Mi sembra doveroso dire che questa fanfiction mi è stata ispirata da due canzoni di Elisa: A feast for me e Rainbow. Chi conosce i testi di queste canzoni certamente potrà capire meglio la natura della mia ispirazione e comprendere anche dove nella fanfiction questi sono più presenti.
Buona Lettura :)
Chiuse la porta alla sue spalle e il vociare alto e confuso,
la musica, le risate, i bicchieri che s’incontravano, tutti i suoni furono attutiti
dal pesante legno di ciliegio.
Hermione sospirò appoggiandosi alla porta, le mani ancora
premute contro di essa, dietro la schiena.
Come si era aspettata l’aveva trovato in quella stanza,
seduto sul divano, la postura elegante, lo sguardo rilassato e fisso sul camino
che ardeva poco più in là di fronte a lui.
Il pugno di palloncini colorati che erano riusciti ad infiltrarsi
anche in quella stanza, sfuggendo alla festa in corso e al folle divertimento
degli invitati di scoppiarli, erravano oscillando per l’intera stanza. Alcuni
di quelli, la quale magia si era esaurita, giacevano invece a terra, in attesa
che qualche alito di vento, causato come in quel caso dall’aprirsi e il
richiudersi della porta, li facesse volare ancora.
Draco si voltò.
“C’è una festa per me” disse lei, guardandolo.
“Già, allora che ci fai qui?
C’è una festa per te.”
“So che sei stato tu ad organizzarla. Non è quello che
volevo…”
Le note finali di una musica blues sfumarono e nella sala
della festa rimase solo il chiacchiericcio dei ragazzi riversi per metà sulla
pista da ballo e per metà accomodati su divanetti, poltroncine, tavoli…
Tuttavia il loro parlare non riuscì a mascherare alle orecchie della ragazza il
fragoroso rumore di qualcosa molto simile al vetro che si infrangeva.
Hermione aprì immediatamente la porta per verificare la
gravità del danno e portò lo sguardo al centro della sala, dove quello di tutti
era rivolto. L’enorme e splendido albero di Natale, proveniente dalla Foresta
Proibita e trasportato fin lì sulle spalle dal Guardiacaccia Rubeus Hagrid,
vacillava nel suo vaso di terracotta.
Un ragazzo a lei sconosciuto era aiutato da un suo amico a
rialzarsi, le era sembrato di scorgere appuntato sul loro petto lo stemma di
Corvonero.
Diede una veloce occhiata a tutta la sala per controllare
che, nei limiti del possibile, tutto fosse a posto. Sospirando poi puntò la bacchetta
ai piedi dell’albero, dove erano sparsi i frammenti di una delle bellissime e
pregiatissime palle di vetro, decorate a mano, tanto care alla professoressa
McGranitt.
“Reparo!”
Osservò il ragazzo che, cadendo probabilmente sull’albero,
era il responsabile dell’accaduto. Imbarazzato per lo sguardo dei presenti su
di lui scoppiò a ridere, mentre l’amico si preoccupava di riappendere l’oggetto
riparato all’albero.
Alla risata smodata del Corvonero, troppo concitata e
arrochita per non appartenere ad una persona ubriaca sino al midollo, la festa
riprese assieme alla musica che ricominciava con un ritmo, stavolta, più
incalzante.
Hermione guardò torvo un’ultima volta verso quel complesso
musicale che, senza musicisti, suonava quella che, a parer suo, era una musica
persino troppo alta per competere con un Incantesimo di Insonorizzazione fatto
a dovere.
Richiuse la porta e avanzò di qualche passo, mentre il
ragazzo si alzava in piedi. Era ora.
Si avvicinò a lei e la guardò intensamente negli occhi,
piegò le labbra in un sorriso fantasma. Era un sorriso sincero, sereno, proprio
come i suoi occhi in quel momento.
Hermione non sapeva se lo facesse per trasmettere a lei quella
tranquillità o se davvero lui fosse sereno, e se così era… Merlino solo sapeva,
come faceva ed esserlo in un momento come quello!
Passò qualche secondo, in cui restarono immobili, e mai come
in quel momento Hermione avrebbe desiderato un suo abbraccio…
In quel momento più di tutte quelle volte che, ultimamente,
sorprendendo anche sé stessa, si era ritrovata a desiderare una vicinanza a
Draco Malfoy tanto intima quanto impensabile solo alcuni mesi prima. Il bisogno
di stargli vicina, sempre più vicina. Per godere a fondo del calore del suo
corpo che, di tanto in tanto, vicinanze casuali o meno, le avevano fatto
assaporare. Per ascoltare a pieno il suo respiro quando gli era accanto, quando
ci parlava, ci litigava…
Un secondo dopo Draco era sparito oltre quella porta, quella
secondaria.
Hermione contò sino a dieci, i secondi che si impiegavano
per arrivare sino al portico, fuori dal castello, in quel quadrato vicino alla
torre, non più grande di due metri per lato, dove era possibile
smaterializzarsi. E poi aveva chiuso gli occhi. Perché sapeva che era quello il
momento in cui Draco era andato via.
Fuori da Hogwarts, fuori da mura forti che li proteggevano,
per rischiare un’altra volta di non tornare.
Si sedette sul divano, con gli occhi fissi sulle fiamme
calde del caminetto. In realtà fissava il vuoto.
I contorni delle cose erano sfocati, la sua mente troppo
occupata in quel momento.
Sbattè le ciglia e abbassando lo sguardo si ritrovò ad
osservare ancora una volta i colori iridescenti dei palloncini sparsi per la
stanza.
Quei palloncini tutt’intorno, la rendevano così triste.
“Non volevo una festa per distrarmi…”
Era improbabile quello accaduto in quei mesi fra loro,
nessuno ci avrebbe creduto. Ed era proprio per questo che nessuno sapeva.
Nessuno sapeva della complicità venutasi a creare tra di
loro, o del benessere nel quale più volte si erano ritrovati stando insieme. E,
ancor di più, assolutamente nessuno sapeva dei sorrisi e degli sguardi che si
scambiavano.
Era qualcosa, quella, che forse era prematuro
chiamare amicizia, o forse solo troppo rischioso e spaventoso.
Hermione aveva iniziato a cambiare opinione su di lui
gradualmente, dopo aver visto qualcosa in Draco Malfoy che non si aspettava.
Qualcosa come la paura di perdere la sua famiglia, la decisone di accettare
compromessi per salvarla, il dolore che anche in lui quella guerra stava scavando.
Così aveva iniziato a porsi diversamente nei suoi confronti
e ciò che la sorprese più di qualsiasi altra cosa, più di qualsiasi altra
reazione che era pronta ad affrontare, fu che Draco non rifiutò la sua
“amicizia”, anzi…
Era un ragazzo intelligente, per quanto in tutti quegli anni
la sua opinione nei suoi confronti, come quella di Harry e Ron, fosse quella
di un ragazzino viziato, aiutato ad andare avanti dalle amicizie di suo padre e
da molti imbrogli, con un’intelligenza che non andava al di là del semplice
rifiuto per chi non avesse un sangue puro come il suo.
Si era dovuta ricredere anche su questo. Perché Draco Malfoy
più volte durante quell’estate, a Grimmuald Place e anche lì ad Hogwarts, aveva
dimostrato di sapere essere non solo furbo e astuto, ma anche prudente e
accorto nelle scelte. Aveva proposto piani d’azione sempre andati a buon fine.
Aveva anche corretto, non con molto tatto, strategie elaborate dall’Ordine,
mostrandone con dovizia di particolari le falle.
Si era dimostrato in oltre una persona acculturata e molto
dotata in alcuni capi della Magia Oscura e non.
E, infine, Hermione non potè non notare come si era
ritrovata spesso vicina al suo pensiero.
Elaborando piani, decidendo sul da farsi, discutendo su
questioni che riguardavano l’organizzazione del lavoro, delle battaglie, della
maniera migliore d’agire, Hermione aveva avvertito una sintonia che, doveva
ammettere, mai aveva provato in un colloquio con i suoi migliori amici, e che
la faceva stare bene.
Non era certa che questo sentimento fosse corrisposto, ma
forse sì. D’altronde, non sapeva come altrimenti spiegarsi il cambiamento di
Draco.
La prima volta in cui qualcosa tra loro due era cambiata ,
concretamente, era stampata a fuoco nella sua mente.
Tutto di quel momento: la luce del sole mattutino che avvolgeva
il parco di Hogwarts, il raggio pallido che colpiva il suo viso, la sua
espressione che sembrava godere di quel tiepido tepore, l’aria fresca e
pungente, i colori dell’autunno tutt’intorno, i suoi occhi… Si erano guardati. Finalmente
aveva potuto osservare i suoi occhi, senza rabbia, odio, dolore, e non avrebbe
mai creduto che farlo potesse essere così semplice.
Chiari. Belli. Non aveva potuto fare a meno di pensarlo.
Lui non era più un nemico.
Man mano che la loro confidenza diveniva sempre più intima
era arrivata persino a confidargli le sue paure. La preoccupazione per Harry e
Ron che, invece di svolgere come loro ad Hogwarts una missione di supporto per
l’Ordine, erano spesso a combattere in prima linea.
Non poteva dire che così era stato anche per Draco, ma
capiva che a lui non dispiaceva ascoltare ciò che lei gli raccontava e capiva
anche che non voleva rispondere a domande troppo personali. Tuttavia qualche
volta, forse per sbaglio, anche lui si era lasciato andare a dei pensieri che
le avevano permesso di conoscerlo meglio. Di intravedere uno scorcio di ciò che
custodiva gelosamente dietro a quegli occhi, che nemmeno la più potente Legimanzia
era riuscita a penetrare.
Un violento rumore la strappò dai suoi pensieri. Qualcosa
nella sala accanto era stato nuovamente rotto.
Si alzò sospirando sommessamente. Doveva tornare alla festa,
distrarsi, come lui aveva voluto.
Se tutto fosse andato bene domani mattina l’avrebbe rivisto
seduto al tavolo di Serpeverde, tra il gruppo del settimo anno, a fare
colazione. Come se nulla fosse successo, come se non avesse passato la notte in
qualche covo di Mangiamorte a raccogliere informazioni. Forse solo con qualche
ammaccatura in più che, grave o meno delle precedenti, Hermione avrebbe curato
in segreto prendendo in prestito i medicinali di Madama Chips.
Poi sarebbero andati in biblioteca, nella Sezione Proibita,
e lì avrebbero trascorso la maggior parte delle loro ore. Cercando tra quei
fogli ingialliti e pregni di magia, formule e risposte che l’Ordine aveva
chiesto a loro, in quanto i più esperti in materia, di trovare.
Era una routine, la loro, che dicevano di odiare. Ma che
Hermione pregava ogni notte, quando lui spariva, di poter ripetere la mattina
dopo.
Aprì la porta ed uscì, la musica aggredì i suoi timpani e
piegò d’istinto il capo, stringendo gli occhi e mordendosi piano il labbro.
Vide poi due ragazze del terzo anno avvicinarsi, imbarazzate si guardarono
prima tra di loro e poi una aprì bocca, gridando per sovrastare la musica e il
rumore che le circondava.
“Hermione, scusa… cosa festeggi?”
Sorrise leggermente, era forse la decima persona che glielo
chiedeva quella sera. Alzò gli occhi al cielo allargando il sorriso sulle
labbra.
Lo sapesse almeno lei, cosa festeggiava…
Guardò le due ragazzine e agitò una mano, scuotendo la
testa, poi si allontanò da loro per recarsi al tavolo delle bevande.
Il fracassante rumore di un tavolo che veniva spostato la
bloccò e, spazientita, abbandonò l’idea di prendere qualcosa.
Ecco come Draco voleva farla distrarre. Non festeggiando, o
divertendosi, ma correndo da una parte all’altra, esasperata, nel tentativo di
salvare ora un quadro, ora una scrivania… Ora correndo il rischio di farsi
scoprire e di beccarsi una penalità di almeno cinquanta punti!
Aggrottando la fronte e dirigendosi verso quei ragazzini che
volevano scacciare il tavolo nella stanza accanto, per stare più comodi nel
giocare al “Gioco della bottiglia”, che già incantata girava come impazzita a
metà a aria, pensò se non fosse effettivamente questo quello che Draco voleva.
Non era da escludersi. D’altronde, come le aveva detto qualche giorno fa, con
un sorriso sghembo sulle labbra, quando qualcuno aveva alluso a del tenero fra
loro: lei era comunque una Grifondoro, e da un Serpverde sempre come tale
sarebbe stata trattata…
“Allora?!”
Erano tutti Serpeverde. Poteva dunque approfittarne e
togliere qualche bel punto? Cercando di recuperare quelli che da lì a poco
avrebbe sicuramente perso?
… e viceversa…
Tutto il gruppo di ragazzini si voltò a guardarla e uno di
loro indicò con fare accusatorio due Grifondoro che passavano di lì per caso.
“Sono stati loro!”
… e le cose non sarebbero mai cambiate…
La ragazza tra i due Grifondoro si voltò a guadare il
Serpeverde, fece qualche passo avanti in modo da entrare nel cono di luce del
faro posto sopra di loro. Lo sguardo corrucciato, le mani sui fianchi.
“Come Gregory?”
Il ragazzo si ammutolì, perdendo l’aria arrogante e
strafottente di poco prima, abbassando immediatamente il dito accusatore.
“Jasmine…”
Hermione guardò quell’insolita scena incuriosita e non ne
capì il significato sino a quando, una decina di minuti dopo, sempre impegnata
a vigilare tra la folla, non vide le mani di un Serpeverde e di una Grifondoro
(che riconobbe pur nella penombra come Jasmine e Gregory) unite, così come le
loro labbra in un timido bacio.
…tranne che per qualcosa d’eccezionale.
Si fermò davanti a quel quadro di folla e musica e si rese
conto di qualcosa a cui prima non aveva dato molta importanza.
C’erano tutti: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e
Serpeverde, insieme.
Forse davvero qualcosa stava cambiando, e lei non se ne era
resa conto. Forse, a partire da lei per prima, qualcosa d’eccezionale stava sul
serio avvenendo…