-Capitolo
1:April-
She
was like april sky
sunrise
in her eyes
child
of light
Shining
star
Fire
in her heart
(October
& April, by The Rasmus)
Chicago
1923
“April,
è il tuo turno.”
April
nemmeno udì la voce di Gloria provenire dalla soglia del suo
umile camerino. Continuò a rimirarsi di fronte allo specchio,
ravvivandosi i capelli con entrambe le mani e, solo una volta
constatato che quelli le ricadevano abbastanza selvaggi attorno al
viso, decise di passare a intingersi le labbra con un rossetto
scarlatto.
“April?”
“Sì!”
April
si girò stizzita in direzione di Gloria; restò a bocca
aperta quando appurò che colei che l'aveva trascinata via
dalla beatitudine scaturita dalla propria bellezza non era una
persona qualunque, bensì colei che comandava su quel locale e
che le pagava lo stipendio. Si morse il labbro imbarazzatissima,
arrossendo sulle gote pallide, ignorando che, in quella maniera,
avrebbe potuto sporcarsi i denti di rossetto.
Gloria
inarcò una delle sue lunghe sopracciglia e guardò la
ragazza con aria austera solo in apparenza, poiché dietro di
essa nascondeva il sorriso che l'espressione di April le disegnava
sulle labbra.
“Smettila
di gongolare sulla tua bellezza e muoviti. Stanno aspettando tutti
te.”
April
tornò a guardare il proprio riflesso per una frazione di
secondo, simulando fretta mentre buttava alla rinfusa i propri
trucchi dentro una trousse. “Sì...sì Glory, dammi
solo un minuto.” la pregò.
Gloria
alzò gli occhi al cielo, per poi lasciar cadere la tendina che
fungeva da porta al camerino.
April
si chiese per quanto la donna avrebbe sopportato le lunghe attese a
cui lei sottoponeva il suo pubblico. Malgrado fosse una cosa
normale-una star doveva saper farsi attendere-Gloria non possedeva la
pazienza necessaria per sopportare troppo a lungo i suoi capricci.
Era una donna che sapeva farsi valere, e preferiva il potere del
rispetto in confronto a quello del denaro che lei le faceva procurare
quasi ogni sera.
April
si alzò in piedi, quando Gloria voltò le spalle al
camerino e si apprestò a tornare all'interno del proprio
locale. La ragazza decise di concedersi un ultimo sguardo, per
assicurarsi che fosse perfetta prima di salire sul palco. Si
sistemò ancora una volta i capelli, si assicurò che le
labbra fossero completamente rosse e invitanti e che gli occhi
fossero abbastanza truccati da rendere il suo sguardo sensuale e
accattivante. La sua voce poteva essere bella quanto voleva, ma gli
uomini, quando saliva sul palco, si focalizzavano più sulla
sua avvenenza, piuttosto che sul suo talento.
E
quella era una cosa che la faceva gioire come non mai.
Era
bella, e non le importava che le
sue colleghe la definissero presuntuosa. La presunzione era un
peccato originato da sicurezze che gli altri non condividevano, o
meglio non vedevano.
Lei
era oggettivamente bella. Sapeva
di esserlo, e quindi sapeva che quella non poteva essere considerata
presunzione, bensì realismo.
Uscì
dal suo camerino nello stesso istante in cui le sue coriste stavano
attraversando il corridoio per dirigersi verso il palco. Cecelie e
Martha le lanciarono un'occhiata fredda che però andò a
vuoto, mentre April prese a camminare davanti a loro a testa alta. Si
sistemò il vestito color perla che aderiva gentilmente alle
curve del proprio corpo e si sistemò la scollatura, in maniera
che risultasse audace, ma non troppo.
“Sei
bellissima stasera April.” Violet aveva accelerato il passo per
superare le sue compagne e affiancarsi a lei. Le altre due colleghe
alle loro spalle si lasciarono un'occhiata infastidita; April fece
finta di nulla.
“Grazie
Violet.” rispose, con un sorriso sereno e gentile.
Violet
era l'unica ragazza con cui April avesse fatto amicizia da quando era
arrivata a Chicago; malgrado i suoi 27 anni, a vederla sembrava una
bellissima adolescente, curiosa di conoscere il mondo. Era minuta di
statura-più di April- e aveva capelli biondo ramato e grandi
occhi verdi e sempre luminosi. April la vedeva come la gioia fatta a
persona; una di quelle persone che gioivano dei successi altrui,
invece che invidiarli.
Allora
era proprio vero che esistevano persone incapaci di provare quel
sentimento talmente corrosivo come lo era la gelosia.
“Sei
agitata?” Le domandò ancora Violet, man mano che si
avvicinavano al retro del palco, da cui avrebbero poi fatto capolino
per accogliere gli applausi del pubblico.
Sì,
April lo era.
Sentiva
la tensione farsi man mano più incalzante a ogni passo che
l'avvicinava al palco. Eppure non era da lei: il pubblico l'amava,
lei amava se stessa e il proprio talento, e quella era la ventunesima
serata in cui April cantava dentro quel locale. Era abituata a
cantare inanzi a un vasto pubblico, quindi la sua angoscia era
infondata.
Il
problema era che uno strano presentimento pesava gravemente sui suoi
pensieri: qualcosa che la spingeva a credere che quella serata
sarebbe stata diversa e che l'avrebbe condotta a una sorta di
cambiamento della sua intera esistenza. Era normale avere pensieri
così sciocchi prima dello spettacolo?
“Non
sono agitata affatto.” mentì, ostentando sicurezza che,
in quel momento, non possedeva.
Le
voci del pubblico in attesa, degli spettatori che attendevano
impazientemente di vederla salire sul palco e prender in mano il
microfono, la inebriarono come una dolce, irresistibile melodia.
Eppure
quel senso di ansia non scomparve.
Violet
le diede una leggera pacca sulle spalle, sorridendole calorosamente.
“E fai bene a non esserlo. Il pubblico ti ama, e noi con loro.”
le disse, chinandosi su di lei. Lo fece per non farsi sentire da
Martha e Cecilie, le quali avrebbero sicuramente dissentito.
Il
momento fatidico, quello che la faceva fremere ogni volta che doveva
esibirsi era finalmente giunto. April si fermò di fronte alle
tende rosse che la separavano dal palco, mentre le sue tre coriste si
fermarono a pochi centimetri da lei. La ragazza poté vedere,
oltre la stoffa della tenda, le luci che arricchivano il favoloso
interno del locale di Gloria; si lasciò cullare dalle voci e
dai suoni che provenivano oltre di essa e sorrise al pensiero di
essere di nuovo, per l'ennesima sera, l'anima di Chicago. Si voltò
a guardare Violet, dietro di sé alla sua sinistra, e si
lanciarono un sorriso complice.
Improvvisamente,
due secondi dopo il loro arrivo, le voci e i suoni si acquietarono
improvvisamente e qualcuno batté sulla capsula del microfono
per verificare che funzionasse.
“Signore
e signori...” La voce forte e dura di Gloria si fece largo nel
silenzio,riecheggiando all'interno del locale. April se la immaginò
guardarsi attorno, con il suo enorme e contagioso sorriso che esibiva
solo ed unicamente quando saliva su quel palco. Il più delle
volte, quella donna, era cocciuta e taciturna. “È con
mio immenso piacere che anche stasera, come ogni martedì sera,
presento su questo palco la voce più ruggente di Chicago, la
leonessa che tutti voi
attendete con ansia...”
Si
levò un coro di voci, applausi e fischi di approvazione che
fecero rabbrividire April per l'attesa.
“Ecco
a voi...April Ford.”
Non
appena sentì Gloria pronunciare il suo nome, April scansò
le tende con un gesto deciso e sicuro. Scrutò ogni singolo
volto del pubblico con sguardo accattivante mentre si dirigeva,
leggiadra e sensuale, verso il microfono che Gloria le aveva
galantemente lasciato. Il suo pubblico-sopratutto uomini che si
giovavano della sua bellezza-l'acclamava e gridava il suo nome, come
se fosse la loro unica musa, in quella calda notte di fine estate che
lei avrebbe reso ancora più magica mediante la propria voce.
Le
coriste si disposero in semi cerchio alle sue spalle, mentre lei si
schiariva la voce prima di iniziare a cantare.
La
scena era sempre la stessa: lei intonava la prima nota e tutti si
ammutolivano. Le loro voci, i suoni, tutto taceva affinché
l'unica cosa che avesse suono in quel momento fosse la voce di April.
La
ragazza si guardò attorno, allietandosi degli sguardi e delle
menti che era capace di imprigionare con il proprio canto, come le
sirene che attraevano i marinai con la loro melodia. Loro lasciavano
morire in mare le loro vittime; lei, invece, le catturava talmente
tanto da renderle prigioniere di quella soavità.
I
suoi occhi si portarono poi più lontano, verso i divanetti che
erano stati allestiti sul piano superiore del locale, in prossimità
dell'ingresso dove sedevano delle numerose e indistinte figure.
Ma
ne notò solamente una.
Quella
che le dava le spalle, ma aveva comunque il volto girato nella sua
direzione. L'ascoltava, la guardava,
con un bicchiere di
vino rosso in una mano. I suoi occhi azzurri erano ghiaccio su di
lei, tanto che le fecero provare la sensazione che solo lui, in quel
momento, la stesse guardando.
E
fu così che il calore di Aprile conobbe il freddo di Ottobre.
Buonsalve
a tutti!
Spero
che questo inizio piccino picciò della mia storia sia stato di
vostro gradimento.
Come
penso si sarà benissimo capito, la April di questa storia non
ha a che fare con la April Young che purtroppo (sì, sottolineo
purtroppo) abbiamo conosciuto nel corso della serie televisiva. Il
nome della protagonista è collegato alla canzone che fa da
titolo alla storia, “October & April” dei The Rasmus
(Feat. Annette Olzon) e la storia è stata scritta prima che
iniziasse la quarta stagione di TVD, ovvero quando credevo che un
personaggio come April Young non potesse esistere. XD
April
Ford è un personaggio che probabilmente risulterà
odioso all'inizio, ma con il tempo, forse, riuscirò a farvi
cambiare opinione.
Tornando
alla storia, questa si compone di ben 15 capitoli ed è già
bella che conclusa quindi, nel caso qualcuno abbia l'ardire di
affezionarcisi, può star sereno perché non resterà
incompiuta, e vedrà il suo epilogo.
Spero
di ricevere commenti, positivi o negativi che siano, per poter sapere
in cosa posso migliorare.
Nel
caso trovaste inoltre degli errori grammaticali o di sintassi,
ditemelo pure senza il benché minimo problema, poiché
vi porrò rimedio non appena possibile.
Cercherò
di essere sempre piuttosto puntuale nella pubblicazione, ma non
assicuro nulla: malgrado la storia sia conclusa da un po', è
completamente da revisionare e, visti i numerosi impegni, potrei
tardare un pochino.
Vorrei
dedicare questo primo capitolo a Elyforgotten per tutto il sostegno
datomi. Ero e sono tutt'ora molto restia nella pubblicazione, essendo
molto insicura e timorosa, e se non fosse stato per lei non avrei
pubblicato nemmeno questo prologo.
Grazie,
mon amour. Nonostante tutto mi sei sempre vicina.
E
grazie a tutti voi che leggerete,commenterete, questo prologo!
Davvero :)
Alla
prossima, e vi auguro un buon fine settimana!
Lelahel
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