Insomnia
Felicity
inserì la chiave nella toppa del suo appartamento, cercando di fare
meno rumore
possibile. Entrò nell’ingresso e chiuse la porta a doppia mandata, con
tanto di
chiavistello.
Si
tolse le ballerine e si massaggiò il collo, mentre Bill Cates le si
avvicinò;
miagolò e si strusciò alle caviglie.
«A
chi va un po’ di latte caldo?» Si accucciò e accarezzò il gatto.
L’orologio
digitale del piccolo ingresso segnava le due e un quarto del mattino e
Felicity
non appena raggiunse la camera da letto, si gettò di peso sul materasso
senza
nemmeno struccarsi e svestirsi.
Continuando
di questo passo, dovrò
ordinare quintali di fondotinta.
Tra
i turni all’IT-department della Queen Consolidated – il suo reale impiego – e gli straordinari giù
alla vecchia fabbrica di Oliver, Felicity non aveva più un attimo di
tempo
libero per sé.
Bill
le fu accanto e cominciò a ronfare.
Felicity
sospirò e si decise ad andare a dormire.
Si
era spazzolata i capelli, aveva posato gli occhiali sul comodino lì
accanto e
finalmente, senza pantofole, pregustava almeno quattro ore buone di
sonno, in
piena tranquillità. L’indomani la sveglia delle 6.30 avrebbe trillato
senza
sosta, ricordandole per quale motivo si era laureata in Ingegneria
Informatica
a ventiquattro anni appena.
«Buona
notte,» disse a Bill, carezzandogli la testa e grattandolo dietro
l’orecchio
destro.
Si
accoccolò, stringendo il cuscino tra le braccia, e chiuse gli occhi.
Cinque
minuti di assoluto silenzio, dopodiché qualcosa vibrò rumorosamente
accanto al
suo letto e Felicity spalancò gli occhi di soprassalto.
L’I-phone
sul comodino si agitava e si illuminava ad intermittenza, cercando di
attirare
la sua attenzione. Cercò immediatamente gli occhiali da vista, senza i
quali
era cieca come una talpa, e li inforcò per leggere il display.
“Boss”
Felicity
imprecò silenziosamente.
«P-Pronto?»
incespicò, poi si schiarì la gola.
«Felicity.»
Il
modo in cui Mr. Queen pronunciava il suo nome le lasciava sempre una
serie di
brividi alla base della colonna vertebrale.
«Ti
ho svegliata?» le chiese, gentilmente.
Sentiva
la gola un po’ secca. «S-Sì, cioè no.» Cominciava male. «Mi ero
appisolata, ma
nulla di profondo. Non ero nemmeno entrata nella fase REM, si può dire
che ero
nel dormiveglia, vigile.»
Dall’altro
capo del telefono si udì uno sbuffo di una risata.
Cos’era,
un giullare?
«Capisco,
e mi rincresce disturbarti ancora…» continuò.
C’era
puzza di guai nell’aria. «John è riuscito a recuperare la pen-drive di
Kevin
Malloy, un ex dirigente della Queen Consolidated, il cui nome appare
sulla
lista. Solo che-»
«È
criptata,» lo anticipò lei.
«Già.
So che è tardi e che sei andata via poco fa, ma è davvero urgente. Non
te lo
chiederei se non lo fosse, Felicity…»
Ed
ecco che pronunciava di nuovo il suo nome, in quel
modo.
Desiderò
di non aver mai accettato di entrare nel “Team” del Vigilante, visto
che
toccava sempre a lei rimanere chiusa in quel bunker, mentre il suo capo
e
Diggle si dividevano le parti più divertenti delle missioni.
Per
una volta vorrei scoccarla io la
freccia.
E
quale sarebbe il tuo bersaglio?
Felicity
cancellò dalla mente l’immagine di lei che trafiggeva il suo capo con
una
freccia e poi si stendeva senza tante cerimonie sulla scrivania per
dormire
sino all’indomani.
«Arrivo,»
concluse. Scostò le coperte, ma fece soffiare un Bill irritato.
Ennesima
notte insonne.
La
mattina successiva era uno zombie.
Ronda
si avvicinò rumorosamente alla sua postazione, moltiplicando il mal di
testa di
Felicity con quei tacchi rumorosi.
«Non
hai una bella cera, Fel,» constatò, dopo aver sorseggiato un’Orange
juice.
Maddai.
«Sì,
ho mal di testa,» rispose semplicemente e si massaggiò le tempie.
Era
rimasta fino alle cinque del mattino su quella pen-drive, utilizzando
qualsiasi
codice decriptante avesse a disposizione. Alla fine, aveva invertito
due
stringhe ed era riuscita a tirar fuori i dati contenuti nel dispositivo.
Ronda
tirò fuori un ghignetto. «Insomma, chi era?» chiese maliziosa.
«Chi?
Cosa? Dove?» domandò a raffica, confusa.
La
sua collega, alle volte, era più difficile da interpretare di un codice
morse.
«Non
fare l’ingenua, tesoro.» Le posò un’unghia laccata di rosso sulla
camicetta.
«Si vede lontano un miglio che hai l’aspetto di chi ha passato tutta la
notte
fuori con un uomo.»
Veramente
erano due,
si ritrovò a pensare Fel.
«Si
è trattato solo di lavoro,» ammise tranquillamente, ma il sorriso di
Ronda si
allargò raggiungendo entrambe le orecchie.
«Suvvia!
Chi era? BrAian del settore 12? Kevin del 15? Il ragazzo che porta la
corrispondenza?» chiese tutta eccitata.
Felicity
si massaggiò le tempie con più intensità.
Le
stava scoppiando letteralmente la testa e non vedeva l’ora di stendersi
sul
letto e concedersi qualche ora di sonno meritato.
«Ho
capito, è un amore segreto,» concluse, soddisfatta. «Non me la prendo,
quando
ti sentirai pronta, mi troverai alla scrivania. Sono felice che
finalmente
anche tu sia uscita dal tuo stato di zitellaggio.»
Felicity
sgranò gli occhi. «Prego?»
Ronda
fece spallucce. «Beh, sei giovane, è strano che tu non abbia qualcuno
con cui
passare il tempo e che passi le tue serate a lavorare.
In un ufficio così piccolo… le voci corrono.» Detto
questo sculettò allegramente verso la sua postazione.
La
guardò allontanarsi con un’espressione sconvolta. Se non fosse stata
così
stanca, di sicuro avrebbe reagito diversamente.
Non
era colpa sua se tra l’IT e il Vigilante aveva sì e no il tempo di
farsi una
doccia!
Rimase
a pensare per tutto il giorno, persino durante la pausa pranzo.
Possibile che
tutti la considerassero troppo giovane per essere ancora single?
In
fondo, era una sua scelta: l’università, l’impiego alla Queen
Consolidated e
infine la sua “missione” di recupero di Walter.
Aveva
fatto un patto con sé stessa e tutto questo non le dava tempo di
relazionarsi
con l’altro sesso. In più, non riusciva nemmeno a concedersi un po’ di
sonno.
Si
stava trascurando.
Felicity
si alzò d’improvviso dal tavolo della mensa, attirando su di sé lo
sguardo
degli altri colleghi. Di recente aveva ricevuto un invito ad uscire da
parte di
Brian, ma a causa dei suoi mille impegni aveva gentilmente declinato.
Adesso
le sembrava la cosa più sciocca che avesse mai fatto.
Si
diresse proprio dal diretto interessato, con passo sicuro. «Brian?»
L’uomo
le sorrise e si alzò per educazione.
L’idea
di uscire per un appuntamento la terrorizzava, visto che era da quasi
due anni
che non aveva contatti di quel genere con l’altro sesso, ma Felicity
decise di
zittire le malelingue che giravano in ufficio.
Fu
ben attenta a notare lo sguardo di Ronda su di sé.
«È
ancora valido quell’invito?» chiese, con voce roca.
Brian
sorrise e si portò nervosamente una mano dietro la nuca, impacciato.
«C-Certo.
Alle sette va bene? Ceniamo fuori.»
«Perfetto.»
Si dileguò dalla mensa come se non avesse fatto altro nella vita che
ancheggiare.
Lavorare
ad un nuovo sistema di sicurezza anti-hacker per i computer presenti
nel covo
del Vigilante avevano distratto completamente Felicity dal nervosismo
pre-appuntamento.
Tornando
a casa, si era quasi pentita di quella scelta, poi però Oliver l’aveva
contattata
di nuovo e lavorare con codici html e microchip la rilassarono.
«Come
va?» Oliver la fece sussultare.
Felicity
si sistemò gli occhiali sul naso. «B-Bene, ho quasi finito.»
Automaticamente
controllò l’orologio, in modo quasi ossessivo.
«Devi
andare da qualche parte?» le chiese Oliver, con quel suo solito sorriso
rassicurante.
Non
sapeva cosa rispondere. «Uhm,» temporeggiò. «Credo di avere un
appuntamento.»
Oliver
ridacchiò. «Credi?»
Felicity
si diede dell’idiota. Non capiva il motivo per cui quando parlava ad
Oliver
Queen finiva sempre per impappinarsi o sembrare una completa deficiente.
Eppure
le succedeva di rado.
«Sì,
ehm, cioè…» arrancò. «Mi hanno chiesto di uscire ed io ho accettato.»
Tornò
a picchiettare i tasti del computer, mentre Oliver la fissava
insistente.
Felcity ebbe come l’impressione che fosse infastidito.
«E
riuscirai a finire il lavoro in tempo?»
Lei
annuì. «Mi manca davvero poco, poi ho detto a Brian di passare a
prendermi qui.
Cioè, poco distante da qui,» si corresse.
Gli
occhi azzurri di Oliver divennero enormi. «Gli hai parlato di questo
posto?»
sbottò arrabbiato.
Felicity
lo guardò sorpresa. «No!» protestò subito, dimenticandosi che quello di
fronte
a lei era pur sempre il suo capo. «Non sono così sprovveduta! Gli ho
chiesto di
incontrarci alla tavola calda di Carly, che è poco distante da qui!»
In
nemmeno mezzo secondo si erano messi ad urlare.
«A
che ora dovrebbe arrivare?» chiese lui, composto.
Felicity
fissò l’orologio per la quarantesima volta. «Tra un quarto d’ora,
circa. Alle sette
era l’appuntamento.»
Oliver
controllò il telefono, poi tornò ad incrociare il suo sguardo. «Diggle
mi ha
detto di aver trovato un nuovo software da analizzare. Credi di poter
spostare
la tua serata galante?»
Lei
strabuzzò gli occhi. «Dici sul serio?»
La
guardò come se fosse ovvio. Lui non scherzava mai.
L’idea
di boicottare l’appuntamento un po’ la risollevava, visto che la
stanchezza
della notte insonne cominciava a farsi sentire, e anche tanto. Il
problema era
che lei aveva il sospetto che Oliver lo facesse di proposito ad
oberarla così
di lavoro.
«Non
credo,» concluse seria. «Ormai Brian sarà già in macchina per venire
qui.»
Calò
il silenzio nella stanza. Nessuno dei due osava aggiungere qualsiasi
parola.
Felicity
allora si alzò in piedi, conscia di doversi almeno dare una sistemata
nel bagno
del locale di sopra, così si diresse alla porta blindata, per
introdurre il
codice e poi uscire.
137568.
Ma
la porta non emise alcun “bip”.
Guardò
la serratura perplessa, digitando nuovamente la serie di numeri per
paura di
aver sbagliato, ma non c’era verso di aprire quell’uscio.
«Credo
sia bloccata,» sorrise Oliver. Sì, ancora quel sorriso all’apparenza
innocente.
Fu
allora che Fel comprese che il suo boss le aveva rifilato lo stesso
scherzetto
che qualche giorno prima lei gli aveva fatto.
«Mr.
Queen,» mormorò, seria.
Oliver
si sedette sul bordo della scrivania, incrociò le braccia al petto fino
a
gonfiare, quasi senza volerlo, i bicipiti.
«Te
l’avevo detto, che non eri l’unica a saper forzare il sistema di
sicurezza,» la
rimbeccò.
Felicity
alzò un sopracciglio. «Mi sta trattenendo contro la mia volontà?»
chiese.
«Potrei sporgere denuncia…»
Stava
davvero minacciando il suo capo? Il suo boss-barra-Vigilante arco e
frecce?
Stranamente
l’altro parve addirittura compiaciuto di quella sua presa di posizione.
«Felicity,»
disse. Oh quel nome come suonava bene
detto dalle sue morbide labbra. «Ormai sei complice in due
omicidi e tre
estorsioni, davvero vogliamo mettere in mezzo la polizia?»
Alla
fine comprese che non c’era molto da fare e che in fondo, lo ammise
anche a sé
stessa, l’idea di saltare quell’appuntamento la sollevava e non di poco.
«Avvertirò
Brian,» disse, tirando fuori il telefono. «Gli dirò che c’è stato un
imprevisto
a lavoro e che devo rimanere sotto diretto ordine di Mr. Queen in
persona.»
Oliver
le fu dietro come un’ombra. «Mr. Queen era mio padre, Felicity,»
sospirò.
«Digli che Oliver Queen ti ha costretto a rimanere un’ora in più a
lavoro.»
E
così fece, ubbidiente come qualsiasi impiegata modello.
Anche
se lei lavorava sia per l’Oliver erede della Queen Consolidated, sia
per quello
con maschera e cappuccio.
mi
dispiace molto, fel.
di
sicuro possiamo organizzare un’altra volta.
non
stancarti troppo,
brian.
Lesse
il messaggio con un po’ di rimorso, soprattutto perché non aveva
lottato poi
molto per difendere un appuntamento a cui lei stessa aveva dato il via.
Oliver
le gironzolava attorno come un avvoltoio. «Ha ricevuto il messaggio?»
s’informò, forse con un tono un po’ troppo invadente.
Anche
se si trovavano nel covo del Vigilante, il loro rapporto doveva
rimanere
distaccato.
Doveva.
«Sì,
organizzeremo per un’altra sera,» tagliò corto, tornando a dedicarsi a
quel
software anti-hacker.
Felicity
avrebbe tanto voluto che Oliver cominciasse ad allenarsi, a lanciare
oggetti o
a volare da una parte all’altra dello scantinato. E non perché lo
faceva sempre
senza maglietta.
Okay,
quasi.
Le
dava una strana sensazione l’essere controllata e marcata così stretta,
soprattutto dopo quello che si erano detti l’un l’altra poco prima.
«Dunque,»
iniziò. «Questo software che Mr. Diggle ha rinvenuto…?» gli chiese,
indagando
sul motivo per cui lui continuava a tenerla prigioniera in quel covo
umido.
Oliver
la guardò con quei suoi glaciali occhi azzurri. «Sta arrivando, non
preoccuparti.»
Ammesso
che esista sul serio,
si ritrovò a pensare.
Il
sospetto che il suo stesso capo si fosse inventato tutto pur di
trattenerla
ancora per ore extra di lavoro si insinuò nella sua mente.
Sorvolò
e continuò a lavorare, fino a quando una serie di sbadigli non le fece
lacrimare gli occhi impedendole di continuare il suo operato. Era
stanca, anzi,
esausta.
Aveva
dormito sì e no sei ore nell’arco di due giorni e non faceva quel tipo
di
nottate bianche nemmeno durante la sessione invernale degli esami
all’università.
«Sei
stanca,» asserì Oliver.
«No,»
mentì lei, prontamente. «Sono solo un po’ provata, tutto qui.»
Oliver
le camminò attorno, osservandola come un uccello da caccia. «Mi rendo
conto che
in questi giorni ti ho chiamata anche nel cuore della notte, e mi
dispiace,»
disse sincero. «Sono a tanto così dal catturare Mr. Malloy e non voglio
rinunciarvi proprio adesso.»
Poi
lasciò passare qualche minuto di silenzio. «Mi dispiace che anche
stanotte
farai tardi, se vuoi lì c’è una branda. Potresti riposare fino
all’arrivo di
Dig.»
Felicity
seguì con lo sguardo il posto indicato da Oliver.
In
effetti, un riposino di qualche minuto era certo le avrebbe giovato,
altrimenti
si sarebbe addormentata sui nuovi algoritmi del software di Mr. Diggle.
L’idea
di dormire nella stessa stanza del suo capo, però, la lasciava
perplessa.
«Mh,
no grazie. Sto bene così,» ridacchiò nervosa.
L’ennesimo
sbadiglio, però, la tradì.
Lo
sguardo severo di Oliver fece il resto, così fu costretta ad alzarsi,
stiracchiarsi
e a dirigersi verso la branda. «Riposerò soltanto gli occhi,» sentenziò
sicura.
L’altro
avvicinò una sedia. «Ti sveglierò non appena arriva Diggle.»
Si
scambiarono uno sguardo di assenso, dopodiché Felicity si rannicchiò su
se
stessa accomodandosi meglio su quel giaciglio meno scomodo di quanto
avesse
pensato.
Avrò
riempito la ciotola di Bill?
Si trovò a domandarsi. E il gas? Sarà
chiuso?
Le
mille e più domande che le affollarono la mente, svanirono dopo che
ebbe
socchiuso le palpebre. Era talmente stanca che non si accorse nemmeno
di Oliver
che le adagiava una coperta addosso, per poi sedersi sulla poltroncina
lì di
fianco.
***
John
Diggle rientrò a mezzanotte inoltrata, dopo essersi infiltrato
nell’ufficio di
Malloy ed aver recuperato il software a Seattle. Era stato un viaggio
lungo,
stancante, e John non vedeva l’ora di potersene tornare finalmente a
casa e
godersi un po’ di riposo.
«Oliver?»
provò, una volta entrato nel covo.
Era
strano che ad accompagnare il silenzio di quel posto, non ci fosse
alcun
rumore. Di solito, sentiva i bastoni di legno picchiettare tra loro,
oppure gli
ansiti del suo capo che si allenava duramente come se non avesse altro
obiettivo nella vita.
Invece
c’era solo silenzio.
Di
tanto in tanto udiva qualche bip dei mega-computer presenti nella
stanza, ma
quando fu abbastanza vicino capì il motivo di quella quiete.
Vide
Felicity – il nuovo acquisto della compagnia – che dormiva beata sulla
branda
per i ricoveri e Oliver che sonnecchiava sulla poltrona, accanto a lei.
John
inclinò la testa da un lato e sorrise.
Vedere
Oliver così tranquillo lo turbava quasi. Era più che sicuro che se
avesse fatto
un altro passo, si sarebbe svegliato di soprassalto con un coltello
alla mano,
nascosto chissà dove.
Perciò
non si mosse.
Continuò
a godersi lo spettacolo di due persone che, per quanto forti
caratterialmente
potessero essere, alla fine si arrendevano alla stanchezza del fisico.
E
no, John non ebbe la forza di svegliarli. Davvero, non ci riuscì.
The
end.
Ebbene sì. Un'altra feliver.
Giusto per "colmare" il vuoto lasciato dall'interminabile pausa primaverile
che si sono presi quei sadici della CW (ridatemi pure supernaturaaaal!
*piange*). Ora cercherò di fare la seria (forse), comunque, Oliver mi è
uscito un po' OOC, lo ammetto e me ne pento. L'idea - discussa con
quella saggia Tonna di Vannagio
- era quella di un probabile appuntamento con BrAian, un personaggio di
quest'altra ff
, e vedere come Oliver si comportava di conseguenza, vedendo
Felicity non più a sua completa disposizione ma finalmente "impegnata"
con qualcun altro.
Beh, spero almeno di avervi strappato una risata.
Il pov di John alla fine l'ho adorato, anche perché amo segretamente
Diggle :33
Ronda ormai è diventato un personaggio fisso nelle mie ff e prima o poi
le donerò un aspetto preciso, così da creare un bel fandom di OC
attorno a questa meravigliosa serie tv.
Detto questo, shippate feliver a più non posso.
Baciotti, Marty.
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