Upstairs
Upstairs
Hera
abbracciò calorosamente Amphitrite, sorridendo. “Cara,
congratulazioni. Sette secoli, è un bel numero.”
La sovrana del mare sorrise a sua
volta. “Sì, è un bel record. Settecento anni che
sono sposata a Poseidone. Quasi non li sento, sai?” disse
ridacchiando, il viso allegro e appuntito da ninfa illuminato dalla
gioia. “Detto fra noi, lui è rimasto il solito testardo,
non è cambiato di una virgola!” aggiunse indicando alla
madre degli dei il marito Poseidone, che discuteva con Zeus poco
distante.
Hera annuì, serafica.
Amphitrite si schiarì la gola. Si sentiva intimidita dal
portamento regale della sua interlocutrice, dal suo aspetto
così... divino. Nulla
a che vedere, pensava, con il suo, di aspetto: certo era bella, ma era
pur sempre, almeno in origine, una ninfa marina dalla pelle pallida, la
figura esile, i capelli verde chiaro in gran parte nascosti dalla
grossa conchiglia rosa acceso che fungeva da corona.
Nulla di male in questo; ma gli dei olimpi le mettevano sempre un po' di soggezione, non poteva farci niente.
Ecco perché evitava quasi sempre di accompagnare il marito quando questi si recava sull'Olimpo.
Tuttavia, quel giorno era il loro
settecentesimo anniversario e Zeus ed Hera si erano così
gentilmente offerti di organizzare una festicciola in loro onore che
era stato impossibile rifiutare.
A questo proposito, disse precipitosamente: “Ah, comunque grazie ancora per la festa. Non dovevate, davvero...”
Hera scosse lievemente la testa.
“Non dirlo neanche, cara. E' un piacere per me e Zeus. E poi, a
che altro servirebbe tutto questo spazio?” fece indicando la loro
lussuosa residenza tra le nubi.
Era una giornata serena
sull'Olimpo; morbide nuvole dorate si arricciavano pigramente
tutt'intorno ai graditi ospiti sovrannaturali che si erano riuniti per
festeggiare il dio del mare e la sua sposa.
La festa era iniziata ormai da un
bel po' e le varie divinità si erano distribuite in piccoli
gruppi coloriti in cui il cicaleccio e la frivolezza regnavano sovrani.
Poco distante da Hera e Amphitrite stava il sorridente padre degli dei, più splendente che mai.
Teneva un braccio attorno alle spalle del fratello Poseidone, evidentemente fiero di lui.
A conversare con loro, la
perennemente florida Demetra e il fiero Apollo, unico tra gli dei della
seconda generazione a ricercare di preferenza la compagnia delle
divinità più anziane.
“Sì, la notizia
è confermata,” stava dicendo Zeus, “mio figlio
diventerà padre tra qualche mese. Non è
fantastico?” chiese, una scintilla di pura felicità negli
occhi blu.
I suoi interlocutori assentirono educatamente.
“C'è qualcosa di più eccitante che diventare nonni?” domandò Zeus, emozionato come un bambino.
“Diventare genitori.”
rispose Demetra prontamente, lanciando uno sguardo amorevole in
direzione di un chiassoso e variopinto gruppetto di giovani
divinità.
Zeus parve rifletterci su. “Sì, suppongo che anche diventare genitori sia eccitante.”
Poseidone rise. “E tu,
Demetra? Non vuoi diventare nonna?” le chiese, ben sapendo qual
era la posizione della dea al riguardo.
“Potrei chiederti la stessa cosa, caro mio.” ribatté lei evitando di rispondere alla domanda.
“Oh, beh, certamente, una
volta che Tritone sarà grande abbastanza...” disse il dio
riferendosi al giovane figlio.
Demetra annuì. “Per Kore è lo stesso. Quando sarà grande abbastanza.”
“Perdonami, Demetra,”
si intromise cautamente Zeus, “ma a me pare proprio che tua
figlia sia grande abbastanza, ormai.”
La dea dell'agricoltura sorrise,
sebbene si sentisse improvvisamente punta sul vivo. “Che fretta
c'è? La mia bambina deve ancora crescere. E' ancora così
innocente.”
Apollo azzardò un commento. “A volte per uscire dal nido serve un po' di incoraggiamento.”
Demetra fece finta di non aver
sentito. “Quando se la sentirà, prenderà marito. Ma
resterà comunque la mia bambina.” disse in un tono deciso
che non ammetteva repliche.
Ci fu un momento di silenzio
imbarazzato, che fu però spezzato dalle risate provenienti da un
capannello di ninfe acquatiche, tutte raccolte attorno a Tritone,
evidentemente lusingato da tante attenzioni.
Di fianco al gruppetto delle rumorose Naiadi stavano Cupido, Psyche, Helios e Kore.
Cupido, una mano languidamente
appoggiata sul fianco della compagna Psyche, sorseggiava pigramente
l'ambrosia che Hebe era stata così gentile da portargli.
“Non capisco dove sia Hermes.” disse poi, guardandosi
attorno. “Non è da lui perdersi una festa.”
Psyche gli schioccò un bacio
sulla guancia. “Vedrai che tra poco arriva.”
cinguettò ravviandosi i lunghi capelli celesti. La coppia si
scambiò uno sguardo amorevole.
“Ah, com'è bello
l'amore!” esclamò Cupido sorridendo. “Voi due non
sapete proprio cosa vi state perdendo.” disse a Helios e Kore con
tono di finto rimprovero.
Helios si schiarì
nervosamente la gola. “A questo proposito, Kore...”
esordì sfoderando l'espressione più seducente che
riuscisse a produrre.
La giovane dea lo osservò, evidentemente sorpresa. “Sì?” chiese, gli occhioni rosa spalancati.
Il dio del sole prese un respiro profondo. “Ti andrebbe di fare un giro sul mio carro dopo?” disse tutto d'un fiato.
Kore arrossì. “Oh,
beh... Grazie dell'invito, ma...” balbettò poco convinta,
“... sai com'è mia madre, non credo mi lascerebbe...”
Cupido sbuffò. “Non
c'è niente di male, sono certo che non avrebbe nulla in
contrario. Se vuoi glielo chiedo io.” propose ammiccando. Psyche
gli lanciò un'occhiataccia.
Kore non sapeva che dire. Helios,
conscio dell'inutilità dei metodi insistenti del dio dell'amore,
fece velocemente retromarcia. “Certo certo, capisco benissimo...
Magari un giorno di questi? Potrei passare a prenderti a Nysa...”
tentò, un accenno di supplica nelle voce.
La dea abbassò lo sguardo.
“Sei molto gentile, ma sono molto impegnata ultimamente, siamo in
primavera, sai.” mormorò a mo' di scusa. “Ora devo
proprio andare, ma grazie dell'invito, eh!” disse correndo dalla
madre.
Cupido scosse la testa. “Accidenti, mi dispiace, amico. E' proprio refrattaria.”
Helios si portò una mano alla fronte. “Vorrei sparire... Che figura...” si autocommiserò.
“Beh, potrei sempre darle
una... spintarella di incoraggiamento.” gli sussurrò
Cupido, indicando la propria faretra.
“Nah, lascia stare.”
rifiutò bruscamente Helios, voltandogli le spalle e dedicando le
proprie attenzioni ad una coppa traboccante di ambrosia.
Il dio dell'amore alzò gli
occhi al cielo, seccato. Dal suo punto di vista, non c'era nulla di
male a far innamorare la gente con l'aiuto di una o due frecce ben
scoccate. Con Psyche aveva funzionato alla perfezione, ed erano la
coppia più felice del mondo.
L'atmosfera festosa fu interrotta
dall'arrivo di Hermes, il messaggero degli dei. Cupido fece per
salutarlo, ma il dio andava talmente di fretta che non lo notò
nemmeno, passandogli davanti in un frullo d'ali e fermandosi di fianco
a Zeus.
Il padre degli dei aggrottò
la fronte mentre Hermes gli sussurrava qualcosa all'orecchio.
“Oh. Capisco.” commentò gravemente Zeus. Ergendosi
in tutta la sua altezza, richiamò l'attenzione dei suoi ospiti.
“Mi duole interrompere così bruscamente la festa, ma
è necessaria una riunione deliberativa il più presto
possibile.”
Si udì distintamente il grugnito di disapprovazione di Bacco.
“Mi dispiace davvero, ma
è una cosa importante e piuttosto complicata.” si
scusò Zeus mentre le divinità minori si dirigevano verso
le proprie vetture, piccate.
“Consiglio dei dodici tra
mezz'ora.” mormorò a Hermes. “Diffondi la notizia,
per favore.” disse prima di ritirarsi nelle proprie stanze, Hera
al seguito.
Il messaggero degli dei
suonò la tromba che portava sempre con sé.
“Consiglio tra mezz'ora! Vogliano gli Olimpi cortesemente
accomodarsi al più presto in sala riunioni!”
annunciò con voce squillante. “Spiacente, ragazze.”
disse rivolto ad un gruppetto di ninfe acquatiche dalle espressioni
alquanto deluse.
Demetra gli si avvicinò, tenendo per mano la figlia. “Riporto Kore a Nysa e torno subito.”
Hermes annuì. “Certo, cara. Come va, piccola?” chiese con fare amichevole alla giovane dea.
Kore gli sorrise. “Bene. Ci sei mancato prima. Dov'eri?” domandò curiosa.
“A lavorare.” rispose
lui calorosamente. “Anche tu mi sei mancata. Dovresti salire
più spesso a trovarci.” le disse aggiustandosi gli
occhialini rotondi.
Demetra si accomiatò
frettolosamente. “Dobbiamo andare ora. Torno tra un
attimo!” fece ad Hermes mentre si dirigeva verso il proprio
carro, trascinandosi dietro la figlia.
Kore salutò con la mano il
dio. Lui ricambiò, guardando madre e figlia allontanarsi a bordo
della carrozza di Demetra.
***
Mezz'ora dopo, seduti attorno alla
tavola rotonda al centro della grande e luminosa sala delle riunioni, i
dodici dei più importanti del pantheon greco si apprestavano a
discutere di quel problema così impellente da necessitare la
brusca fine della festa.
Nessuno, a parte Zeus ed Hermes,
sapeva esattamente quale fosse la spinosa questione, e tutti
attendevano le parole del loro signore con curiosità crescente.
Alla destra di Zeus stava la sua consorte, un'espressione di lieve preoccupazione dipinta sul volto luminoso.
Di fianco a lei sedeva Poseidone,
piuttosto di malumore; di seguito a lui venivano Demetra, Apollo, sua
sorella Artemide, Atena, il fratello Ares, Afrodite, suo marito Efesto
e Bacco.
Il cerchio si chiudeva con Hestia, seduta alla sinistra di Zeus. Hermes svolazzava immediatamente dietro il trono del dio.
“Penso di sapere di cosa si
tratta.” sussurrò Atena ad Artemide, portandosi la mano
color lavanda di fronte alle labbra. Le due andavano piuttosto
d'accordo, accomunate dall'amore per gli animali.
“Oh, certo, tu sai sempre tutto...” la schernì Ares.
“Non parlavo con te.”
rispose acidamente la dea della conoscenza. I due fratelli erano
perennemente in guerra a causa delle personalità diametralmente
opposte.
Afrodite materializzò dal nulla una limetta per le unghie e iniziò a farsi la manicure, annoiata.
Trovava quelle riunioni stancanti e i continui battibecchi dei due fratelli a dir poco spossanti.
Trattenne a stento uno sbadiglio.
Finalmente Zeus si decise a
parlare. “Figli, fratelli miei. Hermes mi ha comunicato che Ade
è riuscito ad uscire dallo Stige.”
Hera sussultò per la sorpresa. “Lo sapevo!” mormorò Atena tra sé e sé.
“Come ha fatto?” chiese Apollo indignato.
Zeus sospirò. “Sapevo
che sarebbe successo, prima o poi. In fondo non dobbiamo dimenticare
che è molto potente.”
Apollo si drizzò sulla
sedia. “Beh, se lo Stige non riesce a trattenerlo, c'è pur
sempre il Tartaro. Nessuno può evadere da lì.”
disse in un tono che ostentava sicurezza. “Io dico di metterlo
là, e sistemarlo una volta per tutte.”
Un coro di assensi si levò
nella stanza. Tutti portavano rancore nei confronti del dio
dell'Oltretomba, che aveva così arrogantemente tentato di
ribaltare l'ordine naturale sguinzagliando addosso tutti loro i Titani
cinque mesi prima.
Il padre degli dei scosse la testa.
“Non è così semplice. Non posso intrappolarlo nel
Tartaro perché ciò annullerebbe i suoi poteri. Chi si
occuperebbe del suo regno?”
Nessuno rispose. Apollo si dimenò sulla sedia. “Merita di essere punito per tanta tracotanza.” insistette.
Hera parlò, rivolta a tutti
gli dei e in particolare ad Apollo. “Ade regna sull'Oltretomba.
Questo è l'ordine delle cose, non si può cambiare.”
“Lui ha tentato di sconvolgerlo, l'ordine delle cose.” intervenne Ares burberamente.
“Vorresti che nostro padre facesse lo stesso?” lo zittì Atena fulminandolo con lo sguardo.
“Dimentichi forse che Zeus, Poseidone e Ade si divisero il regno e il potere di Kronos in parti uguali..?”
“Ah, a questo
proposito...” disse Hermes interrompendo il panegirico di Atena.
“I miei informatori mi hanno riferito di una profezia
recentemente formulata dalle Parche. Non sono riuscito a farmi dire il
contenuto preciso, tuttavia so per certo che accennava all'unione dei
tre regni.”
Zeus inarcò un sopracciglio. “Non sei riuscito a sapere nulla di più preciso?”
Hermes scosse la testa.
“Spiacente.” rispose soltanto, alzando le spalle.
“Non è facile leggere le trame del destino.”
Zeus assentì in silenzio, evidentemente turbato.
Grosse nuvole scure si erano formate nel cielo attorno all'Olimpo.
“In ogni caso,” disse Poseidone pensosamente, “un processo e una punizione sono d'obbligo.”
Il padre degli dei non rispose
subito all'appello del fratello. Infine, dopo aver riflettuto per
qualche minuto, propose: “Lo relegherò nei limiti del suo
regno. Non potrà più uscire dall'Oltretomba, a meno che
non venga convocato espressamente da uno di noi. Questo è nel
mio potere.”
Hestia parlò; un evento
raro, data la sua personalità schiva e accomodante. “Mi
sembra una punizione equa.”
“Mi vedo costretta a
dissentire.” disse Artemide spalleggiando il fratello.
“D'altronde, non vedo altro modo di risolvere questo
problema.” aggiunse con una punta di rammarico nella voce.
Il resto degli dei le diede ragione, chi più chi meno convinto.
Zeus si alzò in piedi. “Tutti in favore dunque?”
“Sì.” risposero tutti in coro.
“Bene. Hermes, quando vuoi.” disse il dio rivolgendosi al messaggero.
“Volo!” rispose quest'ultimo, dirigendosi prontamente verso l'entrata dell'Oltretomba.
Era giunto il momento di portare l'imputato di fronte alla giustizia.
Salve gente! :D Ecco qui il secondo capitolo, come promesso. ^^
Devo confessare che è
stato molto difficile anche solo gestire tutti questi personaggi in un
capitolo solo. Spero che il tutto non sia risultato troppo confuso. :S
Per la "mitologia" di Hercules mi sono rivolta alla Disney Wiki
anglosassone. Questa include aspetto fisico e nomi delle varie
divinità che compaiono nel film e nella serie tv/spin-off (di
cui ho visto giusto qualche puntata su YouTube). Ad esempio, so bene
che Bacco è il nome romano di Dioniso, ma nella Disney Wiki
lo chiamano Bacco, per cui... xD Insomma, non è colpa mia se
hanno mescolato i nomi! D'altronde, anche Hercules è il nome
romano... Ma non divaghiamo troppo. ;)
Ringrazio ancora Churippu, FloxWeasley, kiaky98 e TheHeartIsALonelyHunter per le graditissime recensioni: non sapete davvero quanto mi facciano contenta. ^^
Un bacione e grazie per aver letto. ;)
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