Danza con me, Signore del Tempo. di Mahiv (/viewuser.php?uid=108064)
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Danza con me, Signore del Tempo.
«Balla con me.» Disse Renette, con un sorriso che
le spuntava dalle labbra.
«Non posso. Questa č la sera in cui ballerai con
il Re.» Il Dottore cercó di ragionare con la donna
che aveva di fronte; la donna che sarebbe diventata una delle
pił importanti della storia Francese, dopo quella sera.
«Allora prima lo farņ ingelosire un
po'.» Renette si avvicinó.
«Non posso.»
E non poteva davvero.
Doveva tornare alla nave spaziale e trovare l'uomo-orologio.
«Arriva un momento, Signore del Tempo, in cui tutti i bambini
soli devono imparare a ballare.»
Renette intrecció le sue dita a quelle del Dottore, e lo
condusse attraverso il corridoio della sala da ballo del Re.
La sala era gremita di nobili francesi del diciottesimo secolo, ognuno
di loro abbigliato con vesti sfarzose ed eleganti, adatte per un ballo
al cospetto del loro sovrano.
Sovrano che scrutava i presenti alla ricerca della sua favorita.
«Dovresti andare dal Re.» Le sussurró il
Dottore. «Non vorrai perdere questa
opportunitą.»
«Danzando con te, non perderó nulla.»
Lei gli sorrise e si diresse verso il centro della sala da ballo,
tenendolo per mano.
Il Dottore rispose al sorriso, imbarazzato; non aveva mai danzato in
quel corpo, non sapeva bene come muoversi.
Renette rimedió velocemente alla sua incertezza, portando
una mano del Signore del tempo a poggiarsi sul suo fianco, e stringendo
l'altra con la sua.
Lei gli rivolse nuovamente quel dolce sorriso. «Ora, danza
con me, Signore del Tempo.»
Il Dottore sospiró, non sarebbe riuscito a venirne fuori, a
quel punto, quindi attiró Renette pił vicino, e
cominciņ a danzare.
Rimase per un attimo sorpreso, sentendo come il suo corpo si muovesse,
come se tutto quello che avesse fatto fino ad allora fosse stato
ballare il valzer, ma se ne compiacque.
Almeno non avrebbe rischiato di mettere in imbarazzo la famosa Madame
de Pompadour.
L'orchestra suonava una melodia bellissima e lenta, mentre il Dottore
faceva volteggiare Renette per la pista da ballo a tempo di musica, con
un sorriso luminoso che gli spuntava dalle labbra, vedendo la gioia
negli occhi della dama.
Entrambi erano cosģ rapiti da quello che stavano facendo che
non si accorsero che ogni altra persona all'interno della sala da ballo
si era fatta da parte per poterli osservare.
I nobili francesi li guardavano ammirati, mentre volteggiavano sul
pavimento di legno scuro, ma loro non sembrarono notarlo, non prestando
attenzione.
Il Dottore non provava solitudine in quel momento, e, oltre al
compiacimento che gli portava danzare davanti all'intera corte francese
con Renette, si sentiva al sicuro.
Come se sentisse che per una volta le cose sarebbero andate nel verso
giusto, come se avesse potuto avere l'intero mondo, avendo lei.
La musica cessó, e loro smisero di danzare, fisicamente,
perchč entrambi si sentivano ancora girare su quella pista
da ballo.
I nobili attorno a loro iniziarono ad applaudire, ed il Re gli si
avvicinó.
«Posso avere l'onore?»
La sua voce suonó cordiale, ma al Signore del Tempo non
servģ guardarlo in faccia, per vedere la falsitą
del suo sorriso.
Non avrebbe voluto lasciare Renette al Re, ma lo fece.
Non poteva permettersi di cambiare la storia.
Il Dottore fece un lieve inchino in direzione di Renette e diede la sua
mano -che ancora teneva stretta dall'inizio del ballo- al Re.
«Certamente.»
Sentģ il proprio sorriso falso quanto quello dell'uomo di
fronte a lui, ma non se ne curó, e si fece da parte.
La musica si era fatta pił veloce, nel frattempo, e Madame
de Pompadour ed il Re si misero a tempo assieme alle altre coppie, che
stavano lentamente tornando a danzare.
Il Dottore osservó come uomini e donne si
esibissero in quelle che erano le danze tradizionali della corte, li
guardó tutti, mentre ne rimaneva incantato.
Un paio di balli pił tardi Renette riuscģ a
liberarsi dalla morsa del Re, e subito si diresse verso l'angolo della
sala dove, mentre danzava, aveva notato il Dottore che la seguiva con
lo sguardo, ma non lo trovó lģ.
Madame de Pompadour passava velocemente lo sguardo sulla sala, cercando
di individuare il suo Dottore fra i volti dei cortigiani,
quando sentģ una corrente fresca farla rabbrividire.
Subito si voltó e notó una porta finestra
nascosta dietro una grande tenda di velluto, proprio accanto a dove
aveva visto il Dottore.
Senza farsi notare scivoló oltre alla porta, chiudendosela
alle spalle, e realizzó di trovarsi nei Giardini.
Il Dottore, di fronte a lei, gli dava le spalle, con gli occhi rivolti
verso le stelle.
«Ho temuto che te ne fossi andato.»
Sussurró lei, mentre gli si avvicinava, imitandolo nel
guardare il cielo.
«Nah, sono solo uscito per un po' d'aria.»
Il Dottore si voltó verso di lei, sorridendo leggermente;
non riusciva a non sorridere, con Renette attorno.
Lo sguardo di lei vagava ancora sulle stelle, ancor pił
luminose, viste dai Giardini.
«Sono bellissime. Sembra quasi che l'universo non finisca
mai, che la sua bellezza
non finisca mai.»
«Non lo fa davvero.» Disse il Dottore,
attirando gli occhi di Renette su di sč.
Lui abassó lo sguardo, e notó le loro dita
intrecciate, chiedendosi quando avesse preso la sua piccola mano fra le
sue.
Con la mano libera la cortigiana carezzó lievemente il volto
del Signore del Tempo, tracciando una scia di fuoco sulla sua pelle.
Lui rabbrividģ, e le si avvicinó, fin quando le
loro labbra non si sfiorarono.
«La ragione dice che noi non dovremmo essere
insieme.»
Sussurró Renette, col suo respiro che solleticava le labbra
del Dottore in una dolce carezza.
Lui sussurró una domanda, che lei capģ essere una
risposta.
«Che cosa ti ho detto sul seguire la ragione?» Poi
la bació.
Non era un bacio brusco e precipitoso come lo era la prima volta, ma
pił lento e delicato.
Il Dottore avvolse un braccio attorno alla sua vita sottile, e la
tiró pił vicino a sč, fino a che non
ci fu pił spazio fra i loro corpi.
Potč avvertire
le stelle brillare con pił intensitą.
Quello che ignorava, peró, era che ció fosse un
tributo alla felicitą dell'uomo che aveva votato la sua
intera vita a salvarle.
Il Dottore si allontanó dalle sue labbra e lentamente
avvolse Renette in un abbraccio.
Lei rispose con una presa salda e un sussurro contro la sua giacca.
«Non andartene, uomo del caminetto.» Lo
pregņ.
E lui non voleva.
Sarebbe voluto rimanere con lei, poterla avere sempre attorno, poter
sempre sentire il suo profumo sofisticato -che, ironicamente, lo faceva
sentire quasi troppo poco
per Madame de Pompadour-, e, sģ, anche poter danzare assieme
a lei.
Ma sapeva che sarebbe dovuto andare via, e presto, se voleva salvare la
sua vita.
«Non voglio andarmene, Renette.»
Bisbigliņ contro i suoi capelli.
«Ma devo. La tua vita č in pericolo, e ho bisogno di
salvarti.»
Lei si divincoló dall'abbraccio e fece qualche passo
indietro, ed il Dottore potč accorgersi dei suoi occhi
lucidi.
«Allora concedimi un'ultima richiesta.»
«Quale?»
Renette gli si riavvicinņ, stringendogli una mano.
«Resta con me stanotte.»
Il Dottore rimase immobile per vari secondi, prima di esibirsi in un
triste sorriso.
Avrebbe reso tutto ancora pił complicato.
«Non posso. Questa č la notte in cui tu sarai con
il Re.»
«E se io non volessi pił stare con il Re? E se io
volessi stare solo con te questa notte? Ed ogni notte?»
«Non č possibile. Tu hai un obbligo verso il
prestigio della tua famiglia, ed io ho un obbligo verso di te, come tuo
amico immaginario.» Disse, con l'ennesimo sorriso difficile
da chiamare tale della serata, ricordando il soprannome propinatogli da
lei. «La storia č gią stata
scritta.»
«Ma tu non sei immaginario, tu sei reale.» Lo
tirņ gił a sedere su una panchina di marmo,
accanto a lei.
«E lo sono anche io. Di cos'altro abbiamo
bisogno?»
«Oh Renette.» Sospiró il Dottore.
«Di molto di pił.»
«Di cosa parli?»
«Č una lunga storia.» Lui si
alzó e le bació la fronte.
«E forse un giorno te la racconteró.»
Il Signore del Tempo fece per dirigersi verso la sala da ballo, ma
Renette si alzó di scatto e lo richiamó.
«Ti rivedró mai?»
Il Dottore si voltó, e con la luce del ricevimento che
brillava dietro di lui tutto ciņ che Renette riusciva a
vedere era la sua sagoma.
Lui non se ne dispiacque, se lei avesse notato quella lacrima scivolare
sulla sua guancia non l'avrebbe pił lasciato andare.
«Forse. Ma spero di no. Perché se non mi vedrai
pił, significherą che sei salva.»
Il Signore del Tempo si voltó e sparģ nella sala
da ballo, lasciando Renette immobile, nei Giardini.
Tornó lentamente a sedersi sulla panchina di marmo,
stringendosi le braccia attorno al busto.
Era solo settembre, ma all'improvviso faceva molto freddo fuori.
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