Titolo
Titolo:
Five more minutes
Fandom: Iron Man (movie)
Pairing/Personaggi: Tony Stark, human!Jarvis
Rating: Pg
Charapter: 1/1
Beta: no one
Words: 992 (fiumidiparole)
Genere: boh, commedia?
Warning: AU in cui Jarvis è umano e possible pre-slash velatissimo
Summary: Ancora cinque minuti, il tempo
di sistemare questa striscia di codice, poi potrà svenire.
Note: scritta per la Missione 3 della Settima
Settimana del Cow-T 3 di
maridichallenge sul prompt “lingue” e sul “uman!JARVIS/Tony
Stark” promptatomi da
Samek in
questo meme.
DISCLAIMER: vorrei tanto possedere Jarvis, ma no, né lui né nessun altro mi
appartiene .__. Neanche Tony, no *sigh*
La vista si offusca e
Tony sbatte le palpebre in rapida successione, cercando di contrastare
l’incoscienza che sembra voler reclamare il suo corpo. Ancora cinque minuti, il
tempo di sistemare questa striscia di codice, poi potrà svenire.
Una tazza di caffè nero
entra nel suo campo visivo spinta da una mano pallida e da dita affusolate.
«Dovrebbe dormire,
signore» dice Jarvis e lui sbuffa, scuotendo la testa.
«Finisco prima questo e
poi vado» risponde, aggrappandosi alla ceramica calda come se ne andasse della
sua vita. L’altro uomo fa un sorriso a metà tra il divertito e l’esasperato,
rimanendo elegantemente al suo fianco.
«Sono sicuro che
domattina quel programma sarà ancora qui» comincia, allacciando le mani dietro
la schiena, la testa leggermente inclinata di lato. «Cosa che non sono invece
sicuro farà la sua salute se non concederà al suo corpo almeno sei ore di sonno.
Signore» aggiunge dopo una pausa di una manciata di secondi – pochi perché
qualcun altro possa rendersene conto, abbastanza perché lui lo noti.
Gli scocca quella che
dovrebbe essere un’occhiataccia, ma che teme sia molto più uno sguardo vacuo e
assonnato a ben vedere la sua espressione divertita che non accenna ad
andarsene.
Tony è abbastanza certo
che sia un’ora indecente della notte – o della mattina, a seconda di come la si
vuol vedere – e quindi non riesce a capire come possa Jarvis sembrare così
perfetto e riposato, senza neanche uno dei suoi stupidi perfetti biondi capelli
fuori posto o una piega sul completo che si ostina a indossare, nonostante lui
stesso gli abbia detto che non è necessario, non quando sono soli in casa.
«Insisto, signore» dice
ancora, quando lui non resiste più e si apre in uno sbadiglio lacrimoso. Tony
tentenna, poi sospira e guarda lo schermo luminoso del computer.
«Mezzora» promette,
sorbendo il caffè e sentendolo entrare in circolo e risvegliare le sue cellule
assopite. Vorrebbe sposarsi la caffeina, davvero.
Jarvis annuisce e fa un
passo indietro, ma rimane lì con lui, facendolo borbottare su stupidi
maggiordomi che trattano i loro padroni come dei mocciosi. L’altro non parla, ma
Tony sente lo stesso la sua voce dirgli che non c’è nient’altro da fare quando i
padroni si comportano come mocciosi – con la sola differenza che Jarvis
non avrebbe mai detto mocciosi. E dire che è certo che conosca almeno tre o
quattro lingue. Era uno dei requisiti fondamentali per essere il suo maggiordomo
e quando lo accompagna nei viaggi sfodera sempre una pronuncia perfetta, che sia
di italiano, spagnolo o tedesco. E poi una volta è quasi sicuro di averlo anche
visto leggere il De Bello Gallico. In latino. Quindi questa sua incapacità di
utilizzare termini come “moccioso” o “cazzata” è una cosa che lo incuriosisce,
ecco.
Ma non è certo l’unica
cosa che lo confonde di Jarvis, dopotutto.
Tipo il suo viso. Non è
bello, oggettivamente parlando, ha la fronte troppo alta ed è tutto un po’
troppo appuntito, ha gli occhi troppo chiari e il naso troppo lungo, ma ha
un’eleganza che sembra mettere tutto il resto in secondo piano, fasciandolo di
una classe che, spesso, fa sembrare perfino lui un barbaro – e, diavolo, lui è
Tony Stark, è stato cresciuto a etichetta e alcolismo.
«Signore? Il letto
l’attende» s’intromette Jarvis dopo un po', con il suo accento fastidiosamente
perfetto. «Mi dispiace, posso provare a cambiarlo, se lo desidera» aggiunge,
facendogli aggrottare le sopracciglia, perché... cosa? «Il mio accento,
signore. Posso provare a renderlo diversamente, se è ciò che lei vuole» spiega –
ed è divertimento quello che sente? Sì, a quanto pare, si dice, quando si volta
e nota il sorrisetto che increspa le labbra sottili del suo servitore.
«Ho... parlato ad alta
voce?» domanda, perché a volte gli capita, lo sa, soprattutto quando è molto
stanco o molto concentrato. O entrambe le cose.
«Temo di sì, signore» e
okay, adesso è più che evidente che Jarvis lo stia prendendo in giro. Una parte
di lui vorrebbe sapere quanto ha detto, un'altra gli dice che non lo vuole
sapere.
«Dovrei licenziarti»
borbotta quindi, alzandosi. L’attimo dopo barcolla all’indietro, più stanco e
assonnato di quanto credesse, e se non rovina sulla scrivania – e sul computer,
distruggendolo – è solo grazie a Jarvis, che lo sorregge, passandogli una
braccio attorno ai fianchi.
«Dovrebbe, signore» gli
concede, aiutandolo ad abbandonare il laboratorio e salire le scale.
«Ti stai prendendo gioco
di me?» domanda lui, perché ha sonno, okay? E il suo maggiordomo è privo di
espressioni, neanche fosse un robot e quindi lui non riesce sempre a capire se
parli sul serio o meno.
«Non mi permetterei mai,
signore» risponde quello e chissà perché lui sente chiaramente un certo che
lo sto facendo, stupido idiota nascosto tra le parole.
La camera da letto è
fresca e buia, come il resto della casa, nonostante sia abbastanza certo di aver
sentito, durante il tragitto, i gabbiani strillare fuori di lì. Il letto lo
accoglie con un lieve molleggiare che gli strappa un sospiro. Scalcia le scarpe
e si tira un lenzuolo sulle spalle, arricciandosi poi su un fianco e guardando
l’altro digitare il codice affinché il computer centrare impedisca agli scuri di
aprirsi fin troppo presto.
Dovrebbe dargli un
aumento.
«Non posso farlo»
biascica, seguendo stancamente la figura elegante del suo maggiordomo riporre le
scarpe al proprio posto nell’armadio.
«Cosa, signore?»
«Licenziarti. Non posso
farlo» spiega, sbadigliando poi nel cuscino, «tu troveresti qualcun altro di cui
occuparti, ma io? Non c’è nessuno come te».
Jarvis si ferma al centro
della stanza, per metà voltato verso di lui, e Tony non ne è certo, perché è
buio e lui è davvero troppo stanco per mettere a fuoco, ma sembra sorpreso e non
può essere, no? Ha solo detto la verità, giusto? Quindi perché Jarvis dovrebbe
guardarlo in quel modo? Non ha senso.
«Si riposi, signore» dice
poi, e la sua voce è ferma e inespressiva, come sempre, quindi Tony chiude gli
occhi ed è già addormentato, quando la porta della camera viene chiusa.
Fine.
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