Salve!^^ Anche questa è una di quella fanfiction della
cartella "mai pubblicate". Ho deciso di scegliere le migliori, di rivalutarle e
di pubblicarle, ora. In quella che ritengo essere “l’ultima change” in
quanto, come tutti sappiamo, tra ormai pochi giorni uscirà (finalmente! :D) il
settimo ed ultimo libro di Harry Potter. Anche questa è una flash, sono già
pronta a sentire persone che, a ragion veduta, criticano la lunghezza di questa
storia come tante altre, chiedendo magari delucidazioni e una continuazione. Non
lo so, già rispondo… Ma quando scrivo queste fic, sono presa da un’ispirazione
momentanea e, per quanto a qualcuno può dare fastidio, io adoro il fascino di
queste storie corte ma, spero, incisive ;)
Buona lettura ^^
“Harry!”
Una voce felice urlava.
Altre voci si aggiunsero a quella. Ripetendo quel nome,
ringraziando il cielo, o semplicemente manifestando al mondo la loro felicità.
Guardò solo per qualche secondo quel folto gruppo di persone
frementi che si accalcavano attorno al Bambino Sopravvissuto.
Harry Potter era di ritorno da una battaglia, avvenuta
chissà dove, che, evidentemente, l’aveva visto vincitore.
Vincitore, proprio come loro. Che avevano combattuto sino a
qualche secondo fa, con tutte le loro forze. E che, quando stavano per
schiacciare le ultime resistenze, giunta la notizia della sconfitta del Signore
Oscuro, avevano visto scappare via come uccelli braccati i loro avversari.
Si rialzò dal pavimento, cercando di non curarsi troppo
dell’intensa fitta avvertita sul lato sinistro dell’addome. Sapeva che una
macchia scura sempre più grande si stava allargando sui suoi vestiti e sul suo
mantello, ma nel nero che l’avvolgeva sarebbe passata inosservata.
Almeno per un po’ avrebbe saputo resistere.
Aveva imparato, in quell’anno, a non piangere e lamentarsi
per il minimo graffio, la minima cosa, a tal punto da stupirsi di sé stesso.
In effetti del vecchio Draco Malfoy, nel ragazzo quasi
diciannovenne che ora camminava a passi lenti sul marmo scuro, ignorando le
persone che lo circondavano, era rimasto ben poco.
Ancora una fitta lo costrinse a fermarsi, portò una mano a
premere contro la non indifferente ferita e si incurvò giusto di qualche
millimetro, chiudendo gli occhi e respirando a fondo.
“Dannata Bellatrix!” imprecò a bassa voce e piano rizzò
nuovamente la schiena, prima di riprendere a camminare e finalmente varcare il
grande portone.
Una modesta casetta, quella scelta dal Signore Oscuro per
la sua villeggiatura da latitante.
Si ritrovò ad essere spettatore di una di quelle scene a cui
si assiste una sola volta nella vita, una di quelle scene che non si
dimenticano.
Una di quelle scene che, si sa, rivivranno per sempre nei
propri ricordi.
Dopo i cinque scalini in marmo nero, variegato di bianco, una
distesa di cadaveri rigidi, dalle tuniche prevalentemente nere, dava vita ad un
paesaggio senza aggettivi. Ad un’atmosfera surreale che chiunque sarebbe stato
recidivo a voler spazzare, facendovi ingresso.
Ma questo lui non se lo poteva permettere, o forse non
voleva. Perché c’era qualcosa di molto strano e molto forte che lo invitava a
continuare, a camminare e a iniziare la sua ricerca.
Scese il primo scalino e tra le voci festanti ormai lontane
(dalla sua mente, più che dalle sue orecchie) ne riconobbe una. Per puro caso,
tra tutte quelle, seppe associarne il suono al volto.
Hermione riuscì finalmente a farsi strada e ad abbracciare
il suo amico. Lo salutò urlando il suo nome e facendo seguire a questo un
gridolio involontario mentre saltellava, ancora stretta ad Harry, manifestando
così la gioia incontenibile che provava. Si allontanò, lasciando poi spazio
alle affettuosità di Molly Weasley e, voltandosi, sorrise a Ron.
Si guardò attorno e constatò che c’erano tutti. Ammaccati,
stanchi, anche sanguinanti, ma c’erano tutti.
O per lo meno c’era chi aveva iniziato con lei quella
battaglia. Perché delle perdite, purtroppo, c’erano state in quell’anno di
guerra e battaglie…
Li guardò quindi uno per uno, negli occhi, e fu allora che si
accorse di essersi sbagliata. Non era vero. Non c’erano tutti.
Si allontanò di qualche passo, districandosi così dalla
piccola folla, e percorse con lo sguardo tutta la sala buia qua e là dai muri
crollati. Si voltò poi verso il grande portone e allora lo vide e rimase a guardarlo
mentre, sceso l’ultimo gradino, spostava con un piede e con poca cura il corpo
di un Mangiamorte che lo intralciava.
Lo vide scrutare uno ad uno quei volti pallidi, camminare
tra di essi, scavalcarli, voltarli per conoscere la loro identità.
In silenzio. Solo nel suo silenzio.
Sapeva chi Draco stesse cercando, non ci voleva un genio a capirlo,
ma non riteneva giusto che lui non fosse lì a festeggiare con loro. Anche lui
aveva combattuto, anche lui aveva vinto.
Non era dalla parte dei vinti, perché si ostinava a non
capirlo?
Si sentì osservato. Aveva un’ipotesi riguardo a chi
potessero appartenere quegli occhi puntati sulla sua nuca, ma non si sarebbe
voltato per verificare. In fondo non aveva importanza.
Scavalcò un corpo robusto e possente. I capelli chiari
appiccicati al volto dal sangue, la bocca aperta per lo sgomento, gli occhi
terrorizzati da una Avada Kedavra avvistata troppo tardi.
Gran brutta fine Amycus, gran brutta fine...
Riconobbe chiaramente Bellatrix, le labbra in procinto di
liberare un grido mai udito da nessuno nel mondo dei vivi, il corpo rigido e la
pelle più bianca del solito.
Sua zia aveva avuto ciò che si meritava. Ossessionata sino
allo sfinimento, non si sarebbe fermata davanti a niente e a nessuno pur di soddisfare
e glorificare il suo padrone.
In fondo, per lei, era stato molto meglio così. Morta
combattendo per il suo Signore, a sostegno della sua causa, dei suoi ideali. Sicuramente
una dignitosa e gloriosa fine…. Per il suo pensiero, ovvio.
A differenza, lui, aveva perso comunque. In un modo o
nell’altro.
Alla fine di questa guerra, cosa gli restava?
Una volta, nei rari momenti che possono essere chiamati
“confidenziali” tra di loro, Potter gli disse che per lui era “ la
differenza fra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia
mortale e scendere nell’arena a testa alta*.”
Per Draco, invece, si era trattato solo di fare una scelta
tra l’Arsenico e il Cianuro. Un veleno lento e agonizzante o uno potente e
istantaneo?
Quasi si pentiva di non aver meditato a pieno sulla seconda
possibilità e di stare ora lì con i suoi tradizionali “compagni”.
Scorrevano davanti ai suoi occhi volti conosciuti, ferite
raccapriccianti… ma cercava di rimanere indifferente a tutto ciò. E ci riuscì
anche bene sino a quando, arrestato di colpo il passo e restato immobile, si
rese conto che non poteva più continuare a farlo: alla sua destra, sotto uno
dei tanti e indistinguibili mantelli neri, gli era parso di riconoscere una
ciocca di capelli biondo chiaro.
*Ovviamente questa frase appartiene alla "mamma" J.K.Rowling, c'era bisogno di dirlo? :D