasformarla in un guscio vuoto. Bello da
vedere, comodo da indossare. Quel che le hai tolto, te lo puoi sciogliere in
bocca insieme alla saliva. E dentro i baci diventa caldo, speziato,
intossicante – diventa sesso fatto con l'amore, scopata che perde nomi, parole,
razionalità. Che perde tutto, a parte se stessa.
Alzandogli
le braccia sopra il capo mi spingo in avanti, fino ad aprirgli le labbra e
leccarle e prenderle davvero, senza pensare. Lui geme piano; io quasi non lo
sento. Ascolto altre canzoni – i suoi brividi, i suoi movimenti, le sue paure.
"Fermati
un attimo," sussurra poco convinto.
"Perché?"
"Perché
non riesco a pensare, cazzo."
Rido.
Lo bacio. Mi ritraggo e rido ancora. "A cosa vuoi pensare adesso,
bimbo?"
"Non
lo so. A tutto, credo. A…"
Lo
bacio. Rido. Mi sporgo e lo bacio ancora. "Pensaci dopo, Nico. Dammi
retta, è meglio."
Poi
è solo una carezza. Tutto il resto viene a mancare – resta solo un tocco unico,
continuo, lungo minuti. Lungo ore, giorni, settimane. Lungo una vita.
Dalla
fronte alle caviglie, e indietro di nuovo. Ancora ancora e ancora.
Poi
è solo un bacio ininterrotto. Sbiadiscono gli affondi, le schermaglie, le parole.
Si fanno lontani i suoni, lontani i nostri gemiti, gli affanni. Solo un bacio.
Ininterrotto.
Labbra
lingua denti e labbra. Le labbra di Nico.
Ed è
felicità ritagliata e svuotata, è dolore che non sa mancare, paura e rabbia
forse, illusione, incertezza e voglia e lui.
Lui.
Disteso
sul letto, svestito, spettinato. Sporco di seme e saliva – di baci e d'amore.
Sporco della mia impazienza, della cecità di ogni impulso. Sporco del momento
perfetto che ci eleva al rango degli animali; dell'attimo perduto che quasi sai
volare, che esplodi dentro e fuori e intorno non resta niente, e vedi tutto.
Nico
sorride con quei suoi occhi assassini. Mi guarda con quelle labbra di angelo
cattivo.
Mi
tocca, con quelle dita di musicista zingaro e pittore – con quelle mani di puttana,
di santo bevitore.
E
parla, ma io non lo sto a sentire.
C'è
musica e respiri mozzati, c'è aria pesante di sudore – sale sotto la lingua,
pelle calda tra i denti. C'è lui nelle mie mani – per la prima volta, solo mio.
Ed
averlo è come morire.
Come
tenersi il veleno in bocca, rigirarselo piano piano. Incantato dal suo sapore.
Sapendo che prima o poi scenderà in gola, si spanderà nelle vene fino a
fermarti il cuore. Sapendo che sarà doloroso – sarà una fottutissima agonia –
come fuoco e ghiaccio insieme e peggio ancora.
Sapendo
tutto. E tutto ignorando.
Perché
la felicità sta sotto le dita – disegnata su un ventre di ambra levigata – e
fare un passo indietro adesso sarebbe peggio di ogni dannazione. Ti
condannerebbe al cielo.
E
quando guardi l'inferno negli occhi, solo la morte ti pare benedetta.
Come
sempre, un grazie enorme a tutti quelli che hanno letto. Commentato. Speso un
po’ di tempo con me. Grazie.
Aurora
– So che sto trascurando Ale e Fra. In questo capitolo non compaiono nemmeno…
(*Roh corre a nascondersi in qualche angolo buio*). Il fatto è che, ora come
ora, mi pare di aver detto tutto, di loro. Riprenderli in mano significherebbe
prolungare la vita di questa storia – qualcosa che non posso fare. Non ci
riesco. Sta andando avanti da troppo tempo, è un'agonia. Mi spiace, da morire,
ma… è così. Però sto pensando di riscriverla da capo, completamente: di
scrivere un'altra storia, in realtà, solo con gli stessi personaggi. Illustrare
la storia di Nico e Blue – e anche di Fra e Ale, ma con più calma – in maniera
più consona ai diciannove anni che ho ora. Non sarà un doppione perché la trama
sarà tutta diversa. Ma loro ci saranno ancora. E saranno più in linea con i
protagonisti di Beating, che qua fanno una comparsa davvero sporadica e
totalmente slegata alla storia principale. Poi, per ora è solo un'idea. Devo
vedere come andrà a finire. Ma ti assicuro che, se succederà, di Ale e Fra si
parlerà ancora. A lungo.
Fata.
Non c'è niente da dire. Lo sai tu, lo so io. Quel che ti ho scritto ieri sera…
era tutto vero. E scusa se mi sono fatta prendere dal panico (a rileggere il
tuo mp, dopo, ho pensato che forse avevo equivocato un tantino il senso delle
tue preoccupazioni) ma sul momento mi hai davvero spiazzata. Terrorizzata. Per
il resto, grazie. Di ogni tua minima parola. E di ogni preziosissima emozione.
Siz
– Sono contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto^^. Fra_idiota, ormai,
non può essere altrimenti: altra differenza atroce dall'inizio, dov'era quasi
il più posato dei quattro. (Anche se cretino lo era già allora, non
dimentichiamo la dichiarazione di Ale…). Sono contenta anche che tu abbia
apprezzato il ritorno di Dani. Mi sembrava che fosse tutto in sospeso, con
Nico, e volevo saldare i conti. E, devo ammetterlo, quel bacio ha fatto piacere
anche a me^^.
Animor
– Hai ragione, in un certo senso, a dire che quel bacio dovrebbe incasinare
tutto ancora di più. Ma in realtà è un po’ come un sigillo, per entrambi. Quel
che provavano, non è stato dimenticato. Si sono chiariti, e hanno messo quei
sentimenti in un angolo, in bella vista. Non ne hanno più paura, non devono più
fare attenzione. Possono guardarsi in faccia senza problemi, ora. Sono felice
che ti sia piaciuto! Quanto al seguito… temo che le cose saranno un po’ più
complicate di così^^.
HP Mary
– Risolutivo è la parola giusta^^. Così come hai perfettamente ragione a
dare dello scemo a Fra. Nico ti ringrazia per averlo notato…
Ale_80
– Nico e Blue sono nati per stare insieme. Peccato solo che io l'abbia scoperto
a metà fic…
Whity
– Che Dani abbia fatto una scelta di comodo è indubbio. Però credo che voglia
bene davvero a Cate, in una maniera meno passionale e dolorosa ma altrettanto
intensa. E Nico da Blue va un po’ confuso (molto, in effetti). Credo che il suo
stato d'animo fosse un miscuglio di voglia di vedere chi sapeva farlo stare
bene, comprensione definitiva che Blue è Blue e Dani non c'entra niente, e
soprattutto realizzazione del dolore sprecato per paura di parlare. Credo. Ma
cosa giri per la sua testolina resta oscuro anche a me, il più delle volte!
Yuyu
– Ti ringrazio profondamente per quel che hai scritto. Non importa se questo è
il primo commento – per me conta tantissimo lo stesso. Sono contenta che la
storia ti piaccia, che ti piaccia il mio stile, e che i personaggi risultino
vivi. Non potevi farmi complimento migliore.
Nanoda
– Il crossover con Beating è stato un po’ azzardato, a mio parere attuale. Ma
ormai è fatta, non si può tornare indietro. Più che altro, lo trovo parte dei
difetti di questa storia, insieme a tutto il senso di incompiutezza che si
respira. Sono partita dal niente, da Ale soltanto, e non avevo minimamente
calcolato di arrivare al 24 capitolo. Né di scrivere Beating nel frattempo o di
creare Blue o di trasformare Dani in bi semi-sposato. Sono contenta che ti sia
piaciuta comunque, e che tu sia riuscita a raccapezzarti, dopo lo spiazzamento
inziale! Come sempre, ti ringrazio di aver perso un po’ di tempo per dirmi cosa
ne pensavi… Kiss!
Melchan
– Non so cosa dirti. Grazie mi sembra così banale… Premetto innanzitutto che
non sono propriamente sicura di scrivere yaoi – il genere presuppone alcune
caratteristiche di fondo che io non mi sento di rispettare particolarmente – ma
sapere che qualcuno che solitamente non apprezza in maniera viscerale (come la
sottoscritta, lo ammetto^^) questo particolare tipo di storie, è arrivato ad
amare i miei personaggi lo stesso… beh, dire che mi fa sentire bene è poco!
Quel che dici di Blue, poi… Lo adoro anche io (nel caso non si fosse capito) e
metterlo insieme a Nico è stata l'unica cosa che potessi fare per rendergli
giustizia. (Un po’ sadico, calcolando tutte le frustrazioni che il marmocchio
gli ha fatto passare, ma credo che alla fine ne sia valsa la pena). Grazie
ancora, quindi. Un bacio.