Sono rannicchiata contro di te, stesa su questo divano, la
testa poco più giù della tua spalla, con le braccia ti cingo debolmente la
vita.
Il calore del contatto, la mollezza che invade il tutto il
mio corpo, gli occhi socchiusi, il respiro regolare...
Sono in un tuo dolce, dolce, dolce abbraccio.
Mi abbracci, mi tieni stretta a te. Non con violenza, ma con
una stretta decisa. Il mio braccio si alza e si abbassa con il tuo respiro. So
che come me guardi il fuoco, ma ogni tanto ti volti e mi osservi, come io
faccio con te.
Ci godiamo il silenzio, la presenza l'uno dell'altro, in
quei pochi momenti in cui possiamo farlo.
E non mi allontanerei mai da te. Potrebbero accusarmi di
pigrizia, di indolenza, di accidia, di negligenza...
E, ancora, di svogliatezza, di ignavia, di poltroneria, di
neghittosità...
Ma accetterei tutto, perché questo torpore che si infila tra
le mie dita, che sale lungo le braccia, lungo le gambe, rende anche solo
impensabile l'idea di alzarmi, e di andarmene.
Questo languore che mi attorciglia lo stomaco, che sale sino
alla mia bocca, che rende tutto poco importante... È tutta opera tua.
Sospiro serena. Volti il viso, mi guardi e, alzando l'angolo
della bocca in un piccolo sorriso, mi dai un leggero bacio sulla fronte.
E sono in un tuo dolce, dolce, dolce abbraccio.
Anche se in questo momento arrivassero Ron ed Harry,
spalancando quella porta che ha soddisfatto la nostra Necessità di stare
insieme, anche se si mettessero a gridare, se mi guardassero con gli occhi
fuori dalle orbite e con la bocca spalancata, resterei qui, nel tuo abbraccio,
e potrei solo voltarmi e guardarli. Tutto quello che riuscirei a fare sarebbe
sorridere per le loro espressioni. Sì, incurvare le labbra in un sorriso pigro
è la sola cosa che mi riesce.
Mi sento bene, mi sento troppo bene.
È possibile che tu possa avere quest'effetto, deleterio e
rigenerativo al contempo, su di me?
Mi sento distrutta, perché non ho la forza di prendere
nemmeno una Piuma in mano, e mi sento rigenerata, perché questi momenti tra noi
due sono quelli che, fuori da quella porta, riescono a farmi affrontare le
angherie dello studio e della vita con un sorriso sulle labbra.
Alzò il viso di poco e mi trovo a pochi millimetri dalla tua
guancia, ti osservo di profilo.
Sei rilassato, il tuo volto è disteso.
Non ci sono curve di disapprovazione sulle tue labbra, non
ci sono linee a corrugare la tua fronte, non c'è elemento di disturbo che
faccia inarcare il tuo sopracciglio, non c'è preoccupazione o rabbia che faccia
oscurare i tuoi occhi. E non posso che chiedermi se anche tu sei vittima di
questo languore.
Torno ad appoggiare la testa sulla tua spalla.
Sono in tuo dolce, dolce, dolce abbraccio.
Anche se entrasse una Pansy Parkinson infuriata ed
incollerita, o una McGranitt infastidita, non mi muoverei da qui.
In questo momento la brillante, scattante, coraggiosa
Hermione Granger è a riposo. Riposa cullata da quel languore, da quel tepore,
da quel benessere...
Languore.
Tepore.
Benessere.
Li ho studiati tutti questi strani fenomeni.
Alzo di nuovo leggermente il viso. Ti volti e mi guardi,
domandandomi silenziosamente cosa volessi chiederti.
Inarcando un sopracciglio, con un sorriso sghembo sento la
mia voce provenire da lontano, un po' roca, un po' fiacca, come se non parlassi
da ore e ore. E, alle mie parole dal tono delicato, vedo la tua espressione
stranita.
"Per caso, mi hai drogata?"
Perché solo così riuscirei a spiegarmi questo benessere
fuori dal comune, questa infinta sensazione di dolcezza...