Titolo: Con i Colori tra le mani.
Fandom: Supernatural.
Personaggio: Castiel.
Rating: Arancione.
Avvertimenti: Sangue, autolesionismo.
Disclaimer: I personaggi descritti non mi
appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: Ambientata dopo la 7x17. Buona
lettura! =)
“Aveva distrutto un
mondo privo di interesse
per ricostruirlo nella
propria testa con altri colori…”
{Paulo Coelho}
C’è
un segreto mai detto, nascosto in una scatola di legno col lucchetto
d’argento. Lui ne ha perso la chiave, forse l’ha
distrutta, così che il peccato commesso non possa mai
emergere in superficie. Ricorda ancora, anche se solo vagamente, il
senso di vergogna che si prova soltanto di fronte a ciò che,
pur sapendo non essere giusto, avvolgi con lo sguardo e tieni stretto
tra le braccia; ti ricopri di scuse che sono soltanto inventate per
metà, perdi la causa tra il giusto e sbagliato, ma a
ciò che custodisci non vuoi rinunciare.
Castiel, a differenza di molti dei suoi fratelli, guarda il mondo con
lo sguardo di un bambino: curioso e prezioso. Ne apprezza le piccole
cose, ne ignora il male a favore del bene e si crogiola in un
caleidoscopio di colori vivaci, così da poter sfuggire al
bianco del Cielo.
Il bianco è simbolo di purezza, dicono loro.
Il bianco è il colore della Grazia, dicono loro.
Il bianco è sporco, ma nessuno se ne accorge.
Lui ha ascoltato e concordato, prima di lasciarsi cadere a trasporto
della verità e di ciò che il cuore comanda. Il
bianco del Cielo, poi, a Castiel non è mai davvero piaciuto.
La caduta è stata difficile, anche dolorosa; come essere
umano ha avuto le ginocchia sbucciate e una bottiglia di alcol a porvi
rimedio. Non gli piace il dolore, non gli piace la solitudine, ma per i
colori che può toccare con lo sguardo ne è valsa
la pena. Vi è il verde delle foglie, altre rosse e gialle;
vi è l’azzurro del cielo, puntellato da un bianco
colorato di grigio, a volte un po’ rossiccio, a volte un
po’ rosato; vi è il nero che brilla alla luce del
sole, quando l’Impala colpisce il cielo con superba eleganza;
vi è la giacca di Dean, di un colore indefinito tra il verde
e l’azzurro, con addosso il ricordo di un padre perduto; vi
è il porpora delle gote di Sam, che a ridere gli si
illuminano gli occhi di luce dorata; vi sono tante altre cose, una
così diversa dall’altra, tutte a comporre un
quadro variopinto di vita e morte, dolore e felicità, un
sorriso e una lacrima a punteggiare lo spazio bianco
dell’angolo in alto a sinistra.
Come sia possibile distruggere tutto questo, Castiel non riesce a
capacitarsene.
Scava il suo sguardo con dita sporche di sangue. Non avverte alcun
dolore, ma gli occhi che a pezzi afferra tra le mani non sono
indispensabili: a quale scopo attaccarsi ad essi, quando non sei
più in grado di vedere?
I medici medicano le sue ferite, lo chiamano pazzo, ma
l’angelo perdona, perché loro non possono capire;
gli chiedono perché e lui risponde: «Il bianco di
questa stanza era davvero fastidioso».
Ad occhi chiusi, almeno, Castiel può ancora dipingere da
sé le proprie speranze.
«Sam ci
aspetta. Alza il tuo morbido culo pennuto e usciamo
di qui».
La voce di Dean lo accarezza con colori gentili. Potrebbe essere
un’illusione, ma anche così, Castiel non ha di che
lamentarsi: tutto va bene, perché a dipingere il suo mondo,
adesso, è soltanto lui.
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