Il sapere.

di Io sono di legno
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Lo sapevamo a Novembre,
Lo sapevamo dall'ospedale.
Lo sapevamo quando la mamma è corsa lì
Ed è tornata con l'aria stanca
Di chi sa che soffrirà.
Lo sapevamo il secondo giorno
Quando vi abbiamo guardati, io e mio fratello,
E abbiamo detto con sicurezza:
"È malato e morirà, vero?".
Lo sapevamo con coraggio,
Lo sapevamo fino a consumarci.
Lo sapevamo a Dicembre,
Quando è tornato a casa
E tutti facevano finta che fosse perfetto.
Lo sapevamo anche mentendo,
Lo sapevamo anche sorridendo.
Lo sapevamo anche se speravamo.
Le visite, lo sapevamo nelle visite.
Lo sapevamo dalla voce, dalle parole,
Dalla sua non-esistenza.
Lo sapevamo perché era palese.
Lo sapevamo a Gennaio,
Quando il cervello schedava il dolore
E cercava di prepararsi, quando il cuore
Dava il tempo al dolore.
Lo sapevamo a Gennaio,
Quando passavo ore, giorni, minuti,
Per vederlo, ridere.
Lo sapevamo a Gennaio,
Quando ottenevo flebili risposte
E fugaci sorrisi.
Ma lo sapevamo soprattutto a Febbraio,
Quando è scomparso.
Lo sapevamo tra lacrime tenute lucide sugli occhi,
Tra abbracci e silenzi troppo lunghi.
Lo sapevamo da forti, da lottatori, da belve.
Lo sapevamo da famiglia che a piangersi addosso
Non ha mai pensato.
Lo sapevamo con la consapevolezza
Del dolore che va e che viene,
Del dolore non consumato abbastanza.
Lo sapevamo perché purtroppo
A volte ritornano i ricordi.
Dolorosi.
Faticosi.
E ancora vivi.





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