Tra me e te

di MegamindArianna
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MEGAMIND – La fine

 
“Megamind?” mi chiamò Metro Man.
 
“Che vuoi?” risposi digrignando i denti.
 
“Che ne pensi di quel che stanno dicendo?” rispose beffardo.
 
“Penso che tu e la tua gente potete andarvene a quel paese tutti insieme! Mi sono reso conto che la cattiveria non ha mai fine!” risposi scalciando.
 
“Ma che brutte parole! Avete sentito?” disse scuotendomi come un sonaglio.
 
“Che ha detto? Non abbiamo sentito!” risposero in coro.
 
“Coraggio!” disse Metro man “Ripeti!”.
 
Buttai uno sguardo verso la folla e chiusi gli occhi. Di nuovo quella sensazione orribile prese il sopravvento. “Perché non lo ripeti tu!?”
 
La stretta alla mano si fece più possente del dovuto. Un dolore lancinante che sovrastava gli altri mi percorse tutto il corpo. “Ho detto che dovete andarvene tutti a quel paese!” gridai disperato. Finalmente allentò la presa.
 
Sospirai senza rendermi conto del nuovo urlo di disprezzo. La folla era inorridita, schiamazzava e imprecava.
 
“Dovevi proprio farli arrabbiare, Piccoletto?”
 
“Me lo hai chiesto tu di farli arrabbiare…” risposi tossendo. Le costole rotte mi impedivano di respirare a fondo, mandandomi in tilt il cervello.
 
“Bhe… ora io con te non ho più nulla da fare… mi sto annoiando…” e mi agitò di nuovo, credendomi morto. “Che ne dici di un altro gioco?”
 
“Quale? Una partita a football? Il “gioco dell’oca”? Il “Buttiamo Megamind giù da un dirupo”? La scelta sarà ardua…” in quel momento le battute sarcastiche uscivano da sole. Non quanto per vero odio, tanto per il fatto che la mia vita era quasi finita e non avevo più nulla da perdere… più o meno.
 
Avrei perso Minion, l’unico amico e fratello della mia vita. Avrei perso il mio accogliente covo dove rifugiarmi. Avrei perso i sorrisi sarcastici di lei; avrei perso Roxanne.
 
“Ah! Un gioco l’ho trovato!” e agitò il braccio libero in aria. “ Che ne dici se ti butto in pasto al popolo?”
 
Spalancai gli occhi. In quel momento la mia vita era veramente finita. Mi avrebbero distrutto e neanche le cure di Minion mi avrebbero salvato. La paura saliva mentre Metro Man appoggiava i piedi sull’asfalto. Mi arrivò una buccia d’arancia in testa seguita da un sonoro invito ad andare all’inferno.
 
“Amici miei! Ora sono stanco… per modo di dire, ma… voglio lasciare a voi la scelta: lo lasciamo libero questo criminale oppure lo usiamo come oggetto del vostro sfogo? Vedete voi.”
 
Non ci fu neanche un secondo di esitazione. “Lascialo qui! Ci penseremo noi!”
 
Metro Man mi lasciò cadere a terra. Non riuscivo a tenermi in piedi.
 
L’eroe, come tutti lo chiamavano, si levò in aria agitando i piedi sopra le teste della folla.
 
“Allora! Il gioco consiste nel fare ciò che si vuole del cattivo. Fate finta che sia un concorso. Io sceglierò il vincitore che riceverà un bellissimo premio.” Alzò il braccio destro. “Pronti?” e lo abbassò di colpo. “VIA!” gridò ghignando.
 
Di corsa, come una mandria di tori inferociti, la folla mi raggiunse imbracciando pali, mazze da baseball e perfino grosse borsette da passeggio.
 
Appoggiai la fronte all’asfalto fresco. Le lacrime, versate così poche volte, mi facevano pizzicare gli occhi.
 
“NO!” risuonò, di colpo, nell’aria, fermando il tempo.

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