1. Five months later
In the Land of the Dead
Heck boy, ain't it grand?
I'm the Overlord of the Underworld
'Cause I hold Horror's Hand
In the Land of the Dead
I'm darkside royalty
I'm far renowned in the underground
And you can't take that from me.
Aurelio Voltaire – Land of the Dead
Five months later
“Aha!
Di nuovo in vantaggio!” esclamò Panico, appuntando il
risultato appena raggiunto su un pezzo di papiro ingiallito.
“Non posso crederci!”
si lamentò Pena, gettando rabbiosamente gli astragali sul
pavimento polveroso della sala del trono. “Dai, non ho più
voglia di giocare. Andiamo a vedere come sta Cerbero...”
“Ah, no, no, prima finiamo qui.” disse Panico sfregandosi le mani in preda all'euforia.
Pena sbuffò. “Non ho più niente da scommettere!”
Il suo compagno parve soppesare la
cosa. “Beh, mi accontenterò se prometti di pulire
tu.” disse indicando il disordine che regnava nella lugubre sala.
Il demone violaceo sbadigliò. “Ma che importa, tanto non c'è fretta...”
“Dici sempre così, e guarda che casino!” esclamò Panico, improvvisamente agitato.
Non riusciva a ricordare l'ultima
volta che avevano riordinato la stanza. A dire il vero, avevano per lo
più ignorato i loro compiti da quando Ade era stato... scaraventato nello Stige, oltre cinque mesi prima.
Il primo mese l'avevano passato in trepida attesa, pronti ad accogliere il loro signore in ogni momento.
Il secondo mese avevano abbassato
leggermente la guardia, nonostante i poco raccomandabili rumori che
emergevano ogni tanto dal fiume infernale.
Il terzo mese... Beh, dal terzo
mese in poi avevano iniziato a passare le giornate nella sala del
trono, che era la più spaziosa e la meno buia di tutto
l'Oltretomba, giocando pigramente a dadi e rimpinzandosi di frutta
dolciastra.
Pena sembrava convinto che Ade non sarebbe più uscito dallo Stige.
Panico, d'altra parte, non ne era
così sicuro. “Se non tornasse più, qualcuno ce
l'avrebbe detto, no? Pensi che lascerebbero l'Aldilà a noi
due?” continuava a ripetergli, incapace di zittire quella vocina
nella testa che gli diceva di non abbassare la guardia, perché,
quando il capo fosse tornato, li avrebbe certo arrostiti per bene al
minimo segno di negligenza.
Tuttavia, la pigrizia aveva avuto
la meglio sul rimorso, e altri due mesi erano passati, lenti,
sonnacchiosi, senza un segno, una notizia, niente di niente a parte
quegli strani gorgoglii provenienti dallo Stige.
Così la polvere si era
accumulata, insieme ai pezzi di papiro scribacchiati, alle bucce dei
melograni, ai resti del pranzo di Cerbero... Panico si guardò
intorno con molta attenzione.
“Davvero, dovremmo dare una pulita a questo posto. Se Ade lo vedesse in questo stato...”
Deglutì rumorosamente.
“Ti vuoi rilassare?” lo
rimbrottò Pena. “Che fretta c'è? Quando ci saranno
notizie riordineremo tutto. In una volta sola, una volta per tutte,
no?”
“La fai facile, tu. Però alla fine le prendiamo tutti e due per le tue brillanti idee.”
Pena stava per rispondere acidamente, ma fu interrotto da un lampo di luce improvviso che li accecò entrambi.
Qualche istante dopo, recuperato
l'uso della vista, i due demoni si accorsero, loro malgrado, di non
essere più soli nella sala.
Di fronte a loro si erano materializzate le Parche.
“A-ah, salve!” le
salutò Pena schiarendosi la voce, mentre Panico si portava alle
sue spalle, prudente. “Abbiamo cercato di contattarvi...”
esordì in tono cordiale.
“Lo sappiamo.” risposero in coro, come erano solite.
“... Giusto. Beh, il padrone non è ancora tornato, per cui... Se volete lasciarci un messaggio...”
“Preferiamo dirgli le cose di persona.” tagliò corto Atropo, scrutando la sala con l'unico occhio.
Le sue sorelle parvero fare lo
stesso. Il demonietto verde, da dietro le spalle del compagno, si
ritrovò a domandarsi cosa esattamente vedessero le loro due paia
di orbite vuote.
“Oh, capisco, ma...” D'un tratto Panico ebbe un sussulto, mentre a Pena si strozzarono le parole in gola.
La medesima rivelazione si era
fatta prepotentemente strada nelle menti di entrambi i lacchè,
che si slanciarono contemporaneamente in avanti, cercando di
raccogliere quanta più spazzatura possibile il più in
fretta possibile.
Esattamente trenta secondi dopo il
profetico arrivo delle Parche, in tutto l'Oltretomba si udì
distintamente un tremendo rombo che fece tremare le pareti in basalto
nero.
L'Acheronte sembrò ritirarsi nel proprio letto.
Le tre teste di Cerbero uggiolarono, le orecchie abbassate.
“OddeioddeioddeioddeiODDEI!!”
urlò Panico correndo scompostamente per la stanza, finché
il rombo fu così assordante da coprire completamente il suono
delle sue grida.
Pena si trascinò fino
all'imboccatura dello Stige, tappandosi le orecchie con le mani.
Tremante, seminascosto dietro una roccia poco distante, vide che le
acque del vortice, da verdi, erano diventate rosse.
Dal gorgo, con il fragore di
un'esplosione, si levò improvvisamente una colonna di fuoco alta
almeno quanto la volta dell'Oltretomba.
Il demone fu costretto a distogliere lo sguardo, tanto la luce e il calore provenienti dallo Stige erano insopportabili.
Quando riaprì gli occhi,
vide la massiccia figura del suo padrone emergere dal vortice,
completamente in fiamme, il viso contorto in una smorfia d'ira
indescrivibile.
Mai, in tutti i suoi anni di
onorata carriera, l'aveva visto così arrabbiato. E ragazzi, se
l'aveva visto un sacco di volte di quell'umore...
Indietreggiò velocemente, incapace di spiccicare parola. Non ci teneva ad essere arrostito.
Tecnicamente non l'avrebbe ucciso,
ma faceva comunque un male bestiale. Rimpianse di non aver seguito i
consigli del suo prudente compagno. Forse poteva ancora passare
inosservato e sgattaiolare nella sala del trono, aiutare Panico
nell'impresa disperata di raccattare tre mesi di rifiuti in una
manciata di secondi, o - meglio ancora – nascondersi nella parte
più oscura del Tartaro ed uscire fuori quando le acque si
fossero calmate...
I suoi pensieri furono interrotti bruscamente quando si rese conto che il furente sguardo di Ade si era posato su di lui.
Fece per aprir bocca, ma il dio lo
precedette, afferrandolo per la gola in un gesto repentino e portandolo
alla propria altezza.
“TU! INUTILE ESSERE STRISCIANTE!” lo apostrofò, la voce carica d'odio.
Pena gracchiò, dolorante.
Ade emise un urlo di rabbia e
frustrazione. “QUANTO TEMPO?” chiese al tirapiedi, il cui
volto si era tinto di un preoccupante viola scuro.
“... inque... esi...”
sussurrò a fatica il demone, cercando invano di inspirare un po'
d'aria. “... biamo... ercato... irarla... uori...” aggiunse
a mo' di spiegazione.
Il dio degli inferi lo scagliò senza troppi riguardi contro il muro di fronte a sé, ansimando affannosamente.
Sembrava essersi improvvisamente
stancato. Pena ne approfittò per mettersi al riparo alla bell'e
meglio, massaggiandosi i muscoli della gola.
Ade tornò del solito
colorito bluastro, sebbene avesse ancora un'espressione di puro odio
dipinta sul viso cinereo, i denti affilati digrignati, gli occhi gialli
ridotti a fessure.
“Cinque mesi?” disse
portandosi una mano alla fronte. “Cinque mesi.”
ripeté in tono apparentemente calmo.
Panico emerse dalla sala del trono,
titubante. “N-non sapevamo come tirarla fuori,
S-signore.” balbettò a fatica.
“Silenzio. Non voglio sentire
spiegazioni, scuse, suppliche, niente di niente. Cinque mesi nel fiume
della morte, e ho. Una. Terribile. EMICRANIA!” lo zittì il
dio, minacciando una nuova esplosione d'ira.
I due demonietti si ritirarono
nell'ombra, segretamente sollevati per il fatto di non dovere dare una
spiegazione per la loro incompetenza. Del resto, ripescare il loro
padrone dallo Stige era un compito che andava ben oltre le loro
capacità.
Ade si avviò stancamente verso la sala del trono, massaggiandosi le tempie.
Abbandonatosi sullo scranno dalle
rigide forme squadrate sospirò, gli occhi chiusi, la testa
pigramente poggiata sulla mano sinistra. “Mi serve una
vacanza.” disse in tono sarcastico. “Voi signore avete
qualche suggerimento?” domandò poi, rivolgendo la sua
attenzione alle tre Parche, che avevano atteso in silenzio a pochi
metri da lui.
Non sembrava sorpreso di vederle
lì. Stranamente, parve non accorgersi dei mucchi di spazzatura
accumulati negli angoli più bui della stanza.
“Ade, siamo foriere di notizie.” esordì Atropo, avanzando di un passo rispetto alle sorelle.
Il dio gemette. “Mi auguro che siano buone.”
Le tre megere non risposero. Atropo si cavò l'occhio dall'orbita.
“Questo mi mancava
proprio.” borbottò Ade tra sé e sé. Si
levò dal trono. “Signore, gentilissime signore. Vi prego.
Non potreste ripassare domani? Il fatto è che non sono proprio
in vena oggi...”
Lachesi lo zittì, portandosi
un dito alle labbra. “E' importante.” spiegò Clotho
gentilmente, un sorriso adorante sul viso verde e butterato. Stravedeva
per Ade e lui lo sapeva.
Il dio abbassò le braccia,
rassegnato. L'occhio si illuminò di una luce azzurrina che
invase tutta la stanza, mentre strane figure si formavano
vorticosamente al suo interno.
Le tre sorelle iniziarono a recitare la profezia, le loro voci stridule che si alternavano tra i versi.
Il tuo potere, Ade, si è indebolito,
E non resterai dagli Olimpi impunito.
Il tuo reame è minacciato,
Un dio dai tuoi poteri va presto trovato.
La terra, il mare e il cielo, così è venuto,
Devono stare uniti, o tutto è perduto.
Non ora, ma presto ciò avverrà:
Il vecchio sul giovane trionferà.
Detto questo, sparirono, come erano solite fare.
Pena e Panico capirono subito che il loro padrone era in procinto di avere un'altra crisi di nervi.
Aveva dapprima ascoltato la
profezia con un misto di sfiducia e tedio, poi, a mano a mano che le
parole delle Parche prendevano consistenza nella sua mente, con
crescente rabbia e senso di impotenza.
Ora gli otto versi della profezia
sembravano fluttuare nell'aria pesante e umida dell'Oltretomba, ognuno
una minaccia nei suoi confronti, ognuno testimone del suo totale
fallimento.
“... Fantastico. Davvero
fantastico.” disse Ade, iniziando a camminare avanti e indietro
mentre parlava. “Come se la situazione non fosse già titanicamente disastrosa. Il mio potere si è indebolito? Glielo faccio vedere io il mio – Ow, la testa...” si lamentò prendendosi il capo tra le mani.
“Va bene, va bene.” si
disse poi in tono pragmatico, lisciandosi i capelli fiammeggianti.
“Prima le cose importanti. Pena! Panico!” esclamò
imperiosamente.
I due gli si presentarono istantaneamente di fronte, rigidi come manici di scopa.
“Lasciate che vi dipinga il quadro delle prossime, uhm, diciamo dodici ore. Io andrò a riposare – inutile dire che gradirei non essere disturbato -, mentre voi
sfrutterete il tempo che vi ho così graziosamente concesso per
riportare questo posto al suo antico splendore. E, lasciatemelo dire,
vi converrà fare un buon lavoro, a meno che non moriate dalla
voglia di sperimentare in prima persona cosa si prova a farsi una
nuotata nello Stige.”
Detto questo, voltò loro le spalle, sparendo in un lungo corridoio semibuio.
I due demonietti si guardarono,
stupiti dal fatto che, complessivamente, il ritorno del loro signore
fosse stato seguito da una quantità minima di dolore fisico per
loro due. Che i poteri di Ade si fossero realmente indeboliti?
Un lugubre gorgoglio proveniente dallo Stige interruppe il silenzio tombale in cui erano sprofondati.
Cerbero ululò.
Salve gente! :D
Bene bene, cosa abbiamo qui? Una fanfiction su Ade? XD
Ebbene sì, una
fanfiction su Ade. Forse sapete già quanto adori questo
personaggio, sia nella versione originale (doppiato da James Woods,
attore che AMO) sia in quella italiana, che è stata poi quella
che mi ha fatta innamorare da piccola (sì, sono strana).
Ecco, è da febbraio 2012 che lavoro a questa storia; inutile
dire che ci tengo tantissimo. :3 E sì, so che questo fandom
è poco più che deserto, per cui non mi aspetto molte
recensioni, ma mi farebbe piacere avere qualche riscontro. In ogni
caso, sono determinata a finire di scrivere questa long, possa gelare
l'inferno! xD
Due cose veloci veloci da sapere su di me:
- non faccio mai capitoli lunghi (di solito mi tengo su una media di sei pagine word);
- cercherò di aggiornare ogni due settimane, anche se purtroppo
sono molto lenta a scrivere. Vi prometto che farò del mio
meglio! ;)
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