Capitolo
4 – As I Lay Dying
Non
ricordo di averlo fatto, ma quando mi sveglio, trovo un fascio di
fogli vergati di mio pugno sulla parte vuota del letto. Ho paura a
leggerli ma se la mia mente sta vacillando, vorrei saperlo prima di
muovere qualsiasi passo contro Klaus.
Può
succedere. L'ho visto succedere a vampiri ben più forti e
vecchi di me. Va tutto bene, e all'improvviso ti svegli in un posto
mai visto prima, lorda di sangue e con un souvenir fisico
della tua ultima vittima. I telegiornali parlano di un nuovo serial
killer in città e allora ti sposti per depistare l'attenzione.
Dimentichi il tuo nome, gli affetti, perché hai bisogno di
nutrirti e, semplicemente, muori. Ti suicidi, chiedi ad un amico di
ucciderti. Perché capita nessuno sa dirlo. La piccola Katerina
crede alla rassegnazione dell'anima, Katherine sbuffa aria dal naso e
solleva le spalle, dicendo che 'a loro non capiterà.'
Katherine
parla di se stessa in terza persona e già questo dovrebbe
causarle un serio dubbio.
Afferro
il primo foglio e ingoio un po' di saliva. Leggo febbrilmente le
confessioni di Katerina, cose che non si è mai sognata di dire
ad alta voce, troppo vergognosa e timida per sopportarne le
conseguenze. Cose che non ha mai ammesso neppure a me. Sento la
maschera di Katherine spezzarsi in tanti minuscoli frammenti e con le
lacrime, viene giù anche l'impalcatura. Calma,
piccola. Senza Katherine non c'è lotta. Senza Katherine, Klaus
ha vinto.
Din
don
Katerina
arraffa i fogli - prima che io possa cominciare a ragionare - e li
nasconde sotto il cuscino, infila la vestaglia e picchietta un po' di
cipria sul naso arrossato.
Davvero?
Credi di riuscire a nascondere i segni della disperazione che porti
dentro con un po' di polvere evanescente sia pure marcata Dior?!
Katerina
fa queste cose, Katerina si lancia a capofitto in un amore o
un'avventura e poi ne paga le conseguenze. Apre la porta senza
neppure domandare chi è. Ha i capelli in disordine, le guance
bagnate e il viso congestionato... e mister perfezione che l'ha vista
scarmigliata e sanguinante, non ha un movimento, un giudizio, un
commento. E' un signore, non si sogna di metterla in imbarazzo.
Oppure, come tutti gli uomini, non vuole chiedere e non vuole sapere.
Ora scansati e lascia parlare me.
Raddrizzo
le spalle e un boccolo vola oltre il collo, mentre le braccia si
piegano in atteggiamento di chiusura. Arriccio il naso, infastidita
dalla visita mattutina e dal sale che mi secca le guance. Katerina si
ritira in un angolo, condiscendente.
“Che
cosa vuoi?”
“Invitarti
al ragionamento. Posso entrare?”
Sento
Katerina miagolare un 'ti prego' e una contrazione nella parte
dove una volta risiedeva il cuore. Per lei non sono abbastanza. Ha
bisogno di un uomo per sentirsi davvero al sicuro. Mi faccio da
parte, non mascherando l'irritazione. Elijah entra, tenendomi gli
occhi incollati addosso. Non fa caso al mio abbigliamento succinto,
invade il salotto con la propria impeccabile perfezione, mi porge un
sacchetto che manda un odore paradisiaco e Katherine sogghigna,
ricordando la sua fissa per la colazione.
“Ti
consiglio di riflettere attentamente, prima di intraprendere
qualsiasi azione che ti porti a meno di tre metri da Klaus.”
“Pensavo
a tre centimetri.”
Elijah
contrae le sopracciglia e poi le distende, muovendosi per il salotto.
“E' un'azione suicida.”
“Rischiosa,
direi.”
“Potrebbe
non funzionare.”
Ti
prego! Uno stregone millenario la cerca dall'alba dei tempi, non è
previsto un malfunzionamento!
“Perché
stavi piangendo?”
Un
sobbalzo interno e la gattina Katerina tira su col naso, mentre
Katherine sfodera il suo miglior sguardo enigmatico.
“Hai
fatto indigestione di romanticismo?” sogghigna passando le dita
sulla costina di Anna Karenina. Altro discreto mattone
adattabile a fermaporte, a mio avviso.
“Ma
per favore...” sussurro sbattendo il sacchetto sul tavolo e
dirigendomi in camera da letto. “Credo muoia, alla fine!”
urlo estrapolando il fascio di fogli da sotto il cuscino. Devo
bruciarli?
“Si
getta sotto il treno.”
La
voce alle mie spalle è una coltellata lungo la spina dorsale.
Mi volto di scatto, le zanne sfoderate, minacciosa. Come osa invadere
la mia privacy?!
La
sorpresa di Elijah dura poco: il suo volto si affila, mostrando
disappunto e un accenno di pericolosità. Tengo alta la guardia
ma quando mi strappa via il manoscritto, perdo interesse nella
minaccia. Gli basterà leggere le prime righe per smascherare
il cuore di Katerina, e la piccola è già abbastanza giù
di morale per sopportarne di nuove. Devo proteggerla o crollerà
definitivamente.
“Hai
stilato il testamento?”
Elijah
volta i fogli nel verso giusto e mi tiene a distanza, semplicemente
distendendo il braccio. Glielo strappo, se non la smette di fare lo
stronzo! “Sono i miei pensieri privati, non hai il permesso...
Elijah!”
Lui
stringe le palpebre e smette di respirare, perdendo un attimo lo
sguardo nel vuoto e riportandolo subito sulle righe mal scritte.
“E'
privato” bisbiglia la Vergine Piangente con la sua vocina
sottile e dimessa. L'ammazzo, questa stupida, se non sparisce alla
svelta!
Elijah
si schiarisce la voce ma il suo sguardo si fa cupo e un po'
irriverente. “Sempre bugiarda” mormora gettando il
ventaglio di fogli sulla coperta. “Mentiresti anche sul letto
di morte.”
“Allora
vattene” sussurro ignorando il manoscritto che giace alla
rifusa sul letto e sul pavimento. “Tu non sai niente di me. Non
conosci quel che si cela nel cuore di Katerina” bisbiglio
avvicinandomi, le dita che prudono per raccogliere la confessione di
un amore cresciuto nel tempo e rimasto bloccato da ricordi dolorosi.
Elijah
mi guarda e solleva un foglio a caso, lasciandolo svolazzare di
nuovo. Sta giocando con i sentimenti di Katerina, non lo sopporto!
“La
prova materiale che stai perdendo la ragione” sussurra
avvicinandosi a sua volta. “Così hai sempre amato me.
Tutt'ora confessi di amarmi... ed io dovrei crederti....”
Avvampo
e sento la piccola sprofondare nell'imbarazzo più nero.
“Katerina ti ama. Io non provo niente per te.”
“Katherine
è solo una menzogna creata per proteggere te stessa da
Niklaus.”
Scuoto
la testa e mi abbasso a raccogliere il manoscritto. Lo strappo in due
parti, disintegrando le confessioni intime di Katerina. Faccio a
pezzi il passato e un dolore lancinante mi stordisce. È come
essere risucchiati da un aspirapolvere settato sulla massima potenza.
Esaltazione e dolore, sollievo e disperazione. Ma che mi succede?!
Elijah
è ammutolito, non cerca neppure di fermarmi. Non guarda i
frammenti cartacei, guarda me che li distruggo in pezzetti sempre più
piccoli. “Questo riassume quel che...” non riesco a
parlare, la gola fa male e quando tento di concludere la frase,
fuoriesce solo un gemito. Chiudo gli occhi, ingoio e sospiro per
riprendere il controllo della situazione. Katerina è in
ginocchio, arresa ad un amore che non riesce più a soffocare.
Va tutto bene, piccola. Ci sono io a proteggerti! Appena lo
dico, Elijah tira indietro un boccolo che copre la guancia, sfiora la
gota col pollice e sussurra il mio nome, dolcemente. La lingua si
incolla al palato e resta lì, immobile e inutile. Lo guardo
negli occhi, sospettosa, senza respiro, inerme. Le sue labbra
sfiorano le mie – vabbene, quelle di Katerina! –
le accarezzano piano piano e le aprono delicatamente.
Katerina
ha un sussulto e la sensazione è quella di essere calciata giù
per una scalinata ripida con tanto di burrone finale. Mi aggrappo con
due dita al bordo e dondolo dentro un baratro caldo, mentre la testa
si fa leggera leggera. Provo ad arrampicarmi ma la roccia si sgretola
sotto le dita e il calore risale il mio corpo, sinuoso e
corroborante. Mollo la presa,
sorridendo. Se dobbiamo tirarlo dalla nostra parte, è meglio
usare il miele al posto dell'aceto. E poi tutte abbiamo bisogno di
una distrazione, di tanto in tanto.
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