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Premessa *-
C'è
una cosa che dovete sapere di me, prima di proseguire nella lettura:
non sono mai stata una che molla l'osso. Sopravvivo sempre, non cado
mai, non mi rammarico di niente.
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Tu puoi toccarmi, parlare con me, ma non puoi dire davvero di
conoscermi. Sono la donna che ogni uomo vorrebbe, sono fatta di
crudeltà e vendetta, la mia bocca non tradisce mai la verità.
Ti puoi perdere nei miei occhi e annegare fra le spire inanellate dei
capelli, puoi giacere con me, ma resterai sempre al di sopra della
superficie. -
La
maschera di Katherine Pierce si è fusa col volto di Katerina
Petrova. Una non può esistere senza l'altra, entrambe mi sono
indispensabili. Entrambe parlano di me, una sussurrando maliziosa,
l'altra gridando senza più voce. Ho pietà della
fanciulla che una volta ero... ma il tempo passa... tutto passa.
Katerina si è persa quella notte nel bosco, si è
squarciata il ventre per tentare di fuggire alla cattura, si è
nutrita del sangue di Rose condannandola all'ira sempiterna di Klaus,
e si è impiccata alla trave più alta.
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Non posso biasimarla e non posso non perdonarla. Ha fatto quel che
doveva fare per sopravvivere. -
Katherine
ha acquisito la cura sacrificando la vita di Jeremy Gilbert, così
come Klaus ha trucidato la sua famiglia e distrutto il villaggio in
cui era nata.
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E' sempre bene imparare in fretta e dal migliore. La vita poi, è
tutta in discesa. -
La
sua esistenza è stata una fuga continua, un sobbalzo muscolare
mentre stava per addormentarsi, un brivido ghiacciato nelle calde
giornate agostane. Questa è una semplice cronaca degli
eventi presenti, non troverete confessioni di amori nascosti o
taciuti. Non siamo in un romanzo di Jane Austen e non c'è
nessuno mister Darcy ad aspettarla fuori della porta.
Capitolo
1 – Finding Elijah.
Non
avrebbe saputo dire se, vedendola, egli avesse provato più
gioia o più dolore,
ma
quel ch'era certo era che non l'aveva veduta con animo
indifferente. (Orgoglio e pregiudizio - J. Austen)
Non
mi sono mai posta il problema di non riuscire a trovarlo. Ogni
vampiro ha i suoi luoghi preferiti: il nostro cambiamento
è lento, siamo capaci di vivere nella stessa città per
centinaia di anni, prima di alzare i tacchi e decidere di scoprire
un'altra parte di mondo. Un vampiro Antico non passa inosservato.
Cammini per una via e, all'improvviso, ti rendi conto che non c'è
nessun altro vampiro nelle vicinanze. Quello è il segno che
sei entrata nel territorio di qualcuno ben più forte di te.
Poi defilarti alla chetichella o dire una preghierina e sperare che
sia di buon umore, mentre calpesti l'erba del suo prato. Oppure, puoi
spezzare le dita del ladruncolo che sta cercando di fregargli la
macchina e rimediare anche la cena e il dessert,
se ti dice bene.
Quando
ho finito, lascio cadere il corpo dissanguato a terra, mollo un
calcio alla portiera e faccio partire l'allarme che risuona nel
complesso residenziale lacerandomi le orecchie. Aspetto finché
un bip bip mi fa
sorridere e sollevare gli occhi al cielo. Ho sentito
il suo respiro sorpreso bloccarsi per un istante ma non ho
riconosciuto il suo profumo. Ha cambiato dopobarba dopo solo
un centinaio di anni?
“Katerina...”
Sciolgo
le braccia che tengo incrociate sotto il seno e mi volto lentamente.
Non dico niente, non subito almeno. Elijah è lì che mi
guarda come uno scemo, in maniche di camicia e il dispositivo
sbloccante dell'auto stretto fra le dita. Ci conosciamo da
cinquecento anni, è sempre stato buono con me, mi ha protetta
da Klaus e mi ha aiutato a fuggire centinaia di volte. Katerina
vorrebbe abbracciarlo ma Katherine sa che è ancora innamorato
di lei. Quel che infliggo agli altri uomini, non mi sogno di farlo a
lui. Non lo merita. “Dobbiamo parlare” dico, secca ma
subito aggiungo un “per favore” che smorza la durezza
delle mie parole.
Elijah
fa una panoramica del mio abbigliamento, quando emergo dal lato
nascosto dell'automobile. Lo sguardo è curioso, per nulla
offensivo. Risale gli stivali di pelle spuntati da cui si intravede
lo smalto chiaro e lucido sull'alluce, corre lungo i jeans adamitici
e la maglietta nera bordata di pizzo, si allarga sul giubbotto di
pelle dello stesso colore e si ferma nei miei occhi. Se avessi un
cuore funzionante, sobbalzerebbe. Non la porto addosso, la cura.
Prima devo assicurarmi la sua lealtà. Elijah annuisce,
aprendomi la strada fino alla sua abitazione. Quando lo sorpasso, mi
ferma, afferrandomi per il braccio. Stringo le labbra e mi volto. Lo
sguardo di Katherine, malizioso, noncurante, quasi offensivo, si
scontra con quello indagatore e moralista del vampiro millenario.
Lascio andare il labbro inferiore che ho morso per tutto il tempo
senza rendermene conto ed Elijah lascia andare il mio braccio. Non
posso fidarmi di lui, non del tutto, non fino in fondo. E' il
fratello di Klaus e il sangue non tradisce il proprio sangue. “Ho
bisogno del tuo aiuto” sussurro con la voce che non è
propria di Katherine ma che rassomiglia molto al miagolio spaventato
della piccola Katerina. Lo sento io, lo sente anche lui e il suo
sguardo si distende, permettendomi di vedere, dietro la maschera di
fredda cortesia, una sollecitudine che non avrebbe mai per
nessun'altra donna. Approfittane,
sussurra Katherine dentro di me. Mi umetto le labbra e schiarisco la
voce, ancora ferma sul vialetto esterno. “Ho bisogno del tuo
aiuto per giungere ad un accordo.”
***
“Sopravvaluti
la mia capacità di persuasione.”
Dì
piuttosto che non hai alcuna voglia di trovarti nella stessa stanza
con lui a combattere ancora in mio nome. Accavallo una gamba
sull'altra e faccio finta di credergli, ma le due Kat gridano dentro
all'unisono di me, tanto da spezzarmi il respiro e sbugiardare la mia
apparente calma.
“Non
vuol dire che non proverò a ragionare con Niklaus.”
Non
darmi false speranze, penso muovendo appena il mento.
“Kat...”
Elijah
non mi chiama mai Katherine. Per lui sono Kat o Katerina, ma sa
quanto disprezzi il ricordo della mia debole natura umana che ha
quasi permesso a Klaus di spezzarla. Gli rivolgo un mezzo sguardo,
imponendomi una pazienza che sono ben lungi dal provare.
“Hai
un posto dove stare?”
Elijah
ragiona in termini umani quando si tratta di me. Crede ancora che
abbia bisogno di un letto e un pasto caldo e che non sappia cavarmela
da sola. “Un palazzo” rispondo sprezzante. “So
badare a me stessa.”
Elijah
annuisce. Potrebbe fare del sarcasmo sul fatto che sia corsa da lui
per negoziare una tregua con Klaus, ma tiene per se il commento e si
alza in piedi, dichiarando concluso l'incontro. Lo seguo fino alla
porta e appena sotto il portico, il freddo umido della notte mi
arriccia le punte dei capelli e cancella il disprezzo dal cuore.
Elijah attende che mi allontani, prima di chiudersi la porta alle
spalle.
Quando
sono a metà strada, faccio uno sforzo per non voltarmi
indietro, per non cedere alla debolezza, per non ammettere che ho
cercato in lui un sostegno che non riesco a trovare in me stessa. Mi
impongo di non pensarci ma per una volta - una sola, punibile con la
morte - vorrei chiudere gli occhi e lasciarmi andare.
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