Sono passati ormai quasi cinque mesi da quel giorno, eppure non riesco ancora
a dimenticare. Il loro ricordo è vivo in me, a volte mi sembra ancora di
sentirli che mi chiamano per giocare, ma questo è impossibile, perché ormai se
ne sono andati per sempre portando via con loro le ultime tracce di
quell’inverno. Sapete, erano innocenti, non avevano fatto nulla di male,
seguivano solo il loro istinto, come tutti noi del resto; sono vittime di un
sistema a volte crudele, un sistema che non potrò mai capire appieno: il sistema
degli uomini. La mia padroncina ha provato a spiegarmi il perché di quel gesto
nelle notti in cui si fermava fuori con me a piangere e a tenermi un po’
compagnia, ma io non capisco ancora e credo che, in fondo, nemmeno lei l’abbia
compreso.
Buonasera a tutti, mi presento: sono una mamma cui hanno strappato i propri
figli, ingiustamente, e che non riesce a dimenticare. E poi c’è ancora chi osa
affermare che gli animali non provano sentimenti.
Ricordo benissimo quel giorno, era marzo e nell’aria si cominciava a sentire
aria di primavera e eravamo tutti felici, però percepivo che c’era qualcosa di
strano: tutti parlavano piano ed avevano un aspetto mortificato e ci guardavano
come se dovessero partire per un lungo viaggio, evidentemente non erano loro che
dovevano partire, ma noi. Si, anche io dovevo andare con i miei amori, solo che
non ci sono cascata e i miei padroni sembravano felici di questo; ora capisco
che loro non volevano farlo, che loro ci volevano veramente bene e ci
amavano.
Ripenso a loro e mi salgono le lacrime, se ne sono andati dolcemente,
dormendo. Ho provato a tenerli svegli abbaiando forte e guardando verso i miei
padroni in cerca d’aiuto ma non c’era più nessuno e io continuavo a abbaiare, a
un certo punto è arrivata la mia padroncina e ha osservato la scena per qualche
minuto e poi è scoppiata a piangere richiudendo la porta; l’inferno lo vivevo io
in quel momento e nessuno poteva fare qualcosa, ma io non mi volevo rassegnare,
non volevo abbandonarli, non volevo perderli. Tutti i miei sforzi sono stati
comunque vani, alla fine se ne sono andati, l’unica consolazione è che non hanno
sofferto, ma si sono solo addormentati profondamente; poi li hanno portati via e
io mi sono svuotata, la mia vita si è svuotata. La sera ero sola, sul materasso
con me loro non c’erano più e così piangevo, piangevo disperatamente, li
cercavo, anche se sapevo che non potevano tornare, sapevo che non si erano
allontanati o persi, ma la verità fa male, ti logora, il dolore ti assorbe e non
sembra ci sia modo di andare avanti, non c’è nessuno che ti possa aiutare, non
c’erano più loro; come li amavo, erano sangue del mio sangue e ora una parte di
me non c’è più, svanita, senza un perché.
Forse in quelle sere piangevo troppo, perché usciva sempre la mia padroncina,
mi chiamava e mi abbracciava forte. Mi parlava, io non capivo tutto, ma sentivo
che era anche lei disperata perché la sua voce era rotta e tremava, forse quello
era per il freddo, non so. La ringrazio per essermi stata vicina in quelle sere,
per avermi parlato, consolato, anche se lei crede che io non abbia capito nulla
e quando la guardavo vedevo che anche i suoi occhi erano velati di lacrime, si
anche lei li amava.
Ma allora perché non ha tentato di fermare questo abominio? Dov’era quando è
successo?
Dov’ero io ti chiedi? Se ci ripenso mi viene da piangere ancora adesso, vuoi
proprio sapere dov’ero io? Ero in camera mia, lontano da tutto ciò e stavo
studiando, cercando di non pensare a quello che stava accadendo, cercando di non
pensare al fatto che non vi avrei più rivisto, cercando… cercando di convincermi
che quella non era la realtà, ma solo un incubo. Quando sono tornata da scuola e
mia mamma mi ha detto cosa sarebbe accaduto di lì a un’ora o due mi è caduto il
mondo addosso, ho avuto un tonfo allo stomaco e mi è salito il cuore in gola.
Quando sono arrivata non ho nemmeno mangiato ma sono corsa a salutarvi, già,
sapevo che quelli erano gli ultimi momenti con voi e vi ho accarezzato e baciato
e abbracciato e detto quanto vi volevo bene, poi sono scappata come la peggiore
dei codardi. Ti sbagli quando dici che hai dovuto viverlo solo tu l’inferno,
perché io mi sentivo impotente, tutti noi ci siamo sentiti impotenti, siamo
stati costretti, non avevamo scelta, quando rivedo i veri colpevoli di tutto
questo mi viene voglia di andare a sbattergli in faccia tutta la sofferenza che
hai provato tu da madre e quella che abbiamo provato noi a sentirti piangere
ogni sera per un mese; loro non si rendono conto, ma avrebbero dovuto vederti.
Solo io vedevo quegli occhi grandi e neri che mi guardavano disperati chiedendo
"Perché?"; Dio non credo di aver mai visto degli occhi così… così umani in un
animale. Non puoi capire il dolore che provavo nel sentirti piangere e ululare e
l’unica cosa che potevo fare era sedermi con te fuori al freddo e piangere con
te, farti capire che non eri sola, che non dovevi affrontare tutto in
solitudine. Sai, ho provato anche a spiegarti il motivo di tutto questo, ma
ancora adesso non riesco trovarlo, è semplicemente insensato e crudele.
L’unica cosa che posso chiederti ora è il perdono, un perdono sincero che
viene da chi, come te, li amava.
E l’unica cosa che posso dirti è "Grazie", per essere ancora qua, per essere
un animale estremamente intelligente e sensibile, per essere il mio cane e per
avere un carattere un po’ come il mio: lunatico, dura e schiva all’apparenza ma
dolce con chi si fida; in fondo, come dice mia mamma, non siamo tanto diverse.
Probabilmente i pensieri della mia adorata cagnolina non sono quelli che ho
scritto io, probabilmente hanno ragione quelli che dicono che gli animali non
provano sentimenti, ma a me piace pensarla così… pensare che in lei ci sia un
po’ di umano.