fanfic-cap2
Il giorno seguente era proceduto tranquillo e asfissiante come da copione.
Dopo la scuola me ne ero andata a
studiare a casa di Setsuna, una
compagna di classe, lontana dalle distrazioni della mia cameretta mezzo
indemoniata. Con Setsuna si lavorava sodo ed era una piacere stare in
compagnia invece di arrovellarsi da sole. A fine giornata avevamo
svolto il 100% di quanto ci eravamo prefissate e ci era anche scappato
il tempo per una buona tazza di tè fumante - o un bicchiere di
tè freddo, date le temperature equatoriali - e quattro
chiacchiere tra
amiche. Di solito era un ottimo modo per rilassarsi un po' e smettere
di pensare agli esame per qualche minuto. Di solito.
- Accidenti a me e alla mia
indecisione... - quando però Set-chan se ne usciva dal nulla con
una frase che iniziava con "accidenti" non c'era mai nulla di buono da
aspettarsi - Non credevo di avere dubbi, io avevo davvero deciso di
trasferirmi a Kyoto per
studiare chimica in una delle migliori università del mondo,
ma... - eccola là... -
vedi Nabiki, con Daisuke le cose sembra che stiano prendendo una
piega... beh,
insomma, non sono più tanto convinta di voler andar via...
- Con Daiche??? - per poco non
sputai tutto il tè sul divano - Ma chi? Quello scemo del secondo
anno? L'amico di Ranma? Io credevo gliela stessi solo facendo credere!
Impossibile. La mia brillante e maturissima amica aveva una storia
con quel tummero a cui fino a poco prima vendevo foto di Akane... certo
che il mondo è pazzo davvero. A dire il vero sapevo benissimo
che ultimamente aveva preso a ronzarle intorno, ma non mi sarei mai
aspettata che lei gli desse corda. Non fino a questo punto, almeno. Che
ridere!
- Ma dici sul serio, Set-chan...? - a me non sembrava una cosa
ragionevole mandare all'aria i propri piani di vita per una tresca che
durava da... quanto? Due mesi? Tre. Tre mesi, mi informò Setsuna
piena di orgoglio. Ed erano assolutamente innamorati.
Bah. Valli a capire questi giovani d'oggi...
Quando tornai a casa scoprii che Kasumi aveva bruciato la cena e che
eravamo in attesa di Shampoo che ci doveva portare quanto ordinato al
suo ristorante. Questa poi... A me pareva più normale che ante,
porte e finestre prendessero vita piuttosto che la nostra Kasumi
commettesse errori in cucina. Diciamo che chiudeva a parimerito con Setsuna innamorata di Daisuke.
- Akane, non avrai per caso tentato di “aiutarla”? -
- Cosa vorresti insinuare? -
- Io? Nulla ovviamente. -
- Comunque ero di sopra a fare i compiti quando
è successo... - mi rispose distrattamente. A quel punto però volevo
vederci chiaro: possibile che nessuno avesse notato nulla di strano?
- Cos'è successo esattamente? - domandai a Kasumi. Per farla breve, non
ne aveva la più pallida idea. Semplicemente si era bruciato
tutto. Roba da matti.
Andai in camera mia a prendere il quaderno.
30 giugno 1990
17:55 – camera mia: la porta sbatte due volte e la finestra si apre da sola senza vento
18:05 – stanza del vecchiaccio: l'armadio si apre e si richiude
18:10 – cucina: il bollitore attacca Kasumi.
1 luglio 1990
20:00 circa – la cucina brucia la nostra cena.
p.s.: Setsuna ha una storia con
Daisuke del secondo anno. Ancora esistono ragazze
intelligenti che per essere andate a letto con uno si sentono obbligate
a credere di aver trovato il grande amore e sono disposte a mandare
all'aria tutti i loro progetti di vita. Questo mondo è destinato alla rovina.
Poco dopo arrivò Cologne con Mousse e la cena, ma senza Shampoo.
La nostra amazzone essiccata preferita entrò in casa
salterellando sul suo bastone, guardandosi intorno con aria
circospetta: - È permesso? - chiese, nella voce una nota
melliflua alquanto insolita - La loro cena, signori. -
Accompagnò le parole con un ampio gesto del suo minuscolo
braccio. Il suo viso si deformò in una smorfia che immaginai
volesse essere un sorriso. Il ragazzo iniziò a distribuire le
pietanze sulla tavola, finendo per urtare il Signor Panda.
- Accidenti, Saotome! Devi sempre mettermi i bastoni tra le ruote?
Certo che... ma come ti sei ingrassato...! E quanto... ma quanto sei
diventato peloso! Che schifo! Pari un orso! Mai pensato di fare un
salto dall'estetista?
- E tu mai pensato di incollarti
gli occhiali al naso, scemo di un papero?! - Ranma aveva spesso
dei consigli utili per il prossimo, ma poi li accompagnava con gesti
poco amichevoli, come ad esempio il lancio di una scarpa in testa.
- Ba-bu! - approvò Genma porgendogli i suoi preziosissimi fondi di bottiglia.
La scena poteva apparire delle più quotidiane e rassicuranti,
eppure... Eppure qualcosa stonava. Ora, a me le elucubrazioni mentali
poco sostanziate non mi hanno mai attratta granché,
epperò certe volte il passo tra una paranoia infondata e fare
semplicemente due più due può essere davvero breve.
Uscendo da scuola, con Setsuna avevamo incontrato la gatta morta cinese
che andava a fare delle consegne. Shampoo aveva chiesto dove ce ne
andassimo con quel caldo e noi avevamo risposto che a studiare,
purtroppo. E dove? A casa di Setsuna che era più fresca e poi,
aveva aggiunto la mia amica ridacchiando e dandomi piccole gomitate tra
le costole, non c'erano porte e finestre che si aprivano e chiudevano
da sole né bollitori assassini. Set-chan non mi credeva. Poco
male, non mi credevo neanch'io. Avevo raccontato quella storia
più che altro come prova di quanto lo studio mi stesse
distruggendo. Il fatto realmente rilevante, o almeno che adesso mi
sembrava tale e a cui lì per lì non avevo dato
importanza, era però un altro. Shampoo aveva fatto una faccia
strana a sentire quelle parole. Non aveva riso e non aveva chiesto
spiegazioni. Era sembrata... incredula, sì, ma anche...
disgustata? E poi era andata via di corsa pedalando come una forsennata
su quella sua bicicletta, quasi senza salutare.
Qualche ora dopo qualcuno aveva telefonato al Nekohanten
e aveva ordinato la cena, magari... accennando al fatto che Kasumi
aveva misteriosamente bruciato tutto. Non Kasumi, ma la cucina.
Qualcuno aveva per caso detto a Shampoo che la cucina ci aveva
bruciato la cena?
- Venerabile Cologne, come sta Shampoo? - pensai di buttarla lì,
senza avere in mente nulla di preciso. Attirai qualche sguardo
incuriosito trai presenti, in effetti non era affatto normale che mi
mettessi a domandare una roba simile.
- Bene, perché? - occhiataccia! Caspita, quando ci si mette
quella mummia sa davvero far gelare il sangue nelle vene. Dovevo aver
colto nel segno. Se avessimo dovuto giocare a chi è più
sveglio Obaba sarebbe stata una delle poche persone al mondo in grado
di tenermi testa, insieme a quel vecchio maniaco di Happosai.
- Niente, mi chiedevo come mai foste venuti voi due e non lei visto che
di solito... - risposi descrivendo con la mano destra un gesto
eloquente, il mento appoggiato sulla sinistra, gli occhi fissi in
quelli della megera cinese. Megera che mi fissa a sua volta e non
risponde. Avrei voluto chiederle se qualcuno le avesse spigato il
perché di quell'ordinazione tardiva, ma il mio istinto di donna
d'affari accese una lampadina d'allarme: mai rivelare informazione
confidenziale alla concorrenza. Mi morsi la lingua e stetti zitta,
fingendo di concentrarmi sul cibo.
Quando credette di non avere più l'attenzione di nessuno, Obaba
prese a perlustrare la casa con neanche troppa discrezione, per dirla
tutta. La faccenda mi piaceva sempre meno, ma gli altri non sembravano
farci caso. Tutti tranne uno. Perché il vecchio Happosai la
seguiva attentamente con la coda dell'occhio, tant'è che un
attimo prima che quella scimmia rinsecchita si dileguasse per le scale
e andasse a curiosare di sopra la fermò: - Non ti pare di aver
già ficcanasato abbastanza, Ku Lun? Vattene adesso, non
esagerare. - E mentre tutto sembrava normale ai più, a me ogni
parola, ogni gesto suonava sospetto e percepivo proprio un pericolo
incombente. Da quand'è che ero diventata tanto paranoica e
sospettosa? Cologne annuì e senza dire una parola si
dileguò, ma l'occhiataccia che lanciò al vecchiaccio fu
velenosissima, roba che al confronto quella che aveva riservato a me
era stata tutta zucchero e miele. Qua gatta ci cova, continuavo a
ripetermi. Intanto due generazioni di ingordi si erano avventati sul
cibo, mentre Mousse, accortosi di essere stato abbandonato dalla sua
signora e padrona, aveva raccolto in tutta fretta i contenitori delle
vivande e si era precipitato fuori saltando il muro di cinta del
giardino al grido di "Aspettami, Obabaaaaaaaa!". Solo Kasumi non si
decideva ancora ad iniziare a mangiare. Se ne stava là impalata,
con un sorriso un po' ebete. Poi fissò la sua mano fasciata,
conseguenza dell'alterco culinario, con un'espressione estremamente
seria e concentrata.
- Kasumi cara, - esordì il luridissimo maestro - hai per caso
accennato a quello che è successo in cucina quando hai fatto
l'ordinazione al Nekohanten?
Ecco, è difficile trovare le parole per descrivere ciò
che provai in quel momento. Posso solo dire che un brivido mi percorse
la schiena fino ad artigliarmi la nuca inducendomi un piccolo tic
nervoso, mentre sulle mie giovani braccia financo l'ultimo più
minuscolo peletto si era messo sull'allerta. E così fu che
nell'indifferenza generale Kasumi si ridestò e rispose,
serafica: - Mi pare di aver detto qualcosa, signor Happosai,
rispondendo a Shampoo che mi chiedeva come mai mi fossi decisa
così tardi ad ordinare la cena... - A quel punto avrei giurato
di scorgere un'ombra di apprensione negli occhi del vecchio maniaco.
Non so se fui spinta dalla curiosità o se di nuovo fu il mio
strano senso per gli affari che per qualche inspiegabile motivo mi
faceva identificare Happosai come "uno dei nostri" a farmi parlare. Sta
di fatto che aprii la bocca e ne uscirono le seguenti parole: - In
realtà Shampoo sa anche che in camera porta e finestra si aprono
e si chiudono da sole. - Lo dissi tutto d'un fiato, come se stessi
sputando un rospo in senso letterale. Il vecchiaccio chiuse gli occhi e
rimase immobile per qualche secondo, pensieroso. Avrei giurato che
stesse in apprensione. Anzi, doveva essere veramente molto preoccupato
perché aveva persino permesso a Ranma e Genma di rubargli un
paio di nannichuan.
- Ascoltatemi bene adesso, tutti quanti. - proclamò tutto a un
tratto inverosimilmente solenne, e quasi mi fece venire un colpo -
Qualsiasi, ripeto, qualsiasi stranezza osserviate o abbiate osservato
accadere tra le mura di questa dimora siete caldamente pregati di
tenervela per voi. Non fatene parola con nessuno fuori di qua, è
per il vostro bene. Mi sono spiegato?
Oh, kami...!
Io avevo il cuore in gola. Kasumi annuiva sorridente come sempre,
imitata dalla zia Saotome. Tutti gli altri si fermarono solo per un
breve istante, sorpresi dal tono del vecchio, lo guardarono come se
avesse detto che molto presto un battaglione di asini parlanti ci
avrebbe attaccato dalla loro navetta spaziale trasformandoci tutti in
balle di tenero fieno, fecero spallucce e ripresero a mangiare. O
meglio, per essere precisi, Akane non smise mai di trangugiare la sua
porzione di spaghetti cinesi, non degnò il vecchio di uno
sguardo e non fece spallucce. Ma tant'è. A nessuno gliene
importava un fico secco.
Possibile che quel delirio abbia terrorizzato solo me, la donna nelle cui vene scorre liquido refrigerante?
Finito di cenare andai in camera mia: “Per oggi basta studiare,
voglio ascoltare un po' di musica e cercare di rilassarmi”
pensavo “Quando saranno andati tutti al letto andrò a fare
qualche domanda al vecchio, cercando di non farlo mettere sulla
difensiva, se ci riesco.” La faccenda mi rendeva nervosa, ma mi
incuriosiva anche parecchio e mi sforzavo di vederne il lato positivo.
L'ipotesi che si trattasse di qualcosa da cui poter trarre alcun tipo
di profitto non era del tutto da scartare. Dopotutto aveva attratto
l'attenzione dei due centenari e di nessun altro, se mi mantenevo
vigile e attenta avrei potuto carpire qualche indizio prezioso... se la
casa era abitata da spiriti magari si potevano vendere dei biglietti e
organizzare delle visite guidate a pagamento... Sì, ma che
accidenti era venuta a fare Cologne...? Che gliene poteva importare a
lei e a Shampoo?
Purtroppo mi addormentai e dal vecchio a domandare quella sera non riuscii ad andarci.
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