Ritorno
alla normalità
Emma una
mattina uscì di casa per andare a scuola, qualche giorno prima degli esami di
maturità, e si trovò Rea davanti, appoggiata al muretto che l’aspettava. Aveva
ancora il braccio fasciato, ma sembrava stesse bene.
Quando la vide
le sorrise.
“Ehi” le disse, andandole davanti. Lei non seppe
che rispondere.
“Lo so, anche per me è strano, ma parliamo un po’, ti va?”
le propose.
La mora
semplicemente annuì.
Si misero a
camminare fianco a fianco e Rea non sapeva bene come comportarsi.
“Mi dispiace per quello che ho fatto” le disse
infine.
“So che papà è molto affezionato a te e se anche tu sei
innamorata di lui io non ho diritto di ostacolarvi” ammise controvoglia.
Emma la
fissò incredula.
“Quindi?” chiese senza capire.
“Quindi nulla, se lui è felice io sono felice con lui.
Dopo quest’esperienza ho capito che non posso permettermi di perdere papà.
Tanti ragazzi sono morti e quelli rapiti non torneranno mai a casa, i loro
genitori non li ritroveranno mai. Pure io ho rischiato che le ultime parole che
avevo detto a mio padre fossero che lo odiavo e questo mi ha fatto capire che
non voglio più essere arrabbiata. Certo, è strano pensare che una ragazza più
piccola di me stia con papà, ma sono cose che possono capitare, al cuor non si
comanda in fondo” rispose con un’alzata di spalle.
“Una ragazza più piccola di te? Noi abbiamo la stessa età”
disse Emma.
Rea la
guardò, poi rise di gusto.
“Sai, non sai tutto sulla vita di papà. Stamani vieni con
me, devo spiegarti delle cose” decise, prendendola sottobraccio e
portandola alla macchina.
Rea sapeva che
Emma sarebbe riuscita ad accettare tutto quello: lo vedeva da come ne parlava,
che Jason le piaceva davvero. Non sapeva però che Jason le aveva già raccontato
tutto, se pur omettendo qualche dettaglio.
“Comunque la storia è finita. Ora o scappi o ti abitui”
le disse alla fine, addentando la sua brioche.
L’altra fece
un grosso sospiro e poi la guardò sconsolata.
“Io non riesco a non innamorarmi di persone complicate,
che vuoi farci? Tuo padre mi piace, mi piace davvero tanto, per cui non voglio
tirarmi indietro” le chiese.
“Tutto quello che vuoi. Però ti do un consiglio per la tua
sopravvivenza: non fargli del male, non prenderlo in giro, non ti azzardare
nemmeno lontanamente a pensare di fare come ti pare, capito? Se gli capita
qualcosa ti strozzo io stessa. Conosco dieci modi per strozzare una persona
senza che rimangano i segni” la avvertì sorridendo.
Quel sorriso
inquietò Emma, che la fissò spaventata.
“Scherzi?” le domandò.
“Nemmeno un po’” rispose Rea angelicamente.
La mora
rimase in silenzio e poi rise.
“Va bene, come vuoi. L’importante è che tu sia felice che
io esca con Jason” disse.
“Tu gli fai bene, che vuoi farci? Se gli impedissi
qualsiasi cosa me ne pentirei, per cui vivete felici e contenti!” le
augurò.
Si alzò e
rise anche lei.
“E mi raccomando, non metterti a sperare che ti chiami
mamma” la prese in giro.
La mora si
intristì per finta.
“Ma io ci speravo!” disse sarcastica.
“Non si può mica avere tutto nella vita, che vuoi farci?
Imparalo adesso” la informò.
Lasciò i
soldi della colazione sul tavolo, poi la fissò sorridendo dolcemente.
“Emma, a me farebbe piacere che noi fossimo ancora amiche.
Sei la prima persona con cui mi interessi sul serio mantenere l’amicizia e non
so nemmeno io perché, però voglio sul serio che tutta questa situazione
funzioni, quindi impegniamoci, ok?” la pregò.
Emma rimase
zitta, poi ricambiò il sorriso.
“Ti prometto che ce la metterò tutta”
Jason e Rea
erano fuori dal liceo e aspettavano.
“Mi annoio” si lamentò la ragazza.
“Manca poco, su” la consolò suo padre.
Tutto era
tornato alla normalità, ormai: Emma e Fabio stavano aspettando i risultati
degli esami dentro scuola; loro si erano rimessi a lavorare; i ragazzi erano
tornati al normale svolgimento delle lezioni, il preside e Samantha erano stati
incarcerati con un sacco di accuse sulle spalle, tra le quali spaccio, omicidio
colposo e occultamento di cadavere; i genitori degli studenti morti avevano
deciso di fare il funerale tutti insieme, per rispetto alla memoria dei figli.
Tutto sommato avevano mantenuto un certo contegno elegante quando avevano
saputo tutta la storia, Rea non se lo aspettava.
Per quanto
riguardava lei, si era rimessa a studiare per diventare poliziotta.
L’addestramento sarebbe durato per qualche mese, ma le piaceva essere utile in
qualche modo.
Bearne aveva
urlato fin quasi a perdere la voce contro lei e suo padre quando erano tornati
in stazione di polizia dopo quella sera, non l’avevano mai visto tanto
arrabbiato. Prima aveva sgridato Jason perché aveva fatto come gli pareva
nonostante il divieto di indagare ancora, poi era passato a Rea, gridandole
contro perché si era occupata del caso tutta da sola.
Tutto
sommato era stata una scena piuttosto comica, anche se avrebbe dovuto essere
drammatica, ma vedere Bearne rosso in viso e con una vena pulsante sul collo
era troppo divertente.
La ragazza
fu distolta dai suoi pensieri quando vide Antonio che in lontananza puliva il
cortile. Sorrise e gli si avvicinò.
“Ciao bidello” lo salutò. Lui alzò gli occhi dalle
foglie che stava raccogliendo e sorrise lievemente.
“Ciao
detective in gonnella” ricambiò. Lei si sedette a terra.
“Come va la vita? Sei tornato al tuo solito lavoro, vedo”
“Perspicace
come sempre, tesoro. Il nuovo preside mi ha ripreso nonostante avessi mandato
in culo l’altro e visto ciò che ho fatto e l’aiuto che ho dato alla società,
parole sue, sono adatto a fare il bidello” le spiegò.
“Sono felice per te” disse Rea sinceramente.
“Tu?”
“Il solito: polizia, Fabio, mi abituo alla storia tra papà
ed Emma” minimizzò la ragazza, continuando a sorridere.
“Personalmente
non capisco che problemi hai con tuo padre e la moretta strana, ma non te lo
voglio nemmeno chiedere. Che ci fai qui, piuttosto?”
“Aspetto che i nostri liceali escano con i risultati della
maturità” rispose.
“Giusto,
oggi c’erano i risultati!” si ricordò l’uomo, fermandosi.
“Già. Stiamo aspettando che escano da lì, non ce la faccio
più. Odio aspettare” ammise storcendo la bocca.
“Ogni tanto
la calma e la pazienza sono importanti, servono per affrontare i problemi
peggiori. Essere troppo poco pazienti porta a essere ansiosi” la informò,
tornando a raccogliere le foglie.
Rea rimase
un po’ basita, poi sospirò.
“Lo so, purtroppo” rispose. Antonio la guardò
preoccupato.
“Però si può
sempre imparare” disse per consolarla.
“Ma quando si capisce che si è passato il problema?”
“Quando
qualsiasi cosa tu faccia sai che andrà bene. Anche se andrà male tu non
soccombi perché sei più forte. È una sensazione che senti dentro, non posso
spiegartela” le spiegò.
La ragazza
sorrise.
“Mi mancherai. Ci vedremo più dopo che smetterò di venire
qui per Fabio?” gli domandò.
“Se vorrai
venire da un vecchio bidello rompiscatole sì” rispose l’uomo, arrossendo un po’.
Rea gli si avvicinò e lo abbracciò.
“Non ti ho mai ringraziato abbastanza per avermi salvata,
sei stato il mio angelo. Tornerò ogni volta che posso” gli promise. Lui
era imbarazzato e le mise una mano sulla testa, impacciato.
“F-figurati”
balbettò in risposta.
La ragazza
si staccò appena in tempo per vedere Fabio che usciva da scuola.
“Ciao Antonio, abbi cura di te” lo salutò, correndo
da lui. L’uomo la guardò andare via poi sorrise.
“Anche tu,
detective in gonnella” la ricambiò.
A pranzo,
quel pomeriggio, brindarono tutti per il finalmente conseguito diploma di Fabio
ed Emma, che, orgogliosi, ridevano e si divertivano.
Rea li
guardava tutti quanti, abbastanza felice rispetto ai suoi standard. Il ragazzo
le teneva la mano sotto al tavolo e la fissava sorridente.
“Sapete, ho deciso una cosa” disse alla fine.
Tutti si
voltarono verso di lei. Giocò un po’ con la piccola scatola di cartone che
aveva in tasca, imbarazzata.
“Queste… queste non voglio che mi servano più”
decise, tirando fuori il pacchetto di ansiolitici. Jason sbiancò.
“Mi avevi detto che le avevi buttate!” l’accusò.
“Lo so, ma non ci riuscivo, stavo troppo male per troppe
cose, mi dispiace” si scusò la ragazza, vergognandosi.
L’uomo
sospirò, poi annuì.
“Perché hai deciso proprio ora?” chiese.
Rea alzò la
testa e lo guardò.
“Ora sono felice davvero e so che non sono sola. Fino a
qualche mese fa non lo sapevo e questo perché sono scema, lo so. Però… voglio
sentire di poter affrontare i problemi col sorriso, come mi ha detto Antonio, e
queste… non mi servono più” spiegò passandogliele.
Jason se le
rigirò un po’ in mano, poi annuì.
“Allora buttiamole” decise, alzandosi.
Fabio
intrecciò le sue dita a quelle della ragazza e le sorrise felice.
“Sono fiero di te” le disse.
“Anche io lo sono” ammise lei, appoggiandosi alla
sua spalla.
Aveva voglia
di piangere di gioia, era una sensazione mai provata prima e la fece stare
bene. Le persone che aveva davanti erano finalmente quelle giuste, non si
sentiva più inadeguata o fuori posto, era solo sé stessa, al posto giusto al
momento giusto.
Sospirò e
sorrise.
“Grazie” sussurrò, quando suo padre tornò a tavola.
Non la sentì nessuno, ma andava bene così: solo lei sapeva come mai stava
ringraziando e nessun altro avrebbe mai dovuto saperlo.
Eccoci (finalmente :P) alla fine di questa
long!!! Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno dato sostegno per
iniziare, continuare e finire di scrivere questa storia! In primo luogo la mia
amica Emma che, quando si parla di efp, passa le giornate
in attesa che io mi decida a scrivere e rimane sveglia fino a tardi pur di
aspettare che io le mandi un capitolo! Grazie Emma!
Poi vorrei ringraziare tutti quelli che hanno
inserito la storia tra le seguite, tra le ricordate e addirittura tra le
preferite!
Infine, vorrei ringraziare infinitamente tutti
quelli che hanno recensito: leggere le vostre recensioni mi rende davvero felice!!!
Qui su efp si incontrano persone davvero carine!
Dunque GRAZIE ChibiRinChan,
oleander97,
chiara__05,
ALEXISsimpleandclean,
williamilsanguinario,
_Fran_, EdxWinry 4ever, misakisan,
Hailiswords,
_Kiriku_ & Thefoolfan!
Grazie
davvero!
Rea