The
Revenge
I suoi
antenati avevano formato un piccolo ma temibile esercito, divenuto
famoso per
le stragi che compiva vagando per le campagne e massacrando tutti i
nemici che
incontrava sul suo cammino [...]
E così erano stati chiamati "Hashashin". Il loro nome era
diventato sinonimo di morte in quasi tutte le lingue del mondo e aveva
dato origine al termine "assassino".
Dan
Brown
"Angeli
e Demoni".
Prologo
L'Inganno
Il cielo
notturno senza stelle fissava ostile i tre uomini incapucciati,
appollaiati a
mo' di avvoltoi sul davanzale della finestra dell'ignaro signorotto,
che
dormiva avvolto nelle coperte di seta ottenute con la truffa e
l'inganno, come
d’altronde anche tutti gli altri beni che possedeva.
-Xavier, sei
pronto?
Il ragazzo
annuì, strofinandosi la mano, un gesto che ormai gli era
divenuto abituale.
-Voglio la mia
vendetta e la voglio adesso!
Il più anziano
degli uomini fece scorrere l'indice sull'elsa della lama celata,
attento
a non sfiorarne i bordi.
-Potrei
chiederti la stessa cosa, Chase Hook.
-Ruffus, non
dovevi aiutarci?
-Vi ho
cresciuto, ragazzini, vi ho resi ciò che siete. Non voglio
che il frutto della
mia vecchiaia venga abattuto stanotte.
Xavier lo guardó
con una simpatia non lontana dall'affetto, e si figuró il
suo volto
rassicurante ricoperto dalla peluria castana sbiancata in diversi punti
dalla
canizie, che aveva imparato a conoscere nei minimi particolari.
-Abbi fiducia in
me, maestro.
Ruffus sorrise:
-Lo sai che non
sono degno di tale titolo.
-Lo sei
più di
tanti altri.
Chase
sospirò:
-Possiamo
procedere?
-Da' pure il
segnale.
Il
giovane assassino sguainò lo stiletto e fece riflettere la
luce lunare sulla
lama argentea facendo in modo che venisse proiettata in un vicolo
inghiottito
dall'oscuritá, le cui ombre si mossero al comando.
Xavier
ridacchió, assaporando l'imminente fine dei suoi antichi
avversari, e infiló
una spilla nella serratura della grande finestra a due battenti, che
cedette
subito.
-Chase,
va' subito nella biblioteca e recupera la pergamena, io, Cesare e
Marcello
sorveglieremo l'ingresso. Xavier... Buona fortuna.
-Fortuna?
Mi ha abbandonato tanto tempo fa.
Ruffus
gli posò una mano sulla spalla:
-L'Ordine
non ti abbandonerá mai- promise e scomparve nella notte.
Xavier
avanzò con estrema cautela nella camera da letto arredata
secondo i costumi dei
nobili dell'epoca, e provó un forte disgusto davanti a tanta
opulenza.
"La
cittá pullula di braccianti e senzaterra che ammazzerebbero
per un pezzo di
pane. Stanotte ammazzeró te, per avere
tolto tutto a quella gente...Per
avere tolto tutto a me! "
La
brezza estiva faceva muovere le tende come se fossero dotate di vita
propria, penetrando
nel mantello dell'assassino e facendolo rabbrividire dal freddo e
dall'eccitazione per la carneficina che avrebbe compiuto a breve. Mosse
tre
flebili ma sicuri passi verso il baldacchino dove stava dormendo la sua
vittima
e sorrise al pensiero della sua gola squarciata, della giustizia che
finalmente
sarebbe stata fatta.
"Ho
aspettato questo momento per anni".
Uno
schiocco secco e metallico accompagnó l'attivazione della
lama celata, che
brilló di luce sinistra, come se anche l'arma attendesse
impaziente di tagliare
la carne dell'uomo addormentato.
Xavier
scostó la tenda del baldacchino e posó lo stivale
accanto al guanciale, per
avere un punto d'appoggio sufficientemente stabile.
"Addio,
lurido Templare!"
Xavier
sferró un solo fendente, laddove si doveva trovare la gola
della vittima, ma il
materiale che taglió era di consistenza del tutto diversa
dalla carne umana.
Un
turbine di piume si sollevó in aria, riempiendo la stanza di
bianco.
-Che
cazzo...?!
Poi
qualcosa di grosso strattonó Xavier per il cappuccio,
scaraventandolo contro la
credenza dove sbatté malamente la testa.
-Cosa
credevi di fare, ragazzino?
L'assassino
tentó di rialzarsi, ma la contusione lo aveva stordito.
-Pensavi
davvero che fossi cosí ingenuo da farmi uccidere nella mia
stessa casa? Da non
sospettare i vostri piani ridicoli?
Xavier
boccheggió, ma l'uomo gli assestó un calcio nelle
costole.
-Stanotte
sarai tu a morire, Xavier Solemann. Ti uccideró, proprio
come noi abbiamo ucciso
tuo zio!
Il
ricordo rievocato dale parole dell’uomo arrivó con
la stessa letale precisione
di un fulmine...
-Zio! Cosa vi hanno fatto?
Il vecchio era allo stremo, non sapeva come
dire al
ragazzino dai capelli color sabbia che se ne stava andando, non sapeva
chi si
sarebbe preso cura di lui.
-Avvicinati...
Il ragazzino aveva gli occhi pieni di lacrime:
-Zio, vi prego, alzatevi! Dobbiamo andarcene da
qui!
La neve tutt'intorno era una poltiglia rossa,
cadaveri erano sparsi ovunque e nel bosco si nascondeva ancora quella
donna
orribile dallo sguardo crudele...
-Dammi la mano, nipote.
Lui tiró su col naso e porse la mano
sinistra allo
zio, per ricevere la sua ultima benedizione.
-Che tu possa avere una vita lunga e felice.
Rendi
onore alla tua famiglia, da' gloria al nostro nome come io e tuo padre abbiamo fatto prima di te,
combatti per la
Luce e la Giustizia e che questo marchio ti ricordi sempre chi sei.
-Zio io non capisco!
Il morente non rispose, ma chiamó a
se le ultime
forze per raccogliere da terra il suo pugnale...
Ed infilarlo con forza nella carne del ragazzo,
per
incidervi il suo futuro.
-AAAAAAAAAHHHHHH!!!
Il ragazzino si afferró la mano, per
contrastare il
dolore e fermare l'emorragia.
-Zio...Cosa mi hai fatto? Zio? Ti prego
rispondimi!
Zio Rapier...?Zio?! ZIO!
Tremando, il ragazzino scoprí la
ferita per
guardarla meglio, solo per desiderare poi di non averlo mai fatto.
In mezzo ai fiotti di sangue, rosso come la
rabbia
che s'impossessó del giovane, spiccava chiaro il simbolo
degli Assassini...
Note dell'autrice
Ciao, sono Irina de
Liben e come prima storia qui su EFP ho pensato di pubblicare quella a
cui tengo di più, ovvero la storia della vita da Assassino
di Xavier Solemann a vent'anni circa dalla morte di Ezio Auditoire,
alla cui figura mi sono ispirata per modellare quella di Xavier che, da
ragazzino rabbioso ed assetato di vendetta diventerà uno dei
più grandi assassini della storia dell'Ordine.
Spero
vi piaccia e...
Nulla
è reale, tutto è lecito!
Irina de Liben.
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