My favorite pet

di SilviAngel
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Ultimo capitolo.
Ringrazio chi ha letto, commentato e infilato la ff in una qualunque delle categorie di EFP.
Buona lettura e a presto.

 
Cap. 19
“Galeotto fu il libro”
 
Lo sceriffo si limitò a sorridere, alzandosi e raggiungendo il figlio per osservare meglio il cucciolo.
“Certo che è parecchio diverso dall’altro. Sembra un batuffolo di ovatta” carezzandolo leggero tra le orecchie e ricevendo in cambio un verso uggiolante accompagnato da uno scodinzolio incontrollato.
Luna in un paio di secondi aveva già conquistato l’uomo.
Stiles felice che il padre non avesse mosso obiezione alcuna, stringendo la sua cagnolina tra le braccia, se ne tornò in soggiorno, ma a metà strada incontrò il moro che si stava chiaramente preparando a lasciare la casa.
“Derek, dove stai andando?”
“Penso sia meglio che io me ne torni a casa” e serrando le labbra in una linea sottile, dato che quello in realtà era davvero l’ultimo dei suoi desideri, si diresse alla porta.
Luna iniziò ad abbaiare spaventata e ad agitarsi tra le braccia del liceale “Che ti prende piccola?” chiese il suo padroncino, consapevole dell’inutilità della domanda e non riuscendo a mantenere salda la presa, piegò le ginocchia così da poggiarla a terra. Non appena sul pavimento, il cucciolo corse verso i piedi dell’Alfa e sollevando una zampa, la strusciò più volte su ciò che riusciva a raggiungere: scarpe o jeans.
“Penso non voglia che tu vada via” il castano tentò di interpretare il comportamento del cane e con un gesto del capo, indicò il divano “Ti va di restare ancora un poco?”
Derek acconsentì e sfilandosi il giubbotto, lo gettò sul bracciolo del sofà, rifacendo suo il posto precedentemente occupato, mentre il cucciolo gli zampettava dietro e Stiles si fermava ancora nell’ingresso, osservando il padre recuperare la fondina e la giacca di ordinanza.
“Pa’ dove vai a quest’ora?”
“Ti ho avvisato prima, ma come pare evidente non mi stavi ascoltando. Questa notte siamo quasi tutti in servizio e di ronda a causa delle numerose effrazioni e aggressioni degli ultimi giorni” il figlio annuì, rendendosi conto che davvero non aveva prestato la benché minima attenzione a tutto ciò che il genitore aveva detto durante la cena.
Lo sceriffo mosse un paio di passi verso l’uscio, ma d’improvviso tornò indietro, entrando nel soggiorno e rivolgendosi all’ospite – che era intento a evitare a suon di occhiatacce che la piccola Luna continuasse a guaire disperata per farsi prendere in braccio – domandò “So che non dovrei chiederti una cosa simile anche perché tu… ma lasciamo perdere. Dovrò stare tutta la notte fuori casa e non mi sento tranquillo a lasciare Stiles da solo. Potresti rimanere qui?”
Gli occhi verdi di Derek si spalancarono, anche se si sforzava per evitare che le emozioni si dipingessero a colori fluo sul proprio viso e, riacquistando una sottile parvenza di freddezza, rispose “Certo signore”
“Guai a te se… ci siamo capiti vero Hale? Non farmi pentire della fiducia che ti sto dando di nuovo” e senza attendere oltre lasciò la casa, raccomandando al figlio di sprangare con cura le porte e le finestre.
Dopo aver chiuso l’ingresso a doppia mandata, con ansia crescente, raggiunse il divano, sedendosi rigido e impacciato, nonostante la presenza di Luna che, abbandonata la speranza di muovere a compassione il moro, si era lanciata nella missione di impietosire il minore.
Quando il padrone di casa, nell’assoluto silenzio che riempiva la stanza si avvide dei guaiti disperati, si abbassò per tirarla a sé e adagiarla poi tra sé e il licantropo.
“Se vuoi me ne vado” esordì il moro, sperando in cuor suo che il ragazzino non glielo chiedesse per davvero, ma che al contrario gli concedesse la possibilità di stargli accanto, per di più con il benestare dello sceriffo.
“No, resta. Anche perché altrimenti chi sentirà mio padre se domani mattina non ti trova in casa” e cercando in modo impacciato qualcosa da fare, allungò una mano fino ad afferrare i documenti che Derek aveva lasciato sul basso tavolino.
Scorrendo quanto in essi scritto, scoprì di doversi appuntare una serie di scadenze sul calendario, affinché nessuna di esse gli sfuggisse. Riguardavano tutte le visite e i vaccini che la cagnolina avrebbe dovuto fare nel mesi a venire.
Arrivato all’ultimo foglio, si accorse subito che questo non apparteneva al gruppo dei precedenti. Era più piccolo ed era stato strappato malamente da un quaderno o taccuino. Un banale foglio a quadretti, dove erano state vergate a mano una serie di versi.
La calligrafia era tagliente e spigolosa e avvicinando la carta al proprio viso per decifrarne il significato, la voce di Derek lo distrasse per un attimo, facendogli voltare il capo nella sua direzione “Me la sono appuntata l’altro giorno prima che la commessa impacchettasse il libro. Mi piace”
Stiles tornò a posare gli occhi su quanto stringeva tra le mani e lesse a mezza voce ogni singola parola presente.
 
Tu mi sorridesti
e mi parlasti di niente
e io mi accorsi
che era questo
che aspettavo da tempo.*
 
Le labbra del piccolo si tirarono in un delicato sorriso che venne prontamente donato al maggiore “Piace molto anche a me. Sai, non ti facevo un tipo da poesia”
“E non lo sono infatti” confermò Derek, cercando di sedersi più comodamente “ma mentre sfogliavo il libretto, la mia attenzione è caduta su quelle poche righe e le ho sentite così vere. Ci sei tu lì dentro”
“Io?” ripeté senza aver compreso cosa l’altro intendesse dire.
“Sì. Tu sorridi in mille modi diversi e mi sono ritrovato a sperare che ci fosse anche un sorriso mio, un sorriso che fai solo per me. Poi mi pare non ci sia nulla da spiegare riguardo il secondo verso e la tua capacità di mettere insieme mille parole senza dire assolutamente nulla”
Il liceale arrossì senza neppure rendersene conto, fino a quando non sentì le gote in fiamme e la salivazione ridotta a zero “Se io sono nelle prime righe, tu… tu dove sei?” e spalancando quei suoi occhi grandi e sinceri, che chiedevano solo piena considerazione e affetto, lo guardò in attesa.
“Io sono in tutto quello che resta” sussurrò Derek sporgendosi in avanti, sfiorando con la punta delle dita la guancia di Stiles “Mi sei entrato dentro come una spina fastidiosa, ti sei  conficcato così in profondità che ora è impossibile per me sperare di levarti di mezzo e ricominciare a pensarmi senza di te. Sono stato uno stronzo l’altra sera, lo so, ma ehi, io sono così. Mi conosci”
Riprendendo a respirare e godendo dei tocchi freschi della mano dell’Alfa, il padrone di casa, si azzardò a interromperlo “È vero, so come sei fatto, ma non sono abituato ad avere persone che desiderano realmente la mia compagnia e quindi è stato più semplice pensare che tu volessi solo”
“Divertirmi con te una sera?”
La testa del castano si mosse su e giù.
“Non è così o per lo meno non del tutto” e di fronte all’espressione curiosa di Stiles, il mannaro continuò “Voglio divertirmi con te, e parecchio anche, ma per ben più di una sera. Anzi per molto molto tempo, se me lo concederai” e avvicinandosi ancora lo baciò lentamente e con tocco così leggero da sembrare un mero sogno.
La mano di Stiles si serrò attorno al polso di Derek, la paura che si allontanasse divenuta tangibile nel suo cuore e spingendo in avanti il proprio corpo, un mugolio si fece sentire.
I due ragazzi si staccarono anche se a malincuore e abbassando gli occhi videro che la cagnolina si era distesa nello spazio, fattosi sempre più ridotto, tra le loro cosce e stava cercando di addormentarsi, o quella almeno era stata la sua intenzione fino a quando non si era sentita stringere da entrambi i lati.
“Penso sia l’ora di metterla a dormire” decise Stiles alzandosi dal divano e, prendendo il cucciolo tra le braccia, si incamminò verso le scale.
Luna quasi completamente sveglia venne interpellata dal suo padroncino, che fermo davanti al primo scalino, domandò – sicuro che il lupo lo avrebbe sentito – “Che ne dici piccola, lo facciamo venire con noi?” la chiamata in causa abbaiò e così Stiles riprese rivolgendosi al moro “Allora, ti muovi o dobbiamo ancora aspettarti a lungo?”
Derek in un attimo fu al loro fianco e spegnendo le luci al loro passaggio, i tre salirono al piano superiore.
 
Raggiunta la camera dell’adolescente e vedendo che questo con il cane tra le braccia si stava avvicinando al letto, l’ospite con malcelata irritazione borbottò “Non vorrai mica farla dormire con te?”
“Certo, pensavi fosse un privilegio riservato solo a un determinato cucciolo rompipalle e incurante dell’altrui spazio personale?”
Gli occhi di Derek si ridussero in sottili fessure e, tirando le labbra, abbandonò la discussione recuperando dall’armadio il vecchio sacco a pelo dove Stiles aveva cercato di farlo dormire l’ultima sua notte da lupacchiotto e lo stese sul pavimento, scalciando in un angolo le scarpe.
“Che fai?” si incuriosì il castano, posando il cane sul copriletto e raggiungendo la cassettiera.
“Mi sto preparando per andare a letto” ringhiò il lupo, spaventando Luna che si fece piccola piccola il più lontano possibile dal moro.
“Smettila, le fai paura. E dato che ci sei smettila anche di fare il coglione geloso” e chiudendo di scatto un cassetto si volse a Derek, stringendo tra le mani un groviglio di stoffa.
A quelle parole, il licantropo aveva reagito con velocità sorprendente, mangiando la distanza che lo separava dall’adolescente e senza staccare gli occhi dai suoi sibilò uno “Stiles” che valeva come un monito.
“È presto e pensavo di provare una cosa, potrebbe diventare una piacevole abitudine e poi ti avevo già avvisato che mi sarei preso cura di una tua imperdonabile lacuna”
“Ciò di cui stai parlando, e che non comprendo, vorrei sottolineare, cosa centra con quello che stavo dicendo io?”
“Centra invece, mentre noi saremo intenti in questa attività, lei può restare sul letto con” e prendendo un respiro continuò “con noi, poi la sposterò a terra sul sacco a pelo. Contento?”
Derek compì un solo gesto del capo e vedendo il minore incamminarsi verso la porta, lo bloccò “Dove vai?”
“Vado a prepararmi per dormire”
“Se torni qui con un altro odioso pigiama, sai già che fine farà, vero? Uomo avvisato”
“Ma” cercò di obiettare il ragazzino.
“Niente ma” e il moro incrociò risoluto le braccia al petto.
“Dispotico, possessivo e ingestibile sourwolf”
“È per questo che mi adori, lo so”
“AH! Non crogiolarti troppo nella tua sicurezza” lo stuzzicò Stiles “mi basta schioccare le dita e posso trovare qualcun altro da”
“Non dirlo neppure per scherzo” lo aveva raggiuntò Derek circondando con una sola mano il mento del castano e costringendolo a guardarlo in viso “Non hai idea di cosa sia stato vedere Isaac baciarti fuori da scuola e osservarti mentre ti preparavi per uscire con lui”
Il moro lasciò cadere la propria fronte su quella, situata poco più in basso, del liceale e riprese “Ed è ancora adesso una tortura pensare che ti abbia toccato e”
“Voglio te” due piccole parole, solo due minuscole parole e il mondo del licantropo si colorò. Senza neppure aprire gli occhi il moro baciò il sorriso del ragazzino, sorriso che era sicuro stesse ornando le sue labbra.
Dopo un piccolo bacio a stampo, Stiles si tirò indietro “Allora, mi permetti di andare di là e mettermi qualcosa di più pratico?”
“Niente bottoni però” si sincerò Derek.
“Niente bottoni promesso”
 
Il mannaro si era seduto comodamente al centro del letto e aveva ceduto alle richieste di coccole di Luna, carezzandole il fianco e la pancia e si stupì di non aver sentito il padrone di casa arrivare “E così già mi tradisci?” lo colpì la voce acuta del castano.
“Scemo”   
“Allora vado bene così?” domandò il figlio dello sceriffo spalancando le braccia. Indossava un’anonima maglietta e morbidi e larghi pantaloni.
“Mmh” mugugnò “se non si può avere di meglio” distendendosi su un lato del letto.
Stiles rise muovendosi per la stanza fino a raggiungere la scrivania dove raccolse un enorme libro di cui Derek intuì il titolo.
Accendendo la piccola luce sul comodino, scavalcò il corpo del moro e sedendosi, con la schiena quasi del tutto poggiata alla testiera, cominciò a leggere con voce solenne
“Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor dove l’Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, Un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buoi incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende”**
 
“Che cosa allegra” tentò di intromettersi Derek, che facendo finta di nulla, imitato dalla piccola Luna, era strisciato sempre più vicino all’umano, arrivando, sul finire della lettura, a posare il capo su un lato del torso del figlio dello sceriffo, molto vicino al cuore.
“Zitto e ascolta” lo riprese Stiles che, dopo avergli circondato le spalle, tranquillamente aveva iniziato a lasciar scorrere tra i capelli neri e folti del mannaro le sue dita, perdendosi in mille carezze.
Una manciata di secondi e Stiles riprese a leggere “Si comincia: A proposito degli Hobbit. Questo Libro riguarda principalmente gli Hobbit”
“Hobbit?” ripeté il lupo.
“Sì, lasciami continuare, altrimenti lo finiremo quando saremo vecchi”
“Ok. Questo vuol dire che potrò tornare anche domani sera? Così riavrai i libri che ti ho regalato” chiese titubante il licantropo alzando il capo.
“Certo che puoi tornare e potrai farlo anche quella dopo e quella dopo ancora” concluse allungando il collo per strapargli un piccolo bacio.
 
La testa di Derek tornò alla sua confortevole posizione, Luna – che nulla aveva compreso di tutte quelle parole – sbadigliò tranquilla, con il musetto adagiato sulle zampe e il corpo lungo e disteso tra i polpacci del suo padroncino, mentre Stiles, con voce felice e morbida riprendeva a narrare le strabilianti avventure dei mezz’uomini.
 
 
 
* versi di Rabindranath Tagore
** Incipit de La Compagnia dell’Anello




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