La
prima cosa che mi viene in mente forse non è eticamente
corretta, ma
non tutti siamo perfetti e vorrei affettargli la testa con un'accetta
smussata. La seconda cosa a cui penso però era che poi avrei
dovuto
ripulire tutto, quindi accantono l'idea dell'accetta e mi limito ad
osservarlo con estrema ferocia.
Siamo
soli in casa, ma avrei preferito dei testimoni per confermare la
teoria che ogni donna, prima o dopo, scopre: gli uomini riescono a
essere perfettamente stupidi. Possono essere stupendi per mesi e
mesi, comportarsi in maniera del tutto normale, essere rassicuranti,
ottimi amanti e amici infallibili per un tempo che sembra
interminabile, ma prima o poi ci sarà sempre quel momento in
cui ti
rendi conto di quanto siano vigliacchi.
Pensandoci
bene occultare il cadavere non sarebbe poi stato così
difficile e la
candeggina sarebbe stata la soluzione a tutto il resto.
Lui
continua a parlare, dice cose che parlavano di cose e si aspetta che
io dica altre cose per giustificare le cose di tutti i giorni, ma
riesco solo a pensare al set di coltelli che ho in cucina. Ce n'era
uno abbastanza grande e affilato con cui potevo tagliuzzarlo? Ho
quello per il pollo, ma le ossa umane sono ben altra cosa. Pazienza,
troverò sicuramente qualcosa nella vecchia sacca per la
caccia che
utilizzava mio padre anni fa.
Devo
pensare a come tramortirlo però: magari potrei colpirlo con
il
trofeo di pattinaggio di mia sorella o, meglio ancora, conficcargli
una forchetta nell'occhio per distrarlo e poi prenderlo a calci nelle
palle fino a farlo svenire. A quel punto avrei iniziato a tagliarli
via dei pezzi fino a quando il dolore o il troppo sangue perso non
l'avrebbero, finalmente, fatto morire.
Solo
pensare al modo migliore per farlo soffrire mi faceva stare meglio.
-Mi
spiace.-
Lo
ha detto ancora? Sul serio? Ha detto ancora che gli spiace? E'
stupendo come gli uomini abusino delle scuse, come se il solo dirlo
bastasse a cancellare tutto il resto. Ho investito tua madre, scusa.
Mi è caduto il pesce rosso nel tritarifiuti, scusa. Ho
venduto tutta
la tua collezione di anime alla cugina del mio migliore amico, scusa.
Ho preso a calci il criceto confondendolo con una palla da tennis,
scusa.
Penserete
che sto esagerando, ma sono sicura che molte di voi mi capiranno e
quelle poche che scuoto la testa lo fanno perché ancora non
hanno
sentito chiedere scusa da un uomo dopo che delle scuse non te ne fai
assolutamente niente.
Ora
mi guarda. Devo dire qualcosa, suppongo e in effetti qualcosa da
chiarire ce l'ho prima di tingere le pareti di casa con le sue
cervella: -a che nome hai ordinato al ristorante?-
Non
si aspettava certo che mi interessassi alla cena, ma una volta finito
qui sarebbe stato tardi e avrei avuto fame: tanto valeva andare a
mangiare.
Balbetta
qualcosa, è il suo cognome. Bene. Sulla lapide sarebbe bello
se
scrivessero: 'con il suo ultimo respirò offrì la
cena alla sua
ragazza'.
Mi
alzo e vado in cucina senza dire niente. Sento il suo sguardo sulla
mia nuca, ma non dice nulla, a malapena respira. Crede che lo voglia
lasciare, anzi sono sicura che non aspetta altro e non vede l'ora di
uscire dalla porta di casa mia per andare al primo locale che trova a
sfoggiare le sue armi di seduzione che, in tutta onestà
lasciatemelo
dire, non ha mai avuto. Ora che ci penso, perché mai sono
stata
tutti questi mesi con un tipo che si fa la ceretta con più
frequenza
di quanta me ne faccia io?
Domande
a cui avrò tempo di cercare una risposta dopo.
In
cucina c'è il set di coltelli di mia madre che
però si ostina a
usare i soliti due ad oltranza, cosa che fa irritare la zia che le ha
regalato tutte quelle lame, come se avesse dovuto affrontare un
numero da circo. Apro un po' di cassetti, anche quelli dove sono
sicura di non trovare possibili armi e mi fermo sull'ultimo.
C'è un
martello di modeste dimensioni, molto maneggevole per
appendere i
chiodi, diceva
papà: adesso
avrei scoperto se era anche utile per aprire teste.
Inserisco
il manico del martello dentro la manica e stringo in un pugno la
testa ed esco fuori di cucina. Lui non mi guarda negli occhi, ha lo
sguardo perso sulla parete color prugna del salotto: un colore
orribile. Mi avvicino a piccoli passi gustandomi l'attimo in cui il
sangue sarebbe schizzato furioso fuori dalla cassa cranica tingendo
di un bel rosso scarlatto l mobilia antica della nonna. Lascio
fuoriuscire il martello, lo afferrò saldamente nella mia
mano
destra, alzo il braccio e colpisco con tutta la forza che trovo. Lui
si affloscia sulla poltrona, tiene la testa penzoloni e nel punto in
cui lo ho colpito inizia a fuoriuscire del grumoso sangue misto a
gelatina bianca, allora lo colpisco ancora e ancora, fino a quando la
sua testa somiglia a del macinato di maiale con del formaggio fuso
sopra.
Sorrido
e mi siedo sull'altra poltrona osservandolo. E' decisamente molto
morto, ma questo mi fa solo arrabbiare di più
perché adesso avrei
dovuto occuparmi di nascondere il corpo e giustificare del cervello
sulla credenza. Penso al freezer in garage, al lago qui vicino, alla
vecchia fabbrica elettrica in disuso. Penso anche a dell'acido, ma
non era il caso di usciere per andare a fare spese.
Mi
alzo e prendo il cappotto mettendo il martello in tasca, poi guardo
quello che ormai è il mio ex ragazzo morto e cerco di
tirarlo su:
quando si dice un peso morto, ora capisco. Lo butto a terra e lo
trascino fino all'ingresso, anche se un po' a fatica, ma alla fine
riesco a farlo arrivare alla rampa che conduce al garage e farlo
ruzzolare giù. Corro per raggiungerlo, (non che scappi!), e
continuo
a trascinarlo. Spostare un cadavere era più complicato di
quanto
C.S.I. mi avesse insegnato, ma come amano ripetere i cartoni della
Walt Disney: quando vuoi qualcosa basta crederci, ed ecco che
finalmente riesco a raggiungere freezer.
Gli
ho sgualcito l'abito e ora oltre ad avere la testa spappolata ha
anche la giacca sporca di polvere e i pantaloni macchiati d'olio per
auto. Pazienza eh.
Apro
il congelatore felice di vedere che non c'è molto dentro:
tolgo
tutta la roba e la butto a terra, poi cerco di alzare il cadavere;
devo riuscire a fare entrare parte del copro dentro, poi il resto
sarebbe venuto da solo. Provo a tirarlo su strattonandolo da sotto le
ascelle e quando finalmente riesco a farlo entrare tutto dentro lo
ricopro con piselli Findus e Sofficini ai quattro formaggi. Prima di
chiudere tutto lo guardo per un'ultima volta: non mi fa impressione
vederlo così, però un po' mi spiace per sua
madre. In fondo lei era
un'ottima cuoca e mi sarebbero mancati i suoi piatti. Al massimo
avrei potuto consigliarle della carne con contorno di piselli.
Torno
in casa, corro in bagno, cerco della candeggina, afferro il
bottiglione da un litro e mezzo e senza perder altro tempo annaffio
il salotto, l'ingresso e il garage. Con un po' di olio di gomito mi
accorgo che togliere il sangue fresco dalle mattonelle non è
troppo
difficile, ma eliminarlo dalla poltrona sarebbe stato la vera rogna.
Tolgo il telo e lo butto in lavatrice, gli incidenti succedono e
avrei potuto dire di aver fatto cadere del gelato.
Dopo
un'ora che gratto e pulisco l'aria è così pregna
di candeggina che
sembra di essere all'ospedale, così spalanco le finestre per
fare
entrare dell'aria fresca.
Guardo
l'ora. Ho venti minuti per cambiarmi ed uscire fuori a cena.
Corro,
mi lavo con acqua gelata insaponandomi corpo e capelli per togliere
l'odore dell'omicidio e poi mi vesto elegantemente, come se avessi un
primo appuntamento importante. Un filo di trucco e poi sono fuori in
strada.
Dalla
“Dichiarazione di una ragazza che ammazzò il
fidanzato”.
Perché?
Decidete
voi.
Il Sole Dietro
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