CAPITOLO OTTAVO: GLI
SPIRITI DELLA BATTAGLIA.
Quando
Shen Gado vide l’esercito dei Signori della Guerra
avvicinarsi al varco che dal Cerchio di Saturno conduceva a quello di Giove
capì che i Cavalieri di Atena e di Avalon avevano fallito. Non li compianse, né
li biasimò, avendo percepito l’intensità cosmica dei loro avversari, Divinità
devote alla battaglia e alla strage, Divinità che esistevano all’unico scopo di
generare un conflitto perenne. Divinità, ammise infine, spostando lo sguardo
sul Selenite che si ergeva solitario all’ingresso del passaggio, ben diverse
dagli stanchi Numi che le ostilità del mondo terreno avevano rifuggito.
“Arrivano!”
–Parlò allora Mani, le mani sudate strette sul lungo bastone che reggeva in
mano, l’unica arma di cui disponesse.
“Dubito
che quel legno stantio servirà a qualcosa, contro quelle furie!” –Commentò il
Capitano della Guardia, ma il Selenite lo pregò di mostrare rispetto.
“Questo
bastone è stato ricavato dal legno di Yggdrasill,
l’Albero dell’Universo! Fu Odino a farmene dono, molti misseri addietro, quando
lasciai Asgard, affinché potessi piantarlo in più fertile suolo! Non ho
dimenticato le sue parole e la sua speranza!”
Shen Gado
non disse alcunché, limitandosi a riportare lo sguardo sullo squadrone nemico
che ormai era giunto a una decina di piedi di distanza. Era guidato da due
donne alte e snelle, il cui cosmo ostentatamente aggressivo collideva con le
forme perfette dei loro corpi, quasi Fidia in persona
li avesse scolpiti. Fu proprio una di loro, una bionda dai capelli a spazzola,
a sollevare un braccio, fermando l’avanzata dei suoi sottoposti.
“Sei
tu il Selenite preposto alla difesa del prossimo varco?” –Esclamò con voce
stridula, rivolgendosi a Mani.
“Esattamente!
Il mio nome è Mani, Selenite di Sa…” –Ma Kydoimos non lo fece neppure presentare, scattando avanti
alla velocità della luce, afferrandolo per la gola e sbattendolo contro il muro
alle sue spalle.
“Non
ti ho chiesto una biografia, solo una breve e monosillabica risposta! Sì o no!
Non è difficile, neppure per voi esuli stralunati di questo miserrimo regnuccio!” –Ringhiò, sfoderando affilati canini. Poi,
vedendo il terrore nello sguardo del Dio lunare, che nella foga aveva
addirittura perso la presa sul bastone di legno, scoppiò a ridere, lasciandolo
ricadere a terra e dandogli un buffetto sulla guancia, divertita. –“Perdona la
mia irruenza, bel maschio nordico, ma abbiamo sprecato fin troppo tempo con
quei patetici Cavalieri delle Stelle che avevano pensato di sbarrarci il passo!
Quale fatua illusione in così poco tempo caduta! Adesso dobbiamo recuperare!
Coraggio, spiriti della battaglia, avanziamo!” –Urlò, facendo cenno ai Phonoi e alle Androctasie di
rimettersi in marcia.
“Stai
scherzando, voglio sperare!” –Disse allora Shen Gado,
costringendo Kydoimos a sollevare lo sguardo su di
lui, ritto in piedi sulla cima dell’alto muro di confine.
“Spera
pure! In fondo, cos’altro ti resta?!”
“Combattere!!!”
–Avvampò il Capitano, espandendo il cosmo adamantino. Quindi si lanciò in aria,
roteando su se stesso e iniziando a precipitare verso terra, con la gamba tesa
diretta al volto della Makhai, che non rimase inerte ad attendere di essere
colpita.
Lesta,
Kydoimos mosse un passo indietro, proprio mentre la
rotazione trivellante del corpo di Shen Gado generava
un buco nel suolo e sul suo volto si palesava un’espressione scontenta, per
aver mancato il bersaglio. La Makhai approfittò di quel momento per colpirlo al
volto con un pugno di energia, ma il corpo del Capitano roteò di nuovo, mentre
le ali della corazza si spalancavano in uno sfarfallio di luci, deviando
l’assalto della crudele Divinità e spingendola persino di lato, sorpresa da
quell’inconsueta mossa.
“Kydoimos!!!” –Fece per intervenire allora Homados,
fermandosi dopo neppure due passi, ben sapendo quanto la sorella odiasse che
qualcuno interferisse nelle faccende proprie. Soprattutto dopo essere stata
pubblicamente umiliata di fronte alle truppe.
“Dunque
anche l’ippogrifo possiede artigli! E io che credevo tu fossi solo un equino
con le ali!” –Sibilò il demone della confusione. –“Per rimediare a questo mio
errore, ti concederò di morire per primo! Shamara!!!” –Esclamò, mentre una
torbida evanescenza nasceva dalle sue dita per poi avvilupparsi attorno al
corpo del Capitano della Guardia, entrando dentro di lui, senza che potesse
fare alcunché per impedirlo. Un attimo dopo il valoroso Shen
Gado cadde a terra goffamente, accasciandosi con lo sguardo perso nel nulla,
gli occhi ancora aperti in un’espressione di sconfitta inattesa.
“Che… cosa gli hai fatto?!” –Balbettò Mani, rimettendosi in
piedi.
“Non
lo so! E credimi, non ti piacerebbe affatto sapere quale tormento gli spiriti
maligni da me evocati infliggono ogni volta al malcapitato cui strappano
l’anima!”
“È… morto?!” –Singhiozzò il Selenite, incredulo.
“Lo
sarà presto! Sbrigati a pronunciare il rito funebre! Ih ih
ih!” –Quindi, volgendosi verso Homados e il resto
dell’esercito, gridò loro di ripartire, salvo poi trovarsi Mani, con il bastone
saldo in pugno, a sbarrargli la strada.
“Un
rito funebre lo pronuncerò per te, strega!!!” –Gridò questi, muovendo l’arma in
un rapido affondo, che Kydoimos non ebbe problema
alcuno ad evitare, balzando indietro con un’agile capriola, atterrando sulle
mani e poi dandosi la spinta per saltare di nuovo in avanti, colpendo il
Selenite in pieno volto.
“La
mia grazia non ti era bastata? Hai dunque voluto sprecare l’unica occasione di
salvezza, stupida ammuffita Divinità?!” –Ringhiò la Makhai, strattonando il
corpo di Mani con il braccio destro, mentre con il sinistro lo riempiva di
pugni e graffi.
“Immeritata… grazia…” –Borbottò il
Selenite, strappando un’espressione sorpresa alla figlia di Eris,
che lo guardò per la prima volta con una luce di interesse. Ma prima che
potesse aggiungere altro venne travolta da uno scroscio di energia acquatica e
spinta indietro, mentre una pioggia di bastoni cadeva dal cielo tempestandole
la corazza. Non appena capì cos’era successo, Kydoimos
annientò il puerile assalto con un’onda di energia, che travolse anche i due
apprendisti, schiantandoli al muro assieme al loro mentore. –“Bil! Hjúki! Che fate ancora qua?
Vi avevo detto di correre a palazzo! Là sareste stati al sicuro!”
“Non
potevamo lasciarvi da solo, padre! Combattere è anche nostro dovere!” –Dissero
i due ragazzini, che, nascosti nel tunnel, avevano seguito l’intera scena,
decidendo infine di attaccare la Makhai.
“Vostro
dovere è divenuto morire, adesso!” –Sentenziò quest’ultima, il volto irato
dalla frustrazione. Berciò ordini a Homados di avanzare assieme al resto dell’esercito,
incurante di quel che la sorella le stava dicendo, e avanzò a passo deciso fino
a portarsi di fronte a Mani e ai suoi apprendisti, le unghie delle sue mani
divenuti affilati artigli di cosmo. –“Ma dato che il sesto cerchio è stato
preso, pur con il vostro intenso tentativo di resistenza, non c’è più motivo di
avere fretta! Per cui, siatene certi, la vostra morte non sarà immediata e
scevra di dolore! Tutt’altro!” –Sibilò, calando la mano sul Selenite di
Saturno.
***
Il
secondo assalto fece ancor più male del precedente. Di questo Jonathan ebbe
conferma tastandosi la fronte indolenzita e sanguinante. Reis,
pochi metri più in là, giaceva distesa sulla schiena, gli occhi chiusi, forse
svenuta dall’impatto con l’ultima onda d’urto, per cui avrebbe dovuto
combattere anche per lei.
“Cavaliere
fino in fondo!” –Si disse, faticando nel rimettersi in piedi, le ossa che gli
dolevano per le percosse subite.
“Ti
rialzi ancora? Sono impressionata, ragazzo!” –Lo derise Proioxis, avvicinandosi
a passo svelto. –“Ma se lo fai per essere alla mia altezza, te ne dispenso,
tranquillo! Tanto saresti comunque più basso di me! E a me gli uomini bassi
proprio non piacciono!” –Aggiunse, muovendo rapida la gamba destra, colpendo il
ragazzo sul viso e spingendolo indietro. Ma Jonathan, che si aspettava tale
mossa, sfruttò il calcio per balzare lontano, effettuando una capriola a
mezz’aria e atterrando in piedi. Un istante dopo lo Scettro d’Oro apparve nella
sua mano, incupendo la Makhai che sfrecciò verso di lui con i pugni intrisi di
energia cosmica.
“Aberrazione della luce!” –Esclamò il
Cavaliere delle Stelle, mentre continui lampi di luce venivano emessi dal fiore
in cima all’asta, disturbando la carica della Divinità e facendole mancare il
bersaglio. Fu troppo però pensare che non avrebbe previsto un attacco diretto,
così, mentre Jonathan roteava lesto il Talismano, per schiantarlo sul suo
collo, Proioxis balzò indietro, aprendo poi le braccia di lato ed espandendo il
proprio cosmo.
A
quella vista, il ragazzo strinse i denti, capendo quel che nell’arco di un
secondo sarebbe accaduto. Così afferrò Reis
bruscamente, trascinandola quanto più distante possibile dall’onda d’urto
scatenata dalla Makhai, che riuscì solo in parte a raggiungerli, sbilanciandoli
e facendoli ruzzolare a terra, senza però ulteriori ferite.
“Sfuggente
e fastidioso! Ma perché mi stupisco, sei come tutti gli uomini, in fondo!”
–Ghignò Proixis, mentre Jonathan, depositata la
compagna al suolo, si rialzava per affrontarla.
“Parli
come se di uomini tu ne abbia avuti molti! Al riguardo mi permetto di
dubitarne!”
“Anche
arrogante! Motivo in più per sopprimerti quanto prima! Nonostante tu non sia un
Cavaliere di Atena, e come tale non oggetto diretto della mia vendetta, hai
fatto tutto il possibile per diventarlo!”
“Vendetta?
Che ti hanno fatto i Cavalieri di Atena?” –Domandò Jonathan incuriosito,
approfittando di quel momento per recuperare le forze.
“Umpf, hanno ucciso mia sorella, quei miserabili! Palioxis, la ritirata confusa! Era la più giovane di noi
quattro! Morta sulla nave che abbiamo assalito per recuperare lo spirito di
nostra madre, colpita alle spalle da un servitore della Dea! Che vergogna!”
“Che
cosa ti fa vergognare? Il fatto che un umano si sia azzardato a uccidere una
Divinità o che la Divinità fosse così debole da farsi uccidere da un umano?!”
“Irritante!
Lo aggiungo alla lista degli aggettivi atti a descriverti!” –Ringhiò Palioxis, aprendo i pugni di lato e concentrando sfere di
energia attorno a ognuno di essi. Quindi, con felina agilità, scattò verso
Jonathan, muovendo un braccio dopo l’altro, in una raffica continua di pugni e
di affondi.
Il
ragazzo tentò di difendersi con lo scettro, lasciando che le bombe di luce
esplodessero a contatto con l’asta, spingendo ogni volta entrambi i contendenti
indietro, quindi, notando che tale strategia non sarebbe servita a niente,
decise di contrattaccare, liberando il suo colpo segreto da distanza
ravvicinata.
“Cometa d’oro!!!” –Esclamò, muovendo il
braccio sinistro dal basso verso l’alto, mentre ancora con il destro impugnava
lo Scettro d’Oro per parare i colpi nemici.
Sorpresa
da quell’assalto, Proioxis fu comunque svelta a balzare di lato, venendo solo
raggiunta al basso ventre dalla sfera di energia infuocata, che le sfrigolò la
corazza, strappandole un certo disappunto.
“Sono
contento, in fondo!” –Ansimò il ragazzo, ancora con il braccio teso e il palmo
aperto verso la nemica. –“Sapere che verso qualcuno provi interesse è
consolante! Credevo che a voi Makhai il significato di certi termini fossero
ignoti: amore, amicizia, affetto…”
“Lo
sono, infatti. Per noi, spiriti della battaglia, niente sta più in alto della
famiglia! la sacra stirpe dei Signori della Guerra, che nel Mondo Antico
incendiava i campi di battaglia, risuonando al suono di trombe e grida furiose,
mentre gli stendardi scarlatti di Ares e i vessilli violacei di Eris marcavano il territorio appena conquistato!” –Declamò
Proioxis con improvviso orgoglio. –“Noi tutti, figli e figlie della Madre dei
Mali, siamo molto più che amici. Siamo uniti da un legame indissolubile che ci
rende parte dello stesso tutto e ora! Siamo nati e vissuti insieme e in
silenzio, nell’ombra, abbiamo atteso per secoli il ritorno della nostra
genitrice, che ci avrebbe condotto all’ultima guerra!”
“Un
invidiabile destino…” –Ironizzò Jonathan. –“A
nient’altro sei servita se non a soddisfare i suoi piani di guerra, mai libera
di scegliere il tuo cammino!”
“È
qua che sbagli, Cavaliere di Avalon!” –Affermò la Makhai con tono serio. –“Come
dissi poc’anzi alla tua compagna, il libero arbitrio è prerogativa anche delle
Divinità, non solo degli uomini! È un dono, del resto, che gli Dei han concesso
agli uomini, in quanto loro per primi hanno dovuto e saputo scegliere! È un
dono antico, che risale alle primissime contese divine, quando Gea, la Madre Terra, creò un’arma sterminatrice in grado di
recidere la vita del suo sposo, facendone dono al figlio che l’avrebbe ucciso
in suo nome. Gea scelse di creare la Megas Drepanon, di andare contro
l’ordine che Urano aveva costruito, ordine di cui lei avrebbe fatto parte sul
trono dei vincitori. Allo stesso modo Crono scelse di brandire l’arma, evirando
il padre e decretando la fine della prima generazione cosmica. Sai meglio di me
cosa accadde in seguito, millenni dopo. La storia si ripeté. Per una strana
ironia, anche Crono cadde, ucciso dal figlio, e la guerra che seguì la sua
morte infuriò sul Monte Sacro, obbligando Olimpi e Titani a fare le loro
scelte. Scelte di campo, scelte di vita, scelte che segnarono i destini del
mondo. Per cui, per tornare alla tua domanda, sì, il libero arbitrio è
prerogativa anche degli Dei: mia madre ci ha creato, ci ha infuso il suo odio
verso gli Olimpi, ma siamo stati noi a coltivarlo, noi a inebriarci del sangue
e della morte, delle grida dei soldati in guerra, della furia delle schiere in
lotta! Noi siamo le Makhai, gli Spiriti della Battaglia, l’espressione più pura
del conflitto universale in cui versa questo mondo! E, tra tutte, io sono
Proioxis, colei che avanza decisa, la Dea dietro la quale le altre si accodano
dopo che questa ha aperto loro la strada! Avanzata
imperiosa!!!”
La
devastante onda d’urto sfrecciò verso Jonathan, che nel frattempo aveva riposto
lo Scettro d’Oro nell’apposito aggancio sulla schiena, aprendo al qual tempo le
braccia per generare uno scudo di energia con cui cercare di rallentare
l’assalto della Makhai. Consapevole che non avrebbe potuto sopportare una così
feroce pressione, il ragazzo si preparò all’impatto, che fu peggio di quel che
si aspettasse. La Barriera Astrale
resistette per pochi secondi, giusto il tempo di rendere altamente letale un
attacco mortale, prima di schiantarsi e esporre i Cavalieri delle Stelle al
poderoso assalto, che li travolse e sballottò in aria, fino a schiantarsi
contro il muro del Sesto Cerchio.
“Pare
che sia tutto!” –Commentò Proioxis, volgendo infine loro le spalle e iniziando
a incamminarsi dietro alle sorelle. Per un attimo la invase la tentazione di
affacciarsi al Cerchio di Urano e vedere questi famigerati Cavalieri di Atena,
da cui la madre le aveva messe in guardia, quasi fossero più temibili di Zeus.
Ma nel sentire accendersi gli infuocati cosmi di Discordia e Ares, capì che
erano nel pieno dei loro giochi e di certo non avrebbero gradito intrusione
alcuna. Così si rimise in marcia lungo la Via Maestra, salvo poi essere fermata
dopo qualche passo da alcune voci stanche.
“Te
ne vai proprio adesso?” –Esclamò Jonathan, rimettendosi in piedi a fatica, il
volto una maschera di sudore, sangue e capelli sfilacciati. –“Ora sei tu che ti
comporti come tutte le donne e mi lasci insoddisfatto sul più bello!”
“Quale
ardore! Per un miserabile in punto di morte!” –Sibilò Proioxis, voltandosi e
notando che anche Reis si era ripresa e aveva
affiancato il compagno. –“Spiacente solo di non averti fatto morire prima!” –E
allargò le braccia, espandendo il proprio cosmo. –“Ma sono in tempo per
rimediare!”
“Stai pronta!” –Mormorò il Cavaliere dei Sogni, radunando le forze. Reis fece altrettanto evocando le loro barriere, proprio
mentre l’Avanzata Impetuosa li
raggiungeva, spingendoli indietro. Grazie alle loro difese congiunte,
riuscirono a non essere travolti, ma la pressione risultò presto insostenibile,
impegnando entrambi in uno sforzo notevole per arginare la devastante onda
d’urto.
Fu
Reis a smuovere la situazione, con una repentina
intuizione. Si gettò in terra, sfiorando il suolo con la mano e lasciando che
il cosmo dorato vi fluisse, generando sottili ma intense correnti d’energia che
vorticarono fino a raggiungere Proioxis, esplodendo all’improvviso sotto e
attorno a lei. –“Vortice scintillante di
luce!” –Tuonò l’allieva di Avalon, osservando soddisfatta la Makhai venir
sollevata da terra dall’improvviso turbinio di stelle. –“È tua!!!”
Senza
farselo ripetere una seconda volta, Jonathan, dissoltasi l’onda temibile, aveva
già impugnato lo Scettro d’Oro puntandolo verso il corpo della nemica e adesso
lo stava tempestando di continui raggi di energia. Così fitta fu la pioggia
che, per quanto la Dea cercasse di recuperare il controllo sul suo corpo, venne
comunque raggiunta in diversi punti, l’armatura graffiata e in alcune parti
pure scheggiata.
“E
non è finita!” –Commentò Reis, scattando avanti,
mentre Proioxis ricadeva al suolo, atterrando compostamente. La lama lucente
sfrecciò verso il suo volto ma la Makhai fu lesta a spostarsi di lato, colpendo
poi la ragazza con un calcio su un fianco e facendola ruzzolare lontano. Quando
questa si rialzò per ritentare, capì che la Dea aveva già sollevato
impenetrabile muraglia difensiva e infatti i suoi fendenti luminosi vennero
respinti.
“Interessante!”
–Mormorò allora Jonathan, avvicinandosi e attirando lo sguardo stupito di
entrambe le donne. –“La barriera di cui ti servi per rimandare indietro i
nostri attacchi! Mi chiedevo come avevi fatto finora, se erano i tuoi poteri
mentali a permettertelo o altro! La risposta invece è semplice, l’ho avuta
sotto gli occhi per tutto il tempo senza afferrarla! Questa barriera non è
altro che l’onda d’urto che fermenta, il poderoso assalto che scagli contro i
nemici, ridotto adesso ad uno stato primordiale, ma già pulsante!”
“Hai
buon’occhio! Per una Signora della Guerra la difesa in sé non esiste, non è
altro che il ribollire inquieto di un fiume in procinto di riversarsi sul campo
di battaglia! È l’eccitazione che precede l’attacco, il guanto sulla spada
pronto per sguainarla!”
“Efficace… Mantenendola in tensione costante sei sempre
pronta ad attaccare, oltre che in grado di difenderti da assalti diretti!”
–Rifletté Jonathan, mentre Reis lo raggiungeva, intuendo
quel che l’amico non avesse voluto dire. Quanto ciò costava alla Dea in termini
di dispendio energetico. Uno sforzo
continuo.
Lo
comprese e non nascose un moto di disprezzo per la Makhai, per la sua esistenza
infelice. –“Ti compiango, in fondo, figlia del Male! Non hai mai avuto pace, né
mai la avrai! E la tua barriera lo dimostra, è l’espressione della tensione
incessante che ti pervade l’animo, sempre pronta ad azzannare, sempre timorosa
di un attacco nemico, sempre in guerra!”
“È
lo spirito battagliero che ci contraddistingue, Reis
di Lighthouse! Il furor bellico che marchia il nostro
Ichor e di cui sono fiera! Non pretendo che lo
comprendiate! No, pretendo soltanto che moriate! Avanzata impetuosa!!!” –E scagliò nuovamente il proprio colpo
segreto, ma Jonathan e Reis, che si erano preparati,
furono svelti a lanciarsi di lato, ognuno in una direzione diversa, evitando il
grosso dell’onda d’urto e venendo anzi sospinti dalla stessa. Non attesero
neppure che l’attacco scemasse, voltandosi verso la Dea non appena ebbero
sfiorato il suolo con la punta dei piedi, armi in pugno, i cosmi rifulgenti di
polvere di stelle.
La
luce dello scettro baluginò improvvisa, ma i raggi energetici vennero presto
spenti dal movimento del braccio di Proioxis, che generò un’onda di cosmo con
cui travolse Jonathan, spingendolo indietro. Quindi si voltò verso la direzione
opposta, ma Reis aveva approfittato di quel momento
per portarsi di fronte a lei, sotto di lei, la spada già puntata e pronta a
piantarsi nel suo ventre. Fu con velocità estrema che Proioxis riuscì a
schivare l’affondo, girandosi su un fianco e osservando con orrore la lama
stridere sulla sua corazza. Proprio dove Jonathan l’aveva colpita in
precedenza.
La
Veste Divina andò in frantumi e sangue imbrattò la scintillante lama di fronte
agli occhi attoniti e furibondi della Makhai, che allontanò Reis
facendo esplodere il proprio cosmo. La deflagrazione scagliò il Cavaliere di
Luce indietro, togliendogli l’elmo della corazza, ma Jonathan fu subito su di
lei, per aiutarla a rimanere in piedi, approfittando di quel breve contatto per
dirle di avere un piano.
“Dobbiamo
rifarlo! Ma, scemata l’onda di energia, tu attaccherai per prima!”
La
ragazza non capì come la ripetizione di quella strategia potesse aiutarli a
vincere un’avversaria che adesso, dopo le ultime ferite ricevute, pareva più
decisa che mai a eliminarli. Eppure lo sguardo che Jonathan le risolse, il
sorriso di un amico che chiede di avere fiducia in lui, le fugò ogni dubbio e
le ricordò che cosa li rendeva diversi dagli Dei, e da questi spiriti della
battaglia. Un sentimento chiamato
amicizia.
Così
bruciò il cosmo e Jonathan fece altrettanto, mentre Proioxis, sul cui volto
lampeggiava l’ira, apriva le braccia, radunando l’energia per scagliare una devastante
onda d’urto. Un attimo dopo, persino più in fretta di quel che i Cavalieri si
aspettassero, l’assalto li raggiunse, obbligandoli a sfrecciare al massimo
della velocità consentita dalle loro forze per non esserne sopraffatti. Appena
fuori dal suo raggio d’azione, Reis si voltò verso la
Makhai, con la Spada di Luce in pugno, ma, come aveva previsto, la Dea aveva
subito sollevato la guardia, non desiderando essere colta di sorpresa una
seconda volta.
L’onda
di energia da distanza ravvicinata la schiaffeggiò contro il muro di confine,
strappandole più di un lamento e scheggiando l’Armatura delle Stelle, ma quando
la ragazza torse lo sguardo per vedere se anche Jonathan avesse incontrato
uguale sorte, rimase stupita nel vedere che il compagno non si era mosso
affatto. Era rimasto nello stesso punto dopo aver evitato l’Avanzata impetuosa, gli occhi
socchiusi, intento a radunare ogni stilla di energia che ancora gli rimaneva,
mentre tutto attorno a sé e sopra di sé, vorticavano migliaia e migliaia di
comete lucenti. Scie di energia pura, globi abbaglianti che sembravano
provenire da una nube sferica che si agitava nell’aria, decine di metri sopra
il ragazzo.
“Che… cos’è quest’inquietudine?!” –Balbettò Proioxis,
muovendo d’istinto un passo indietro di fronte a così accecante scintillio
cosmico.
“È
la casa di tutte le comete! La galassia lontana e silenziosa da cui provengono
le più pure luminescenze dell’universo!” –Spiegò Jonathan, aprendo infine gli
occhi, mentre tutte le comete sfrecciarono verso la Makhai, lasciandosi dietro
code di luce. –“Questa è la Grande Nube
di Oort!!!”
“Maledizione!!!”
–Proioxis aprì subito le braccia, generando l’onda distruttiva, che annientò
migliaia di comete, ma per quante ne distruggesse altre ne ricomparivano, forti
di quella vicinanza alla casa madre che le rendeva inestinguibile potere. Una
dopo l’altra le comete traforarono l’attacco della Dea, aprendo sempre nuove e
più ampie brecce nella sua onda, che prestò collassò, disperdendosi e
permettendo alle sfere energetiche di raggiungere la Makhai. –“Io… devo scappare!!! Devo…” –Ma
con orrore Proioxis non riuscì a muovere le gambe. Abbassando lo sguardo, notò Reis, strusciata fino ai suoi piedi, che le sorrideva
compiaciuta, dopo averle piantato la Spada di Luce in un piede, inchiodandola
così a terra. –“Eris, madre mia, aiutami!!!” –Poté
soltanto urlare mentre l’immenso ammasso stellare la investiva in pieno,
disintegrando armatura, corpo e spirito.
“Non
so come si usa, nella vostra bella famiglia, ma nella mia vecchia Inghilterra
in questi casi si dice goodbye!” –Commentò Reis,
ruzzolando fuori dal raggio d’azione della detonazione energetica.
***
Tanto
leggero era il passo di Ermes da risultare impercettibile ad orecchio umano.
Eppure Zeus, in meditazione sul Trono del Fulmine, lo udì comunque, posando lo
sguardo sul vecchio amico, inginocchiatosi in riverente attesa ai piedi della
scalinata. Percependo il peso di quello sguardo, il fedele messaggero parlò.
“Nettuno
è partito, mio Signore! Il suo cosmo già rifulge oltre le colonne d’Eracle!”
“Molto
bene! La solerzia di mio fratello è impareggiabile! Per gli affari che lo
interessano, ovviamente!”
Ermes
non disse alcunché, aspettando che fosse il Signore del Fumine
ad aggiungere altro. Ormai aveva imparato a conoscerlo e sapeva quando Zeus
stesse pensando a qualcosa.
“Dispiega
le tue ali, Messaggero Olimpico! E controlla le sue mosse, rimanendo sempre a
debita distanza! Fai attenzione, sebbene abbia riposato per secoli, la potenza
del tridente di Nettuno è indubbia, seconda soltanto alla divina folgore cui
sei fedele. Perciò, non sottovalutare la sua astuzia!”
“So
come osservare senza essere visto!” –Si limitò a commentare Ermes, alzandosi e
annuendo. Quindi, prima di incamminarsi fuori dalla Sala del Trono, arrischiò
una considerazione. –“Nonostante lo abbiate risvegliato, non vi fidate ancora
di lui, non è vero? Le parole di Atena hanno lasciato il segno.”
“Mio
caro Ermes…” –Sorrise allora Zeus, soddisfatto della
perspicacia del vecchio amico. –“Vi sono solo due persone, in questo strano
mondo, cui io riponga la massima fiducia! Una combatte sulla Luna, l’altra è in
questa stanza! Da tutti gli altri, mi tengo alla giusta distanza!”
“Mio
Signore, voi mi onorate…” –Balbettò il Dio dei
Mercanti e del Commercio, prima che Zeus gli desse le spalle, dirigendosi verso
la grande finestra che dava sul giardino della reggia. –“Sarò degno della
vostra fiducia!” –Aggiunse, allontanandosi.
“Già
lo sei, da molto tempo. Vorrei esserlo anch’io, della tua.” –Commentò tra sé il
Signore dell’Olimpo, fissando il cielo e il mondo che si apriva di là dal
vetro.
Il
richiudersi del portone alle sue spalle fece capire a Zeus di essere rimasto
solo, come ormai pareva passare molto del suo tempo. Le parole che Avalon gli
aveva rivolto bruciavano ancora nel suo animo inquieto, ricordandogli di essere
un re senza corona, un sovrano privo di eserciti, avendo assistito alla loro
distruzione in un’inutile guerra che di sacro ben poco aveva. Solo il dolore
inferto ai sopravvissuti.
Sospirando,
il Dio tornò a sedere sul trono, muovendo lo sguardo verso oriente.
Là,
tra le impervie vette del Caucaso, millenni addietro aveva incatenato il Titano
Prometeo, reo di aver disobbedito ai suoi ordini, per amore degli uomini. Poi
Eracle lo aveva liberato, permettendogli di ottenere il perdono dal padre.
Questa parte della storia era nota a tutti, ma ciò che ben pochi sapevano,
anche tra gli Olimpi, era che in tempi recenti un altro prigioniero era stato
condannato ad eguale sorte.
Prima
che Avalon venisse ad ammonirlo, prima delle Panatenee e di Ascanio,
un altro uomo aveva conquistato il Signore del Fulmine per le sue qualità
guerriere, per il suo spirito indomito che pareva non temere nemmeno la morte.
Per il suo desiderio di ascendere al cielo più alto, liberandosi dai retaggi
dell’umana esistenza. Ma, come Icaro aveva volato troppo vicino al sole,
anch’egli aveva ardito più del dovuto, ricevendo la giusta punizione.
Zeus
si carezzò la barba incolta, osservando le sofferenze del giovane incatenato e
chiedendosi se non fosse giunto il momento di comportarsi come sua figlia,
offrendo o meno il perdono regale all’uomo che volle farsi Dio.