Honey ~ You’re (my) home

di Mary West
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Avvertimenti preventivi: Pepperony infinito, Bruce & Tony, minimi accenni Brutasha, fix-it!fic, lieve introspezione, sofa!sex, fluff quasi indecente, friendship, Bunny, sfrenata megalomania made in Stark, regali, auto, vigilia di Natale. Spoiler enormi sul terzo film. 
Conseguenze: dieci pagine. Considerando i miei standard, non è niente
Augurio: buona lettura e buon fluff. 


 

Honey ~ You’re (my) home


L’aria invernale californiana soffiava lieve contro i vetri dell’auto con la capote abbassata e il sole batteva timido nel cielo del primo pomeriggio colorato di grigio piombo e rame diradato. Sull’asfalto ferruginoso gli pneumatici di una Maserati blu scura ancora non immessa sul mercato targata STARK24 sfrecciavano rombanti sotto i raggi schivi di quella vigilia di Natale e la chioma corvina del conducente si scomponeva sotto la brezza fredda del vento di Malibu.
La freccia del tachimetro dondolava pericolosamente tra i centocinquanta e i duecento chilometri orari e le lancette del Bulgari nero al polso dell’uomo segnava le quindici e trenta quando finalmente l’auto sterzò in un viale deserto, verso un’abitazione privata, frenando bruscamente all’interno di un parcheggio riservato, tra un’Audi grigio metallizzato e una Porsche giallo fiammante. Con un sorriso soddisfatto, Tony estrasse le chiavi dal quadro e schioccò un bacio contento al ferro freddo, scendendo dalla macchina con aria visibilmente compiaciuta. Lanciò uno sguardo appagato alla sua fila di vetture tecnologiche e sportive per poi dirigersi verso la scala a chiocciola che si apriva sulla parete opposta dello spazio silenzioso; imboccò la gradinata con passo svelto e si ritrovò nel proprio salotto, anche quello deserto. Fece scorrere gli occhi sulla stanza, come alla ricerca di qualcosa, e quando si fu assicurato che niente e nessuno si stesse nascondendo da qualche parte fece schioccare le labbra, aggrottando la fronte in un’espressione di palese disapprovazione, storcendo la bocca in una smorfia scontenta. Tirò un lungo sospiro irritato e gettò le lenti scuro delle Ray-Ban sulla superficie argentata di un mobile, sfilandosi le scarpe accanto ai piedi dello stessa cassettiera. Mentre si sfilava anche il giubbino di pelle nera, si schiarì la voce e chiamò il suo maggiordomo.
“Ehy, J” fece con un tono che non mascherava affatto il suo biasimo, “come butta?”
La voce di Jarvis rispose con prontezza invidiabile.
“Bentornato signore” annunciò pacato. “Tutto è stato tranquillo qui, oggi. E la signorina Potts mi ha detto di comunicarle di non arrabbiarsi e di stare sereno nonostante la sua assenza.”
Tony grugnì irritato.
“Non sono arrabbiato” replicò in un tono che palesava visibilmente il contrario. “E poi come faceva lei a saperlo? Dov’è andata, tra parentesi?”
“Alle Industrie, signore. Le hanno telefonato in mattinata per chiedere un colloquio. Sembrava piuttosto urgente.”
Tony si immobilizzò all’improvviso e appese con estrema lentezza il giubbino all’attaccapanni dell’ingresso, tornando in salotto e superando il grosso coniglio gigante che se ne stava seduto poco distante dall’albero di Natale addobbato in un angolo del boudoir. La stanza era stata agghindata appositamente in occasione delle feste e Tony trovava tutti quei colori e quell’atmosfera estremamente calorosi e accoglienti; peccato che mancasse qualcosa per rendere la situazione davvero perfetta.
“Chi l’ha chiamata?” chiese infine, trattenendo a forza l’impulso di lasciar perdere quella pacata conversazione e ordinare a Jarvis di rintracciare Pepper ed inviare un elicottero per portargliela subito lì. “Qualche compratore?”
“L’agente Romanoff, signore.”
Davanti a quella notizia, Tony dischiuse la bocca in un’espressione stupita e sollevò le sopracciglia, incredulo. Rimase senza parole per un paio di minuti poi finalmente parlò di nuovo.
“L’agente Romanoff?” ripeté storcendo i tratti del volto in una smorfia quasi disgustata. “E che diavolo vuole? La vigilia di Natale?”
“Non saprei, signore” fece Jarvis serafico. “Non mi è stato comunicato.”
Tony sbuffò sonoramente e si lasciò cadere sul divano di fronte al coniglio e fissò il vuoto con espressione sconsolata. Non che non sapesse restare senza Pepper un giorno, ma era la vigilia di Natale ed erano appena scampati a varie esplosioni e rischi di morte – tra cui un attacco di missili nucleari, innumerevoli aggressioni da parte di individui focosi e parecchio arrabbiati, l’iniezione di virus altamente mortali e anche svariati lanci da sessanta metri di altezza dritti in fiamme divampanti – e aveva molta voglia di trascorrere in tranquillità quei giorni insieme a lei senza agenti, assassini o ex notti o spasimanti tra le scatole, affondati nel divano al buio della stanza con solo le luci dell’albero accese e un film inutile e banale in sottofondo mentre discutevano ancora di regali e pareti da abbattere per farli entrare in casa – anche se poi non sarebbero mai potuti giacere sotto l’albero, a meno che l’albero, naturalmente, non fosse a dimensioni di ciclopi omerici e titani greci.
Sempre con quello sguardo affranto e seccato, Tony si accomodò contro lo schienale e chinò leggermente il capo sul proprio petto, osservando con aria curiosa il tessuto della camicia bordeaux, uniforme e spento. Le iridi nocciola scrutarono pensierose il centro del torace, innaturalmente ordinario, e un muto sospiro gli dischiuse lievemente le narici, soffiando contro la stoffa comune. Era strano ritrovarsi così, all’improvviso, come se nulla fosse mai successo, perché all’apparenza sembrava davvero che nulla fosse successo. Esattamente come tre anni prima, prima che succedessero tante – troppe – cose: prima dell’Afghanistan, prima di Obadiah, prima dello S.H.I.E.L.D. e di Fury, Coulson e i Vendicatori, prima di Vanko, prima di Loki, New York e dei Chitauri, prima del Mandarino, di Killian, di Extremis. Prima di Iron Man.
Il segno tangibile che l’aveva terrorizzato al risveglio nella grotta, che aveva segnato il cambiamento più importante della sua vita, che aveva condotto la sua esistenza verso un’alba migliore rispetto alla notte buia che era stato il suo passato, che l’aveva fatto diventare un uomo migliore era scomparso e tuttavia Tony riusciva a percepire ancora la sua presenza dentro di sé.
Non era mai stato particolarmente contento di quello, a voler essere onesti. La prima volta che si era svegliato e aveva avvertito un peso freddo all’altezza del petto, in quella caverna buia e gelida, i suoi occhi avevano cercato in preda al terrore l’oggetto che gli gravava nel torace e le mani deturpate e ancora sanguinanti avevano stracciato febbrili il tessuto niveo e pungente della fasciatura, incuranti della rigidità della stoffa, e le palpebre si erano spalancate alla vista di quel congegno dentro di sé, quella prova agghiacciante della sua trasformazione in una macchina.
L’idea di esser diventato un peso, un essere vivente grazie ad una batteria per auto – come se fosse anche lui, un’auto – l’aveva tormentato per notti e per giorni e ogni tentativo di fingere il contrario – che quel reattore non fosse una prova di imperfezione (no, lui era perfetto) ma fosse un privilegio (un privilegio orribile) – era caduto nel vuoto degli incubi che l’avevano perseguitato per settimane, mesi (non solo tre), anni. Accettare quel segno di sfigura su di sé era stato un compito arduo da affrontare e tante volte aveva teso a coprirlo, a nasconderlo, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi e superarlo era diventato un ostacolo quasi insormontabile perfino per lui.
Era successo all’improvviso e lui quasi non ce n’era reso conto: era stato il giorno della prima prova dell’armatura, dopo l’atterraggio – non tanto morbido, a voler dir la verità – sul tetto della casa – o in laboratorio, a seconda delle prospettive. O in salotto o sul pianoforte, sempre a seconda delle prospettive – e lui era tornato, impacchettato nell’acqua congelata, nella sua centrale operativa, di cattivo umore e con l’orgoglio sotto i piedi. Era stato in quel momento, mentre ancora si tamponava la testa con un panetto di ghiaccio secco, che aveva trovato quel pacchetto incartato sulla scrivania, accanto alla sua quotidiana tazza di caffè bollente. Allora aveva letto quel biglietto e aveva scartato l’involucro color senape, scrutandone il contenuto con aria incredula e il fiato mozzato.
Spontaneamente le labbra si erano incurvate verso l’alto e una luce ammaliante gli era scintillata nello sguardo mentre le parole scritte attorno al primo reattore gli erano volate nella mente.
La prova che Tony Stark ha un cuore.
All’improvviso aveva trovato quella luce blu molto più importante di quanto avesse mai potuto pensare e invece che simbolo di imperfezione e sfigura era diventato il segno indelebile del suo cambiamento in una persona migliore, che potesse essere degna di un futuro roseo, di un’alba raggiante, di un amore reale, dell’orgoglio, dell’affetto di qualcuno che rimanesse al suo fianco per la pura e totale gioia di farlo, perché ne valeva la pena. Da allora, quel pensiero l’aveva accompagnato in ogni momento e tutti l’avevano identificato spontaneamente come un suo segno distintivo. Cosa sarebbe successo adesso, quando tutti avrebbero scoperto che quel simbolo di miglioramento e di umanità – di un cuore – era scomparso? Era un passo indietro, un ritorno al passato... ogni giorno più luminoso scompariva con quello spegnimento nel petto? Aveva davvero perso il suo cuore?
“Sai, se continui ad ammirarti in questo modo, potrei quasi diventare gelosa del tuo ego.”
La voce di Pepper vagò dolce e divertita allo stesso tempo nel salotto silenzioso e Tony chiuse gli occhi e si beò di quel suono come un marinaio del canto di una sirena.
“Non dovresti” le rispose, le parole incrinate dal divertimento contagioso di lei, benché un’ombra di pensierosità continuasse a vagare nel suo sguardo. “Piuttosto, io dovrei” continuò e sollevò il volto per guardarla negli occhi, “considerando che mi pianti in asso per andare a spassartela con le tue amichette dello S.H.I.E.L.D.. Cosa succede? Da quando sei diventata una superdonna, vuoi diventare anche l’amichetta del cuore della violenta spia siberiana? Non mi dispiacerebbe assistere ad un’eventuale lotta, in effetti. Sono certo che sarebbe uno spettacolo tremendamente eccitante... e poi con tutte le nuove forze, sarebbe alquanto soddisfacente vedere Gracie Hart finalmente a terra. Anche se temo che sareste costrette ad interrompere la lotta perché ti caricherei sulle spalle e ti porterei via per spiegarti subito un paio di cosette sull’istigazione maschile e le provocazioni amorali.”
Pepper sollevò un sopracciglio ed un angolo delle labbra in un sorrisetto ironico e avanzò sui tacchi delle Louboutin rosse, sfilandosele accanto alle scarpe di Tony e liberandosi anche della giacca blu.
“Monocolo l’ha mandata a pormi un paio di domandine sul nostro incontro con Aldrich.”
Quando il nome di Killian fu pronunciato, Tony storse la bocca in una smorfia disgustata e sollevò le sopracciglia con aria fintamente distaccata, dimentico dell’appello poco amichevole affibbiato a Fury. Non che se ne importasse più di tanto, comunque; da quando vivevano insieme, le aveva stranamente trasmesso la sua abitudine ad affibbiare soprannomi strambi alla gente e Tony era piuttosto fiero del risultato.
“Mhm” muggì sarcastico. “Splendido. Ti ha messa sotto torchio?”
“Non è stata particolarmente incisiva” rispose Pepper, camminando scalza verso di lui, il bordo della gonna blu che le danzava allegramente sulle ginocchia. “Mi sono limitata a spiegarle che erano situazioni un po’ complesse da chiarire. È stata molto accomodante... a patto che tu la smetta di sequestrare Banner per il pranzo, però.”
Tony, che aveva ancora la mente concentrata su Killian, si limitò a sbattere le palpebre  con fare ironico, ma non disse niente. Pepper gli si sedette accanto, piegandosi con il bacino sulle gambe, e l’osservò pensierosa.
“Come ti senti?” gli chiese dopo qualche istante, passandogli con delicatezza una mano tra i capelli. Tony sospirò profondamente e quando lei gli portò il palmo su una guancia, girò le labbra per porvi un lungo bacio.
“Strano” rispose infine. Non era mai stato una persona particolarmente eloquente, non quando si trattava di parlare di argomenti seri e personali, e Pepper era l’unica persona con cui lo facesse, per quanto non fosse facile neanche con lei. Quando gli rivolse un’occhiata comprensiva, aggiunse, mordendosi il labbro inferiore: “Non sono abituato... è strano, insomma... non c’è più... capisci?”
Continuava a gesticolare ampiamente con le mani, tentando faticosamente di farsi capire, troppo preso dall’impaccio della situazione per ragionare normalmente e rendersi conto che Pepper lo capiva sempre, con gesti, parole, semplici sguardi o addirittura niente di niente.
“So cosa intendi” disse lei dopo qualche istante. “Il reattore non c’è più... e allora? Cosa cambia? Forse non indosserai più l’armatura, forse sì... questo non leva il fatto che tu sia Iron Man. Ti conosco troppo bene per sapere che lo sei e lo sarai sempre.”
Tony rise debolmente e la risata rauca gli scosse il petto.
“Ma non è questo che ti preoccupa, vero?” aggiunse Pepper in un sussurro, sporgendosi verso di lui per sfiorargli una guancia ispida in un’altra carezza. “C’è altro... di che stiamo parlando, veramente?”
Tony tirò un altro lungo sospiro, fissando le proprie ginocchia con aria pensierosa, poi rispose:
“Ero migliore” mormorò affranto. “Era come dire al mondo che... che ero migliore, una persona diversa, capisci? Da quando l’ho avuto, ero più bravo, più... più... più... insomma, ero migliore, maledizione. Mi sono preso le mie responsabilità, ho cambiato la mia esistenza in meglio... è come se fossi tornato indietro. Come se non fosse successo niente, come se fossi tornato ad essere un’altra volta sconsiderato e insensibile e...”
“Tony” lo interruppe lei e il tono così dolce e comprensivo con cui pronunciò il suo nome lo convinse a sollevare lo sguardo per puntarlo nel suo, azzurro e infinito, “ascoltami: solamente perché non c’è più qualcosa di concreto a dimostrarlo, non significa che tu non sia cambiato. Tutto quello che hai passato, tutto quello che ti è successo da quando c’è stato quel reattore nel petto, tu lo porti e lo porterai sempre dentro di te e non serve una luce a farlo vedere agli altri. So che ti senti smarrito, che il reattore era diventato come... come una bussola, ma tu sei migliore adesso e lo sei perché lo sei diventato tu e non perché qualcos’altro lo ha fatto avverare. Sei stato tu a cambiare e questa cosa l’hai fatta vedere e la farai vedere con i tuoi gesti, con i tuoi comportamenti e non con una lampada.”
Sbatté le palpebre sulle iridi di cielo e portò le mani affusolate sulla camicia bordeaux. Con lo sguardo di Tony puntato sul viso infiammato e sulle dita profumate, fece scorrere i polpastrelli sul tessuto di seta, in una carezza leggera, poi li strinse accanto ai bottoni e con lentezza li fece sgusciare, uno alla volta, fuori dalle asole, fino a quando non poté poggiare un palmo caldo sul petto. Allora si chinò con il volto all’altezza del torace e poggiò le labbra fresche sulla pelle bollente, al centro del torso, dove il reattore aveva sostituito a lungo la carne umana, e inspirò profondamente, dischiudendo infine la bocca in un bacio infinito e adorante. Tony trattenne il fiato e chiuse gli occhi, levando il viso verso l’alto e sentendosi invadere da una vampa bollente di calore e pienezza tanto forti e intense da travolgerlo completamente.
“Tony Stark ha un cuore” gli mormorò Pepper, le labbra ancora riverenti contro il torace palpitante. “E la prova non è un reattore o una luce blu. La prova è ogni volta che esce di casa e rischia la propria vita per salvare quella di qualcun altro; è quando si è fatto saltare in aria per sconfiggere Obadiah, è quando fa di tutto per non smettere di vivere per gli altri, è quando non smette di combattere perché esiste qualcosa di più importante per cui vale la pena vivere che non sia se stesso... è quando a New York ha messo a repentaglio ogni cosa e ha salvato l’intero pianeta.”
Tony deglutì e abbassò lo sguardo e vide quello di Pepper specchiarsi nel suo. Tese un braccio e le sfiorò il mento con due dita, sollevandole con delicatezza il volto, fino a trovarsi alla stessa altezza.
“Ti amo” le mormorò con le iridi lucide e lo voce rauca. Lei sorrise e gli occhi le brillarono ancor di più.
“E questa è la prova che per me conta più di qualsiasi altra.”
Tony emise un verso a metà da un sospiro e una risata e avvicinò il proprio volto a quello di lei, sfiorandole con delicatezza le labbra con le proprie prima di poggiarvele sopra e cominciare a muovere con lenta risolutezza. Applicò una lieve pressione sulla sua bocca fino a farla dischiudere e vi lasciò scivolare all’interno la lingua, cercando e trovando quella di Pepper, per intrecciarla alla sua con un sospiro di indolente contentezza. Le dita di Pepper libere gli si poggiarono su una guancia ispida e Tony si sporse per far scontrare ancora le loro labbra, con più decisione, con più frenesia.
Fece scivolare le mani ruvide sul tessuto bianco della maglia di lei fino a trovarne i bordi e li afferrò per sollevare la stoffa e fargliela sgusciare dalle braccia. Pepper si liberò della camicetta e sotto la frangetta scomposta dal passaggio dell’indumento sul volto rosso gli occhi scintillarono, riflettendosi in quelli di Tony. Si guardarono per un altro istante senza fine poi le loro bocche si unirono ancora, indelebili, e i loro toraci si accarezzarono, ancora divisi da alcuni strati di tessuto.
Ancora persa nell’estasi dei baci, Pepper chiuse gli occhi e portò le mani tremanti sui risvolti della camicia bordeaux, facendola cadere lentamente alle spalle di Tony, avvertendo la schiena fremere mentre i polpastrelli callosi di lui le cingevano la vita, spingendola con le spalle tra i soffici cuscini del divano, con il corpo di Tony sul suo. Le loro bocche si allontanarono un’altra volta e Pepper sbatté le palpebre sulle iridi lucide, continuando a bearsi della carezza delle labbra di Tony sulle sue. Sempre con la stessa dolcezza, le sentì scivolare sul mento e poi sulla linea cedevole della mascella, sul collo, a lambire con estrema soavità la pelle diafana, stringendola tra i denti senza troppa forza, e infine sulla clavicola. Le dita di lei si chiusero attorno ad alcune ciocche corvine mentre Tony prendeva a poggiare con la bocca un bacio dopo l’altro sulla scapola, adorante e calmo, avvertendo con un sospiro allegro la pulsazione del sangue premere accelerata sulla pelle lentigginosa e il battito del cuore farsi più veloce nel petto, a pochi centimetri dal suo orecchio. I palmi ruvidi si strinsero attorno ai fianchi, spingendo e pungolando fino a far cadere la gonna accanto alle camicie, e risalirono lungo la schiena, seguendo con le punte delle dita la linea della spina dorsale fino a ritrovarsi sulla spalla, sulla pelle ricoperta di baci e attenzioni. Pepper respirò profondamente, affondando la nuca nel cuscino dietro la testa, e socchiuse gli occhi, dischiudendo le labbra per effondere più aria nei polmoni. Trattenne bruscamente il fiato quando percepì la bocca  di Tony posarsi sulla scollatura del reggiseno, iniziando a baciare la carne nivea, ricoperta di lentiggini, inspirandone a lungo il profumo cremoso. Le spalline cedettero accanto al resto degli abiti e le labbra scure di Tony poterono spaziare sulla pelle calda, posando un bacio per ogni lentiggine, su ogni lentiggine, senza fretta, strofinando teneramente il naso nell’incavo del petto.
La mano di Pepper che ancora gli accarezzava la nuca scivolò oltre il solco tra i contorni dei muscoli tesi delle spalle e poi lungo la schiena, fino a trovare la cinghia dei pantaloni. Le dita fremettero lievemente mentre sfilavano la cintura e i jeans di denim scuro raggiungevano il pavimento di marmo. Un palmo di Tony lasciò la vita di Pepper per lambirle con le nocche il profilo di una gamba, stringendo appena sul polpaccio per portarselo su un fianco mentre l’altro ginocchio si serrava sulla seconda anca. I loro corpi completamente scoperti si sfiorarono leggeri, quasi timorosi, e le loro labbra si allontanarono per permettere agli sguardi di incontrarsi ancora, le fronti poco distanti e i respiri mescolati nell’aria calda che si perdeva nella breve distanza tra i loro volti.
Pepper sbatté le palpebre sulle iridi di cielo luccicanti e un sorriso adorante le incurvò la bocca mentre chinava il viso per posarsi sul petto di Tony, al centro del torace bollente. Quando le labbra si dischiusero per schioccarvi un bacio riverente, due brividi gemelli ronzarono sottopelle sulla schiena di entrambi nello stesso momento e Tony non seppe dire chi dei due l’aveva trasmesso all’altro. Le loro bocche s’incrociarono di nuovo e la lingua di lui guizzò all’interno dell’altra, respirando profondamente prima di scivolare nel corpo di Pepper, muovendosi lentamente a primo impatto per poi scendere sempre più in profondità e con più decisione. Nel movimento sinuoso e armonico dei loro corpi, le braccia di Tony le cingevano la vita e quelle di Virginia erano perse l’una attorno alla linea possente delle sue spalle e l’altra tra i suoi capelli scomposti. Tony spinse ancora e ancora, piacevolmente avvolto in quel barbaglio d’amore senza fine, le gambe di Pepper strette in vita e la pressione soffice e incredibilmente calda dei seni contro il petto madido. Sporse una mano e afferrò quella piccola di Virginia che gli accarezzava la scapola, per intrecciare le loro dita mentre i loro cuori continuavano a martellare vicini, all’unisono.
Infine cadde sul divano, la schiena contro la spalliera e una mano ancora incastonata a quella di lei, finalmente sazio e sospirando pesantemente nell’incavo del collo di Pepper. Il suo profumo, reso più penetrante per la traspirazione, gli risaliva per le narici e gli invadeva la testa, cullandolo in uno stato di caldo assopimento tanto accogliente e piacevole da farlo sorridere senza motivo. Era un odore, un sapore pulito, dolce, morbido, che lo faceva sentire come se avesse una casa, come se avesse un cuore.
All’improvviso, pensò che se solo qualche giorno prima le cose fossero andate diversamente, se quella notte fosse precipitata davvero, se nulla – nemmeno lui – l’avesse salvata, in quel momento si sarebbe trovato perso nella solitudine e nello smarrimento. Sarebbe caduto.
A quel pensiero, cinse le braccia attorno alla vita di Pepper con più forza e cercò le sue labbra per baciarle ancora. Lei gli strinse la mano nella sua e lo guardò confusa.
“Per un attimo ho creduto di averti perso.”
Pepper sospirò comprensiva e rispose al bacio con dolcezza.
“Tu non mi perderai mai.”
I loro occhi si persero gli uni negli altri e in quell’istante Tony sentì dentro di sé la vita esplodere nel cuore.
“Signore, il dottor Banner alla porta.”
Tony sbuffò sonoramente, incredulo.
“Non è il momento, Jarvis” replicò stizzito e si sporse per lambire ancora la bocca di Pepper, ma lei poggiò un palmo aperto sulla sua spalla e lo allontanò, storcendo la bocca severa.
“Tony” lo ammonì con quella voce paziente che usava ogni qual volta diceva qualcosa di sensato e Tony non riusciva a capirlo, “non puoi cacciarlo di casa senza neanche accoglierlo, soprattutto considerando che negli ultimi giorni l’hai tormentato. E poi abbiamo appena ricostruito casa. È davvero necessario che Hulk ce la sfasci dopo neanche tre giorni dalla ristrutturazione?”
Tony la guardò scettico e sollevò le sopracciglia.
“E quindi?”
“E quindi alzati e vai a parlare subito con lui.”
“Dove?” le chiese sarcastico. Lei scrollò le spalle e gli rivolse un sorriso impertinente.
“Qui.”
“Ma che simpatica” replicò prontamente Tony, squadrandola con fare ironico. “Davvero spiritosa.”
“Ti seccherebbe?” lo stuzzicò Pepper, sbattendo le palpebre deliziosamente. “Questo mi ricorda quasi qualcuno... un pazzo monomaniaco e megalomane che mi fa seguire...”
“E facevo bene” la interruppe Tony piccato, “considerando che un altro pazzo psicopatico ha cercato di sedurti e quando hai rifiutato ti ha rapita e ha tentato di trasformarti in una folle per scop-...”
Tony!”
“... scoprire fino a che punto mi saresti rimasta accanto” concluse lui esasperato. “E se penso ancora che quel... quell’individuo ha cercato di metterti le mani addosso...”
“Non c’è bisogno” fece lei, sorridendo con più dolcezza. Stavolta fu lei a sporsi per baciarlo. “A me non interessa nessun altro e sapevo che sarebbe venuto a salvarmi.”
Le loro labbra si baciarono ancora, con delicatezza, e il pensiero di Bruce passò di nuovo in secondo piano.
“Signore, mi spiace interromperla ancora, ma il dottor Banner insiste.”
Tony represse a fatica un secondo sbuffo e si alzò di malavoglia dal divano, raccogliendo i jeans dal pavimento e indossandoli con altrettanto poco entusiasmo.
“Andiamo ad accogliere Hulk, fantastico” borbottò osservando di sfuggita la chiusura lampo senza curarsi di tirarla su né di agganciare il bottone. “Sarà venuto a portarci il suo regalo di buon Natale.”
Pepper lo guardò sorridendo dal divano.
“Speriamo che entri dalla porta” cinguettò divertita, alludendo maliziosamente all’enorme coniglio davanti a loro, nella stanza ormai quasi buia. Le luci dell’albero si erano accese ed erano l’unica fonte di riverbero nel grande salotto. Tony lo guardò soddisfatto.
“Non fare la finta con me, Potts” le mormorò ad un centimetro dalle labbra. “So che ti piace.”
“Mai detto niente di simile.”
“L’hai pensato.”
“E tu che ne sai?”
“Perché io so sempre quello che pensi.”
“Tony.”
“Hai l’abitudine di interrompermi sempre nel momento meno opportuno.”
“C’è Banner.”
Tony non trattenne il terzo sbuffo e si allontanò verso l’ingresso a piedi scalzi, biascicando di minacce e punizioni incomprensibili fino a quando non raggiunse la stanza adiacente al soggiorno, dove il dottore attendeva con la sua solita pazienza l’arrivo del suo amico e collega.
“Bruce!” esclamò spalancando le braccia con un sorriso smagliante. “Ma ciao, raggio di sole!”
Bruce sollevò un sopracciglio con fare troppo eloquente perché Tony non potesse coglierlo.
“Cosa?” chiese ostentando perplessità. Si fermò davanti a lui, grattandosi il pizzetto pensieroso. “Be’, in effetti, più che un raggio di luce, potresti essere un raggio di cavolfiore o di barbabietola da zucchero...”
“Tony” lo interruppe Bruce, paziente, “tutto bene? Aspettavo una tua telefonata.”
Tony sbatté le palpebre, mordendosi il labbro inferiore con fare colpevole.
“Sul serio?” domandò simulando una poco credibile incredulità. “Deve essermi passato di mente.”
Banner aprì la bocca, poi il suo sguardo scivolò sulla figura intera dell’amico e sullo stato in cui vagavano i suoi capelli, il petto, i jeans e allora avvampò furiosamente, cogliendo il fulcro della cosa.
“Oh” esclamò, improvvisamente a disagio. “Certo.”
Tony alzò gli occhi verso l’alto, colpevole, poi sfoggiò un sorriso imbarazzato – e imbarazzante – ma sincero.
“La tua Gracie Hart ha minacciato la mia ragazza di sottoporla ad una seduta di tortura di Fury se non l’avessi piantata di sequestrarti.”
Bruce scoppiò a ridere in una risata rauca e scosse il capo.
“E tu hai allora deciso di sequestrare la tua ragazza” disse chinando il capo divertito. “Per questo mi accogli all’ingresso?”
“Scusa l’oltraggio, ma per quanto mi piaccia condividere con te, ci sono determinati momenti e determinate persone i cui segreti preferirei tenere per me.”
“Gelosamente nascosti.”
“Dacci un taglio, Banner” fece Tony fingendosi minaccioso. “Sei venuto qui per deridermi?”
“Non oserei mai” rispose Bruce, senza smettere di sorridere. Lanciò uno sguardo alla casa attorno a sé, compiaciuto. “È venuta su bene... nonostante i venticinque missili nucleari, intendo.”
“Abbastanza” concordò Tony, scrollando le spalle. Dopo qualche istante di silenzio, pose la domanda che gli stava frullando nella testa già da un po’. “Sai, stavo pensando che... uhm, ecco... insomma, visto che tu e la pazza siberiana siete tanto in intimità, sai dirmi se...”
“Fury lo sa” lo interruppe Bruce, improvvisamente serio. “Credo che sia momentaneamente turbato... non sa fino a che punto vorrai portare avanti la cosa.”
Osservò il petto dell’amico con aria pensierosa, poi parlò ancora.
“Tu vuoi davvero lasciar perdere tutto, Tony?”
Tony sospirò pesantemente e si inumidì le labbra con la lingua prima di rispondere con voce tranquilla.
“Sono successe delle cose, Bruce, e non solo a me. Non avrei problemi a rischiare la mia vita, lo sai, ma non voglio mettere in pericolo... la sua. Non... non riuscirei a vivere se le accadesse qualcosa per colpa mia. Non riuscirei a vivere se le accadesse qualcosa e basta.”
“Capisco” disse subito il dottore, annuendo comprensivo. “Vuoi provare ad essere Tony. Solo Tony.”
L’altro gli rivolse un sorriso ammiccante e lo spintonò amichevolmente.
“Io non potrei mai essere solo Tony, Banner” lo corresse malizioso. “Sono Tony Stark. E non posso neanche dire non so se mi spiego, perché è ovvio che mi spiego.”
Bruce rise ancora e scosse la testa, divertito.
“Non cambierai mai.”
“Probabile... forse è per questo che non... be’, c’è sempre la possibilità che un giorno... si torni, insomma” fece scrollando le spalle impacciato. “Ma non saprei dirlo... adesso.”
Un rumore improvviso proveniente dal salotto li fece voltare entrambi e Tony sorrise debolmente.
“Entra” gli disse, roteando gli occhi al cielo ironico. “Strada libera.”
Il dottore lo seguì lungo il corridoio, fino a raggiungere il salotto. La prima cosa su cui caddero i suoi occhi fu la figurina rossa seduta sul divano, vestita solo di una maglia oversize bianca e un paio di bermuda di jeans troppo grandi per lei, con un sorriso dolce e imbarazzato dipinto sul viso lentigginoso.
“Tu devi essere Pepper” le disse porgendole una mano per stringere quella piccola di lei. “Non sai quanto ho sentito parlare di te.”
Lei arrossì ulteriormente e lanciò uno sguardo impacciato a Tony replicando con voce sottile:
“Anche io” rispose divertita. “E delle sue... potenzialità.”
Bruce scoppiò ancora a ridere e guardò a sua volta Tony, prima di poggiare lo sguardo sul grosso coniglio al suo fianco.
“Alla fine è riuscito ad entrare” commentò divertito. “Nonostante le fattezze...”
“Riuscirei a far entrare perfino te, Banner” gongolò Tony ironico. “Anche nella tua versione scorbutica e verde.”
Pepper gli lanciò uno sguardo d’ammonimento, ma il sorriso che le incurvava ancora le labbra tradì l’effetto.
“Perdonalo” fece passandosi una mano tra la chioma d’oro rosso, “sembra insopportabile ma è quasi innocuo in certi momenti. Dopo dodici anni non ci faccio neanche più caso.”
“L’abbiamo chiamato Bunny” continuò Tony, in preda all’entusiasmo. “Ma non per te, eh. Si scrive con la “u” non con la “a”.”
“Immagino che siate entusiasti di esservene momentaneamente liberati” riprese Pepper, annuendo gravemente. “Confido che sappiate che sia per un breve periodo di tempo. Lo conosco troppo bene per non sapere che tornerà in pista.”
“La prossima volta salverete il mondo senza di me” rifletté Tony e rivolse la fronte aggottata verso l’alto, pensieroso, poi sbarrò gli occhi stupito. “Diamine, questo significa che la prossima volta il mondo finirà!”
“Adesso devo andare” li interruppe Bruce, trattenendo a stento le risate. “Ero passato solo a vedere come stavano le cose. E a portare un piccolo pensiero.”
Aprì la borsa che portava a tracolla e ne estrasse una scatola avvolta in una carta smeraldo.
“Wow, dottore, non sapevo avessi senso dell’umorismo.”
Tony afferrò il pacco con aria contenta e scartò l’involucro entusiasta, sotto gli sguardi di Pepper e Bruce. Dal coperchio ne uscì un piccolo intaglio di vetro verde scuro dai riflessi azzurri.
“È un vetro gemello” spiegò Bruce scrollando le spalle. “Ne avevo due e ho pensato che se la qualche volta ti trovassi nei guai e avessi bisogno dell’aiuto di un bestione verde, con questo potevamo comunicare in qualsiasi luogo e qualsiasi caso.”
Tony se lo rigirò tra le dita, sorridendo; quando alzò lo sguardo, brillava.
“Grazie, dottore” disse con voce sincera. “Spero che non mi serva, ma grazie.”
Si guardarono per qualche istante, poi Tony si schiarì la voce e indicò l’ingresso con un braccio.
“Ti accompagno” aggiunse, più allegramente. Bruce annuì, ma prima di seguirlo rivolse a Pepper un altro sorriso.
“Mi ha fatto piacere conoscerti.”
“Anche a me” disse lei sorridendo. “E grazie di ascoltarlo tanto e anche del regalo. Mi ha fatto piacere che sia passato dalla porta.”
Bruce rise ancora e raggiunse Tony all’ingresso. Quando vi si ritrovarono entrambi, si voltarono a guardarsi, con le mani nelle tasche e l’aria impacciata; Tony respirò profondamente e sorrise in modo imbarazzato, stranamente spontaneo, un po’ ebete.
“Anche se non dovessi tornare” disse Bruce rispondendo al sorriso, “sono certo che ci rivedremo.”
“Uhm” fece Tony, arricciando le labbra, a disagio. Sentiva i muscoli delle braccia tesi, come se volessero avvolgere qualcosa – un bestione grosso e verde, magari. “Lo credo anche io.”
Si guardarono ancora, la mano di Tony ancora stretta nel frammento di vetro – di speranza – e il sorriso sulle labbra di entrambi. Poi Tony sbuffò sonoramente, rivolgendo gli occhi al cielo e scuotendo il capo con disapprovazione, e si lanciò in avanti, dando quel briciolo di soddisfazione alle braccia imploranti: le distese e le avvolse attorno alle spalle tese di Bruce, affondando il naso nel tessuto fresco della camicia pulita e rilassando il petto contro quello di Banner. Bruce rimase interdetto per un istante, poi sorrise e un suono roco gli uscì dalle labbra mentre tendeva le braccia a ricambiare la stretta e allungava un palmo per lasciare una carezza alla base della nuca calda di Tony. Quando il groppo nella sua gola per l’allontanamento cominciò a sciogliersi, si sciolse anche la loro stretta e Bruce rivolse a Stark un sorriso contagioso, gli occhi lucidi e gli angoli delle labbra tremolanti.
“Cerca di non cacciarti troppo nei guai.”
Tony sbuffò divertito.
“Non preoccuparti.”
“Come potrei non farlo?” chiese Banner scettico. “Ricordati chi sei.”
“Ti prego, sembri la scimmia del Re Leone... da quando sei tanto saggio?”
“Mi tranquillizza solamente che ci sia qualcuno al tuo fianco, che ha la capacità di sopportarti e aiutarti sempre.”
Tony rise rauco.
“Pensavi di averne l’esclusiva?” domandò divertito. “E ora sparisci prima che ti sequestri di nuovo e la Siberiana me la faccia pagare amaramente.”
Bruce scosse il capo e montò sul sedile, ridendo senza freni. Lanciò un ultimo sguardo al collega e finalmente mise in moto. Quando la sua auto – verde, anche quella – fu uscita dal vialetto, Tony sospirò e tornò nel salotto; appena entrò, vide Pepper intenta ad osservare l’albero di Natale con espressione assorta. Le cinse la vita dalle spalle e le schioccò un bacio su una tempia.
“Allora, il coniglio ti piace?”
Pepper rise roteando gli occhi al cielo e roteò gli occhi al cielo, incredula.
“Sì” rispose infine. “Ma per il mio compleanno, non preoccuparti. Un mazzo di fiori e una torta saranno più che sufficienti. Di dimensioni umane, preferibilmente.”
Tony storse le labbra in un’espressione contrariata, ma non replicò. Attese qualche minuto di silenzio, poi le chiese:
“Davvero pensi che tornerò ad essere Iron Man?”
Pepper si morse il labbro pensierosa e si voltò tra le sue braccia, allungando una mano per accarezzagli i riccioli sulla nuca e osservandolo negli occhi tranquilla.
“Non lo so” disse con sincerità. “Tu sei così imprevedibile, Tony. E sei così coraggioso e intelligente e le persone hanno bisogno di qualcuno come te, ma io credo che adesso tu senta il bisogno di stare un po’ in pace, per conto tuo, in tranquillità. Forse, poi, un giorno, se vorrai, indosserai di nuovo l’armatura, ma sappi che anche se lo facessi, Tony, non mi faresti mai del male e io non ti potrei mai odiare, tanto meno per questo. So che sei terrorizzato alla prospettiva che mi succeda qualcosa a causa tua, ma io ho fiducia in te e sono sicura che questa scelta, che spetta a te e a te soltanto, la prenderai al momento giusto e nel modo migliore possibile.”
Tony la guardò deglutendo e scosse il capo con gli occhi schiusi.
“Potts, se prima avevo un dubbio, dopo tutto questo ne ho l’assoluta certezza: non potrei mai vivere senza di te.”
Strinse la presa attorno ai suoi fianchi fino a stringerla in un tenero abbraccio e le baciò con dolcezza adorante le labbra sorridenti. Quando si allontanarono, Pepper si mordeva l’intero labbro inferiore ed era rossa e luminosa come non mai.
“Anche io.”
Tony la guardò perplesso.
“Cosa?”
Lei rise scuotendo il capo e posò la fronte contro la sua, il ciondolo di rubino che tintinnava allegramente sul collo.
“Ti amo.”
La risata rauca di Tony riempì la stanza e si fuse sulle labbra di Pepper.
“La prova che Tony Stark ha un cuore.”




























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Ma rieccomi. ^^ So che probabilmente la mia presenza si sta rivelando seriamente intollerabile, soprattutto nell'ultimo periodo, ma prometto di dileguarmi il prima possibile e di piantarla di presentarmi da queste parti così spesso e con cose tanto assurde. 
Tuttavia, tutti noi abbiamo scribacchiato qualcosina su quello splendore del terzo film e anche io ho sentito il bisogno di pubblicare una sciocchezzuola delle mie. Non si tratta di niente di troppo sensato; ho amato questo film, tantissimo, mi sono sciolta sulla poltrona quando Tony ha detto a Pepper che l'amava, ho avuto gli occhi che brillavano ogni volta che si preoccupava per lei, mi ha cantato lo stomaco ogni volta che l'ha chiamata "tesoro" e stavo awwando in modo davvero indecente quando se l'è abbracciata sul finale. ♥
Eppure è mancata qualcosa, un piccolo bacio, qualcosa che riempisse il tutto: io l'ho voluto scrivere. 
Il momento di cui parlo è di poco successivo alla fine del film, dopo anche la scena dei titoli di coda - okay, sto ancora ridendo. Sappiate solo che sono andata il primo giorno con biglietti prenotati e la sala era piena di fanatici che, come me, hanno atteso la scena e che si sono girati a guardarmi appena ho strillato: "Bruuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuce!" 
Tornando a noi, come vi dicevo, non è niente di che: la decisione di Tony di togliersi il reattore mi ha sorpresa, ma non negativamente. Tuttavia, non posso negare che, dentro di me, credo che lui si senta un po' strano perché si trattava di una sorte di presenza importante e ho provato a calarmi nella sua molto più complessa e geniale mente. Naturalmente, ogni occasione è buona per metterci una sana quantità di Pepperony e all'inizio doveva essere solo un momento di effusioni dolci e tenere prima dell'arrivo di Banner, ma poi quei due se ne sono andati per conto loro e io e il povero Bruce siamo stati costretti ad aspettare che finissero prima di poter fare il nostro lavoro. L'abbraccio tra i due science bros non era neanche previsto, mi è uscito su ispirazione del momento. 
Non vi nascondo che la quantità spropositata di fluff di cui trabocca questa storia mi preoccupa e spero non sia eccessiva *unsure*. In ogni caso, la smetto di straparlare - Santo Cielo, certe volte divento peggio di Stark, lo so - e vi do qualche cosuccia per spiegare alcuni punti della storia:

[1]: Monocolo è Fury e la colpa è tutta di Alley; 

[2]: la scimmia del Re Leone a cui allude Tony parlando con Bruce è Rafiki; 
[3]:: il ciondolo di rubino che Pepper porta al collo e che viene citato sul finale è quello che Tony le fa indossare in una delle ultime scene del film, una delle più intime, a mio parere;
[4]:: il coniglio gigante, naturalmente, sapete chi è. Non so se viene nominato in qualche modo. Qui, Tony ha deciso di andare sul classico; 
[5]nella storia, ci sono riassunti e svariati riferimenti ai film precedenti e al crossover The Avengers. Non ve li cito tutti, sono certa che li abbiate colti benissimo da soli; 
[6]: il vetro gemello è palesemente ispirato al quinto libro della saga di Harry Potter - in uno degli ultimi capitoli, Harry scarta il regalo che gli aveva dato Sirius prima che si separassero dopo le vacanze di Natale e si tratta di uno specchio gemello, le cui caratteristiche ho riportato sul vetro di Bruce. 

Credo sia tutto. Ah, ultima cosa: il titolo è ispirato al soprannome con cui Tony si rivolge a Pepper in questo film *-* Bene, come sempre, colgo l'occasione per ringraziare sempre chi legge, in silenzio e non, e sperare che vi piaccia quest'ennesima, piccola stupidaggine. ^^ Un bacio a tutti e alla prossima!
Mary.





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