Aveva combattuto con tutte la sua forze. Con la mente, con
il corpo.
Ma ora era stanco. Le gambe non lo reggevano più, e
l’avevano lasciato là, a terra. La ferita al braccio gli aveva fatto perdere
troppo sangue, e si sentiva debole.
Nell’ultimo tentativo di difesa aveva voltato il capo. Chino
a terra, la fronte premuta contro il pavimento ruvido, un braccio a coprirlo.
Ma a nulla era servito, perché con un atto di forza erano
riusciti a catturare i suoi occhi. E lui non aveva più le forze per continuare
a combattere quella insistente presenza che voleva trapelarlo.
Un ultimo debole tentativo, dovuto soltanto alla sua volontà
ferrea di non lasciare vedere a nessuno nella sua mente, nei suoi ricordi, fu
subito abbattuto, con la semplicità con cui si sfonda una porta già aperta.
E sentì le ultime forze venirgli meno, piano a piano, con
ogni ricordo, con ogni parola che scivolava via assieme ad esse.
A piedi scalzi un Draco appena adolescente scendeva la
fredda scalinata in marmo di casa sua, quella che, con svolta a gomito,
immetteva direttamente nell’ingresso.
Spettinato e ancora insonnolito aveva abbandonato il suo
letto per via di alcuni rumori provenienti dal piano di sotto. Suo padre era
sicuramente tornato e Narcissa aveva lasciato a lui il compito ingrato di
riportagli il messaggio urgente arrivato dal Ministero.
Stringeva in un pugno quella pergamena arrotolata e
sigillata dal timbro di cera rossa, guardò il portone di pesante legno chiuso e
allora scese l’ultimo scalino, certo di trovare suo padre in cucina.
Lo sconvolse vedere un uomo, avvolto in una tunica nera,
di spalle. Appoggiato stancamente al tavolino che, al centro della stanza, un
tempo era sovrastato da un bellissimo vaso cinese ora in frantumi a terra.
Sussultò, facendo un passo indietro, ma ci mise pochi
secondi a riconoscere la chioma bionda di suo padre.
“Padre…”
Una voce incerta, sottile e a lui nota, arrivò alle sue
orecchie. Lucius si voltò sorpreso.
Non si era accorto della sua presenza.
“Draco…”
Regnò solo il silenzio, per più di un interminabile
minuto.
“La mamma-”
“Va’ a letto.”
Un ordine perentorio, non urlato, ma dal ben chiaro
messaggio.
Draco esitò per qualche istante e, quando l’uomo gli
diede nuovamente le spalle, appoggiò la pergamena sulla colonnina con la quale
terminava il corrimano delle scale.
Silenziosamente come era arrivato poi, a piedi scalzi,
con passo felpato, andò via.
Era quasi arrivato al pianerottolo del piano superiore,
stava per scomparire nelle stanze del secondo piano, quando fu nuovamente
richiamato.
Lucius non si era mosso. Era immobile, aveva lo sguardo
di fronte a sé.
Non guardò suo figlio, ma quelle parole erano tutte per
lui.
“Draco, tra pochi giorni compierai quattordici anni,
giusto?”
Annuì in risposta, ma vedendo che suo padre non si voltava
a guardarlo, rispose con un veloce sì.
Ci fu qualche altro secondo di silenzio in cui Draco capì
che forse era il momento di andare via e quando si voltò per tornare nella
propria stanza, sentì suo padre dire a bassa voce qualcosa di cui non capì a pieno
il significato.
“Ti prometto che farò di tutto per tenerti fuori da
questa storia.”
Anche questo stavano prendendo di lui. Non solo i ricordi di
guerra, non solo le informazioni utili a loro, ma anche la sua vita.
Bruciava, bruciava terribilmente all’anima mostrare
impotente qualcosa che custodiva de sempre come le più preziosa delle cose e
che ora non poteva più difendere.
Sua madre era di fronte a lui, nel soggiorno di Malfoy’s
Manor. Era in piedi e avanzava lentamente a piccoli passi davanti all’immensa
veranda che dava sul giardino interno del Maniero. I vetri soffiati, di tanto
in tanto colorati, disposti in modo da formare precisi disegni geometrici, facevano
entrare sin troppa luce nella grande stanza.
Una luce calda, accecante: quella del primo pomeriggio.
Quasi gli procurava fastidio il guardare in quella direzione. Distolse lo
sguardo da sua madre, investita completamente da quella luminosità che,
riflettendosi sui suoi capelli chiari, rendevano la sua immagine ancora più
mistica.
Aveva distolto lo sguardo, si era perso per poco nei suoi
pensieri, e così non si era accorto che lei gli si era avvicinata,
silenziosamente.
Non riuscì dunque a nascondere la sua sorpresa nel
ritrovarla a pochi centimetri di fronte a lui, ad osservarlo, intensamente.
Anche Draco era in piedi. Era stato chiamato da un Elfo
Domestico, il quale con prostrazione gli aveva comunicato che sua madre doveva
parlargli.
Non sapeva se dire qualcosa o restare zitto, ma per
fortuna, qual momento che altrimenti sarebbe divenuto imbarazzante, non durò
oltre.
“Draco, ascoltami.”
La sua voce era grave, non alta né bassa, ma perentoria.
E tuttavia incapace di nascondere la preoccupazione che si leggeva in quegli
occhi chiari.
Poteva guardarla negli occhi, sua madre. Era cresciuto, e
ormai solo pochi centimetri di differenza vi erano tra loro.
Appoggiò le mani sulle sue spalle, facendosi più vicina a
lui, in un gesto che di certo Draco non si aspettava. Osservò le sue mani sulle
sue spalle, ma non disse e non fece nulla. Solo, restò ad ascoltarla.
“Sei giovane, e so che sei elettrizzato da quello che ti
sta capitando…”
Narcissa si fermò un attimo, esitando sulle sue ultime
parole e distogliendo lo sguardo solo per una frazione di secondo.
Riprese a parlare subito dopo, stavolta a bassa voce,
quasi bisbigliando, con una certa foga, benché sapesse bene che non c’era
nessuno che potesse ascoltarla, oltre a lui.
“Ma non pensare che la vita sia questo, Draco. Non è la
guerra, non è combattere per qualcuno. Non è cercare la gloria… in questa
maniera.
“Devi fare in modo di sopravvivere a tutto questo. Non
vale la pena morire ora, in questa guerra!
“Sei giovane, hai tante cose da fare e da vedere… La vita
è diversa. Io e tuo padre… abbiamo vissuto esperienze, dopo la prima guerra del
Signore Oscuro, che forse non credevamo potessero esistere. Non parlo di chissà
quale viaggio, chissà quale magia, parlo della Vita, quella vera.
“Probabilmente ora non puoi capire tutto quello che ti
sto dicendo. Ma scolta tua madre, ascolta chi ha fatto quest’esperienza prima di
te, ascolta chi ti dice che… non ne vale la pena.”
Sua madre vide il disorientamento nei suoi occhi,
sfuggenti ora. E, come se avesse scordato qualcosa, riprese subito a parlare.
Costringendolo a guardarla nuovamente.
“Non sto dicendo di non combattere, Draco. Non ti sto
suggerendo di fuggire, o di tradire… Ma solo di creare per te una via di fuga,
un appiglio di salvezza… Per quando questa guerra sarà finita, e tu ci
sarai ancora…
“Cerca di capire quello che ti sto dicendo. Riflettici su
a lungo, se lo ritieni necessario. So che sei intelligente, e furbo… e scaltro.
Non devo darti direttive su questo.
“Saprai come comportarti se arriverà il momento, ne sono
certa.”
Così l’aveva lasciato e si era allontanata. Era tornata
a sedersi sul tavolino, a prendere il thè che aveva lasciato in sospeso al suo
arrivo.
Cercò di muoversi, di divincolarsi da quegli occhi che
volevano ancora, ma non riuscì a niente.
Era troppo, troppo quello che avevano visto. E non gli
rimase altro che pregare.
“Basta… Vi prego, basta… Non…”
Non vi riguarda, era questo quello che avrebbe voluto
urlare con rabbia!
Ma non bastò nemmeno quell’umiliazione.
La stanza era buia e piccola. Solo due fiaccole, fissate
alla parete, gettavano qua e là luce calda, creando ombre sui muri in pietra
viva.
Narcissa aveva posato la mani sulle sue spalle. Lo
stringeva forte, come se avesse paura che, da un momento all’altro, qualcuno avesse
potuto portarlo via.
Il viso sottile era stanco, segnato da occhiaie che,
testimoni di una notte passata insonne, come tante altre, assegnavano
ingiustamente più anni del dovuto all’esile donna.
Sua madre gli riavviò i capelli biondi dietro
all’orecchio, continuando poi quel morbido gesto in una carezza che,
risalendo, arrivò sino alla sua guancia.
Distolse poi lo sguardo dalla sua mano e lo riportò sugli
occhi del figlio.
Vedeva le sue domande taciturne, la sua espressione
dubbiosa e recidiva a quelle carezze.
Sorrise.
“Non morire, Draco.”
Aveva parlato piano, ma la sua voce era stata chiara in
quella stanza.
Draco sbattè le palpebre, sorpreso e spaventato.
“Troppe persone della nostra famiglia hanno dato la vita
per questa causa, per servire questo Signore…”
Le poggiò due dita sulle labbra, impaurito e allertato da
quelle parole.
“Madre! Non dire queste cose in questo posto! E’
pericoloso, qualcuno potrebbe sentire. Lui potrebbe sentire…”
Sua madre lo continuava a fissare. Fece vagare lo sguardo
sul suo viso, poi su tutto il suo giovane corpo. Gli occhi pieni d’affetto,
velati per qualche secondo da lacrime che, Draco sapeva, mai avrebbe mostrato
davanti a lui. Davanti a quegli occhi grigi che, lei era cosciente, in quel
momento la stavano fissando.
“Somigli tanto a tuo padre…”
Avvicinandosi ancora di più a suo figlio, coinvolgendolo
lentamente in un leggero abbraccio, aggiunse quelle parole che sapeva avrebbero
colpito.
“… Non fare la sua stessa fine.”
Draco non si accorse di aver trattenuto il respiro, ma
sua madre sì. Poi, poggiando una mano sulla la sottile schiena, accogliendo
quell’abbraccio, e rilassandosi in esso, annuì lentamente.
Narcissa chinò il capo. Respirò affondo, socchiudendo
gli occhi. Quando gli riaprì si ritrovò ad osservare il braccio sinistro del figlio.
Quella pelle così candida, ancora per pochi minuti…
E con quell’ultima immagine di sua madre, abbracciata a lui,
sfumò anche la sua coscienza. E nel buio più totale, svenne.
Alastor Moody sospirò stancamente, appoggiandosi sul suo
bastone e sistemando il suo l’Occhio Magico dopo il faticoso lavoro svolto.
“Resistente il ragazzo! E’stato difficile persino con il mio
Occhio…” disse tra grugniti di disapprovazione.
“Non potevate evitare di ridurlo così?”
Ninfdora Tonks si era avvicinata al ragazzo svenuto,
esaminando per prima cosa la ferita riportata in quella piccola battaglia
terminata a loro favore.
“Non ne voleva sapere di farsi parlare. Bisognava fermarlo
in qualche modo.”
“Perché non pietrificarlo allora?”
“Non è così stupido da farsi colpire da un Incantesimo di Pietrificazione,
una volta ferito è stato tutto molto più semplice…”
Remus Lupin aveva riposto la bacchetta e poi si era
avvicinato alla sua compagna.
“Non ti preoccupare, è una ferita superficiale.”
“Giusto per stordirlo un po’. Non morirà” aggiunse Moody
passando accanto a loro, il rumore del legno che batteva prepotentemente
sull’asfalto ad accompagnarlo.
“Presto, torniamo alla base. Ho bisogno di un Pensatoio dove
riversare tutto questo materiale, ora che è fresco… Prendete il ragazzo e
portiamolo con noi. Lo sediamo e vedrete che sarà più facile parlarci e farlo
ragionare. Accetterà la nostra proposta, ne sono quasi sicuro.”
Remus sollevò Draco per la vita, poi, aiutato da Ninfadora,
iniziarono a seguire l’anziano membro dell’Ordine.
“Credo tu abbia ragione” ammise l’uomo sospirando e rivolgendo
uno sguardo al cielo limpido di quella sera.
“Che fine hanno fatto i Malfoy, Remus?”
L’uomo, zoppicando ad un metro davanti a loro, si volse
appena indietro per sentire la risposta.
Remus e Ninfadora lo guardarono contemporaneamente,
scuotendo poi la testa.
“Capisco. Il ragazzo allora non ha sul serio molte
alternative…”
“Cosa hai visto Alastor, qualcosa d’interessante? Piton?”
Scosse il capo e rispose alla donna riprendendo a camminare.
“Ho avuto poco tempo. Un altro po’ e ci sarei arrivato credo…
Ma non importa. Ci dirà tutto lui di sua spontanea volontà.
“Narcissa Malfoy era una donna intelligente. Dobbiamo
sperare che suo figlio non sia da meno e che le dia retta…”