>> N/A: Post 2x20,
scritta con il prompt #439.
Un'anima divisa di 500themes_ita. Che
dire, Owen è sempre e comunque il mio cocco.
Quando
lo specchio ancora appannato gli rimanda il riflesso del suo corpo
nudo, il sorriso sardonico di cui spesso fa sfoggio si trasforma in una
smorfia. C'è la storia di Owen scritta su ogni centimetro della sua
pelle, raccontata attraverso forme infantili e colorate che si sono
fatte abusivamente strada sul suo petto, sulle sue spalle, sulle sue
braccia. Per quanto forte sfreghi l'asciugamano sulla pelle bagnata,
quei maledetti tatuaggi non accennano a sbiadire; e se davanti al mondo
li può coprire con vestiti costosi e modi rudi, quando è solo con sé
stesso non può evitare di leggere – rileggere
– quella porzione di vita che non gli appartiene.
E' il retaggio di Owen, quello
che porta stampato addosso, non il suo. Owen è l'estraneo che ha
abitato il suo corpo per dieci lunghi anni e si è permesso di
sfregiarlo, stigmatizzando i suoi ridicoli sensi di colpa; così, ora
che finalmente Sam è riuscito a ricacciarlo nel dimenticatoio, le
cicatrici dei suoi demoni passano a lui, che ha sempre guardato alla
propria condotta non certo integerrima senza il minimo rimorso.
Non ha alcun bisogno di
indossare quel promemoria costante per conoscere la vita che non ha
vissuto. Una traccia simile sarebbe servita a Owen, che non sapeva
nulla del suo passato; Sam, invece, ricorda ogni secondo vissuto come
Owen Elliot.
Conosce già una per una le
crepe che hanno segnato il suo alter ego, attraverso le quali si sono
insinuati senza invito sentimenti inediti per entrambi, di cui sente
ancora l'eco. E a volte, per metterli a tacere, non bastano spari e
raggiri immorali; a volte, semplicemente, lo spettro dell'altro sé
torna ad aggirarsi nel suo corpo, riaprendo quelle crepe che credeva di
aver sigillato.
Così finisce a fare cose
davvero stupide – cose alla Owen
– come distruggere una scatola nera che avrebbe potuto garantirgli un
altro sproposito di denaro solo perché era la cosa giusta da fare. Parole
di un'altra vita strisciano nella sua mente, riportando a galla ricordi
che non ha vissuto in prima persona e che sente ugualmente più vivi dei
propri; con essi, giunge anche il timore di smarrirsi un'altra volta,
lasciando il posto al babbeo con la sua stessa faccia che tanto si è
rammollito in quegli anni.
La soluzione è una sola:
lasciarsi tutto alle spalle e fuggire di albergo in albergo, sfruttando
i milioni guadagnati. Ogni tappa pone nuovi chilometri tra lui e Owen,
e quella strana vita di affetti inaspettati che si è costruito
sfruttando a tradimento il suo sorriso.
Continua ad avanzare, sempre
più lontano.
Per recuperare il tempo
perduto. Per mettere a tacere Owen una volta per tutte. Per scongiurare
il pericolo di voltarsi e trovare Nikita pronta a farlo vacillare.
Seccato, infila una camicia
sulla pelle ancora umida. A stento si trattiene dal colpire lo
specchio, che si ostina a riflettere i tatuaggi mentre svaniscono
lentamente man mano che si riveste.
La storia di Owen è scritta
sulla sua pelle, ed una storia che Sam vorrebbe tanto non conoscere, ma
che – non importa quanto si sforzi – non può ignorare, né dimenticare.
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