Felice? Non si è
mai posto davvero la domanda per paura della risposta.
I polpastrelli le
dicono che è vero e sta tremando. Le dicono che l'abito ha un
tessuto troppo pesante per quel clima mite. L'ego a riposo ha un
sussulto eroico, quando Mark Framboise le domanda con voce
affievolita e cauta il motivo del gesto.
“La intimidisco,
signore?”
“La paura è
l'istinto più naturale dell'uomo...”
“Pensavo fosse la
caccia. O la riproduzione.”
“Nella scala dei
valori, la paura è di gran lunga...” Mark Framboise
inspira e si sposta di un centimetro verso la portiera, prendendole
il polso “... la smetta, per favore.”
E' piuttosto delicato
per essere un'entità evanescente. Le dita si contraggono fra
le sue e Debra osserva il movimento esitante e poco fluido. La
domanda rotola via dalla lingua, sfacciata. “Da quanto tempo
non tocca una donna? I massaggi al centro benessere non valgono.”
“Non mi piace....
parlare di queste cose... e non mi piace... essere preso in giro...”
E' impallidito, l'ha
messo fuori gioco. “Bene, signore.”
Le spalle calano di
colpo e Mark Framboise la guarda negli occhi che fino a quel momento
ha tenuto fissi nel vuoto. Liquido metallo incandescente. Non sono
passati neppure venti minuti e lei è già esausta da
tutta quella tensione sessuale. Non c'è mai stato tanto
traffico come quel giorno.
>Zucchero, c'è
un problema.<
La voce di Messina le
esplode nelle orecchie all'improvviso, facendola vergognare. “Che
problema?”
> Leggi i giornali,
di tanto in tanto? Quel gruppo rock che ha annunciato un concerto
davanti alla Borsa, la scorsa settimana, sta suonando davvero.*<
Debra Sept non ha mai
affrontato un simile problema. Fissa il vuoto cercando una soluzione,
quando il cellulare del cliente comincia a suonare. La notizia è
giunta anche a lui lasciando un'espressione perplessa e bramosa sul
viso.
La donna smonta dalla
limo e si guarda attorno. La strada è completamente bloccata e
le prime note lacerano l'aria e si confondono con le urla dei fans.
La polizia è in assetto da battaglia. Come capo della
sicurezza fa schifo. Torna dentro e serra la portiera. “Le
piace il rock, signore?”
***
“Mi stia dietro e
non faccia di testa sua. Cammini rasente alle pareti e non dia peso
ai manifestanti. Per favore, tolga la cravatta e slacci il primo
bottone. Tolga anche la giacca. Siamo due modesti impiegati statali
che si sono trovati a passare di qui.”
“Messina resterà
bloccato.”
“Se la caverà.
Mi faccia vedere.” Debra lo scruta da capo a piedi e con un
gesto inatteso gli spettina i capelli. “Passabile.”
“Mi dispiace.”
“Di cosa?”
“Del disturbo.”
“L'ha ordinato
lei, il concerto?” esclama indicando con il pollice alle sue
spalle.
Mark Framboise la
guarda e fa una smorfia. Debra lo prende sottobraccio e lo tira con
decisione. “Se la goda, pensi ai lati positivi” mormora
camminando tranquillamente sul marciapiede.
“Attenta!”
Debra si sente
trascinare via e scampa di poco un tizio enorme con un cartellone in
mano. Il seno destro ora è schiacciato contro il torace e
mezza faccia è affondata sulla camicia bianca del cliente. Il
suo fondotinta no transfert creerà un bel danno. “Sono
sopravvissuta al Lollapalooza per ben due volte, non si agiti
per un gorilla ipertrofico!” Si raddrizza facendo finta di
niente e uno altro spintone secco la catapulta addosso all'uomo che
sbatte dolorosamente contro la serranda di un negozio abbassato: la
polizia sta rimettendo in riga alcuni manifestanti troppo fomentati e
loro ci sono andati di mezzo. Se li arrestano, passerà dei
guai con l'agenzia. Forse sarebbe stato meglio restare nella limo.
“E' ferito?”
“Ho preso colpi
peggiori alla lezione di Kickboxing” farfuglia chiudendo le
braccia attorno alla sua schiena. “Sta tremando. Ha paura?”
Certo che ha paura!
Sono tanti, impazziti e potrebbero calpestarla come un ratto delle
fogne. “Sì, signore” risponde pensando che non ha
bisogno di mettere su quella vocetta tenera e sorpresa.
“Pensi al lato
positivo.” Mark Framboise la volta verso la folla assiepata,
verso il palco improvvisato, verso la polizia in tenuta
anti-sommossa. “Osservi con che forza si diffonde un'idea.”
Per udirlo deve farsi indietro. Deve lasciare che le sfiori
l'orecchio con le labbra. Deve smettere di respirare il suo
dopobarba. “D–di questo passo sarà difficile
arrivare in fondo alla strada.” Il ricciolo sull'orecchio viene
tirato via. Il musica si ferma di colpo, il frontman annuncia
qualcosa che Debra non capisce mentre le dita del cliente le
accarezzando il lobo, sistemando la forcina.
“Da quanto tempo
non tocca un uomo? Il corso di difesa personale non vale.”
Debra serra la labbra,
pallida e un po' seccata.
“Non eluda la
domanda. La pagano per soddisfare i miei capricci. Mi soddisfi, per
una volta.”
“Mi pagano per
tenerla al sicuro e in questo momento, nessuno di noi è al
sicuro!”
Mark Framboise sorride
di un pensiero nascosto. “Si volti. Che cosa vede?”
“Gente che salta,
canta e si ubriaca alle sette e mezza del mattino...”
“Non sta
guardando.”
Diosanto, ma cosa vuole
da lei?! Debra sospira e osserva le persone. Nessuno fa caso a loro.
Nessuno sa chi sono. Nessuno sa chi è lui. “E'
invisibile.”
“Siamo
invisibili” rettifica annuendo. “E siamo al centro della
città.”
“Lo vede?
Soddisfo ogni suo capriccio” ribatte ironica. “Mi stia
dietro mentre creo un varco.”
Il capo della sicurezza
è uno scricciolo tutt'ossa.
Debra legge una vena di
compatimento negli occhi, ma ancora prima di protestare, viene tirata
con decisione attraverso un buco nella folla. Oh, che diavolo! Se
vuole farsi ammazzare, non sarà lei a fargli da scudo umano!
***
Meno di un isolato ed è
fatta. Ma quanta gente abita in quella città? Il flusso umano
sembra non avere mai una fine! L'ufficio l'ha già chiamato tre
volte. Debra sta perdendo la pazienza perché il cliente si
ferma ad ogni passo per osservare, commentare e guardarsi attorno
come un bambino alla sua prima visita in un luna park. Dovrebbe
attrezzarsi con un guinzaglio a strozzo!, pensa un momento prima di
essere presa per il polso. Debra si volta di scatto e la mano scatta
sotto la giacca. Non frequenta la metropolitana perché è
claustrofobica, ha sviluppato un incerto fastidio per le stanze
sovraffollate e ha un terrore vero e proprio per la ressa umana, dopo
l'incidente.
“Sept...”
Debra abbassa lo
sguardo sul braccio destro, seguendo la direzione del cliente. Ha
quasi estratto la pistola.
“Ha la sicura,
quell'affare? Non vorrei che si sparasse accidentalmente su un
piede.”
“S-si intende di
armi?” balbetta battendo furiosamente le palpebre. “Non
la tocchi... signore... la prego, non... ” Debra inspira quando
le tocca il busto, aprendole la giacca. Stringe il pugno seriamente
intenzionata a mollargli un destro. “Mi lasci in pace e pensi a
camminare! Abbiamo perso fin troppo tempo!”
“La città
è bloccata.”
“Il centro
è bloccato!”
“Abita in
periferia?”
Debra inghiotte gli
ultimi residui di calma e il panico l'aggredisce. Estrae la pistola e
gliela punta contro. “Cammini o le sparo ad un ginocchio e la
trascino di peso!”
Mark Framboise alza le
mani e sbianca leggermente. “Tratta sempre così i suoi
clienti?”
Debra lo spinge avanti,
scurita. “E' capitato.”
“Posso vedere
dove abita?”
La donna sgrana gli
occhi e il polso si piega impercettibilmente. “Giuro su dio che
le faccio passare il più brutto quarto d'ora della sua vita,
se non riprende a camminare...”
“Vede cosa sta
succedendo?” sussurra piegandosi su di le e spostando il
braccio armato. “Chi ha voglia di rinchiudersi in un locale
asettico, quando la vita è qui e ora?”
“Poteva dirlo
prima di non aver voglia di andare a lavoro!” ribatte
allargando anche l'altro braccio. “Cristo santo! Cosa vuole
fare?! Mangiare un gelato e ascoltare il concerto?”
“Mi piacerebbe
molto.” Mark Framboise sorride e si guarda attorno. “Mi
aspetti qui.”
“Dove sta
andando?!”
“Un minuto!”
Debra lo guarda
allontanarsi, incredula. Se perde il cliente, la licenziano. Se
muore, la licenziano. Rinfodera l'arma e gira su se stessa,
strofinando il collo. Le grida, le sirene e la musica la stanno
rintronando. Eppure dovrebbe essere abituata a quello spiegamento di
abbaglianti e...
“Fragola o
vaniglia?”
E quelli dove li ha
presi?! Debra osserva il colore del frappè e sospira. “Fa
sempre quello che vuole, vero?”
“Mentirei se
dicessi sì” mormora succhiando lo shake alla vaniglia e
girando lo sguardo a terra. Si accomoda sul gradino alto della
vetrina di Gucci che ha serrato in fretta e furia in seguito
alla manifestazione, ma Debra resta in piedi, esausta. “Non va
bene, signore...”
“Facciamo un
cambio.”
Lo shake viene
sostituto e la donna lo guarda perplessa. “Si diverte a
rendermi la vita un inferno?”
“Preferiva il
cioccolato?”
“Preferivo
saperla al sicuro nel suo ufficio...”
“Sono al sicuro.
Ho il miglior capo della sicurezza al mio fianco.”
Che voglia di
rovesciargli quella delizia sui capelli e i vestiti! Debra scoperchia
il bicchiere e beve un sorso pastoso e ultra dolce. “Non lo
racconti in giro o non mi assumerà più nessuno.”
“La Società
ha già versato l'anticipo, dove crede di scappare? Per i
prossimi due anni, è tutta mia.”
Fa pure dell'ironia,
pensa gettandogli un'occhiataccia. Mia. Non accampiamo
pretese. “Un agente di sicurezza può rifiutare un lavoro
se lo trova al di sopra delle sue possibilità.”
Mark Framboise guarda
il fondo del frappè e sorride. “Lei è al
di sopra delle mie possibilità.”
Debra inspira e posa il
bicchiere vuoto a terra. Si sta agitando di nuovo. “Non lo
dimentichi.”
“Viene a cena con
me, stasera?”
E' impaurita ma è
così brava da non darlo a vedere. “E' contro la mia
etica, ma poiché non sono stata brava a condurla al sicuro...”
“Io mi sento al
sicuro.”
“La Società
la pensa diversamente. La sta chiamando un'altra volta.”
“Che si fottano”
sbotta allungando una gamba ed ignorando il cellulare che vibra nella
giacca. “Mi chieda qualsiasi cosa, Sept. Farò qualsiasi
cosa per lei.”
Potrebbe smettere di
metterla a disagio, per esempio. “Mi racconti la sua vita. Non
posso proteggerla adeguatamente se nasconde dei segreti...”
“Tutti nascondono
dei segreti. Anche lei. Vuole sapere il nome di mia madre o se dormo
più di sei ore a notte? Sta stritolando il bicchiere.”
Il cartone morbido si
piega sotto le dita, sbiancate dalla pressione. Lo segue con lo
sguardo quando si rialza e infila le mani in tasca. “La rendo
nervosa, Sept?”
I suoi occhi non sono
mai stati così vivi... di solito sono spenti, velati.
Annoiati. Il tic alla palpebra sinistra torna prepotente dopo
anni di assenza. “Il ritardo è diventato una vera e
propria assenza ingiustificata, signore.”
Mark Framboise ha
tentato inutilmente di capirla. Ha sparato alto, poi ha mirato nella
selva cercando di colpire qualcosa. E' riuscito solo ad infastidirla.
Vorrebbe toccarla per sentire se sta tremando. Chi glielo impedisce?
Il rispetto. La pistola sotto la giacca. “Non volevo
offenderla o metterla a disagio...”
“Non è mai
successo.”
Bugiarda. “Viene
a cena con me, stasera?”
“No.”
“Per colpa della
sua pessima organizzazione, ho perso una mattinata di lavoro. Il
minimo che può fare, è risarcirmi.”
Usare un tono leggero e
scherzoso non le farà cambiare idea. “Si riprenda
l'anticipo e chiami un taxi da solo!” Debra volta verso la
metropolitana e scende i primi scalini, dimentica della sua
claustrofobia. Attende sulla rampa esterna un quarto d'ora, prima di
tornare in superficie. Mark Framboise la sta aspettando e passeggia
pazientemente. Il viso si illumina quando la vede aggrappata
all'ultimo tratto di corrimano.
“La metro è
bloccata.”
“E' impossibile
trovare un taxi, con questa confusione.”
E' esausta dal carico
di responsabilità e sono solo le dieci del mattino. “Non
scherzavo sull'anticipo...”
“Neppure io sulla
cena.”
“E' contro le
regole.” La sua affermazione non ha molto impatto, se la voce
le trema. “Non è etico.”
“E' al di fuori
del suo controllo” sussurra e di nuovo la guarda negli occhi.
“Mi sento sempre così quando mi è vicino...”
“Lo vede? E' una
cattiva idea” insiste colmando la distanza fra l'ultimo gradino
e il marciapiede. Debra Sept assiste impotente alla riapertura dei
cancelli della metro, si lascia investire dalla folla e fa qualche
passo indietro, rischiando di cadere. Non può timbrare il
biglietto e tornare a casa. Non può lasciare il cliente
scoperto. E' costretta a combattere il flusso umano che
improvvisamente cambia direzione e la spinge avanti. Gli avventori
rimasti bloccati nei vagoni sono più pericolosi della folla
urlante del concerto. Debra sbianca di paura e avanza decisa verso
l'uomo, portandosi al suo fianco e incitandolo a proseguire. “Non
dobbiamo stare qui. Avanti, si muova.”
Mark Framboise la
lascia vincere ancora una volta, adegua il passo al suo e inspira. La
tensione è tale che gli impedisce di ragionare. Le sta
stringendo il braccio. L'ha quasi calpestata, voltandosi di scatto e
costringendola ad imboccare il primo vicolo umido e puzzolente.
Non si aspettava un
gesto simile. Debra Sept spalanca gli occhi e lo guarda. E' nervoso,
è spaventato, non ha idea di quel che sta facendo. Il cliente
la lascia di scatto e strofina le mani lungo i fianchi. La sua
espressione è così confusa da ricordarle un evento
dell'adolescenza, uno scherzo crudele a cui non aveva preso parte.
Dopo l'umiliazione pubblica con una mean
girl della scuola, il poveretto coinvolto aveva vagato per
i corridoi del liceo come un fantasma. “Mark...”
L'uomo trasale e la
guarda, battendo le palpebre.
“... torniamo a
casa. Oggi non si lavora.”
Anche se l'aria è
piuttosto fresca, sta sudando. Lo sente, il suo odore, sopraffatto
dalla colonia maschile che indossa. Dopo l'incidente non ha
più avuto alcun interesse per il sesso. Sono passati anni,
forse il letargo è finito. Debra sussulta quando si sente
toccare un angolo della mandibola, delicatamente. Ha più
paura lui di te, pensa inghiottendo.
“Vorrei...
essere... uno di quegli uomini che...” Mark Framboise sposta la
mano e stringe il pugno, frustrato. “Ha ragione, torniamo a
casa...” sospira e tutta la tensione scivola lungo le braccia
che ricadono attorno al corpo.
Debra lo osserva di
nuovo inghiottire e ne ricopia il gesto. “A che tipo pensava?”
“A quel genere di
uomo che ogni donna vorrebbe incontrare” annuncia, a bassa
voce. “Quel genere a cui non si può resistere.”
“Molto sicuro di
se, carismatico e formidabile a letto?” azzarda con un'occhiata
sarcastica. “E' una leggenda metropolitana.”
* Concerto dei Rage
Against The Machine (realmente avvenuto il 26 gennaio 2000
davanti Wall Street http://www.youtube.com/watch?v=z5hfI3sH-WM)
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