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Desclaimer: Capitan Tsubasa, Tsubasa, Wakabayashi, Hiyuga e gli altri
personaggi, sono proprietà di Yoichi Takahashi e della Shueisha
Inc. Tokyo e per la versione italiana Edizioni Star Comics. Questa
fanfiction è stata creata senza fini di lucro, per il puro
piacere di farlo e per quanti vorranno leggerla.
Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa….
THE BEST GOALKEEPER
By Aresian
CAPITOLO 1
(L’arrivo ad Amburgo)
Finalmente era arrivato. Dopo un
viaggio di ore, e tre cambi di treno, era giunto ad Amburgo. Lì
si sarebbe giocato tutte le carte che erano rimaste nel suo mazzo e non
le avrebbe giocate a vuoto. Dando una rapida occhiata alla cartina
cerco di orientarsi. Bhè! La prima cosa sensata da fare era
quella di chiamare un TAXI e farsi portare all’albergo dove aveva
prenotato.
Con tranquillità si mise in coda, attendendo pazientemente il
suo turno. Una volta salito in macchina diede l’indirizzo al
taxista e si rilassò contro il sedile guardando distrattamente
fuori del finestrino. Un quarto d’ora dopo, scendeva innanzi
all’elegante ingresso dell’albergo sito a poca distanza dal
centro sportivo, dove aveva sede la società dell’Amburgo
Calcio. Erano le 10.45 aveva tutto il tempo di farsi una doccia
tonificante e di ambientarsi un po’. Stando alla cartina, poco
distante dall’albergo era sito un ampio giardino l’Alter
Botanische Garten, nel pomeriggio aveva tutto il tempo di farci un
salto per una breve seduta di allenamento.
Il giardino meritava realmente la pubblicità che, le guide
turistiche, gli facevano. Era stupendo e ben tenuto. In un’intera
ala era allestito un enorme edificio che accoglieva padiglioni
fieristici, mentre in un’altra facevano bella mostra di sé
diversi impianti sportivi. Poco lontano, un gruppetto di ragazzi stava
allegramente giocando a pallone. Vagamente incuriosito, Benji si
fermò ad osservarli. Principianti ma parevano divertirsi sul
serio. Cielo, quanto tempo era che non giocava per il puro gusto di
farlo? Lo ricordava bene. L’ultima volta era accaduto circa un
anno prima e a trascinarlo in quell’allegra partitella era stata
la visita improvvisa, e quanto mai gradita, di Tom Becker. Perso nei
suoi ricordi non si accorse che il pallone era finito a due metri da
lui, almeno finché uno dei ragazzi non richiamò la sua
attenzione.
“Ehi! Amico, ci lanceresti il pallone?” chiese un ragazzone dalla zazzera “pel di carota”.
Con un sorriso ironico Benji si avvicinò al pallone di cuoio e,
con un colpetto deciso del piede, lo sollevò da terra iniziando
tranquillamente a palleggiare.
“Questo?” chiese sornione.
“Ragazzi, avete visto come palleggia quello?” commento uno del gruppo.
“Se non ti spiace vorremmo riprendere a giocare” rispose prontamente il ragazzone, vagamente irritato.
Benji si abbassò la visiera del cappello sugli occhi e con un
sorrisetto ironico alzò la palla in verticale, prima di colpirla
di collo pieno e scaraventarla direttamente dentro la porta
improvvisata, a più di venti metri di distanza, lasciando
totalmente annichiliti i presenti.
“Buona partita, ragazzi” disse poi divertito tornando sui suoi passi, avviandosi deciso verso l’albergo.
Dal lato opposto del campo, sotto una rigogliosa quercia secolare, un
giovane dai capelli biondi come il grano accarezzava distrattamente il
pelo di uno splendido pastore tedesco.
“Interessante” fu l’unico commento che uscì dalle sue labbra.
Quella mattina il suo cellulare aveva suonato insistentemente costringendolo ad uscire precipitosamente dalla doccia.
“Pronto!” aveva risposto, piuttosto infastidito.
“Benji. Si può sapere che fine hai fatto? Sono arrivato a
Dresda questa mattina per sentirmi dire che non solo avevi rotto il
contratto ma che te n’eri pure andato in fretta e furia dalla
pensione. Dove diamine ti sei andato a cacciare?” tuonò la
voce preoccupata di Freddy Mashall.
Storcendo la bocca in una smorfia ironica, Price allontanò
momentaneamente il telefono dall’orecchio, onde evitare di essere
assordato.
“Calmati, Freddy. E’ tutto a posto. Sono ad Amburgo” disse poi in tono pacato.
“Amburgo!!!” il tono del tutore, non che ex allenatore, era
quanto mai sorpreso. “E si può sapere che diamine ci
fai?”.
“Senti, Freddy. Sono stanco di giocare in squadrette di
periferia. All’Amburgo cercano gente nuova. Ci sarà una
selezione e non voglio lasciarmi scappare quest’occasione. Se mi
va buca, posso sempre tornare in Giappone” disse, in tono amaro.
Dall’altra parte della cornetta ci fu un attimo di silenzio.
“Il trasferimento a Dresda non ti è mai andato giù,
vero? Benji, è un azzardo. Hai un grande talento ma
difficilmente ti apriranno le porte della primavera di una squadra
così importante. C’è posto solo per i talenti
tedeschi” disse l’uomo, con tono sinceramente dispiaciuto.
Benji strinse con forza il telefono. Maledizione, la conosceva anche
troppo bene quella litania. Neanche non ci avesse mai sbattuto il naso.
Ma questa volta avrebbe fatto vedere a tutti quello che valeva. Era
stanco, stufo di fare il rimpiazzo di serie C.
“E’ inutile, Freddy. Oramai sono deciso. Non preoccuparti
per me. Mi sono sistemato in un ottimo albergo e ho soldi a
sufficienza. Ti chiamo a selezioni concluse” disse con face
sbrigativo.
“Scordatelo. Dammi l’indirizzo e nel pomeriggio sarò
ad Amburgo”. A quanto pareva Marshall non era del suo parere.
“Non è affatto necessario. Ho 19 anni se lo hai scordato.
Non ho più bisogno della balia” ribattè seccato il
giovane.
“A giudicare dai tuoi colpi di testa direi il contrario. In ogni
caso hai bisogno di un Manager. Chi controsiglerà il tuo
contratto se sfondi?” disse pratico l’uomo.
Levando gli occhi al cielo, Price si arrese all’evidenza. Freddy Marshall era peggio di una guardia del corpo.
“Essia. Ma ti terrai fuori. Non voglio che intervieni per nessuna ragione. Devo farcela da solo” disse deciso.
“D’accordo. Adesso dammi l’indirizzo”.
Due minuti dopo la comunicazione veniva chiusa.
^Perfetto^ pensò il giovane. Di nuovo Freddy tra i piedi. Ma sul
suo volto non c’era alcuna traccia di disappunto, solo un sorriso
malizioso. Con tutto quello che aveva combinato da che lo conosceva era
davvero sorprendente la sua tenacia nel stargli alle costole.
- continua -
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