Note
autrice: Eheheheh,
ma salve ^^! Questa, amiche mie, è una piccola sorpresina
per aver
raggiunto la quota di ben 100 – anzi, 101 ;) - recensioni
nella
storia “la Quercia e l'Iris”: se ho raggiunto un
simile numero è
solo grazie a VOI, che avete la pazienza di leggere ciò che
scrivo,
che aspettate i capitoli e vi siete affezionate alla protagonista e
ai personaggi. Perciò, questo piccolo – e spero
– simpatico
tuffo nel passato ve lo dedico con tutto l'affetto che provo e che
non riuscirò mai ad esprimere a parole!
GRAZIE,
a tutti! :* :*, anche a coloro che leggeranno questa piccola storia
senza pretese ^^
La
festa dell'Estate
Faceva
caldo, molto caldo.
Persino
laggiù, nelle profondità della Montagna Solitaria
era giunta la
calura, lasciando gli abitanti di malumore e spossati; anche i nani
che lavoravano nelle fucine ne risentivano e, nonostante la loro
tempra forte e la corazza dura, risalivano i gradini di pietra
più
affaticati che mai, giorno dopo giorno.
Lei
lo sapeva.
Le
piaceva osservarli, anche se erano ricoperti di sudore e fuliggine;
li invidiava, perché si rendevano utili per il loro popolo.
Lei era
troppo piccola e femmina
per
farlo: in più, apparteneva ad una famiglia nobile, e non le
erano
permesse molte cose.
Tipo
compiere quello che aveva progettato durante la notte.
Svoltò
una seconda volta, entrando nell'ala del palazzo appartenente alla
famiglia reale: stranamente non scorse nessuno lungo il cammino, ma
impose ai suoi piedi di muoversi veloci per raggiungere in fretta la
stanza; finalmente, si ritrovò davanti alla porta di legno.
Bussò
piano e, poco dopo, le venne dato il permesso d'entrare.
<<
Che fate? >> chiese curiosa, vedendo i suoi amici stesi a
terra.
<<
Nulla >> borbottò il più grosso dei
due, gli avambracci
scoperti sotto il capo << ed è una noia!
>>.
Si
sdraiò accanto all'altro ragazzino; la guardò
brevemente, poi gli
occhi azzurri tornarono a posarsi sul soffitto.
Rimasero
in silenzio per un po' finché lei, stanca della situazione,
propose
il suo geniale piano.
<<
Ho un'idea! >> esclamò allegra: i due amici la
guardarono
alzando un sopracciglio, ma l'ascoltarono curiosi.
<<
Invece di rimanere qui a far niente, perché non andiamo a
fare un
giretto a Dale? Oggi è giorno di festa! >>.
<<
Che genere di festa? >> le chiese Thorin.
<<
Quella dell'estate! >>.
<<
Che noia >> ribadì Dwalin, il più
grande dei tre.
<<
Ma se non ci sei mai andato! >> protestò la
piccola, sul
piede di guerra.
<<
Tu sì? >>.
Karin,
a quelle parole, arrossì << Io...
bé, sì. Una volta, l'anno
scorso >>.
<<
Ti sei divertita? >> volle sapere Thorin, togliendola
dallo
scomodo impiccio di doversi giustificare.
Le
si illuminò il volto << Moltissimo! Ci sono un
sacco di
persone, tanti giochi da fare e cibo a volontà
>>.
<<
Oh bé, perché non l'hai detto subito? Se
c'è il cibo, allora... >>
Dwalin si tirò a sedere, guardando gli altri due rimasti
ancora a sul pavimento, alla ricerca di un po' di frescura
<< Bé, andiamo? >>.
<<
Seriamente? >> chiese cauta Karin << Non
scherzavi? >>.
<<
Mai stato più serio! Anche se odio già la
confusione che troveremo,
non vedo perché non possiamo andare a fare due passi. Tu che
ne
dici? >>.
Thorin
rimase in silenzio a pensarci, sentendosi preso in causa: anche se vi
era una lieve differenza d'età tra i due, Dwalin lo
rispettava e
teneva in gran conto la sua opinione, avendo un carattere decisamente
più irruento e meno pacato del giovane nano; ed era sempre
lui ad
avere l'ultima parola per qualsiasi questione, anche se non sapeva se
derivasse o meno dal fatto che, in futuro, sarebbe diventato il suo
re.
Pensò
che, in fondo, non ci sarebbe stato nulla di male ad accontentare
Karin – già fin troppo euforica. D'alta parte,
però, dovevano
fare molta attenzione: specialmente a lui non era proprio permesso
d'andarsene a zonzo, spensierato e incurante dei pericoli.
Aveva
una mezza idea di troncare la proposta, ma un'ultima occhiata al
volto acceso d'emozione dell'amica gli fece cambiare opinione.
<<
Va bene. Però torneremo presto! >> disse,
facendole capire
quanto fosse serio.
Lei,
a sorpresa, annuì convinta; erano rare le volte in cui non
obiettava.
<<
Paura dei rimproveri, eh? >> scherzò Dwalin,
tirandogli una
gomitata sul braccio.
Thorin
sorrise brevemente, ricacciando la smorfia di dolore <<
Prova
una sgridata di mio padre, poi vediamo come reagisci! >>
disse,
tirandogli una manata sulla spalla.
<<
Il principe Thorin che ha paura di suo padre! Davvero pieno di
coraggio, non c'è che dire >> lo
canzonò l'altro, ricevendo
una dura occhiata.
Mai provocare il
principe, dandogli del codardo.
<<
Umph, dici così perché vieni sgridato da tuo
fratello e la passi
sempre liscia >>.
<<
Queste, amico mio, si chiamano fortune >>.
Karin
alzò gli occhi al cielo, esasperata, quando iniziarono a
litigare su
chi fosse il più fifone dei due.
Di
questo passo si sarebbero persi tutta la festa, rimanendo lì
a
battibeccare!
<<
Avete finito? >> gridò, per sovrastare le voci
sempre più
alte << Fuori di qui, ora! >>
ordinò perentoria, le mani
sui fianchi. Thorin e Dwalin ammutolirono stizziti, per poi aprire la
porta ed uscire in corridoio, lanciandosi di tanto in tanto delle
occhiate di fuoco. Che sarebbero scomparse in meno di un minuto.
Davvero,
la ragazzina non aveva proprio idea di come facessero!
Percorsero
il largo corridoio di pietra liscia che li avrebbe portati
all'immensa porta d'entrata di Erebor... o di uscita, in questo caso.
I
nani che incontrarono rivolsero loro brevi cenni col capo, in saluto
al principe Thorin; ma, per fortuna, non incontrarono nessuno di
conosciuto che avrebbe potuto riportarli indietro.
Usciti,
si accorsero subito dell'aumento di temperatura e, mentre alzarono lo
sguardo verso il cielo terso alla ricerca di sole, i suoi raggi li
illuminarono.
Costeggiarono
il fianco roccioso della montagna finché, davanti ai loro
occhi, non
scorsero il fiume che divideva il loro territorio da quello degli
Uomini.
<<
Per passare di là ci servirebbe la barca >>
constatò Dwalin,
venendo interrotto da Thorin.
<<
Eccola là, sta per partire! Presto! >>.
Corsero
come lepri, gridando in direzione dell'uomo che la governava; questo,
scorgendoli, li aspettò, lasciando che il lungo remo di
legno si
conficcasse sul fondo del Fiume Fluente.
<<
Vi ringraziamo, signore >> esordì Thorin, il
volto rosso e il
fiato corto.
L'uomo
si toccò il cappello, per poi sollevare il remo e
trascinarlo avanti
e indietro, a fendere l'acqua cristallina.
<<
Guardate quante persone! >> esclamò Karin,
tendendo un dito
verso la riva.
<<
Tutte qui solo per una festa? >> chiese scettico Dwalin.
<<
Aspetta e vedrai, invece: ti divertirai anche tu, credimi!
>>.
<<
Mmh >> borbottò, non del tutto convinto.
La
barca, con un lieve sussulto, raggiunse la sponda: l'uomo si fece
avanti per primo, tendendo poi una mano ai piccoli amici per aiutarli
a scendere; inutile dire che solo Karin accettò. Gli altri
due erano
fin troppo orgogliosi, decidendo perciò di fare di testa
loro.
<<
Buon pomeriggio, ragazzi >> li salutò, per poi
rimanere ad
aspettare qualche passeggero da ricondurre indietro.
<<
Grazie ancora >> gli urlò Karin, mentre si
affrettava a tenere
il passo sostenuto di Dwalin.
Si
respirava un'aria... diversa, convenne: di gioia, di
festa, di allegria.
Avanzarono
finché non raggiunsero le grandi porte di pietra, unico
accesso di
Dale: nessuno badò a tre giovani nani, quindi poterono
entrare
indisturbati senza dare nell'occhio; d'altronde, come avrebbero
potuto farlo, data la folla?
<<
Ci perderemo, se non stiamo attenti >> disse Thorin,
alzando un
poco il volume di voce, dato il forte brusio << Dwalin,
riesci
ad aprirci un varco? >>.
L'altro
annuì con un sorrisetto compiaciuto, avanzando lentamente;
Thorin si
girò un attimo verso Karin, prendendole la mano.
<<
Non la lasciare, va bene? >>.
<<
Sì, certo >>.
C'erano
davvero moltissime persone che si inerpicavano lungo le affollate
stradine bianche, costeggiando le case di pietra chiara dai tetti
spioventi: sembravano quasi essere state progettate apposta una
più
alta dell'altra, arroccate tra loro sulla roccia della collinetta; le
torri di guardia dal tetto a cupola dorata campeggiavano sopra tutto.
Lassù, alcune sentinelle prestavano un occhio
curioso alla moltitudine di gente e uno poco attento ai confini della
città.
Seguirono
il flusso senza intoppi, arrivando alla grande piazza circolare:
lì
si fermarono di botto, meravigliati; c'erano tante bancarelle dai
tendaggi colorati che ospitavano nei loro banconi ogni sorta di
oggetti artigianali, cibi e fiori di stagione e giocattoli di legno o
di
pezza. La gente si fermava in grossi gruppi da ciascuno di loro,
parlando e ridendo, contrattando per i prezzi o discutendo di affari
o della vita in generale: ogni tanto, dei bambini si rincorrevano
veloci, urlando ed agitando vecchie spade di legno. Le bambine,
invece, erano sedute sul bordo della fontana bianca, intrecciando
fiori di campo per delle coroncine che poi donavano ai passanti o si
scambiavano tra loro, indossandole.
Karin,
di fronte a tutta quella gente, di fronte a tutta quella vita,
non
poté fare a meno di sorridere, stringendo di poco la mano
intrecciata a quella di Thorin. Lui abbassò lo sguardo,
guardandola
senza capire.
<<
Da dove cominciamo? >> le chiese.
<<
Da quella del cibo, ovvio >> disse Dwalin, osservando la
bancarella in questione con
interesse: il suo stomaco non aveva fatto che brontolargli forte da
quando aveva annusato l'aria carica di odori penetranti.
<<
Ma non c'è un po' troppa... Dwalin! >>
gridò forte, per
fermare l'amico: ma inutilmente, se n'era già andato,
sparendo tra
la folla.
<<
E adesso che facciamo? Lo seguiamo? >> chiese angosciata,
gli
occhi neri impauriti.
<<
Sa cavarsela benissimo da solo, grande e grosso com'è
>>
osservò Thorin, accarezzandosi pensoso l'accenno di barba
nera. Poi,
come colto da un'illuminazione, la condusse verso la bancarella dei
giocattoli, schivando le persone e dando alcune gomitate a chi non lo
lasciava passare.
In
effetti, se non ci fosse stata quella calca sarebbe stato
più
divertente girare per la piazza, si ritrovò a pensare la
bambina: le
dava un senso di soffocamento
stare
lì. Inoltre, essendo piccola di statura, gli uomini le
sembravano
giganti pronti ad inghiottirla. Se non ci fosse stato Thorin a
trascinarla, probabilmente avrebbe cambiato idea e se ne sarebbe
tornata a Erebor.
Finalmente
ci arrivarono e fu con una sorta di malumore che si portarono in
prima fila, accanto ad altri bambini curiosi che, come loro,
ammiravano quei giochi; c'era di tutto, dalle bambole ai rompicapo, a
cavalli di legno, a costruzioni colorate che diventavano castelli,
a giocattoli meccanici e piccole armi.
Fu
lì che andarono, nell'angolino dove, in bella mostra, vi
erano
piccole asce, spade, archi e bastoni di legno. Eppure, anche se
costruite con quel materiale povero, a loro sembrarono magnifiche.
Thorin
prese in mano una piccola ascia, osservandola in ogni suo dettaglio:
la rigirò numerose volte finché, con
un'espressione soddisfatta, la
rimise al suo posto.
<<
Davvero bella! >> esclamò sbalordito, gli
occhi azzurri
luminosi e increduli.
<<
Volete qualcosa? >> domandò una voce di fronte
a loro.
Entrambi
alzarono la testa, incontrando il volto di un bambino dai tratti
allegri: era un nano come loro e, a occhio e croce, poteva avere la
stessa età di Thorin. Portava un buffo colbacco col pelo, e
fu
questo aspetto a incuriosire i due amici: non sentiva la calura
estiva? In risposta ai loro sguardi confusi sorrise apertamente,
ripetendo la domanda.
<<
No no, stavamo solo guardando >> rispose Thorin,
scocciato per
aver fatto la figura dello sciocco.
<<
Prima avevamo detto che erano davvero belle come armi >>
si
intromise Karin, sorridendo a sua volta verso il ragazzino che,
orgoglioso, gonfiò il petto.
<<
Grazie, signorina! Modestamente, sono opera mia! >>.
<<
Davvero? >> esclamarono in coro i due: Thorin con tono
scettico, Karin ammirato.
<<
Sicuro, così come mi chiamo Bofur! Anzi, molto piacere!
>>
disse, tendendo la mano destra coperta da un mezzo guanto prima verso
di lei e poi verso il giovane principe, che si presentò a
sua volta.
Bofur,
alla notizia, sgranò gli occhi << E' un vero
onore per me
avervi come clienti! Se c'è qualcosa che v'interessa non
esitate a
dirmelo, tipo >> si guardò attorno pensieroso,
afferrando
proprio la stessa ascia che aveva preso Thorin poco prima
<<
ecco, questa è in assoluto la migliore! Inoltre,
è la mia
preferita, sapete: ma ve la regalo volentieri >> disse,
porgendola al nano.
Thorin,
per tutta risposta, scosse la testa << Tienila pure,
allora: e
ti conviene nasconderla, sennò qualcuno potrebbe volerla!
>>.
Bofur
divenne il ritratto dello stupore e della gratitudine insieme, mentre
faceva passare lo sguardo da Thorin all'ascia, e viceversa.
I
due amici si lanciarono un'occhiata divertita, per poi sorridere al
nano al di là del bancone. << Io... io...
grazie!!! Grazie
infinite, farò come dici! >> la nascose in
fretta a terra, per
poi rialzarsi con un sorriso enorme.
<<
Sentite, perché non ci vediamo più tardi?
Rimanete fino a stasera,
vero? >> chiese speranzoso.
Thorin
si mosse un po' a disagio, ma fu Karin a rispondere per lui
<<
Certo che sì! Potresti unirti a noi: abbiamo un altro amico,
ma ora
non c'è >>.
<<
Karin >> la riprese il principe, lo sguardo serio
<<
ricordi cosa mi hai promesso? >>.
<<
Un bel niente, a dir la verità: non era una promessa, era
solo un
ammonimento! >>.
<<
Che serviva da giuramento! >> la rimbrottò.
<<
Dovevi specificare meglio >> Karin alzò le
spalle, per poi
rivolgersi a Bofur << Tu quando finisci? >>.
<<
Credo mi lascino un po' di tempo verso sera: ci saranno i fuochi
d'artificio alla fine, sapete? Non vedo l'ora di vederli!
>>.
Karin
non aveva idea di cosa fossero, ma sorrise ugualmente di fronte alla
sua euforia << Dove possiamo trovarci? >>
gli chiese.
<<
Anche qui, se per voi va bene. Verso le otto? >>.
A
Thorin mancò il respiro: le otto? Così tardi?
<< Senti, ma non li fanno un po' prima questi... fuochi?
>>.
Bofur
scosse la testa << No. Ma, in fondo, non è
questo il bello
della festa dell'Estate? Si può rimanere alzati fino a
tardi! >>
esclamò contento.
“Non
molto bella, se avresti un padre come il mio” <<
Ehm... già >> si costrinse a dire
<< Bene, allora a dopo
>> salutò, trascinando la ragazzina per la
manica del vestito.
Appena
fuori portata d'orecchi la sgridò come mai aveva fatto
<<
Insomma, Karin! Eravamo d'accordo di tornare in fretta! Hai idea
della strigliata che potremo prendere se capiscono che non ci siamo?
E poi, saranno in pensiero, e la punizione ancora più dura!
Non
potremo uscire per mesi!!! >> sbraitò,
fulminandola con lo
sguardo << Basta, mai più festa d'Estate d'ora
in poi! Anzi,
non ti porteremo più con noi, ti lasceremo da sola!
>> si
bloccò, capendo d'aver esagerato: Karin, infatti, si era
rattristata
ed aveva abbassato la testa.
Alzò
gli occhi al cielo, esasperato e rabbioso: avrebbe dovuto chiederle
scusa, ma le
parole non volevano proprio uscire!
La
condusse verso la fontana, facendola sedere: la guardò
attentamente,
tirando un lieve sospiro di sollievo quando vide che, almeno, non
stava piangendo.
Le
si inginocchiò di fronte, prendendola per le spalle
<< Karin,
adesso vado a vedere dove è andato Dwalin, poi torno. Tu
aspettami
qui, va bene? Non
muoverti
>>.
Karin
lo guardò negli occhi mordendosi il labbro inferiore,
dispiaciuta
per quello che aveva combinato.
Fu
solo capace d'annuire, ma per il principe non era ancora sufficiente
<< Promettimelo, Karin >>.
Fu
il turno della ragazzina di alzare gli occhi al cielo, facendo
sorridere lievemente Thorin.
<<
Va bene, lo prometto! >> sbuffò, sconfitta
<< Contento?
>> domandò, le braccia incrociate al petto.
<<
Eccome, non sai quanto! >> la prese in giro lui,
ricevendo un
pugno sul braccio e un “antipatico!”
detto
tra i denti – che lui, comunque, udì.
Fece
un saluto con la mano e sparì tra la gente, lasciandola
sola.
Inutile
dire che, di lì a breve, si annoiò a morte,
lì immobile. Osservava
la gente che camminava e rideva, i bambini che correvano e si
spingevano, i venditori che parlavano affabili...
E
lei doveva stare seduta,
perché
l'aveva promesso!
Sbuffò
forte, spostando la testa verso destra: venne attirata da una
bancarella dove, in bella mostra, stavano delle grandi mele rosse
rotonde e lucide, conficcate su dei bastoncini di legno. Lo stomaco
le gorgogliò un poco e, siccome ormai era pomeriggio
inoltrato,
sentiva un po' di fame.
Si
guardò attorno, cercando di scorgere un ragazzino dai
capelli neri
lunghi fino alle spalle, o uno più alto dalla stretta
treccia
castano scuro: non vedendo nessuno si alzò, il cuore che le
martellava furioso.
Non
era la prima volta che non obbediva a ciò che le diceva
Thorin: ma,
stavolta, si trattava di una promessa.
Un
giuramento che le sarebbe costato la sua amicizia, se non l'avesse
trovata dove l'aveva lasciata!
Ma
poteva farcela, doveva solo fare in fretta e poi tornare: che male
c'era, dopotutto?
Si
avvicinò rapida appoggiando le mani al bancone di legno,
guardando
quelle mele con tale desiderio che la proprietaria, accorgendosene,
le sorrise sincera.
<<
Vorresti prenderne qualcuna? >> chiese, con voce gentile.
Karin
la guardò un po' timorosa – dato che era una donna
– ma le
rispose con voce ferma e curiosa << Sono mele normali?
Sono così... lucide
>>.
<<
Sono mele caramellate >> rispose l'altra, trattenendo a
stento
una risata alla domanda della piccola nana. Ma le sembrò
poco
cortese, specie se aveva un'espressione così stupita in
volto,
perciò cercò di mostrarsi seria <<
Le hai mai assaggiate? >>.
<<
No. Sono buone? >>.
<<
Altroché! Ma dimmi tu cosa ne pensi >> disse,
prendendone una
bella grande e rossa dal cesto dov'erano poggiate. Gliela porse e
Karin la prese, rigirandosi il bastoncino tra le dita così
da poter
ammirare il frutto.
<<
Su >> l'esortò la donna << non
eri curiosa? >>.
Karin
annuì, poi le diede un morso: gli occhi le si spalancarono
dalla
sorpresa, e guardò la donna con uno sguardo a dir poco
estasiato.
<<
Buone, vero? >>.
<<
Sono così dolci!
>>
esclamò, mordendone un altro po'; poi si ricordò
di una cosa
fondamentale, ed armeggiò con la mano libera per cercare una
moneta.
<<
Tenga, e mi scusi se non gliel'ho data prima >> si
giustificò,
mortificata.
Ma
la donna scosse la testa, trattenendo a stento un gran sorriso
<<
Offre la casa, visto che non le avevi mai provate >>.
<<
Grazie signora! >> evitò di augurarle che la
sua barba potesse
diventare sempre più lunga - anche perché non ne
aveva - quindi si
inchinò brevemente: dopotutto aveva pur sempre sangue nobile
nelle
vene, dopodiché ritornò alla sua postazione
appena in tempo, veloce come un fulmine.
Non
appena si sedette, infatti, scorse Thorin farsi largo tra la calca e
avvicinarsi, da solo. Camminava a lunghi passi, una mano dietro la
schiena.
<<
Chi te l'ha data quella mela? >> chiese sospettoso,
assottigliando lo sguardo.
<<
Una signora che è passata di qui >>
replicò lei, alzando le
spalle come a volersi mostrare innocente.
Thorin
la scrutò un attimo ma poi le sedette accanto,
improvvisamente
imbarazzato.
<<
Ecco, io... non sono riuscito a trovare Dwalin, però... sai,
sono
passato accanto ad una bancarella di fiori e... io, ecco
>>
senza aggiungere altro portò avanti la mano che teneva
dietro la
schiena, porgendole il fiore.
Karin
sgranò gli occhi, stupefatta: emozionata, prese
delicatamente il
fiore per il lungo gambo verde, ammirando i tre grandi petali
violacei ricurvi e quelli più piccoli che stavano
immediatamente
sopra e partivano dalla corolla, dello stesso colore dei precedenti
ma screziati anche di giallo, bianco e nero.
Thorin
aspettava, titubante ed impaziente insieme, di capire se le piacesse
o meno: ma non accennava a parlare!
<<
So che ne desideravi tanto uno, essendo anche il nome della spada di
tuo padre, ma se non lo vuoi... >> iniziò,
burbero, ma venne
fermato dal sorriso smagliante che Karin gli rivolse.
<<
E' bellissimo, Thorin, dico davvero! Io... grazie mille!
>>
sembrò pronta a sporgersi verso di lui per abbracciarlo ma
si
bloccò, assumendo un cipiglio triste.
<<
Non ho nulla con cui ricambiare! >>.
<<
Non serve, davvero. L'ho preso con piacere, sapevo che ci tenevi, e
>> ma, anche stavolta, non riuscì a terminare
la frase.
Karin
si era illuminata di colpo, sventolandogli la mela davanti alla
faccia << Assaggiala! E' una mela caramellata,
è buonissima e
dolcissima! >>.
<<
Neanche per idea! >> replicò lui,
allontanandosi col busto
quanto poté << Non mi piacciono i dolci!
>>.
<<
Dai, ti prego! Tu mi hai offerto il fiore d'Iris, lascia che ti offra
almeno questa. Ti prego ti prego ti prego >>
iniziò a
piagnucolare, anche se aveva un sorriso stampato sulle labbra.
<<
No >> fu la secca risposta del principe.
Si
rabbuiò, tornando seria << Va bene, fa' come
ti pare! >>
replicò stizzita, portandosi la mela alle labbra per darne
un morso.
Thorin
si mosse rapido, afferrandole la mano che reggeva il bastoncino per
tenerla ferma e, con uno scatto in avanti del busto, ne morse un
pezzo mentre, a pochi centimetri di distanza, Karin era intenta a
staccare la sua parte.
Durò
un attimo, poi Thorin tornò a sedersi dritto, masticando e
deglutendo. Assunse una strana espressione, ma poi rifletté
qualche
secondo che, in fondo in fondo, non era poi tanto male.
<<
Mmh >> fu l'unica cosa che riuscì a dire. Non
le avrebbe mai
detto quanto aveva appena pensato.
La
ragazzina, d'altra parte, era ancora turbata da ciò che
aveva fatto
l'amico, ed aveva ancora la mela tra le labbra: era come imbambolata,
e lo stava guardando in uno strano modo che Thorin non
riuscì a
decifrare. Non che comunque ci riuscisse anche lei.
<<
Ah, eccovi qui, finalmente, vi ho cercati dappertutto! >>
l'esclamazione di Dwalin li riscosse, e si girarono a guardarlo.
Era
in controluce poiché il sole, ormai, stava tramontando:
aveva le
mani sui fianchi, e si sedette pesantemente in mezzo a loro, la
faccia a dir poco soddisfatta.
<<
Non avete idea della roba che ho mangiato! Mi sembra di scoppiare!
>>.
<<
Sei troppo ingordo >> lo riprese scherzoso Thorin.
<<
Ne valeva la pena >> sentenziò lui, per poi
spostare lo
sguardo dall'uno all'altra << Che avete fatto voi due,
invece?
>>.
<<
Nulla >> riposero in coro, sperando di placare la sua
curiosità.
<<
Anzi, abbiamo conosciuto un altro nano, al banco dei giocattoli: si
chiama Bofur, e ci ha detto che poi ci saranno i fuochi... fuochi...
non mi ricordo il resto >>.
<<
Bé, comunque poi si unirà a noi >>
intervenne Thorin <<
Così poi torneremo a casa tardi >>
mugugnò, facendo ridere
della grossa l'altro nano.
<<
Hai vinto di nuovo, eh Karin? >> le diede una gomitata
sul
braccio più piano che poté, ma le
strappò comunque una smorfia:
non sapeva dosare la sua dannata forza, accidenti a lui!
<<
Non ha vinto!
>> protestò il principe <<
Semplicemente, non mi
sembrava giusto dirgli di no. Era da maleducati >>.
<<
Certo, certo. Bé, allora lo aspettiamo qui? >>.
<<
Tu che hai visto il resto, c'è altro che possiamo vedere?
>>.
<<
Io vorrei fare un altro giro, scusa! >> si intromise la
ragazzina << Sono rimasta ferma qui per un sacco di
tempo! >>.
<<
Come mai? >> chiese curioso Dwalin.
<<
Il principe
mi
ha messa in punizione >> disse arrabbiata, facendolo
ridere
ancora più forte.
<<
Va bene, andiamo: tanto, ormai, c'è meno gente
>> acconsentì
Thorin, di malavoglia.
Fecero
un altro giretto, venendo costretti da Dwalin ad assaggiare tanto di
quel cibo da star male; ma si stancarono ben presto, mentre una certa
ansia si faceva strada in loro al pensiero che, di lì a
poco,
avrebbero assistito a quei strani fuochi di cui tutti parlavano.
Siccome
non trovarono di meglio da fare tornarono da Bofur che, nel
frattempo, aveva appena terminato di lavorare.
<<
Oh, salve! >> li salutò allegro, agitando una
mano e
venendogli incontro << Questo deve essere l'amico di cui
mi
avete parlato! >> disse gioviale.
<<
Dwalin >> salutò serio, la faccia burbera e
l'aspetto
minaccioso: era sempre così le prime volte, ma poi ti ci
abituavi. O
lui abbassava le difese.
<<
Bofur >> rispose l'altro, non perdendo il buonumore
<<
Karin. Principe Thorin >> salutò, toccandosi
il cappello.
<<
Non c'è bisogno che mi chiami così: chiamami solo
Thorin >>.
<<
Dove fanno i fuochi? >> domandò curiosa Karin
<< Ne
parlano tutti, ormai >>.
Bofur
le rivolse un enorme sorriso << Fuori le mura, sai, per
sicurezza; di solito li mandano in alto, verso la vetta della
Montagna Solitaria: è davvero un bello spettacolo!
>>.
<<
Tu da dove vieni? >> volle sapere Dwalin, mentre si
lasciavano
la piazza alle spalle e seguivano alcune persone lungo la strada
principale, più larga rispetto alle altre stradine che
portavano
alle abitazioni di pietra dalla finestre di legno.
<<
Dai Monti Azzurri, molto lontano da qui. Impieghiamo mesi per
raggiungere Dale >>.
<<
Davvero molta strada! >>.
Bofur
annuì di fronte all'affermazione di Thorin <<
Già, ed è una
fortuna che la festa dell'Estate sia solo una volta l'anno! Ma siamo
felici di poter portare la merce in giro per le città, o i
villaggi;
vedi tanti posti nuovi e diversi, e conosci un sacco di gente
simpatica, come voi >> sorrise sincero al trio, che
rispose con
ugual simpatia.
Sorpassarono
le grandi porte della cinta e si incamminarono verso la sponda del
Fiume Fluente, parlando allegramente della gente che aveva incontrato
Bofur nei suoi viaggi.
<<
Vi dicevo >> disse, cercando con lo sguardo un posto dove
potersi sedere, che fosse comodo e rialzato << che
c'è un
popolo davvero pacifico e simpatico, gente perbene e beneducata,
vicino alle mie montagne: vivono dentro grandi tumuli verdi e
confortevoli, pieni di buon cibo! Si chiamano Hobbit, e per certi
versi ricordano i nani – ma solo per il fatto d'abitare
sottoterra,
sapete: non hanno nemmeno un accenno di barba o baffi, nossignore!
Fumano sempre l'erba
pipa, ed
amano raccontare storie d'avventura, anche se sono talmente pigri da
non spostarsi mai dal loro villaggio. Ma sono tipi a posto. Ah, ecco,
qui va bene! >> disse, avvicinandosi ad un carretto di
legno.
<<
Non sarà di qualcuno? >> chiese Thorin,
piuttosto perplesso.
<<
Bé, non facciamo nulla di male: è che
è meglio se stiamo
sopraelevati o, almeno, voi. Mi par di capire che non li avete mai
visti dal vivo! >>.
<<
No >> disse Karin.
<<
Ragione in più per salire su quel carro: forza!
>>.
Thorin
si avvicinò per primo, saltando e issandosi con le braccia;
una
volta in piedi, tese le mani verso Karin, mentre Dwalin la prese per
i fianchi e la sollevò da terra.
La
ragazzina allacciò le dita con quelle dell'amico, che la
portò su
vicino a sé, tendendo poi la mano a Dwalin per aiutarlo.
Una
volta che tutti e tre furono in piedi sul carretto, guardarono Bofur.
<<
Sicuro di non voler salire? >>.
<<
Naa, sto bene qui, ma grazie! >> teneva uno stelo tra le
labbra, e si sedette comodo dando loro le spalle.
Lentamente,
il sole calò del tutto, mostrando uno spettacolo a dir poco
meraviglioso: ogni cosa si tinse di rosso e arancione, come se un
incendio fosse scoppiato all'improvviso; ma, invece che dell'odore
acre del fumo, nell'aria si sollevò una leggera brezza
fresca. Ciò
che lasciò i tre amici sbalorditi, però, fu
vedere la loro
montagna, la loro casa,
infiammarsi.
Il sole batteva proprio sul fianco principale, dove c'era la porta,
mettendo in luce ogni più piccola crepa, colmandola con i
colori
caldi del tramonto.
Fu
inevitabile sorridere estasiati di fronte a quello spettacolo: ecco
come si mostrava la Montagna Solitaria agli occhi degli altri.
Maestosa
e fiera, anche con quella luce. Ed era un vero peccato che non la
potessero ammirare ogni giorno.
Ora
al buio completo, la montagna non era che una massa alta e
minacciosa, scura; incuteva timore, ed era per questo che il popolo
dei Nani di Erebor era rispettato in ogni dove, nella Terra di Mezzo:
il cuore dei tre giovani nani traboccò d'orgoglio nel sapere
di far
parte di quella nobile e tenace razza.
Le
stelle si mostrarono, luminosi puntini bianchi nel cielo d'estate,
invadendo la volta celeste: così tante che non riuscivano
nemmeno a
contarle, così infinite e lontane che si sentivano ancora
più
piccoli.
Poi
il brusio della folla si quietò, anche se nessuno aveva
ordinato di
far silenzio: un tacito accordo sembrò pervadere tutti, e
nessuno
parlò per molto tempo, aspettando trepidanti lo spettacolo.
Col
cuore che batteva rapido, Karin percepì un lieve fischio, e
poi...
Oh, che meraviglia! Piccole stelle colorate scoppiarono in cielo a
formare una cascata, divenendo gialle e poi scomparendo.
Un
altro fischio, un altro ancora: e poi botti, tanti botti che le
fecero battere il cuore in perfetta sintonia, tanto che lo
poté
sentire quasi in gola, mentre gli occhi le si serravano ogni volta
che un colpo rimbombava nell'aria.
Strinse
il gambo del fiore tra le piccole dita, emozionata come non mai; i
fuochi d'artificio scoppiavano ripetutamente nel cielo creando ora un
fiore, ora un serpente, ora un'altra cascata, in un tripudio di
colori accecanti: poi si formò persino un drago!
Si
alzò in alto, molto in alto, quasi a voler catturare le
stelle con
le fauci spalancate: le ali vibrarono, muovendosi a creare il volo,
dopodiché girò su se stesso tornando indietro e
scendendo in
picchiata. La coda scoppiettava, il fuoco che gli usciva dal naso
crepitava e sbuffava.
La
gente iniziò a trattenere il fiato come un sol individuo,
lanciando
un mezzo grido quando il mostro si dissolse in fragori ripetitivi e
assordanti a pochi metri dal pelo dell'acqua: poi proruppero in
esclamazioni di gioia battendo le mani, fischiando ammirati.
Karin
agitò le gambe a penzoloni a tempo, perché non
poteva certo
schiacciare il povero gambo del fiore, che aveva già
iniziato ad
appassire.
Portò
lo sguardo a sinistra, verso la figura più imponente di
Dwalin e,
senza alcun indugio, lo prese sotto braccio in un muto
ringraziamento; lui la guardò, per poi sorriderle come mai
aveva
fatto, facendole capire che, in fondo, anche lui si stava divertendo.
Poi
volse lo sguardo a destra, riconoscendo il profilo dritto e
già
autoritario e altero di Thorin, ripetendo lo stesso gesto con il
braccio destro, quello che sosteneva il fiore che lui le aveva
regalato.
Il
principe osservò i loro arti intrecciati per poi portare lo
sguardo
azzurro verso il suo nero: fu spontaneo regalargli il suo sorriso
più
bello e colmo di gratitudine e, immediatamente, lui
ricambiò. Per
Karin fu un'enorme sorpresa, poiché non aveva mai ammirato
niente di
più bello – a parte i fuochi, ovvio: mai prima
d'ora le aveva
concesso un sorriso del genere, pieno e sincero.
Persino
gli occhi brillavano felici consci che, dopotutto, non era stata una
cattiva idea andare a Dale.
Rimasero
così, tutti e tre allacciati, in un segno che sembrava
dimostrare a
tutti – e a loro stessi – quanto fossero diversi
ma, anche, così
uguali. Per questo erano diventati amici inseparabili.
E
Karin, mentre l'ultima pioggia verde smeraldo si dissolveva, si
augurò che rimanesse così per sempre, anche una
volta diventati
adulti, proiettati in quel mondo complicato irto di pericoli: ma, se
fossero rimasti uniti come lo erano ora, niente avrebbe potuto
spaventarla. Se loro le fossero rimasti accanto.
<<
Allora, piaciuti? >> domandò allegro Bofur, il
volto ancora
emozionato; si era alzato, spolverandosi le brache e la giacca.
<<
Moltissimo >> riuscì a dire lei, la voce che
le tremava.
<<
Ehi, guardate qui cosa c'è! >>
esclamò Dwalin, alzandosi e
percorrendo pochi passi sul carro traballante: dietro di loro, infatti,
erano poste delle
casse di legno, coperte parzialmente da un telo grigio.
<<
Ma è una girandola >> disse, un po' deluso,
mentre la teneva
in mano per poi ributtarla dentro: anche Karin e Thorin si
avvicinarono, osservando altri
oggetti – grandi e piccoli – con una miccia fatta
di corda
alla loro estremità.
<<
Ma cosa sono? >> chiese lei, curiosa.
<<
Se avessimo un acciarino lo scopriremmo presto >>.
<<
Oh, non credo sia una buona idea, sapete >>.
Si
bloccarono tutti e tre al suono di una voce anziana e profonda, ma
anche gioviale e scherzosa.
A
lato del mezzo si ergeva la figura di un uomo alto, dalla lunga
barba grigia e vispi occhi azzurri sotto la tesa del cappello a
punta; il viso era costellato da rughe bonarie, che ispirarono
molta simpatia alla ragazzina.
<<
Cosa sono? >> chiese, indicando il contenuto delle casse.
Alla
sua domanda, gli occhi scintillarono allegri << Fuochi
d'artificio, naturale! >>.
<<
Sarebbero questi?
>>
domandò Dwalin, scettico anche di fronte al cenno d'assenso
dell'uomo.
<<
Quelli che stavate per prendere non sono proprio adatti a voi, ma
>>
si girò, dando loro le spalle, per poi tirar fuori dalla
larga
manica quattro piccole girandole << ecco, direi che
potete
tenerle, e provarle a casa >>.
<<
Non possiamo >> disse Thorin, lo sguardo fermo in quello
dello
sconosciuto – del quale, per altro, ancora non si fidava
<<
non a casa, comunque >>.
L'uomo
assunse un'aria pensierosa, ma poi gli rivolse un enorme sorriso
<<
In effetti, non credo che nella Montagna Solitaria sia permesso
portare fuochi d'artificio, anche se di piccola portata
>>.
I
tre lo guardarono sbigottiti, chiedendosi come avesse fatto a
saperlo; ma quello rivolse loro un ben più ampio sorriso,
agitando
la mano << Oh, visitai Erebor alcuni anni fa, e conobbi
proprio
te, giovane principe Thorin >>.
Dwalin
e Karin si girarono verso l'amico, che scosse le spalle come a dire
“non me lo
ricordo, davvero”.
<<
Bé, forza, le prendete o no? Potete sempre provarle qui
fuori >>
tese le girandole e loro le presero, osservandole con interesse
<<
Basta solo che accendiate la miccia e poi andiate poco lontano: non
vi faranno del male >>.
<<
Grazie >> disse Karin, riconoscente; l'uomo la
guardò,
sorridendole, per poi fare un'espressione dispiaciuta.
<<
Oh, che peccato! Il fiore sta appassendo. Posso? >>.
Alla
richiesta, la ragazzina non poté che obbedire, porgendogli
il fiore
violetto: dal mantello scuro, lo sconosciuto slacciò un
vecchio
bastone di legno, dall'estremità superiore lavorata a
formare una
spirale grossolana.
Lasciandoli
totalmente stupiti avvicinò l'oggetto ai petali e quelli,
come per
magia, ritornarono belli e pieni di vigore: soddisfatto dell'opera,
riconsegnò l'Iris ad una ammutolita Karin, dagli occhi neri
sgranati.
<<
Ecco, ho congelato il tempo del fiore >>.
<<
Ma non è freddo!
>> osservò lei, sempre più confusa,
facendo scappare una
risatina all'uomo.
<<
No piccola mia, significa che ho fermato il suo tempo, dopo averlo
fatto ritornare bello come appena colto. Non appassirà
più! >>
garantì, accarezzandole la testa.
<<
Sei uno stregone, quindi >> affermò Thorin,
gli occhi ridotti
a fessure e la voce dura.
<<
Gandalf il Grigio, al vostro servizio! >> si
presentò, per
nulla turbato dall'ostilità del giovane nano.
<<
Io sono Bofur, al vostro servizio! >> urlò
felice, contento
d'aver conosciuto un vero stregone.
<<
Dwalin >> fu la secca presentazione del più
grandicello.
<<
Karin figlia di Kario, al vostro! >>.
<<
Davvero un bel nome, degno del fiore più bello di Erebor
>>
rispose affabile Gandalf, facendole un lieve inchino.
<<
Semmai la gemma
>>
sibilò piano Thorin, a braccia conserte.
Il
Grigio ridacchiò piano, avendolo udito ugualmente, al
contrario
degli amici: la frase era stata coperta dalle molte domande di Bofur,
curioso di sapere cosa facesse – di preciso – uno
stregone.
<<
Andiamo ragazzi, si sta facendo tardi! >> proruppe
Thorin,
facendo un salto e atterrando in piedi vicino al giovane Bofur; venne
imitato da Dwalin, che attutì il colpo piegando le
ginocchia, per
poi rialzarsi in fretta.
Rimaneva
solo Karin, ma i movimenti le erano impediti dal lungo vestito viola
che le arrivava quasi agli stivali; fortunatamente l'aiutò
Gandalf
che, senza troppi problemi, la prese sotto le ascelle e la condusse
giù, sull'erba.
<<
Tienilo ben stretto quel fiore, Karin: è un regalo oltremodo
prezioso >> le sussurrò cospiratore, facendole
l'occhiolino;
lei arrossì un poco, spostando lo sguardo verso Thorin,
palesemente
scocciato.
Annuì,
raggiungendo gli altri.
<<
Spero di rivedervi presto >> disse Bofur, speranzoso
<<
Ci sarete l'anno prossimo? >>.
<<
Chissà >> fece lo stregone << Ma
sono sicuro che ci
rincontreremo, un giorno >> si toccò il
cappello e voltò loro
le spalle, avviandosi verso la festa che si svolgeva poco
più in là,
da dove proveniva musica allegra e le persone ballavano o mangiavano,
sedute attorno a lunghi tavoloni di legno.
I
giovani amici si guardarono l'un l'altro, ancora sconcertati
dall'aver conosciuto nientemeno che uno stregone, ed in carne ed
ossa! Ma si ripresero ben presto, salutando con una vigorosa stretta
di mano il piccolo giocattolaio, e aggiungendo un abbraccio da parte
di Karin.
<<
Ci si vede l'anno prossimo, allora! E' stato bello avervi conosciuto,
dico davvero! >>.
<<
Anche per noi, amico mio >> disse Thorin, rivolgendogli
un breve
sorriso.
Lo
guardarono avviarsi verso lo stesso punto di Gandalf: probabilmente
lo avrebbe seguito per porgli tutte le domande che gli frullavano per
la testa.
I
tre, invece, presero la direzione opposta, inoltrandosi nel buio: le
torce e i bracieri che illuminavano i prati fuori Dale se li
lasciarono alle spalle, così come la musica allegra e le
risate
festose. Attraversarono il Fiume Fluente con la medesima barchetta e
raggiunsero la Montagna Solitaria col cuore colmo di tristezza,
poiché la festa era ormai terminata, e non ci sarebbe
più stata
fino all'anno successivo.
<<
Vi siete divertiti? >> chiese compiaciuta Karin, intuendo
già
la risposta dei ragazzi.
I
due mugugnarono qualcosa d'incomprensibile, ma ne fu ugualmente
felice: si rigirò l'Iris tra le dita, aspirandone il
profumo.
Sembrava davvero appena colto, così bello e vigoroso.
<<
Per Durin! >> si lasciò scappare Dwalin,
facendole alzare lo
sguardo << La porta di Erebor è chiusa!
>>.
Thorin
sospirò, sconsolato << Ve l'avevo detto che
dovevamo tornare
in tempo! >>.
<<
E adesso? >> chiese Karin, preoccupata.
<<
Bé, mica possiamo stare qui fuori! >> la
rimbeccò Thorin <<
Dovremmo bussare. Credo >>.
<<
Credi? >> fece eco Dwalin, alzando un sopracciglio.
<<
Scusami tanto se non sono mai rimasto fuori dalla città!
>> si
infervorò Thorin, il volto paonazzo di rabbia
<< Mi ucciderà,
so che lo farà >>.
<<
Che aspetti a bussare, allora? >>.
Thorin
fulminò con un'occhiata l'amico che, per tutta risposta, gli
rivolse
un leggero ghigno << Ah, ma allora è vero
che hai
paura! Lo sapevo! >> esclamò trionfante,
battendo le grandi
mani tra loro.
Thorin,
punto sul vivo e sull'orgoglio, fece un passo avanti fino a
raggiungere la porta di pietra e, lanciando un ultimo sguardo di
collera e sfida a Dwalin, batté il pugno due volte, con
colpi sicuri
e potenti.
Dopo
una manciata di secondi, una sentinella venne ad aprire, venendo
spostata bruscamente di lato da un altro nano.
<<
Finalmente! Vi stavamo cercando dappertutto!!! >>
sbraitò
adirato Balin, rivolgendosi poi al fratello << E tu, per
la
barba di Durin, dovresti essere il più responsabile! Dovevi
portarli
subito a casa, non appena si era fatto buio!
>> continuò
ad inveire, lasciandoli sull'uscio ad osservarsi i piedi, con
crescente interesse e vergogna.
<<
Non è stata colpa loro, Balin >>
iniziò timidamente Karin <<
ho chiesto io di rimanere, volevo vedere i fuochi d'artificio
>>.
<<
E' vero >> confermò Dwalin, ricevendo una
forte gomitata nelle
costole dal principe.
<<
Siamo tutti colpevoli, nessuno escluso >> disse Thorin,
avanzando d'un passo << Ci dispiace, ma ne pagheremo le
conseguenze >>.
Al
tono serio con cui si pronunciò, il nano sembrò
perdere ogni grammo
di collera nei loro confronti: persino i suoi tratti si addolcirono.
<<
Ragazzi, non è questione di pagarne le
conseguenze; dovete
capire che ci avete fatti stare tutti in pensiero, perché
non vi
trovavamo da nessuna parte. La prossima volta siete pregati di
avvisare qualcuno, per lo meno! >>.
I
ragazzini si guardarono un attimo, per poi annuire insieme; solo
allora Balin concesse un sorriso, facendoli entrare nei confini
sicuri di Erebor.
La
porta si richiuse con un gran tonfo, che rimbombò lungo gli
immensi
corridoi della città dei Nani.
<<
Ma comunque, una bella ramanzina non ve la risparmierà
nessuno: ve
la meritate >> borbottò Balin.
Karin,
Thorin e Dwalin alzarono gli occhi al cielo, munendosi di pazienza e
buona dose di senso di colpa e vergogna.
Eppure,
anche nel mentre della colossale sgridata che ricevettero da re
Thròr
in persona, non poterono fare a meno di pensare alla piacevole
giornata trascorsa, agli incontri che avevano fatto e alle meraviglie
che avevano visto. Più di ogni altra cosa, però,
ripensarono alla
loro amicizia salda come il miglior acciaio con cui era forgiata una
spada, resistente come il diamante più splendente.
Ma,
per due piccoli cuori, iniziava a sbocciare un nuovo e dolce
sentimento, lento ma inesorabile: prezioso tanto quanto il fiore
d'Iris che li sfiorava.
CANTUCCINO
DELL'AUTRICE
Ehm...
ehm... ehm... oooook, non so da dove partire per spiegare COSA
diamine sia questa storiellina, ma mi sono divertita un mondo a
scriverla :D La mia prima one-shot ç___ç, che
felicità!
Dunque dunque...
qui abbiamo il nostro bel trio "Thorin, Karin, Dwalin", alle prese con
fuochi d'artificio, piccoli regali di scuse e mele caramellate galeotte
XD! Devo confessarvi che, non
so, immaginarmeli giovanissimi ed intrepidi, con lo stesso carattere
di quando sono adulti – anche se diverso in molti punti ;) -
mi ha
fatto un certo effetto ^^! Però mi piace, perché
è molto diversa
dal binario depresso della storia originale XD chiedo perdono
perchè, inizialmente, dovevano esserci solo loro come
protagonisti.. invece Bofur mi è apparso così,
all'improvviso! E sapete quanto AMO quel nano, ormai è
secondo solo a Thorin O.o! Ahahhahaha, grande Bofur!!!! E Gandalf???
Dite la verità, che ci siete arrivate subito non appena ho
parlato dei fuochi ;)
Che
ne pensate, carissime? Avete il cuore che si è sciolto come
burro al
sole, o siete rimaste indifferenti e schifate? Come sempre,
esprimetevi attraverso le recensioni <3
Ringrazio già chi avrà la
bontà di leggerla e commentarla, grazie infinite <3
<3
Un bacione gigante
Anna
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