A volte (soprav)vivono.

di PeaceAndDamnBro
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Non si ama mai troppo e non si ama mai tanto: quando si ama, si ama e basta. E l’amore non si conta, non si spiega, non si quantifica, non si “tantifica”, non si“troppifica“.
In amore ci si rimette anima e cuore, e per anima e cuore un peso non c’è.

Era cresciuta così, Celeste. La sua mamma le diceva che aveva amato il suo papà e che mentre le altre donne dicevano ‘’amo tanto’’ lei lo aveva semplicemente amato. Perché non c’è sentimento più puro dell’amare.

Ora che Celeste era abbastanza grande, riusciva a capire cosa significasse amare.
Aveva capito di amare quel suo profumo forte, quelle sue labbra screpolate e come la sua lingua scorreva lentamente su di esse quando le sentiva così secche e aveva timore che non le piacessero, quei suoi occhi in cui si sarebbe persa e mai sarebbe riuscita a ritrovar più sé stessa se quelle sue mani delicate e calde – al contrario delle sue, sempre fredde anche in Agosto – non l’avessero guidata fino alla realtà. Aveva capito di amare Iside, con tutta sè stessa.

Aveva letto su Internet che molti definivano gli amori omosessuali degli amori ‘’diversi’’, ma nei suoi diari Celeste scriveva di un amore troppo uguale. Amava sedersi sul pavimento, col suo quaderno, una penna e il suo amore tra le dita, e iniziare a scrivere di loro due.
Nei pomeriggi piovosi Iside la andava sempre a trovare. Sapeva dove trovarla, sapeva benissimo che era sotto le coperte a fissare come le gocce andavano a morire.
Così le toglieva le coperte, le prendeva la mano e le diceva «Su, ora vieni con me» e ancora una volta riusciva a salvarla da sé stessa.
Lei era riuscita a salvarle il sorriso, quel sorriso che Celeste aveva quasi dimenticato come far comparire. Ora era roba di Iside, apparteneva a lei.
Ora Celeste sapeva sorridere e doveva sorridere il doppio, riprendersi la sua vita per Iside, farla tornare a sorridere proprio come Iside aveva fatto con lei.





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