Hit me with your best kiss

di _Caline
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Dopo il terremoto
betata da nes_sie, beta coccolosa e futura moglie di Sean O'Pry





Era rimasta sola.
Al buio.
Il terremoto era durato solo qualche minuto, ma quando la terra aveva smesso di tremare , le era sembrato  fossero passate diverse ore.
Era colpa sua.
Avrebbe dovuto immaginare che Malcom Merlyn avesse un piano di riserva. Se voleva radere al suolo il Glades, avrebbe avuto il Glades raso al suolo, a tutti i costi. E c’era riuscito.
Il Verdant ed il sotterraneo non sembravano aver subito grossi danni, ma la paura era stata tanta.
Nascosta sotto la sua scrivania nel tentativo di ripararsi dagli ultimi calcinacci che crollavano dal tetto, Felicity faceva fatica a regolarizzare il respiro.
Si era ripetuta che fosse tutto finito, ma aveva ancora il cuore in gola e la voglia d uscire di lì e scappare era tanta.
Ma non avrebbe visto nulla ad un palmo dal naso, e non le andava per niente di farsi male inciampando da qualche parte.
Non sapeva che fine avesse fatto John, né tantomeno dove fosse finito il detective Lance. Ad Oliver poteva essere capitata la sorte peggiore...
Ma non poteva pensare al peggio. Non voleva pensare al peggio.
Preferì restarsene sotto la scrivania. Circondò le ginocchia con le braccia e si fece piccola piccola, cercando di liberare la mente dai cattivi pensieri.
Avrebbe aspettato che si facesse giorno, e poi sarebbe uscita da lì.

Non era ferito. Aveva incassato molti colpi, ma nulla di grave.
Eppure un dolore lancinante all’altezza dello stomaco lo tormentava.
Era come se lo avessero squarciato a metà, come se gli avessero tolto un organo indispensabile per sopravvivere.
Aveva pianto per minuti, forse per ore sul cadavere di Tommy, ed era andato via soltanto quando aveva sentito arrivare i soccorsi. Si era reso improvvisamente conto che non poteva restare lì, un lampo di lucidità in mezzo ad una situazione che di razionale aveva ben poco.
Quando era uscito da una delle finestre dello studio di Laurel era quasi l’alba, e non poteva rischiare di essere visto con il suo travestimento durante il giorno.
Il posto più vicino dove andare era il Verdant.
Si diresse verso ovest e non si guardò più indietro, mentre il dolore all’altezza dello stomaco si faceva sempre più forte.

Quando Felicity riaprì gli occhi, si accorse che intorno a lei tutto era ancora buio.
Maledizione a quel sotterraneo senza finestre!
La schiena le faceva davvero male per essere rimasta tanto tempo nella stessa posizione, per cui non esitò ad alzarsi immediatamente.
Procedette piano, tastando i bordi della scrivania, per poi rimettersi in piedi lentamente quando sentì che sul pavimento non c’erano ostacoli.
Si disse che non poteva restare lì finché qualcuno non fosse arrivato solo perché aveva paura di inciampare, e poi dovevano già essere passate diverse ore da quando il terremoto era finito.
Se tutto era andato bene, i soccorsi dovevano già aver lavorato per i meno fortunati e magari erano riusciti anche a salvare qualcuno. Certo non si sarebbero curati di andare a controllare un edificio che era rimasto in piedi, in mezzo alla devastazione che doveva esserci.
Spostandosi molto lentamente verso l’angolo in cui era la scala, riuscì ad arrivare miracolosamente illesa, scansando i calcinacci e molte delle altre cose che erano sul pavimento. Probabilmente l’intero equipaggiamento di Oliver era andato distrutto.
Fu quando salì il terzo gradino che sentì un rumore al piano di sopra. Erano dei passi.
Si impose di mantenere la calma e si strinse saldamente al corrimano.
Potevano essere anche dei nemici.
Il cuore le prese a martellare forte nel petto, e dentro di sé sperò di poter diventare invisibile.
- Felicity, sei ancora qui? – chiese una voce familiare, dopo aver aperto la porta che conduceva al sotterraneo.
- Oliver! – si ritrovò ad esclamare lei, liberandosi del peso enorme che aveva sul cuore.
Fortunatamente il ragazzo aveva con sé una torcia, e con quella illuminò i pochi gradini che li separavano.
Felicity salì di corsa, ma una volta giunta davanti ad Oliver non seppe cosa fare.
Tra di loro a livello fisico c’era sempre stata una certa distanza e abbracciarlo le sembrava sbagliato, anche se sarebbe stata una cosa normale da fare, in quella circostanza.
A rompere il ghiaccio stavolta però fu lui, che in un attimo lasciò andare la torcia e la circondò con le sue braccia.
Dopo un attimo di imbarazzo, Felicity affondò il viso nel suo petto, abbracciandolo a sua volta.
- Sono felice che tu sia qui, – si lasciò sfuggire a mezza voce.

Oliver fissò per un attimo la testolina bionda di Felicity sotto il suo mento e sorrise, anche se lei non poteva vederlo.
Si chinò e le posò un bacio leggero sulla fronte, scostandosi un attimo dopo.
Pensò anche lui di essere felice di essere lì.
Poi l’immagine di Laurel che urlava il nome di Tommy si fece strada con forza dentro la sua mente.
Il dolore allo stomaco si fece ancora più forte.
Strinse Felicity ancora di più a sé e, senza volerlo, ricominciò a piangere.




Angolino dell'autrice
L'ultimo episodio di Arrow mi ha lasciata esattamente come Oliver: un dolore lancinante all'altezza dello stomaco e un'ansia assurda per la seconda stagione.
Ovviamente non potevo evitare di flasharmi con un momento Olicity post terremoto, quindi eccolo qui.
Ovviamente dietro le mie storie c'è sempre lo zampino di nes_sie e IoNarrante, che hanno indetto la challenge a cui partecipa anche questa storia e la raccolta che seguirà.
Potete trovarla qui.
Non mi resta che ringraziarvi ancora tutti voi che leggerete per essere ancora qui a leggere i miei deliri da fangirl.
A presto,
Anna





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