CAPITOLO REVISIONATO IL
6/01/12
Salve a tutti, questa è la mia prima fanfiction! Ho deciso di
revisionarla visto che mancano due capitoli alla fine e vorrei completarla per
bene, lasciandola corretta e disponibile per chiunque volesse leggerla in un
secondo momento! Ho anche cancellato tutte le note precedenti a inizio e fine
capitolo (lasciando però le risposte alle recensioni) perché a rileggerle mi
sembravo parecchio idiota… detto questo, buona lettura^^
Molti di voi conoscono la
storia dei Bladebreakers e delle squadre contro cui hanno combattuto e stretto
importanti legami d’amicizia; ma la storia che viene raccontata non rispecchia
la realtà di quel che è avvenuto. Un particolare è stato tralasciato nel
diffondere il racconto, o meglio: una persona particolare. Ed è giusto invece
che la storia la comprenda; anche perché, senza di lei, non ci sarebbe stato un
seguito. Ma lasciatemi andare con ordine: per conoscerla dobbiamo tornare molto
indietro con la nostra storia, esattamente alla finale del primo Torneo
Mondiale vinto dai Bladebreakers, quando la squadra vide il Monastero di Vorkov
per la prima volta. Quando Kai li tradì. Quando il ragazzo conobbe i cinque
ragazzi che componevano i Demolition Boys. Eh, sì, cinque, non quattro. Perché
è proprio nella squadra nemica che si trovava questa persona molto speciale…
Capitolo I – Il
monastero
I Bladebreakers varcarono la
soglia dell’imponente monastero, guardandosi attorno con stupore. La struttura
era immensa, un intricato labirinto di corridoi bui e porte chiuse, con monaci
piuttosto inquietanti che sorvegliavano tutto camminando avanti e indietro come
soldati.
Il gruppo raggiunse una
vastissima sala in cui numerosi ragazzi si stavano allenando con il beyblade.
Quando Vorkov entrò, tutte le attività cessarono. Ognuno strinse in mano il
proprio bey e si dispose sull’attenti. Takao li guardò attentamente e notò
sulle loro facce rabbia, odio, violenza e crudeltà. Stupito, si voltò verso i
suoi compagni, a cui non erano certo sfuggite le espressioni ostili degli altri
ragazzi. Rei gli si avvicinò lentamente.
«Sembra che ci odino senza averci
mai visti» mormorò il cinese.
«Già…»
In quel momento Vorkov, che
finora aveva parlato con un ragazzetto della loro età, li chiamò a gran voce affinché
si avvicinassero.
«Allora» esordì. «Chi di voi
vuole sfidare uno dei miei allievi? Sarà un incontro amichevole, naturalmente»
«Io!» esclamò subito Takao,
desideroso di far luce su quello che per lui era un mistero immenso: come
poteva qualcuno avere una simile faccia se non faceva altro che giocare a
beyblade?
Si misero in posizione. Uno dei
monaci si fece avanti per ricoprire il ruolo di arbitro e alzò quindi una mano
sopra il Beyblade Stadium.
«Tre, due, uno… pronti… l…»
Improvvisamente la porta si
spalancò e una ragazza comparve sulla soglia. A Takao cadde il lanciatore dalle
mani e la bocca gli arrivò quasi a terra. Era la ragazza più bella che avesse
mai visto. Ma non era solo quello: era in reggiseno e mutandine!!! Per alcuni
istanti nulla si mosse. La ragazza sembrava di ghiaccio, ma da qualcosa
nell’aria intorno a lei si intuiva chiaramente che era furibonda. Lentamente,
con lo sguardo fisso su Vorkov, attraversò la stanza, scostando i ragazzi che
si trovava davanti a lei con delle poderose spinte delle braccia. All’inizio
tutti si erano bloccati per la sua bellezza, ma la ragazza trasmetteva una tale
sensazione di gelo e timore che era quello, ormai, a tenere tutti inchiodati ai
propri posti.
Takao continuava a fissarla,
ammaliato. Dopo solo pochi istanti già sentiva di adorare tutto di lei; i
capelli corvini, così strani per una russa, erano raccolti in ordinati boccoli
che le ricadevano dolcemente sulle spalle, con la riga da un lato, in modo che
l’occhio destro era quasi invisibile sotto quella matassa nera. Il corpo non
poteva, umanamente, essere criticato: spalle larghe, ma non troppo, schiena
dritta che le conferiva uno strano portamento regale, gambe lunghe, affusolate
e scattanti, fianchi esili e seno ben sviluppato, mani… le mani erano
semplicemente stupende, con le dita sottili, le unghie, tenute appositamente
corte, pulite e ben limate. Il colore della sua pelle era rosa pallido, ma
acceso, non malaticcio come gli altri russi che avevano visto finora.
L’unica cosa che stonava nel suo
aspetto, altrimenti perfetto, erano gli occhi. Non perché fossero brutti, no;
al contrario, erano due limpide acquemarine dal taglio preciso e le ciglia
lunghe. No, davvero, esteriormente erano stupendi. Ma dentro più gelidi del
ghiaccio. Non riuscivi a guardarli, ti mettevano soggezione, paura, disagio, e
alla fine desideravi solo di non essere l’oggetto del loro sguardo.
La misteriosa ragazza si fermò
davanti a Vorkov e piantò le mani sui fianchi, alzando il mento in modo che
fossero visibili entrambi gli occhi.
«Vladimir» sibilò a denti
stretti. «Sono stufa di questa storia» la sua voce era gelida e sicura; il suo
tono basso e rabbioso. «Trova un altro modo di effettuare le tue prove, perché
questo sta diventando pericoloso»
Vorkov sorrise
impercettibilmente. «Per te?»
«Per i tuoi ragazzi» ribatté lei
sempre più fredda, fissandolo negli occhi. «Ne ho dovuti tramortire otto, prima
di riuscire a liberarmi»
Il sorriso dell’uomo si allargò
ancora di più. «Non vedo il problema. E’ giusto che i deboli vengano puniti, e
se sei tu a farlo tanto meglio»
«Ma non bendata» la voce era un
sussurro, sembrava quasi uno spiffero di vento gelido entrato da una finestra
socchiusa. «Così rischio di ammazzare qualcuno… soprattutto dopo due ore di
quella tortura»
Vorkov non batté ciglio, anche se Kai ebbe
l’impressione che stesse ricorrendo a tutto il suo autocontrollo per non
indietreggiare. Effettivamente, quella ragazza era molto strana: per essere una
terribilmente arrabbiata non stava urlando, né si dimenava come una forsennata,
né aveva afferrato Vorkov per il colletto; insomma, non stava facendo niente di
ciò che una persona normale avrebbe fatto in preda all’ira. Lei era
semplicemente fredda. Immobile, con la voce ridotta ad un sussurro gelido e gli
occhi di ghiaccio. Occhi che non mandavano fulmini, non cercavano di incenerire
la persona che avevano davanti. Freddi. Impassibili. Come se, anche nella
rabbia, tutta quella situazione non li riguardasse. Come se fossero stati certi
che chiunque gli si trovava davanti doveva portare loro rispetto, doveva
temerli e sottomettersi, perché nessuno poteva tenergli testa.
La ragazza era rimasta in
silenzio, dopo quell’ultima frase, ma Kai lesse tutto questo nei suoi occhi e
gli sembrò quasi di ascoltare un lunghissimo discorso. E ne rimase colpito.
Molto colpito. Perché lui conosceva quegli occhi, troppo uguali a quelli di
Vorkov, troppo uguali ai suoi. Gli occhi di chi è solo, di chi vuole farsi
rispettare, almeno per dimostrare a se stesso di non avere bisogno degli altri.
Una fitta alla testa lo costrinse a interrompere il filo dei suoi pensieri.
Anche Takao stava osservando la
ragazza, ma era decisamente più preso dai lineamenti del suo viso freddo e
bellissimo, simile ad una statua di marmo. Max era incantato da quei capelli
che sembravano possedere una vita propria, da quella gambe alte e slanciate, da
quel portamento da regina. Rei, invece, stava fissando Vorkov. Era l’unico dei
Bladebreakers che non si era perso in contemplazione di quella ragazza, perché
anche il Prof. Kappa la stava fissando con occhi spalancati; Rei aveva lasciato
pochi mesi prima Mao, e il suo ricordo era ancora vivo nella sua mente, troppo
vivo per lasciarsi distrarre così fortemente da un’altra. L’espressione di
Vorkov lo aveva incuriosito alquanto: sorrideva sotto i baffi, come se fosse
stato a conoscenza di un segreto importantissimo per la ragazza, ma al tempo
stesso sembrava temerla e si vedeva chiaramente che stava facendo uno sforzo
immane per non distogliere gli occhi.
Mentre tutti formulavano questi
pensieri la situazione non cambiò di un millimetro. Vorkov stava cercando di
prendere una decisione, ma era piuttosto difficile con quelle lame di ghiaccio
piantate negli occhi. Alla fine, dopo un’estenuante lotta con se stesso, fu
costretto ad abbassarli.
«Molto bene. Fai come meglio
credi» l’espressione della ragazza non cambiò; rimase una statua immobile in
mezzo alla stanza. «Prima, però, ho bisogno della squadra al completo. Il qui
presente capitano dei Bladebreakers» e, sorridendo appena, indicò Takao.
«Sfiderà uno dei miei allievi in un incontro amichevole di Bey… e la vostra
presenza è necessariamente richiesta»
La ragazza annuì
impercettibilmente. Poi si voltò, sempre in silenzio e si diresse verso la
porta. Sulla soglia, però, si fermò, voltando leggermente la testa verso il
monaco. «Tre braccia rotte, cinque rotule fratturate e un trauma cranico… li ho
spediti in ospedale. E… solo due hanno superato la prova»
Vorkov assentì impercettibilmente
e la ragazza lasciò la sala.
Lo scontro si concluse con la
vittoria di Takao, che esultò platealmente davanti a tutti, mentre i suoi
compagni di squadra lo maledicevano mentalmente. Sembrava stesse andando tutto
bene dopo la comparsa della strana ragazza. Lei era tornata qualche minuto
dopo, vestita, e con i suoi compagni di squadra, nessuno dei quali aveva aperto
bocca per tutta la durata dell’incontro. Non sembravano una squadra molto
affiatata, visto che si erano guardati gelidamente e solo di sfuggita; la
ragazza aveva ignorato completamente gli altri, sedendosi a terra lontano da
loro.
Fin qui, però, il comportamento
degli abitanti del monastero poteva anche passare. I problemi cominciarono quando
Vorkov fece trascinare via il ragazzo sconfitto da Takao, mentre questi urlava
disperatamente aiuto. Tutti i Bladebreakers scattarono in avanti per impedire quella
crudeltà, ma i monaci li bloccarono ad un ordine di Vorkov, che li gelò con lo
sguardo.
«Le regole qui al monastero sono
molto… dure»
I ragazzi rimasero a fissarlo
senza parole.
«Venite» li chiamò la voce gelida
della ragazza misteriosa. «Vi accompagno all’uscita»
I Bladebreakers la seguirono
senza fiatare, finché Kai, arrivati quasi al portone, decise di esporre la
domanda che si teneva dentro da quando erano entrati.
«Che cos’è questo posto?» chiese.
«E come mai la squadra russa lavora per quel tale di nome Vorkov? Non è un
monaco?»
Max gli lanciò uno sguardo
perplesso: non erano un po’ troppe parole, per uno come Kai? La ragazza
camminava dritta come un fuso, a passo svelto, e rispose con il solito tono
dopo alcuni secondi.
«Noi non “lavoriamo” per nessuno…
e voi dovreste essere meno impiccioni»
Rei si chiese come faceva a
parlare senza mostrare alcuna emozione, né sul viso né nella voce.
«Hai ragione, scusa» ribatté Kai,
sarcastico. «E’ normalissimo trovare dentro un monastero centinaia di ragazzini
che si allenano a Beyblade e guardano degli estranei come se avessero voglia di
saltargli al collo… chissà perché ci siamo insospettiti»
«Non è affar vostro quello che
succede qui dentro. Vorkov non è propriamente quello che si dice un uomo
indulgente… l’avrete notato, no?»
«Dai, lascia stare Kai… è chiaro
che non riusciremo a scoprire niente da lei… anche se devo ammettere che
anch’io sono curioso di scoprire cosa c’è dietro tutto questo» intervenne Rei. L’altro
scrollò le spalle e rimase in silenzio.
La ragazza sgranò gli occhi per
un istante così veloce che Kai pensò di esserselo immaginato.
«Tu… ti chiami Kai?»
«Sì, perché?»
«Niente»
Erano arrivati al portone.
«Vorrei sapere perché ti
interess…» la ragazza lo bloccò con un cenno imperioso della mano.
«Lascia stare, non ti dirò di
più. Vorrei solo darvi un consiglio: non entrate più nel monastero. Per nessuna
ragione. E, soprattutto, non da soli» mentre diceva quest’ultima frase, fissò
Kai dritto negli occhi. Il ragazzo si sentì gelare da quello sguardo, ma al
tempo stesso una piacevole sensazione di sicurezza invase tutto il suo corpo. I
due sentimenti contrastanti sembrarono lottare, ma alla fine il gelo ebbe la
meglio e il ragazzo, per la prima volta, fu costretto ad abbassare i suoi duri
occhi ametista che avevano piegato tante altre persone. I suoi compagni lo
fissarono stupiti, e la ragazza ne approfittò per chiudere il pesante portone.
«Aspetta!» Takao cercò invano di
riaprirlo. «Dimmi il tuo nome!»
Da dietro non giunse alcuna
risposta.